1

E ancora

Apro gli occhi

è già giorno

Accendo la TV e una sigaretta

Non ho voglia di lavarmi

Fingo di non averne tempo

Grattandomi gli occhi penso

Non c’è

Alcun motivo

Per alzarsi

Prendo la birra

Calda e sgasata

Aperta da tempo

E bevo

Oggi non farò nulla

A parte leggere Bukowski

E ascoltare i rumori

Provenienti dal parco

Di quest’umanità

Annoiata e insopportabile.

 

 

 

 

2

La clessidra si svuota

Il ricordo sbiadisce

Le emozioni incernierate

Dal tempo

Si assopiscono

Ardeva rimpianto

Poi paura

Risentimento

Odio

Disperazione.

Langue ora

Indefinito

E spossato

Un sentimento

Di cui

Non conosco

Il nome

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3

Nere farfalle

Mi confondono

Svolazzando cieche

Attorno ai miei occhi

Le funeree ali

depositano al contatto

grigi polveri insolenti

che disponendosi

casualmente

formano ancestrali

simboli di unione.

 

 

 

 

 

 

4

Mi perdo nel deserto

Non posso tornare

Più.

Qui tutto è uguale

Qui tutto cambia

Nulla è mai iniziato

Nulla mai finirà.

Esiste.

Qui nulla nasce,

nulla muore.

Qui

Ciò che è

Sarà.

Il deserto è vuoto come l’incipit

e invisibile come dio.

Chi ha in sé il deserto è morto,

chi non l’ha è sterile.

Tutto è chiuso e dimenticato,

nella gigantesca clessidra

già colma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

5

Adoro le scommesse

E vado pazzo

Per le corse di cavalli.

Mi piace la birra

E il colore nero.

Amo gli occhi dei gatti

E l’assenza.

Preferisco le more alle bionde.

Mi piace il tabacco chiaro

la pipa.

Amo i nomi brevi

E l’odore di benzina,

Mi piace leggere

E il fuoco appiccato.

Venero l’inutile atto

Di ampliare volontariamente

La coscienza

Mi affascinano le rovine

e i trofei di caccia.

Odio la pietà palesata

E i cibi precotti.

Ho i denti scheggiati

Ematomi ferite escoriazioni.

Mi piacciono le lente

Rimarginazioni.

Adoro la boxe

E gli incontri illegali

Tra cani.

Mi piace il whiskey

Il colore del sangue

E i sonetti di Cecco Angiolieri.

Amo Baudelaire e i tagli,

la misantropia e la presunzione,

Rimbaud e l’insolenza della giovinezza,

i sermoni violenti

e i pulpiti fatiscenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6

Increduli

e sgomenti

tramonti

irridono

gelide e spietate

albe.

Calpestando

le tiepide rovine

della civiltà

mietono campi di grano

con insanguinate falci.

Una radiosa

Puttana

Salva uomini sconfitti.

Nel fiume

ormai quasi stagnante

nero e gonfio

il cadavere del cane

giace.

Armati

di una lente

Sogghignanti  perfidi

Due bambini

Carbonizzano

Ormai agonizzanti formiche

Che disperatamente

E inutilmente

Si contorcono

Attorno al loro asse

Di perfetta simmetria

Un caldo

vento da sud

trasporta

pregnanti  penetranti odori

di spezie e sesso.

Esili

i petali delle viole

si chiudono

(come) immacolati occhi

di vestali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7

L’eternità è una bugia

Ma l’eco delle

Fantastiche

Verità emerse

Attraverso spiriti audaci,

intrepide navi

che arroganti

impavide attraversano

le sabbie

di questo relativo

tempo

riempie il mio cuore

di nero e sconfitto ardore

abbagliante fiamma

di falsa immortalità.

 

 

 

 

8

Desertiche albe

D’ambra africane

Languide

Si accoccolano

All’orizzonte.

Irriverenti e perfetti

Vortici di sabbia

Polver d’oro

Giocano a rincorrersi

Eredi del vento.

La vita langue

Assopita

In mistica stasi.

I nostri turbanti blu

Proteggeranno

I nostri volti.

Lasceremo scoperti soltanto

Gli occhi.

L’avvicinarsi del crepuscolo

Richiama l’ancestrale

Sete di sangue.

Porteremo affilati pugnali

alla vita.

Nella capitale,

dei  nostri viziosi

Dei,

maestosi ed eterni

gli infiniti templi

si ergono

d’ebano e d’avorio.

La polvere alzata (…)

Dagli zoccoli dei cavalli

Indegna

Si deposita

Volteggiando

Triste

Sul desertico selciato.

Un vecchio,

seduto all’ombra della veranda magenta

mastica tabacco

maledicendo la madre

e l’ineludibile malvagità dell’uomo.

Una giovane donna

Chiusa nella sua buia stanza,

asserragliata nel più

nero dolore

piange il figlio

dimentica di sé stessa.

Persa

Fissa

l’impietosa luce

colpirla

attraverso la nera serranda

chiusa.

già un candido squarcio

malinconico ricordo

fregiava

il fertile ventre.

Redentore

Il cielo si annuvola

cupo.

Sulle antiche

mutilate

Sacre rovine

La pioggia verde

Cade.

I mendicanti

Bestemmiando

grigi

Si riparano nel tempio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9

E incredulo

Mi ritrovo

Sbigottito

A sorridere

Sorpreso

Forse felice

Fissando assorto

L’immobile figura

D’ebano e d’ombra.

Vestale

Addormentata crisalide

Felino intrigante, sfumato

Schizzo a carboncino

arrogante

Che sotto

Stupiti occhi

Sbòcci

Quieto.

Ti guardo dormire serena,

mia sirena.

Inquieto

Riconosco però

Il mio plumbeo sangue

Nelle tue azzurre vene,

nero veleno.

Nelle pagliuzze d’oro

Che impreziosiscono

Le tue iridi

Innocenti

Risiedi,

Oh mia speranza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

10

Di viole sfregiate

Redentrice musica

Melodia dannata

Di archi violentati

E di bassi massacrati

In dissacrate geometriche

Proporzioni.

Musica

Pazzia percettibile

In vitali variazioni inconcepibili

E ossessivamente

Distruttive.

Violenza vibrante

Benevolmente accettata.

Lame affilate e gelide

Accolte

Con stupidi sorrisi

Stuprano

Un immacolato

inconscio.

Armonia ed equilibrio

Nel caos

Grazia

Nella forza

Leggiadria

Nella prevaricazione.

 

 

 

11

Oggi

Nelle strade

La vita

Si rinnova

Animata

Da inaspettata

Vitalità

Germogli

Si tramutano in foglie

Accolte

Dai benèfici auspici

Di un sole

Risorto.

Inconsistenti

Le nuvole

Solcano il cielo

Indifferenti,

schizzi di tempera annacquata

su di questa

infinita tela.

 

 

12

E’,

densa e spettrale

Nebbia sulla città

D’improvviso calata

Valanga eterea

Di mistici fumi

Come

il tuo spettro

nella mia mente

-demone dispotico dittatore-

tutto offusca

camuffa

maschera

nasconde

confonde

perseverando nel suo

diabolico fine:

assoggettare

la mia inquieta

fragile anima

al tuo ricordo,

mio angelo,

sua ombra terrestre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

13

Seduto di fronte

Al mio sposo infernale

In questa

Squallida taverna

sgangherata

Ingoio veleno

Brindando alla vita

Trasformando

-magico e mesto gioco-

miserie e amarezze

in gioie e sussulti.

Dolce siero

Dalle diaboliche virtù

Apri i nostri cuori

All’essenza

E lenìsci

Le ferite

Vicendevolmente provocate.

Come folli,

come dei

o come ebeti

ingoiamo

di Dioniso

il sangue,

ambrosia di geni e suicidi,

e splendiamo

di pazzia e mistero,

violenti

come tiranni sanguinari

e affascinanti

come malvagi principi bambini.

Nell’ebbrezza dei corpi

Nell’abbandono delle regole

Nella libertà dei pensieri

Nella pazzia delle conclusioni

Ci ritroviamo,

finalmente completi,

mio sposo,

assassino penitente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

14

L’ombra del figlio

Segretamente

Carica l’arma,

nera e gelida fiamma,

pronto ad affrancarsi.

Le sue dita

Stringono

L’impugnatura plumbea,

con la stessa forza

con cui si stringe

l’amore

o l’ultima speranza.

Il suo indice sarà

volontà e consapevolezza.

Le nuvole si addensano

In un angolo di cielo;

forse domani

(no)

non pioverà.

Il vento

Spazza immisericordiosamente

La via,

un ispirazione colpisce.

Le muse adirate

Congiurano

Contro l’umanità.

Il dogma si ribella

Presto farà buio.

(….cfr quad)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

15

ombre rosse

sul selciato

assassini e ladri

nascosti

in vicoli

laidi

pronti

all’imboscata

sanguinaria e vile

L’elegante dottore

Sorseggia il caffè

occhi chiusi

Poco zucchero

Un alone azzurrognolo

Di fumo lo incornicia

Come aurea immateriale e inconsistente.

Smeraldo

La pioggia cade.

Redenzione.

Argenteo

il riflesso di un ragazzino

in una pozza

si fa burle della vita.

Le signore passeggiano

Indifferenti

Vestite di ricchissimi stracci,

maschere vuote.

La ragazza di tutti

Tiene gli occhi bassi,

forse piange

forse ride,

forse affila le sue lame.

La piuma di un elegante cappello

Cade volteggiando

Con grazia

In una pozzanghera

-fango e sangue-

ai piedi della macelleria

stivata di innocenti carcasse.

I neri gatti

Mangiano le lerce interiora

Appena gettate.

Splendidi

(i) corvi osservano

appesi a cavi

sottili come speranza,

fragili come illusione,

le nostre miserie.

La silouette alla finestra ride.

16                                                     Affezionati

A(lle nostre) identità

Parziali

E infrante

Rinunciamo

Rifiutiamo

L’ambrata

Lucente

Armonia

Dell’insieme.

 

17

Vuote

Si sgretolano

Ombre

Di rimpianti

L’essere decade

Si annulla.

La mia

Coscienza

crea

Multiple realtà.

Impallidisco

Gelo e muoio

Guardo e scruto

Inutilmente

Il nero

Fondo

D’abisso.

Cado

Rido

Non mi rialzo.

 

18

Noi

Accecanti riflessi

Del Sole

Su cocci e schegge

Di infranta

Bottiglia.

 

 

19

Oggi

Un glorioso sole

Splende

In cieli tersi

crudelmente

Illuminando

Neri pensieri

D’oblio.

 

20

Radica

L’idea

Dell’incomunicabilità

Ragionamenti

Auto imposti

Su sfalsati

Piani

Mortificano

L’improbabile

Improponibile

impossibile

Comunione.

La necessità

Scompare

L’idea

Sfuma

(In) inutili

Tentativi

Di spiegazione(fratellanza).

Se l’io

È un altro

L’io

Non esiste.

 

 

21

Solitudine

Come metafora

Come ineludibile sorte

Come ultima verità

Come necessaria consapevolezza

Spaventato

Dalla necessità

Di comunione

Fuggo.

Terrorizzato

Dalla necessità

Di isolamento

Ritorno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

22

Come il Sole

Soli

Nasciamo

Soli

Moriamo

continuamente.

Non accetto

La comunione

del dolore.

Soffro

solo

Dell’altrui

Sofferenza.

Il tempo

Libera

Dal ricordo.

Il dolore

La paura

Sbiadiscono

tristemente

Per perdere

D’ intensità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

23

Questi corvi

Neri ritagli posseduti

Fuori dalla mia finestra

Stagliati

Celano

Un perfetto segreto.

Inquiete e slanciate

Ancestrali mitiche

Figure.

Neri come consapevolezza

Solcate azzurri cieli