29/11/2008

Consolidamento del NOG

Come ci viene segnalato in ogni ambito e su piano globale, la cosiddetta ‘crisi’ non solo è una delle più ‘naturali’ crisi di crescenza che si manifestano nel corso dello sviluppo della civiltà ‘Occidentale’ ma che, addirittura, essa è stata scatenata consapevolmente e indirizzata tramite precise fasi di un processo che data da ormai qualche decennio.

Ciò che ci garantisce della natura ‘benefica’ (in quanto controllabile e pienamente ‘fisiologica’ con le esigenze funzionali della civiltà ‘Occidentale’) della ‘crisi’ in corso, è il fatto che essa si sviluppa senza più alcun ostacolo su piano globale. Non esistono ‘modelli alternativi’ di civiltà che possano incanalare le risorse esistenti e tutte pienamente coinvolte nell’unico processo egemone in corso.

I ‘rimedi urgenti’ assunti in modo indipendente e spesso contrastante dai diversi Stati Nazione possono risultare più o meno criticabili alla luce dell’ortodossia di libero-mercato per gli accademici ma sul piano pratico si tratta di iniziative che i politici sono ‘liberi’ di escogitare nel tentativo di assicurarsi il dovuto ‘consenso locale’. Iniziative ‘libere’ nella loro dimensione ‘locale’ ma tutte ‘obbligate’ ad adeguarsi alle linee strategiche ormai non solo tracciate ma in corso di rapido consolidamento su piano globale lungo percorsi ben definiti e in grado di armonizzare le esigenze della disponibilità di risorse finanziarie e del ROI (ritorno sull’investimento) che esse possono ricavare dai programmi di industrializzazione globale già consolidati e cui occorre far risalire l’origine dell’attuale ‘crisi’. Una crisi quindi fisiologica alla estensione su dimensione globale del ‘libero-mercato’. Lo strumento non-settario di penetrazione della liberal-democrazia. Le due ‘essenze’ della civiltà ‘Occidentale’.

Io preferirei vedere rispettata l’etica del libero mercato con provvedimenti che lasciassero ‘fallire’ gli istituti bancari che ‘irresponsabilmente’ si sono sovraccaricati di titoli di risparmio eccessivamente rischiosi. Mentre tutelerei l’economia reale dal rischio di subire le conseguenze di quei ‘fallimenti’ con provvedimenti che sostituissero lo Stato nelle garanzie ai mutui immobiliari assunti da soggetti non ‘solvibili’ sul piano patrimoniale. Così come preferirei vedere provvedimenti che lasciassero ‘fallire’ le aziende industriali più ‘mature’ nei Paesi industrialmente più avanzati per vederle sostituire da aziende più competitive nei Paesi emergenti. Lasciando così maturare più celermente il reddito di quei nuovi Paesi i migliori potenziali acquirenti delle derrate alimentari e delle tecnologie avanzate patrimonio dei Paesi più industrializzati. Queste iniziative accelererebbero l’avvento di un Nuovo Ordine Globale nel rispetto delle comuni esigenze di complessiva redditività e produttività. Esse tuttavia avrebbero il solo merito di aderire a scelte intellettualmente ortodosse alla luce di una dottrina liberista. Sarebbe un tipo di scelta ideologica analoga a quella che l’espansione della liberal-democrazia riesce a confinare nella sfera delle libertà di espressione e di professione religiosa.

La separazione tra sfera politica e accademica (uno dei patrimoni della liberal-democrazia) serve invece proprio a privilegiare il pragmatismo delle scelte che espongono il leader politico al rischio di perdita del consenso. Mentre i loro ‘consigliori’ accademici (le ‘menti sottili’) non corrono solo il rischio dell’auto-critica. È per questo che il pragmatismo dei leader politici liberali legittima le proprie scelte all’insegna del motto: “lo Stato se necessario, il Mercato quando possibile”.

Qualsiasi visione alternativa infatti si fonda su ideologie alternative che impongono agli eventuali adepti un’adesione ‘integrale’ a modelli comportamentali rigidi e meno attraenti. Ciò si può leggere tramite le scelte più spontanee che vengono decise quotidianamente laddove ciò è possibile oppure dalle aspettative che spontaneamente maturano laddove la libertà di scelta non è permessa non ostante i divieti ufficiali e le repressioni che spingono le persone a assumere gli oneri di forme anche drammatiche di emigrazione.

Quanto sopra segnala che, al passare del tempo, la ‘crisi’ inevitabilmente evolverà nel senso di sempre maggiore raccolta di consenso tra le nuove generazioni sottraendo risorse ai vecchi integralismi che ne debbono impegnare dosi considerevoli per ‘imporre’ le adesioni ortodosse ai propri ‘modelli alternativi’.

Sul piano politico sono ormai crollati i modelli alternativi di carattere materialista (il ‘socialismo’ non è morto solo in Russia ma anche in Cina sta trasformandosi in un autoritarismo di tipo ‘fascista’) mentre i modelli meno materialisti ed autoritari dei vecchi Stati Nazione (di tipo ‘fascista’) che, dopo essere stati le naturali sedi in cui è maturata la precedente fase di sviluppo della civiltà ‘Occidentale’ hanno ormai visto tramontare ogni sopravvivenza alle esigenze dell’attuale fase di ‘globalizzazione’ di quella civiltà.

Sul piano spirituale i modelli alternativi a quello offerto dalla civiltà ‘Occidentale’ di libera coesistenza tra fedi diverse nel rispetto delle libertà politiche hanno altresì sempre fallito a raccogliere spontaneo consenso ad aderire a comportamenti rispettosi delle loro visioni ‘integraliste’ che appaiono, troppo spesso, prive di credibile attrattiva per la maggioranza delle persone anche per quelle che non sono, in modo preconcetto, insensibili al messaggio spirituale.

Hanno fallito le frequenti proposte storiche dell’integralismo cristiano che sopravvivono in spirito e nel rispetto ‘liberale’ nelle comunità laiche o religiose di anche lunga tradizione (conventi, sette, comunità) che dimostrano la compatibilità della civiltà ‘Occidentale’ liberal-democratica con ogni integralismo religioso che ne rispetti i principi di libera scelta ma che dimostrano anche l’egemonia di consenso laico del modello liberal-democratico rispetto a qualsiasi altra alternativa di radici più ‘spirituali’.

Analogamente sta fallendo la proposta attuale dell’integralismo islamico che, se non accetta di nutrire le proprie rigidità nella sfera volontaria delle comunità, deve imporre l’adesione al suo rigido modello con l’impiego della violenza anche sulle persone di cultura islamica ma non disposte ad adeguare totalmente i propri comportamenti agli schemi ortodossi.

Il grande merito della ‘guerra al terrore’ scatenata come fase conclusiva del Nuovo Ordine Globale, è stato infatti di portare il conflitto tra le persone ispirate dalla visione integralista e da quella più liberale all’interno stesso della ‘humma’. Ciò costringe i Paesi di cultura islamica a una scelta tra adesione alla civiltà ‘Occidentale’ coi relativi benefici di maggiore libertà, benessere e sviluppo o al modello spirituale dell’integralismo islamico con le associate rinunce a libertà individuali, sviluppo e benessere economico. Qualora quei Paesi dovessero scegliere di rinchiudersi ‘liberamente’ in ‘comunità spirituali’ (come sono, ad esempio, le comunità di monaci tibetani o quelle del Monte Athos), la civiltà ‘Occidentale’ egemone sulla restante sfera globale non avrebbe difficoltà a rispettarne la libera scelta.

Ciò che invece è totalmente incompatibile per la convivenza con la egemone civiltà ‘Occidentale’ è che quelle comunità siano costrette ad aderire all’integralismo spirituale o che quelle comunità tentino, peggio ancora, di imporre il loro modello spirituale integralista al resto del mondo ormai ‘civilizzato’ in senso irreversibile.