Mercati col fiato sospeso in attesa dei tagli USA

 

Ma non possiamo continuare a dipendere da quella locomotiva

 

Di Carlo Pelanda (26-2-2001)

 

La scorsa settimana il mercato finanziario globale stato scosso da una particolare concentrazione di notizie negative: crisi finanziaria in Turchia; timori che questa riverberi su paesi emergenti finanziariamente instabili, quali la Russia e lArgentina; la previsione di perdite future, e non solo di riduzione dei profitti, da parte di Motorola, secondo produttore mondiale di telefonini; la riduzione della fiducia sul debito del Giappone; settimana nera per il Nasdaq e tutte le altre Borse che quotano titoli tecnologici; perdurare, nel gennaio 2001, di uninflazione tendenziale nelleurozona sul 3%; aumento dellinflazione anche negli Stati Unititi; timori espliciti che la crescita europea soffrir pi del previsto a causa del rallentamento della locomotiva americana. Il clima di tensione ben rappresentato da quanto successo al Nasdaq venerd scorso: poco prima della chiusura delle contrattazioni lindice stava cadendo del 3%, ma una semplice voce che la Fed avrebbe ridotto i tassi nella settimana entrante ha fatto rimbalzare di quasi il 4% lindice, in pochi minuti. Quando c questo tipo di volatilit evidente che il mercato sotto stress.

Leccesso di nervosismo negli operatori finanziari non va sottostimato. Pu portare, se non contenuto, ad una crisi di sfiducia generale, anche in assenza di vere e proprie catastrofi reali, che si realizza come riduzione o congelamento dei flussi di capitale che sono il sangue delleconomia. Un tale fenomeno finanziario potrebbe portare in recessione brutale leconomia reale. Quindi dinteresse per tutti noi valutare se qualcosa e qualcuno sapr ridare fiducia al mercato e tranquillizzarlo. Va aggiunto che in uneconomia globale quello che succede in Giappone o in Turchia o sul Nasdaq o in Indonesia a proposito, anche questo paese sta ricadendo nella crisi finanziaria ha effetti praticamente immediati anche in Europa ed in Italia.

Quali precedenti abbiamo in materia? Lultimo stato quello relativo alla crisi finanziaria in Asia del 1998, combinata con quella russa. In pochi giorni il capitale si ritir dai paesi emergenti, dove era andato troppo e troppo allegramente, e la sfiducia contamin tutto il circuito finanziario mondiale. Ma la tempesta fu breve perch il Fondo monetario internazionale (Fmi) intervenne prontamente inserendo liquidit nei paesi vittime del deflusso di capitale. Soprattutto, la Fed ridusse moltissimo i tassi del dollaro e inond di liquidit il mercato interno americano. Cos oliata, la locomotiva statunitense si mise a correre come non mai (e poi gener la bolla che ora si sta sgonfiando). Il mercato si convinse che ci avrebbe rimesso a posto a tutto il mondo e riprese lottimismo. In sintesi, la crisi fu evitata grazie ad una mossa tempestiva e forte da parte dellAmerica e del Fmi (che ne in buona parte uno strumento). E interessante notare che il mercato reag bene non perch diventarono di colpo migliori le notizie o i fatti relativi alleconomia reale - che erano pessimi, il 60% dei paesi del mercato globale in tendenza recessiva - ma in quanto percep che qualcuno aveva preso in mano la situazione, con i mezzi e la determinazione per governarla ed indirizzarla verso un lieto fine. Da questo caso e da tanti altri, per esempio quello della crisi messicana del 1995 emerge che lumore del mercato globale, e quindi lorientamento dei flussi di capitale, influenzato principalmente da quello che succede in America e da come questa si prende carico dei problemi mondiali.

Il rischio di crisi di fiducia oggi esistente grave proprio perch lAmerica ad essere lepicentro del ciclo recessivo. Inoltre, il Fondo monetario sotto accusa perch, imponendo politiche restrittive ai paesi a cui presta denaro, alla fine crea le cause della loro recessione o crisi finanziaria, come successo per la Turchia e lArgentina. Il Wall Street Journal, lorgano principe del mercato globale, ha chiesto qualche giorno fa la testa del direttore operativo del Fmi, Stanley Fischer. Anche Alan Greenspan, presidente della Fed, divinizzato dagli operatori del mercato, ora sotto accusa di poca lucidit: aveva annunciato un atterraggio morbido delleconomia americana e ora si prepara a gestire una recessione i cui termini non ancora in grado di chiarire. Se si instaurasse nel mercato lidea che la conduzione americana confusa e la situazione interna fuori controllo, allora certamente ci sarebbe la crisi. E questa sarebbe globale e veramente brutta. Ma dobbiamo veramente temere questo scenario?

No. In realt la Fed, dopo un attimo di smarrimento (due mesi di ritardo nel ridurre i tassi) ha ripreso il controllo della situazione e certamente far le mosse che servono al momento giusto. LAmministrazione Bush appare ben consapevole dellemergenza e sta agendo, celermente, di conseguenza sia sul piano interno (stimolazioni fiscali) sia su quello esterno: Bush ha assicurato che lAmerica sosterr la Turchia. Il Fondo monetario certamente ha un metodo che urla vendetta, ma, alla fine, lunico prestatore di ultima istanza: quello che mette i soldi nei luoghi dove questi volano via. E lo sta facendo. In sintesi, anche questa volta la crisi di fiducia sar evitata ed il mercato riprender lottimismo, solo un po pi lentamente che in altre occasioni (due o tre mesi), perch il sistema americano regger. Il rimbalzo gi si vede allorizzonte. Ma, quando la paura sar passata, dovremo riflettere su quanto sia stabile uneconomia mondiale che dipende da una sola locomotiva, lEuropa sempre in rimessa.

 

Carlo Pelanda