La crescita europea soffrir del rallentamento globale

 

Di Carlo Pelanda (26-3-2001)

 

 

In questi tempi di incertezza dei mercati sia gli operatori sia i piccoli risparmiatori si chiedono se lEuropa soffrir del rallentamento economico globale oppure ne rester immune. Vediamo.

Il Presidente del Consiglio, Amato, ha dichiarato che, nel 2001, la stagnazione statunitense incider solo per lo 0,2% in meno sul Pil delleurozona. La motivazione di questa posizione ottimista si basa sullanalisi che la maggior parte della crescita europea generata al suo interno e solo poco dipende dalle esportazioni. Per cui ritiene che leurozona potr mantenere la crescita attorno al 3% prevista a fine anno, il 2,6 per lItalia. C un piccolo problema. La Germania, cuore economico delleurozona, dipende molto di pi di altri paesi dalle esportazioni. I dati del 2000 mostrano con chiarezza che la sua crescita, sul 3%, stata generata quasi esclusivamente dalle esportazioni verso larea del dollaro in quanto i consumi ed investimenti interni sono rimasti piatti. I dati iniziali del 2001 mostrano un peggioramento della situazione in Germania: disoccupazione in aumento, svolta pessimistica dellindice di fiducia economica, ecc. Il rallentamento globale comincia a colpirla. Se il mercato pi grande delleurozona rallenta assorbir meno importazioni dagli altri paesi europei. Quindi pi probabile, diversamente dalle sorprendenti dichiarazioni di Amato, che il Pil delleurozona soffrir molto di pi.

Per andare in controtendenza mondiale il mercato europeo dovrebbe diventare capace, in pochi mesi, di generare pi crescita endogena. Ma ci appare difficile perch leuromercato ancora molto rigido: non pienamente liberalizzato, troppo diversificato per ambienti regolamentari nazionali, per lo pi oppresso da tassazione e vincoli sindacali eccessivi. E possibile che si disgeli in breve tempo? Purtroppo no. Proprio in occasione delleurovertice di Stoccolma, nei giorni scorsi, si discusso sullagenda delle liberalizzazioni e sullintegrazione del mercato unico. Nel caso migliore, cio correndo come dannati, avremo: nel 2003 la liberalizzazione totale dellenergia elettrica per le imprese, nel 2004 quella del gas, nel 2005 ambedue verranno estese ai consumatori e non solo alle industrie. Anche sul piano delle regole che favoriscono la standardizzazione fatto di per se generativo di crescita per estensione dellarea di mercato dove valgono gli stessi criteri lagenda piuttosto lunga e controversa. Appena nel 2004 potremo, forse, avere un mercato finanziario unico europeo allo stesso tempo liberalizzato e controllato da regole comuni. Restano irrisolti, poi, molti problemi critici. Ci saranno due organismi: un comitato della Commissione Europea (Securities Committee) e uno, consultivo, dei regolatori finanziari (Security Regulators Committee), formato dai rappresentanti delle varie Consob nazionali. Meglio di niente, ma un meccanismo regolativo labile e ferraginoso. Questa tendenza a costruire istituzioni orizzontali dove prevale il bilanciamento tra Stati e tra questi e la Commissione Europea piuttosto che verticali, uniche e semplificate non favorisce certo la formazione veloce di un eurosistema finanziario efficiente. Questo non vuol dire che lintegrazione sia ferma. Infatti si spera che entro il 2001 vi saranno il brevetto europeo unico ed un regolamento unitario per la telefonia mobile di terza generazione. Tuttavia va avanti con lentezza e con criteri non legati allefficienza, ma al compromesso tra troppi poteri che la pensano troppo diversamente. E gli investitori che osservano questa situazione non trovano motivi, per il momento, di scommettere sulla formazione di un mercato europeo cos ben strutturato da far esplodere tutto il suo enorme potenziale di crescita autogenerata.

Un euroboom potrebbe arrivare, in realt, anche da misure di defiscalizzazione e liberalizzazione del mercato del lavoro (e di incremento della concorrenza nel settore dei servizi) nonch di riduzione dei costi degli Stati sociali. Ma anche qui lagenda lenta. Si tratta di cambiamenti politici che le sinistre non vogliono, e forse non possono per vincoli sindacali, attuare con la dovuta determinazione (pur ammettendone la necessit). La prima opportunit per uneventuale svolta politica sar il prossimo maggio in Italia. E probabilmente ci dar al nostro paese una spinta anticiclica alla crescita grazie alleffetto ottimismo. Ma per leventuale cambiamento politico in Francia e Germania dovremo aspettare ancora un anno. Da una parte, le prospettive di disgelo europeo stanno migliorando. Dallaltra, i tempi restano troppo lunghi per poterli scontare come scommessa che leurozona possa sostituire in pochi mesi la locomotiva americana.

Un aiuto certamente verrebbe dalla Banca centrale europea se imparasse a manovrare meglio i tassi. Ora dovrebbe tagliarli proprio perch la crescita europea pi a rischio di quanto dichiarato dai governi a causa del rallentamento globale ed americano. Ma la Bce resta misteriosa e sempre in ritardo. Cosa aggravata dal problema di un euro che non riesce a comunicare fiducia e solidit agli investitori mondiali, europei per primi. Gli eurocapitali continuano ad andare sul dollaro perch preferiscono comprare lefficienza americana, pur ora in stasi temporanea, piuttosto che investire nellancora gelida eurozona. E questo il dato concreto pi importante. La sfiducia sulleconomia reale europea ne indebolisce la moneta. Che deve essere sostenuta, anche per non importare troppa inflazione, con tassi pi elevati e restrittivi del necessario: un animale che si morde la coda. In conclusione, Spagna ed Italia a parte se nella seconda vinceranno i liberalizzanti la crescita degli altri paesi delleurozona soffrir notevolmente a causa del rallentamento globale ed infondato sostenere il contrario come ha fatto Amato con i suoi colleghi delleurosinistra.