31/01/2010

Società e paradigmi comportamentali

Come ogni sistema complesso esistente in Natura anche la società segue suoi modelli comportamentali coerenti con le più innate motivazioni individuali che, aggregandosi, riescono a garantire gli interessi personali e collettivi disposti in una gerarchia di interessi contrastanti tra i quali occorre che si consolidi un’automatica accettazione di costi e ritorni e con ciò una accettabile e condivisa adesione ad assumere decisioni secondo una scala delle priorità che soddisfi la sopravvivenza e lo sviluppo dell’insieme sociale nel suo complesso.

Lo studio dei modelli di comportamento degli analoghi sistemi organizzati del mondo animale ci aiutano a capire quali siano i paradigmi vigenti in Natura. Tuttavia il fatto che l’animale uomo sia dotato di un tipo d’intelligenza più evoluto delle altre specie animali, ci consente di sofisticare quel paradigma Naturale arricchendolo di criteri di scelta capaci di gratificare le aspettative individuali dell’aspirazione a “trascendere” i limiti puramente materiali e contingenti. Una sofisticazione che ha consentito la costruzione faticosa e graduale della civiltà ‘Occidentale’ corredata dai suoi progressi scientifici, tecnologici e liberal-democratici.

Proporre quindi l’accettazione di paradigmi comportamentali che si distacchino e “trascendano” l’animalità più brutale in nome di una crescita di contenuti “spirituali” è pienamente conforme con l’aspirazione alla “trascendenza” dell’uomo rispetto alla Natura. Ciò gli permette di rivendicare la “superiorità” (seppure non “assoluta”) rispetto a paradigmi comportamentali che animano le specie “inferiori”. Il paradigma cristiano in questa accezione può essere valutato pienamente “superiore” ad altri paradigmi che ispirano altre culture umane aderenti a scale di valori gerarchici meno ricchi spiritualmente in quanto più settari, esclusivi o incentrati sul soddisfacimento dei bisogni meno spirituali tra quelli descritti dalla scala di Maslow.

Tuttavia non è sufficiente concepire paradigmi intellettualmente “sofisticati” e “superiori” in contenuti di “spiritualità” per essere legittimati a imporne la generale adesione comportamentale. Come è dimostrato da tutti i fallimenti storici di imporre alla società civile le “ideologie” filosofiche più moralmente giustificate o più raffinate sul piano logico e filosofico. Dalle “scuole filosofiche” della Grecia classica, alle sette cristiane d’antan (da Campanella, a Bruno, a Savonarola) o alle sperimentazioni cristiane “sul campo” (dalle Reducciones dei gesuiti in Paraguay, ai più recenti regimi fondati sulla “teologia della liberazione”). I paradigmi proposti per la loro “superiorità etica” rispetto a quello più aderente alla “natura animale” per poter entrare in efficace vigenza devono essere scelti liberamente da ognuno dei componenti della società organizzata. Come insegna la saggezza della Chiesa di Roma che ha sempre preso le distanze dai tentativi di applicare il vangelo alla società contingente. E come dimostra la sua sopravvivenza nei millenni e la conservazione di credibilità per il suo ruolo di “educatore” o di “grillo parlante” (a seconda degli estimatori o denigratori della Chiesa).

I paradigmi comportamentali “superiori” possono incarnarsi storicamente solo dietro la libera accettazione da parte della società civile (laica) oppure dietro l’altrettanto libera adesione ai gruppi sociali esclusivi (religiosi) che richiedono agli aderenti un voto di “conversione” irrevocabile. Ciò che essi accettano in modo irrevocabile aderendo a quei paradigmi ideologici è la coincidenza dei concetti di “reato” e di “peccato” nei comportamenti pratici. Una distinzione che costituisce invece il nucleo fondamentale della civiltà ‘Occidentale’ liberal-democratica in cui la saggezza cristiana, pur deprecando lo scadere dei comportamenti a modi poco ispirati da valori “spirituali”, si limita a ricordare la “superiorità” del suo paradigma accettando tuttavia che la deviazione venga sancita solo sotto il profilo di “peccato” emendabile grazie alla futura, auspicata “conversione”.

Insomma ogni società civile che pretende l’adesione universale a paradigmi diversi da quello che caratterizza la sopravvivenza e la crescita delle società animali in Natura è costretta a sancire taluni dei comportamenti “naturali” per la loro qualità, definita eticamente “inferiore” da un “paradigma intellettuale” che, è evidente, possa esser contestato da critiche altrettanto intellettuali e degne di attenzione. D’altronde l’alternativa è quella di “educare” (o “rieducare” i devianti dall’ortodossia). Ma educare è processo diverso dal “convincere” della superiorità di un paradigma rispetto ad altri. Educare implica un “processo guidato” che mira ad inculcare una visione della realtà naturale a misura d’un preciso paradigma intellettuale. Convincere implica invece proporre i motivi per cui sarebbe auspicabile assumere in futuro comportamenti più confacenti con un certo paradigma; invece di proseguire ad ispirare i propri comportamenti a quello tradizionale. È un processo che lascia la più piena libertà di aderire o di “proseguire nell’errore” a seconda dell’individuale tipo di profilo umano e a misura delle situazioni, delle proprie convinzioni, motivazioni ed aspettative personali e sociali.

Solo i regimi autoritari si propongono di “educare” gli elettori/consumatori/produttori/risparmiatori (i veri artefici del progresso civile e industriale). I regimi liberal-democratici si propongono di “convincere” il corpo elettorale a “convertire” i suoi comportamenti individuali e collettivi al fine di evitare con ciò (forse) che si ripresentino vecchie forme di disagio individuale e collettivo e per rendere la vita civile di un livello migliore di qualità.

 Venendo al concreto, sembra finalmente che oggi Obama stia prendendo gradualmente le distanze dalle lobby para-marxiste (figlie dei movimenti “sessantottini” dell’epoca di Marcuse e delle elite filo-comuniste di Hollywood) ed integraliste (figlie dei Malcom-X, delle Pantere Nere e delle chiese della liberazione negra) che lo avevano sostenuto nella campagna elettorale, per aderire sempre più saldamente ad una politica coerente con la tradizione individualista e liberista della costituzione USA. Ne sono evidenza gli interventi in economia, quelli in politica estera, le iniziative militari in Asia e la lotta al terrorismo con il rientro delle decisioni sui processi a New York e sulla chiusura di Guantanamo con trasferimento in Illinois dei detenuti.

Obama, insomma, dall’iniziale rottura del “change we can” si sta riallineando quasi pienamente alle linee politiche di Clinton e di Bush. Thanks God!