Conti pubblici

 

La Germania piĆ¹ a rischio dell' Italia

 

Di Carlo Pelanda (9-7-2001)

 

Nelle prossime due settimane il tormentone economico principale riguarder la tensione tra requisiti di equilibrio dei bilanci statali ed una situazione che spinge a non rispettarli. Germania ed Italia, che insieme fanno il 50% circa del Pil delleurozona, potrebbero avere serie difficolt nel raggiungere gli obiettivi di pareggio dei conti pubblici fissati per il 2001. Anche la Francia nei guai, ma il governo (Fabius) ha dichiarato che li rispetter.Vediamo se i primi due riusciranno a farlo.

La Germania quella messa peggio. Dipende per circa il 13% della sua economia dalle esportazioni. La riduzione dellimport americano ha messo in crisi questa componente, le altre (consumi ed investimenti interni) endemicamente piatte a causa di un modello statalista che le soffoca o carica di costi non-competitivi. In generale, leconomia tedesca, anche appesantita dallarea orientale ex-DDR che dallunificazione del 1989 non si ancora integrata a quella occidentale, in tendenza recessiva. Lultimo miglior scenario non ufficiale - la prevede crescere sotto il 2%, probabile una stagnazione. Poich la sua spesa pubblica (numeratore) era stata programmata in base ad una previsione di crescita del Pil(denominatore) attorno al 3%, evidentemente di fronte d una prospettiva di notevole sbilanciamento: o taglia la spesa o sfonda lobiettivo di pareggio. Alcuni economisti tedeschi, tra cui uno che fa parte dei cinque saggi, un gruppo di istituti di ricerca le cui valutazioni che hanno molto influenza, ha raccomandato nei giorni scorsi di non sforbiciare le uscite per non deprimere ancor di pi la domanda interna di beni. E ha sostenuto che una piccola violazione del patto di stabilit sarebbe un male minore. Il governo rossoverde Schroeder gi in campagna elettorale per le elezioni che si terranno nellautunno del 2002. Ovviamente non ha alcuna voglia di attuare tagli impopolari e, anzi, ha bisogno di prendere qualche misura demagogica (tipo quelle fatte dallUlivo nella legge finanziaria 2000 in Italia) per finanziare il consenso, in particolare a favore dei ceti assistiti. E gi da un paio di mesi sta sondando informalmente i partner europei per vedere se si pu flessibilizzare un po il vincolo di pareggio.

La stessa tentazione potrebbe averla il nuovo governo italiano. Il nostro Paese ha un problema minore sul piano della crescita (denominatore), ma uno maggiore in termini di spese andate fuori controllo (numeratore). In Italia si fatto lo stesso errore previsionale (in realt voluto), allinizio dellanno, di puntare ad una crescita attorno al 3% del Pil proprio per giustificare la non necessit di tagli alla spesa. Il Prof. Baldassarri, viceministro delleconomia, ha dichiarato che al momento prevedibile un 2,4%. Non malissimo, forse alzabile proprio grazie agli stimoli che Tremonti ha appena sottoposto allapprovazione del parlamento. Da una parte, a causa del ciclo globale basso (si riprender nel 2002) difficile che le cifre possano cambiare di molto in cos poco tempo. Dallaltra, il tipo di stimolazione adottato con la Tremonti 2, la defiscalizzazione degli utili reinvestiti, non solo per le industrie, ma anche per gli artigiani e professionisti, ha in teoria la possibilit di produrre un boom di investimenti entro il 2001 e, quindi, di avvicinare il 3% di crescita negli ultimi mesi dellanno. Anche per questo il ministro delleconomia ha annunciato che il provvedimento sar retroattivo, cio da giugno, compreso. Potr succedere? Dipende dallottimismo degli operatori economici. I primi segnali sono buoni, ma troppo presto per scenarizzarli. Poi, oltre al buco nei conti correnti annuali ancora da chiarire, LItalia deve fare i conti con la voragine del debito pubblico cumulato - cosa diversa dal deficit annuo, ma che viene aumentato da questo che nel 2000 ha aggiunto lincredibile cifra di 70mila miliardi a quella scioccante di due milioni cinquecentomila e cinque miliardi gi esistenti. Per inciso, proprio non si vede quale risanamento abbia fatto lUlivo. In sostanza, la finanza pubblica italiana lavora ai margini della sostenibilit.

Con quale criterio valutare questi dati? Il punto critico riguarda il mantenimento del Patto di stabilit inteso come continuazione senza interruzione della tendenza al pareggio dei bilanci pubblici degli Stati partecipanti alleuro. Io sono il primo a dire, e lo scrissi in tutte le salse ai tempi, che tale vincolo era la cosa pi stupida e pericolosa che si poteva fare in quanto toglieva flessibilit economica alle nazioni. Con la complicazione che le riforme liberalizzanti hanno bisogno di un periodo di finanziamento straordinario, anche ricorrendo al deficit, dei cambiamenti affinch non producano danni alla popolazione e dissenso. Daltra parte non si trovato altro modo per dare solidit basica alla moneta unica e cos si fatto. E ormai non si pu tornare indietro. E nemmeno pensare di violare il Patto: sarebbe la crisi finale delleuro, per cedimento della sua ultima spiaggia di credibilit gi ridotta al lumicino. LItalia, probabilmente, riuscir a resistere alle tentazioni perch i fattori positivi detti sopra probabile prevalgano su quelli negativi. Inoltre molta spesa pubblica carica di inefficienza e pu essere tagliata senza far male ad alcuno. Lo vedremo nel documento programmatico (Dpef) che sar presentato attorno al 16 luglio. Ma la Germania molto pi rigida e potrebbe cedere. Speriamo che tagli le spese interne piuttosto che la stabilit delleuro.