Un pragmatismo che fa ben sperare

 

Di Carlo Pelanda (1-10-2001)

 

 

 

Ora possibile fare una prima valutazione del comportamento dei governi e delle istituzioni finanziarie del mercato globale di fronte allemergenza dellattacco terroristico. Il risultato migliore di qualsiasi attesa, anche delle pi ottimistiche. Va subito detto, affinch non sembri unapologia conformista, che nei momenti di emergenza i sistemi tendono a comportarsi meglio che nella normalit e che quando questa ritorna le prestazioni tornano anchesse meno buone. Ma pur scontando questo noto fenomeno, ne abbiamo tanti di fatti che sia confermano la sensazione positiva sia fanno ben sperare per il futuro. Vediamoli.

Tutti si aspettavano che le banche centrali si coordinassero, a caldo, per dare la giusta liquidit ad un mercato globale spaventato che la richiedeva (e che in parte la ha usata). Ma nessuno pensava che le autorit monetarie americana, europea, giapponese, e tante altre, agissero come un orologio unico, senza sbavature. Tralascio i dettagli che sono molto tecnici e salto alla conclusione di fondo: il sistema di governo monetario molto pi integrato ed integrabile di quanto si poteva pensare osservandolo nella normalit. Ci fa intendere che il pilastro finanziario del mercato planetario sia molto solido e quindi capace di fornire la giusta stabilit nel futuro, anche in caso di nuovi ed altri guai.

Per qualche giorno, dopo l11 settembre, c stato un serio rischio che la politica sbandasse verso azioni irrazionali. Inizialmente, lamministrazione Bush ha usato un linguaggio di forte unilateralit e bellicit illimitata. Il pericolo di una guerra di religione tra Islam e cristiani covava nei sentimenti a stento trattenuti dalla ragione strategica. Molte nazioni dellAlleanza occidentale, nonostante la solidariet nominale, stavano pensando pi a come defilarsi che a come cooperare. E tanti governi islamici moderati erano forzati a distanziarsi perch timorosi che un errore di nervosismo occidentale scatenasse i molti fondamentalisti nei rispettivi Paesi, destabilizzandoli. Poi, in poco tempo, tutto lo scenario si messo su binari razionali e freddi: lAmerica ha ridotto il tasso di unilateralit aprendosi ai criteri degli alleati, tra cui quello di minimizzazione della violenza; si fatta una distinzione essenziale (anche per evitare catastrofi relative al prezzo del petrolio) tra Islam e terrorismo. Per inciso, tutti noi sappiamo che lIslam una religione di conquista che non ammette il compromesso, quindi ha ragione chi la teme e invoca una grande vigilanza. Daltra parte, bisogna resistere alla tentazione di semplificare tale problema e, piuttosto, puntare alla cooperazione con le ali pi secolarizzate. Cio mettere lOccidente in grado di decidere quale sia lIslam buono e quale cattivo, cooptando il primo. Questa grande operazione, finora, riuscita grazie alla veloce correzione dellazione diplomatica in tale direzione. Notevole sul piano tecnico perch il bastone, pur esercitato con certa forza, rimasto nellombra ed prevalsa la carota, cio, oltre ai premi, il non chiedere nulla agli islamici cooptandi che loro non potessero fare. E presto per dire se continuer in questo modo eccezionale (perfino lIran, ostile a parole, nei fatti ha assicurato la propria neutralit, che nel caso della bonifica antiterroristica di fatto un appoggio in quanto i gruppi pi pericolosi per esempio gli Hezbollah - sono proprio finanziati e sostenuti da Teheran). Ma lavvio ottimo e lascia sperare che sar utile sia per finalmente arginare il conflitto tra Israele e palestinesi sia per impostare una futura architettura politica di pace complessiva molto pi solida di quella attuale. Ovviamente non c alcuna sincerit o consapevolezza morale in tale quadro cooperativo. Ma proprio questo fatto, cio il riuscire a comporre tanti interessi diversi e tutti cinici, il segnale che esiste una grande capacit per costruire nel futuro molta pi stabilit di quanto le teorie del realismo (geo)politico ora predicono.

Infine, una lezione illuminate viene dai comportamenti economici dei governi. Il mercato ha avuto una pesante caduta sul piano della fiducia e senza interventi politici sarebbe entrato in una brutta crisi. Ma la politica riuscita a tenere sotto controllo il sistema immettendo quel denaro pubblico nelleconomia che lincertezza stava distruggendo (soprattutto in America). La lezione lo dico da liberista - che non ha alcun senso contrapporre Stato e mercato come recitano molte teorie. Il primo serve quando il mercato non ce la fa, e talvolta capita. Nei casi in cui il secondo va bene, il primo non occorre che intervenga ed meglio che non lo faccia per motivi di efficienza. Appunto, questo e gli altri sono casi evidenti dove il pragmatismo si dimostra chiave vincente. E motivo concreto di ottimismo per il futuro.

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