29/07/2008

Nuovo Ordine Globale

È impressionante quanto celere sia sotto i nostri occhi lo sviluppo del NOG sia in termini di diffusione geopolitica della liberal-democrazia, sia in termini di graduale trasformazione delle vecchie istituzioni della governance economica.

Il primo aspetto è stato sollecitato dalla vincente scelta “unilaterale” di Bush (con graduali “correzioni” di McCain-Rice-Petraeus) di destabilizzare il mondo islamico in maniera controllabile.

La controllabilità discende dall’avere scelto l’Iraq e l’Afghanistan tra i possibili Paesi bersaglio.

Infatti, l’avere isolato l’unico Paese a maggioranza sciita (l’Iran – il più progredito sul piano industriale e dotato di una forte media borghesia pro-occidentale) ha spinto gradualmente i Paesi a maggioranza sciita ad organizzare un “cartello” di resistenza nei confronti dell’Iran. Ciò ha condotto alla attuale rete di contatti politici per sollecitare il “regime change” in Iran sotto la guida dell’Arabia Saudita. Si è perfino tradotto in una graduale crescita di “moderatismo” interconfessionale cui partecipa anche la Chiesa di Roma a Riad.

Le conseguenze osservabili di questa decisione “unilaterale” sono sotto i nostri occhi: il successo del “surge”, il suo trasferimento in Afghanistan, l’adesione di Barack Obama alla filosofia di trasferimento del “surge” in Afghanistan, il “regime change” in Pakistan, l’adesione costante dei vecchi Paesi europei alla stessa filosofia (reintegro della Francia nella NATO, partecipazione di forze militari alla guerra in Afghanistan, graduale sostegno del Pakistan alla lotta anti-talebana), l’aumento del terrorismo nei Paesi islamici che un tempo restavano basi neutrali del terrorismo di Al Qaeda per ragioni di propria convenienza, la graduale accettazione del possibile intervento “unilaterale” e “preventivo” di Israele contro i siti nucleari Iraniani qualora non avvenisse l’auspicato “regime change”, l’isolamento graduale in Iran di Ahmadinejad dai vertici politici più aperti a negoziare con gli USA un accordo politico. Ciò è avvenuto grazie al sapiente impiego USA del “bastone” militare per imporre l’adesione a negoziati che promettono “carote” economiche.

Il secondo aspetto di graduale crescita delle obsolete istituzioni di governance economica invece è stato sollecitato dal libero mercato “selvaggio” della finanza internazionale. Essa tramite (e grazie ad essa) la “speculazione” con nuove forme di investimento, ha messo in crisi le economie nazionali più ricche e le ha costrette ad intervenire sulla destabilizzazione con accordi che hanno scavalcato i confini nazionali e le decisioni “multilaterali” tra Stati Nazione. Una volta salvate le istituzioni finanziarie negli USA, gli altri Paesi hanno dovuto allinearsi (grazie all’ormai strettissima interdipendenza dell’economia globale) e ne stanno emergendo conseguenze positive con procedure ed accordi “tecnici” alla ricerca di tutelare la risorsa più necessaria e più scarsa per alimentare lo sviluppo mondiale: la finanziaria.

Le istituzioni politiche nazionali seguiranno poi per prime questo riassetto della finanza globale (il peso delle economie locali sulle decisioni nazionali aumenterà in senso di maggiore “federalismo”). Le istituzioni soprannazionali potranno allora trovare solidi punti di riferimento politico per modificare i propri ruoli e procedure decisionali avendo il sostegno di una maggiore omogeneità di interessi finanziari e di una maggiore determinazione a tutelarne l’applicazione “manu militari”. Interesse globale e credibilità istituzionale avranno allora completato il loro (celerissimo) percorso.

Si possono osservare sulla stampa specializzata i rapidi cambiamenti di peso che stanno avvenendo negli istituti di un tempo. Le aziende di “rating” stanno assumendo importanza e cercando nuova credibilità. Gli istituti di emissione stanno armonizzando le decisioni per evitare “opportunismi locali” che un tempo erano la regola.

L’ultima istituzione che dovrà trovare una nuova dimensione globale è quella del giurisdizionale che è in crisi proprio sul piano della tutela degli interessi civili. Che la giustizia penale sia in crisi non è né un fatto nuovo né dannoso sul piano globale. È sempre stato così proprio perché le legislazioni nazionali non hanno mai avuto criteri di riferimento in condivisi interessi industriali e quindi gli “uomini forti” che commettevano crimini anche atroci ricevessero protezione nei loro Paesi era un fatto logico. Che invece la giustizia civile non riuscisse ad assicurare in piena era della globalizzazione (a far data dagli anni 1930 almeno) tutelando i diritti di proprietà come beni industriali privilegiati è ormai diventato di intralcio alla crescita dell’economia globale. Un danno che ha ripercussioni soprannazionali di interesse capillare. Quindi una volta riformate le istituzioni politiche nazionali in senso del Nuovo Ordine Globale sarà la volta del diritto civile e delle relative procedure.

Si sta completando la fase della realizzazione del NOG e noi stiamo ancora a farfugliare di “tutela dei diritti acquisiti” nell’ambito di specifici e insignificanti comparti d’industria. Quando ci sveglieremo ci accorgeremo che “il film è finito” e saremo impreparati cittadini del NOG.