30/11/2009

Europa, Unione Europea e geopolitica nel 2000

Sulla stampa, le recenti scelte che l’UE ha concluso in applicazione del trattato di Lisbona, sono state commentate così: “Con le nomine di Ashton e Van Rompuy - scrive ad esempio il Financial Times - "resta aperto l'interrogativo se l'Unione europea abbia davvero scelto i migliori candidati possibili". Il loro "basso profilo - spiega il quotidiano britannico - lascia intendere che le decisioni più importanti di politica estera saranno ancora nelle mani dei governi nazionali".

Il commento di un lettore italiano della rubrica è stato: “Si punta ancora sul nazionalismo per sfasciare l' Europa!”. Voglio a proposito formulare una mia opinione consolidata da un’innumerevole serie di fatti storici cui sono stato testimone e supportata dalla mia lettura distaccata ma attenta delle vicissitudini che la “Storia”, la “storia” e la “cronaca politicante” hanno imposto all’Europa dopo il crollo dell’Impero Romano.

Io non credo si tratti di questo. Credo che in Europa nessuno tra chi è dotato di ragione possa veramente credere in un ruolo influente e terzo dell'UE tra USA e Cina. Se sarebbe forse possibile porre a confronto tali entità su un piano puramente astratto, e solo per la dimensione dei rispettivi mercati interni, le rispettive caratteristiche in termini di autonomia decisionale, della loro reattività interna e, soprattutto, di credibilità per le loro decisioni politiche e per i connessi e coerenti comportamenti diplomatici e militari sullo scenario geopolitico attuale (in una prospettiva di almeno ancora vent'anni a venire!) non rendono credibile l'UE per ricoprire qualsiasi ruolo "alternativo" alle restanti due entità.

Infatti è difficile sperare che sistemi industriali "nazionali" molto agguerriti e dinamici come quello francese e tedesco (non “nazionalisti” perché devono comunque proiettarsi su uno scenario competitivo sia per la produzione che per gli sbocchi commerciali) si possano prestare a dare sostegno all'integrazione industriale interna all'UE quando, per loro, esistono mercati molto più attrattivi sui quali sviluppare propria crescita in ruolo da primari. È altrettanto difficile ipotizzare che il Regno Unito, coi suoi indubbi vantaggi in materia di già consolidata integrazione finanziaria e assicurativa con gli USA e con le sue integrazioni commerciali vantaggiose e datate con tutto il Commonwealth (Canada, Australia, India), possa rinunciare al margine competitivo dei suoi corporate services in lingua inglese e nello spirito giusrisdizionale inglese-americano-cinese per attendere che la legislazione interna europea, e l'associato sistema giurisdizionale dell'UE, assurga a comparabili livelli di speditezza e di efficienza.

Io affettivamente, e per pure ragioni di "politica ombelicare" che ispira gli eventi dell'UE (dalla Costituzione Europea una vera e propria “comica finale” di quattrocento pagine rifiutata da vari Paesi e poi tolta di torno per giungere agli accordi di Lisbona - che avrebbero dovuto avviare un'epoca di determinazione politica esprimendo le due cariche più importanti almeno sul piano delle apparenze e non dei contenuti; impossibili per quanto detto prima), avrei visto infatti Blair a presidente e Berlusconi a ministro degli esteri.

Blair è liberista, filoamericano e pienamente integrato con le strategie diplomatiche e militari USA sullo scenario geopolitico in costante coerenza di tutti i governi di Sua Maestà, sia di destra che di sinistra.

Berlusconi è l'unico dinamico, efficiente, con risorse proprie e libero da Francia e Germania tanto da poter sviluppare una strategia di penetrazione su mercati mondiali che sia non sospettabile di ostilità da parte di tutti gli altri "piccoli" Paesi (ex-URSS, mediterranei, sud-americani, medio-orientali) creando aperture di cooperazione allo sviluppo in un ambito "regionale" molto esteso che garantirebbe all'UE un proprio sistema industriale di PMI capace di assicurare un diffuso ritorno di reddito ad economie nazionali prive altrimenti di qualsiasi speranza di essere competitive nel ruolo di protagonista globale.

Nell'impossibilità di avere Berlusconi in quella posizione (che avrebbe dovuto vedere interessata sia la destra che la sinistra pur di liberarlo prima del ricatto persecutorio post-Craxiano) e nell'impossibilità che Francia e Germania potessero sostenere la propria graduale castrazione nazionale (non “nazionalista”) in materia di politica estera, era evidente che la proposta di D'Alema fosse solo un'intelligentissima manovra tattica di Berlusconi per agevolare la "pacificazione" interna e che il Regno Unito avrebbe occupato la poltrona - più utile - di ministro degli esteri dalla quale la diplomazia britannica potrà ricevere ed offrire preziose sponde e sinergie con la sua diplomazia in posizione UE gregaria degli accordi in corso USA+Cina senza nuocere ai suoi interessi globali come nazione più “globalizzata” esistente in Europa sin dai tempi della Regina Vergine.

D'altronde D'Alema non avrebbe avuto alcun sostegno proprio in Italia, infatti è inviso ai partiti socialisti per la sua origine comunista mai abiurata seriamente in una Bad Godesberg credibile in tempi non sospetti, è antipatico in diplomazia, è arrogante (anche se forse l'unico intelligente tra le sinistre), non parla inglese, ha trascorsi di filo-palestinese, è sospetto di possibile ispirazione anti-israeliana, non è tra i più in sintonia con il Vaticano. Tutto ciò ha reso totalmente insostenibile la sua candidatura rispetto ai candidati più idioti, meno pericolosi e più social-democratici capaci invece di attrarre sostegno dai Paesi più ostili ai comunisti. E' la nemesi della storia che pagano i figli sessantottini per le colpe dei padri del più forte partito di sinistra in Italia più intelligenti ma settari per le loro politiche “consociative” fallite col crollo del muro sul piano internazionale e con il fallimento della “meravigliosa macchina di guerra” sul piano nazionale!.

Chissenefrega! io personalmente non ho mai creduto nell'UE. Ho ancora grande fiducia invece nel “MEC”, allargato fino ai nuovi Paesi est-europei con possibile area-di-libero-scambio che si estenda alla Turchia ed alla sponda sud del Mediterraneo, purché ne faccia però parte sostanziale Israele.

Questo è un ruolo geopoliticamente, socialmente, industrialmente compatibile con la anemia del sistema produttivo europeo per i prossimi cinquant'anni. Il resto è solo wishful thinking fondato su "terze vie" che sono sempre fallite nella storia.

Solo la Chiesa si può permettere di predicare una dottrina sociale incompatibile con la crescita industriale e solo perché non ne deve pagare l'onere che scarica sugli Stati e sulle donazioni degli Epuloni privati con sensi di colpa. L'Europa è in bancarotta proprio per le "terze vie" ricercate dal fascismo, dal nazional-socialismo, dal comunismo e dal welfare state di stampo nord-europeo (in piena bancarotta anch'esso - e non da oggi).