30/12/2010 |
Disinformazione e letture opposte della globalizzazione La rete di comunicazioni libere e soprannazionale che fa parte delle infrastrutture sulle quali si fonda la graduale affermazione del processo di globalizzazione della civiltà industriale, trasmette messaggi liberi ma spesso privi del carattere di distacco emotivo che possa consentire una valutazione non settaria degli eventi. Tra i molti esempi di questo flusso d’informazioni settarie la rubrica ha voluto coglierne uno per corredarlo di una lettura ‘neutrale’ che evidenziasse i benefici e i problemi che l’accelerata partecipazione al processo di riorganizzazione della divisione del lavoro su base globale sta producendo in comunità i cui livelli culturali sono altamente diversi tra loro e poco familiari coi criteri che regolano gli accordi industriali. Comunità che tuttavia sono animate dalle medesime motivazioni che ispirano da sempre i comportamenti umani in ogni epoca ed in tutti i paesi; il desiderio di migliorare il proprio benessere personale anche a spese di calpestare i propri interlocutori, anche servendosi di un potere personale grazie al quale violare gli impedimenti opposti al loro arbitrio dalle regole formali o di prassi che hanno vigore nella propria comunità e accumulando quel potere personale con un’avidità pari alla spregiudicatezza con la quale esso viene impiegato al di la di ogni tipo di legittimità di azione. Naturalmente si potrebbe preferire una natura umana capace di creare lo sviluppo economico e il progresso civile grazie a comportamenti più ‘evangelici’. Come si vede invece questo è condannato a restare un utopico ‘wishful thinking’ ed ogni movimento storico che ha tentato di gestire la società ‘vietando’ le manifestazioni deteriori della libertà invece di regolarne istituzionalmente il gioco degli equilibri tra opposti interessi, ha conosciuto il fallimento storico dopo avere creato esempi di veri e propri ‘olocausti’ totalitari. Nulla cambia nelle motivazioni che ispirano l’intraprendere più audace dei leader e che agevolano il graduale accumulo delle ricchezze a loro necessarie per consolidare la loro egemonia e ruolo istituzionale. Ciò che cambia sono solo le modalità considerate legittime nelle diverse comunità. La ‘decolonizzazione’ ha tolto ai paesi ‘Occidentali’ ogni legittimo ruolo di gestione delle istituzioni nei paesi affrancatisi dal vecchio dominio degli Stati Nazione. I comportamenti che ispirano quindi la lotta economica ed istituzionale presso le etnie più locali devono essere considerati legittimi anche se considerati disumani al giudizio della nostra civiltà ‘Occidentale’. L’eventuale intervento armato per imporre comportamenti meno disumani cancellerebbe la scelta su cui si fonda la decolonizzazione; autonomia delle nazioni indipendentemente dal livello della loro cultura. È un principio che si fonda sul ‘relativismo’ culturale (un paradigma forse errato ma cui, una volta assunto, occorre aderire in modo coerente). Il relativismo culturale impone che si aderisca ad un processo di evoluzione autonomo dei comportamenti individuali e collettivi vigenti nell’ambito delle comunità più diverse senza esercitare su di esse alcuna forma di ‘acculturamento’ istituzionale ma senza escluderle dal processo dello sviluppo industriale, qualora esse scelgano di parteciparvi. In altri termini occorre ribaltare i vecchi criteri del colonialismo condotto dagli Stati Nazione che proponevano di formare classi dirigenti la cui cultura istituzionale fosse pienamente rispettosa dei formalismi delle liberal-democrazie ‘Occidentali’ in ogni paese sottoposto al diritto della potenza coloniale. Solo in seguito a tale processo di ‘acculturamento’ sarebbe stato possibile trasferire gradualmente a quelle oligarchie i ruoli di governo locale con gradi di autonomia commisurati alle complessive esigenze di stabilità politica. I nuovi criteri vigenti nell’era della globalizzazione in cui gli Stati Nazione hanno perso gradualmente la loro sovranità industriale e politica chiedono che l’autonomia politica venga concessa immediatamente e incondizionatamente e che lo sviluppo dell’economia delle nuove nazioni autonome non sia sottoposta a forme di esclusione di carattere politico nel flusso delle relazioni industriali soprannazionali. I nuovi criteri devono accettare che le singole nazioni, una volta ‘liberate’ dal giogo dei paesi coloniali, possano manifestare comportamenti ritenuti poco etici se misurati sulla base della cultura vigente in ‘Occidente’ ciò comporta accettare regimi considerati monocrazie, satrapie, totalitarismi, autoritarismi, dittature a vita sperando che la graduale evoluzione delle condizioni economiche interne aiutino quelle nazioni a maturare aspettative di libertà individuale sempre meno controllabili dalle oligarchie al potere. Esattamente come è avvenuto gradualmente nei millenni nel mondo ‘Occidentale’. È un processo che ha trionfato non ostante analoghe manifestazioni di avidità ed egoismo che hanno ispirato i comportamenti delle elite politiche e industriali, pienamente analoghi a quelli che animano oggi le comunità ‘liberate’ dal giogo colonialista. Si tratta di un processo auto-educativo più violento di quello gestito dal paternalismo colonialista ma la cui maturazione può risultare più celere nel tempo se non la si escludesse dalle relazioni di sviluppo industriale che la ‘globalizzazione’ offre oggi come strumento di crescita del benessere con mutuo beneficio. L’articolo preso dalla rete internet tratta uno dei tanti temi attorno ai quali procede l’integrazione industriale tra paesi un tempo estranei alla cooperazione economica non sovvenzionata per puri fini politici. Articolo apparso in rete La “Sabbia Nera” Quante Vite costano i nostri Cellulari? Pensate ai vostri regali, pensate a quante volte dei genitori per far felici e rendere più moderni i loro figli gli hanno regalato telefoni cellulari e video giochi di ultima generazione. (1) Ma qualcuno si è mai fermato a pensare a quanto costa realmente quell’oggetto così di uso comune? Non in termini di denaro, ma in termini di vite umane e distruzione. (2) Uno dei componenti fondamentali di tutti i nostri telefoni, video camere, video giochi è il metallo chiamato Coltan. (3) Che cos’è il Coltan? Molti pensano che molte guerre Africane siano la causa di conflitti tribali, ma non è così. Quasi nessuno sa che questo minerale è la causa principale della guerra che ha ucciso più di 4 milioni di persone dal 1998 in Congo ed è oggi, uno dei componenti fondamentali dei nostri cellulari, un metallo più prezioso dei diamanti. Il Coltan è la combinazione tra COLOMBITE e TANTALITE la percentuale di quest’ultima appunto, è quella che determina il prezzo del Coltan, dal Coltan si estrae la Tantalite, che è ciò che serve nei nostri componenti tecnologici. Il Coltan ha l’aspetto di sabbia nera e rappresenta un elemento fondamentale in video camere, telefonini e in tutti gli apparecchi HI TEC (come le playstation) serve a ottimizzare il consumo di elettricità nei chip di nuovissima generazione rendendo possibile un notevole risparmio energetico. (4) Ma come si lega il problema della guerra al Coltan? L’ 80 % del Coltan in circolazione si trova solo in Congo, alcune delle più grosse multinazionali sfruttano queste miniere ed i congolesi che vengono pagati 200 dollari al mese (la paga di un normale lavoratore in Congo è di 10 dollari al mese). (5) Questo scatena una vera e propria corsa alle miniere, non solo dal Congo ma anche dalle vicine Uganda e Rwuanda, da parte dei guerriglieri che vorrebbero impadronirsene. (6) Come è facile prevedere estrarre questo prezioso minerale ha i suoi effetti indesiderati, solo per i minatori ovviamente. (7) Il Coltan contiene una parte di uranio, quindi è radioattivo, provoca tumori e impotenza sessuale e viene estratto dai minatori a mani nude. Le miniere di Coltan hanno l’aspetto di grandi cave di pietra, il minerale si ottiene spaccando la roccia; spesso i guerriglieri del RDC (Rassemblement Congolaise pour la Democratie) si divertono a terrorizzare i civili e i minatori uccidendoli nelle miniere tanto che, racconta un ragazzo, i lavoratori han dovuto scavare delle buche in cui ripararsi ogni volta che arrivano i ribelli. (8) Qualche anno fa in Italia la gente impazziva per trovare nei negozi la Playstation 2, diventata introvabile, il motivo fu proprio la carenza del Coltan di cui si era fermata l’estrazione per i problemi legati alla guerra. I soldi che le multinazionali spendono per estrarre il Coltan come sempre non servono per alimentare la popolazione, costruire scuole o ospedali, tutt’altro, servono a finanziare la guerra, comprare Armi, dar da mangiare ai soldati. (9) Pochi sanno quali siano esattamente le società che comprano il Coltan, non è facile scoprirlo, perché ci sono decine di intermediari che passano dall’Europa, in particolare dal Belgio (anche la “Sabena”, ex compagnia di bandiera aerea belga, si sospetta trasportasse illegalmente il minerale). (10) Ma i principali fautori di questo che sta diventando un genocidio sono Nokia, Eriksson e Sony, non basta, dietro c’è anche un mercato nero del Coltan che viene rubato dai guerriglieri e poi rivenduto attraverso altri mediatori ugandesi, rwuandesi e spesso europei ed americani. (11) Come detto precedentemente il prezzo del Coltan varia a seconda della percentuale di Tantalite, nel 1998 il Coltan costava 2 dollari al kg, oggi ne costa 100, ma questo mercato è estremamente instabile, perché nel 2004 quando la richieste da parte dell’occidente erano tantissime arrivò a costare 600 dollari al kg. (12) Recentemente è stato scoperto un nuovo giacimento di Coltan in Amazzonia, si comincerà a lavorare presto con le conseguenze che tutti possono prevedere, forse altre storie di ribellione degli Indios e morte. Da piccolo mi venne insegnato che la risoluzione della guerra è sempre la PACE, temo che in questo caso se nulla cambierà, la fine della guerra del Congo, sarà solo la fine delle sue risorse minerarie, e la guerra e distruzione si concentreranno in un altro, meraviglioso posto ….. da distruggere. (13)
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