20/08/2010

Italia: paradigmi alternativi per il futuro


Come al solito in Italia esistono rare manifestazioni di ciò che è degno di esse
re chiamato ‘giornalismo’ ma che in realtà questa rubrica si ostina a raccomanda
re come ‘quarto potere’ ancora da codificare in una riforma costituzionale di ca
rattere liberal-democratico in piena epoca di ‘globalizzazione’ ovvero; l’‘infor
mazione divulgativa’ che include le scuole d’ogni ordine e grado, i media e form
azione dei nuovi professionisti. Sulla traccia dell’ormai ‘antico’ Citizen Kane
e dei crescenti danni causati dall’assenza di responsabilità delle attuali istit
uzioni dei media e delle accademie ‘scientifiche’ al sistema istituzionale.
È il più importante potere che sostiene l’operatività di ogni sistema istituzion
ale che voglia, realmente, essere legittimato dal voto democratico espresso dagl
i elettori. Che evidentemente non possono essere ‘specialisti’ in tutte le mater
ie in cui è richiesta la loro responsabile scelta e che pertanto devono essere a
deguatamente informati ad un livello ‘divulgativo’ ma rigoroso e libero da censu
re preventive.
Tra le poche manifestazioni di ‘giornalismo’ quella gestita da Oscar Giannino è
quasi sempre di buon livello in particolare quando tra i suoi ospiti figurano in
terlocutori sintetici, precisi e chiari come Carlo Pelanda.
Recentemente i due hanno illustrato le prospettive politiche che si offrono al s
istema industria-stato in Italia per rilanciare la competitività del paese e qui
ndi un suo possibile inserimento tra gli interlocutori internazionali che sia re
so credibile dalla solidità del suo sistema industriale.
Le prospettive che si offrono realisticamente all’Italia, ha affermato sintetica
mente il professor Pelanda si riducono a due paradigmi mentre la loro attuazione
, ha affermato Oscar Giannino, non può essere affidata che alla nascita di un nu
ovo partito in quanto tutti gli altri che in precedenza hanno promesso di realiz
zare l’ammodernamento del sistema Italia in chiave liberale, si sono comportati
come anguille e hanno eluso le promesse; evidentemente sotto la pressione dei co
siddetti ‘poteri forti’ o ‘conservatori’.
Iniziando dall’ultima affermazione si può dire che la nascita d’un nuovo partito
 non potrebbe far altro se non ripetere il suo insuccesso sotto le stesse pressi
oni incontrate in precedenza dagli altri (non ultime le coalizioni guidate e ‘in
ventate’ da Silvio Berlusconi). Si tratta quindi di un’affermazione velleitaria
e sterile che tra l’altro, come sostiene questa rubrica, è inessenziale per il f
uturo del paese.
Tornando invece ai due paradigmi di tipo liberale indicati da Carlo Pelanda li s
i può riassumere sula traccia di comportamenti istituzionali già esistenti in al
tri paesi di comparabile dimensione industriale.
Carlo Pelanda li ha indicati negli USA e nella Germania Federale.
Gli USA animati da un liberismo interno altamente competitivo sul piano delle pi
ccole e medie aziende senza ombrelli di stato sociale che appesantiscono le capa
cità autonome di recupero dalle situazioni di crisi congiunturali rendendo il si
stema più esposto ai rischi ma nel contempo più reattivo tramite avvio costante
di soluzioni fondate sulle innovazioni industriali. Col risultato di rendere il
paese egemone sul piano della impostazione delle strategie industriali.
La Germania Federale invece, più simile all’Italia come contesto geopolitico, is
piratrice dello stato sociale in epoca bismarckiana, ultimo paese ad aver assunt
o un carattere di Stato Nazione che ha creato le più esemplari forme di istituzi
oni amministrative in Europa da Federico di Prussia a Francesco Giuseppe.
Orbene questa rubrica sostiene che senza nulla fare, lasciando semplicemente tra
scorrere il tempo, (e quindi in pieno spirito di ‘laissez faire’ liberale), il n
ostro sistema industriale perderebbe i più grandi gruppi industriali che sono gi
à comunque sempre più inseriti nel contesto globale e possono quindi acquistare
altrove quei servizi che altri stati o i privati possono loro offrire sul mercat
o internazionale eludendo quindi gli oneri parassitari delle istituzioni ottocen
tesche, borboniche, corporative di cui è ricca la tradizione italiana dai tabacc
ai, ai tassisti, ai notai, alle municipalizzate, ai sindacati operai fondati sul
lo ‘statuto del lavoratore’, sindacati padronali (Confindustria, Intersind e ABI
), magistratura amministrativa, civile e penale, tutti strumenti utili solo alla
 ‘programmazione consociativa’ dei redditi e per alimentare via-fiscale partiti,
 sindacati e le loro clientele improduttive.
Una volta perduto il sostegno dei grandi gruppi industriali (vedi l’attuale caso
 Fiat-FIOM), l’Italia non avrebbe alcuna possibilità di finanziare il parassitis
mo dell’inefficiente stato sociale all’italiana e quindi ha già avviato la riduz
ione delle sue vecchie strutture corporative e reazionarie, illiberali e incorre
ggibili per carenza di risorse finanziarie.
Calando quell’onere parassitario, il resto delle aziende, costrette per la loro
dimensione e mercato locale, a restare insediate in Italia sono costrette a esco
gitare creativamente (quindi in piena responsabilità di libero mercato), stanno
trovando soluzioni autonome dall’inefficienza dello stato per stabilire relazion
i industriali complessivamente adeguate a sostenere le loro offerte di servizio
e di produzione industriale.
Ciò sta avvenendo senza alcuna intromissione dello stato incapace di sostenere c
on efficacia l’industria nei suoi sforzi di penetrare il mercato globale (ambasc
iate, consolati, camere di commercio, mostre – è emblematica quella del 2012 a M
ilano – organizzata dalla più efficiente Regione italiana!).
In sintesi, accettare pienamente il ‘laissez faire’ sembra essere la scelta più
congeniale all’inefficiente sistema statale italiano, più compatibile con la car
enza di risorse finanziarie disponibili dallo stato (se non a detrimento del ril
ancio delle aziende private) e finalmente quella che la lentezza di reazione del
 sistema politico italiano sta imponendo al paese. Questa alternativa sta obblig
ando l’Italia ad accettare lo spirito del paradigma USA anche nel malaugurato ca
so in cui Barack Obama dovesse continuare a iniettare in quel paese dosi infetta
nti di welfare state.
Inoltre questa rubrica ritiene questa soluzione la sola destinata a realizzarsi
per due semplici ragioni.
La prima attiene alla tradizionale lentezza del sistema Italia a reagire in modo
 organico alle novità aliene e all’associata celerità con cui queste novità pren
dono corpo sullo scenario globale.
In altri termini non c’è più tempo sufficiente ormai per rivedere organicamente
l’insieme di regole, procedure e connesse prassi istituzionali per rendere il pa
ese più adeguato a competere come Stato Nazione tra altri Stati Nazione a partir
e da una costituzione fondata sul lavoro che si è ridotta pateticamente a difend
ere il diritto di reintegro al lavoro di rappresentanti sindacali che non hanno
mai lavorato per il ruolo che era loro affidato di ostacolare il cambiamento del
 diritto industriale anche ricorrendo a pratiche di sabotaggio. Nessuna forza in
 Natura potrebbe mai convincere le ‘forze sociali’ e le ‘rappresentanze parlamen
tari’ in Italia di superare la loro visione ottocentesca, corporativa e opportun
ista ed avviare un sistema di leggi e di istituzioni di peso minimo, di massima
efficacia ed ispirate a una visione geopolitica globale.
Intanto l’economia più vitale trova naturali vie di integrazione con partner ind
ustriali omologhi che si muovono in altri mercati perseguendo una sopravvivenza
ispirata a puri criteri di crescita competitiva e non di visioni ideologiche d’a
ntan dettate da ‘menti sottili’ a misura delle astratte e sempre utopiche dottri
ne sociali che hanno creato la ‘costituzione fondata sul lavoro’ degenerata subi
to in costituzione fondata sul diritto al sussidio!
La seconda ragione di questa convinzione attiene alle ragioni culturali stesse c
he animano da sempre la nostra bella Italia. La frammentazione culturale è il la
scito della caduta dell’Impero Romano che l’Italia ha donato come sua missione a
l mondo rifiutando da allora di aderire al paradigma culturale alieno di Stato N
azione. L’Italia (come la Grecia) è permeata da un paradigma culturale universal
e (cattolico) che ci ha consentito di esprimere da sempre il valore aggiunto ita
liano nel mondo. Dall’Umanesimo degli ordini monastici e delle Università al Rin
ascimento dei principati, l’apporto italiano al mondo in ogni epoca è stato gene
rato all’insegna di ‘tot capita, tot sententiae’. Così è oggi col rinascente fed
eralismo e affezione al proprio comune ‘contro’ ogni prevaricazione delle TAV o
delle centrali nucleari. Il fascismo per tentare di imporre l’unico periodo di u
nità nazionale ha dovuto appellarsi a Roma Imperiale e, a tal fine, ha perfino c
ercato di elevare ‘sciaboletta’ a improbabile, patetico Imperatore su tre contin
enti! Un regno feudatario francofono trasformato in emblema di Roma nel mondo!
Quest’intima incompatibilità tra la cultura italiana (vivace se parcellizzata) e
 quella degli Stati Nazione nati dopo la caduta del paradigma cattolico (genuina
mente italiano e sempre presente nel ‘bel paese’), è stata la causa dei comporta
menti inspiegabili d’un paese che è restato invece sempre egemone sul piano cult
urale nei millenni. L’amalgama ovunque e sempre in Italia tra residenti e ‘barba
ri’ non ha mutato il carattere ‘cattolico’ della cultura italiana. La Chiesa Cat
tolica è universale ma la sua Curia parla latino (e italiano) e non è avvertita
come corpo alieno neanche dagli atei comunisti (non dai catto-comunisti per oppo
rtunismo) né dai laici più radicali. ‘Franza o Spagna purché se magna’ non è cin
ismo ma è in coerenza con lo scetticismo nutrito nei confronti del paradigma del
lo Stato Nazione all’insegna di una comune lingua (il latino-volgare era già uni
versale come la Chiesa di Roma e l’Impero), di una comune dinastia (l’Imperatore
 era sempre di‘Diritto Romano’ anche se di Nazione Germanica ‘contro’ gli Stati
Nazione) o di una comune ‘etnia’ (improbabile data la consapevolezza che Roma av
eva legittimato una ‘nazione di bastardi’. Avere terminato tutte le guerre nazio
nali al fianco di alleati diversi da quelli di partenza è espressione della cult
ura egemone scettica rispetto ai risultati e cinica rispetto alla revisione dei
comportamenti (primum vivere, deinde philosophari). Escogitare creative ‘terze v
ie’ è il dono che la cultura italiana ha dato al mondo da sempre ma nel ruolo di
 ‘consigliori’ in prudente attesa di vedere il risultato dei suoi suggerimenti a
l ‘Principe’. È la cultura rinascimentale dei ‘Principati’ che suggerisce ai mol
ti ‘Machiavelli’ di frammentare i principati per giocare intellettualmente. Fram
mentare significa far nascere nuovi partiti, nuove correnti all’insegna di nuove
 idee sempre brillanti e teatralmente vendibili!
‘Meglio testa di sardina che coda di pescecane’ è profondamente italiano e total
mente incompatibile col paradigma ipotizzato della Germania Federale!
Intanto il mondo cresce e poi ritorna alle origini di ‘Roma Cattolica’ anche se
la sede dell’Impero è a Washington DC: ‘it’s the economy – stupid!’.
L’alternativa tedesca sembra assolutamente irrealizzabile in quanto essa richied
erebbe il sostegno di un apparato amministrativo statale di sostegno efficiente
(la Lombardia non presenta che un vago tipo di somiglianza con quelli dei Länder
 tedeschi e manca comunque dei gradi di libertà ben rodati di cui solo un federa
lismo è dotato). Tutte le altre regioni italiane sono assolutamente inefficienti
 rispetto ai Länder tedeschi e il sistema complessivo in Italia non potrebbe spe
rare di risultare competitivo sullo scenario globale. Inoltre anche volendo inve
stire massicciamente nell’attuazione del federalismo in Italia sarebbe impossibi
le attuarlo in tempi adeguati alla celerità con cui progredisce la globalizzazio
ne e la nuova governance. È più probabile che, grazie all’ormai accettata Unione
 Europea, essa resti limitata sul piano dell’integrazione economica (anche se le
nta e macchinosa per l’obbligata unificazione dei sistemi interni – istruzione,
formazione, giustizia, legislativo, etc.) lasciando libere le diverse economie l
ocali di stabilire nuovi confini geopolitici interni in modo più congeniale al r
ilancio delle varie realtà di cui dispone l’UE (la cui mobilità interna risulta
assolutamente inferiore a quella di cui dispongono gli USA e la Cina). Questo pr
ocesso inoltre sta già avvenendo ed è sotto gli occhi di tutti (anche se viene s
tigmatizzato dalle istituzioni obsolescenti e parassitarie che tentano di ‘resis
tere, resistere, resistere’ al nuovo assetto globale dell’economia – e forzatame
nte della politica).
Un encomio speciale alla lungimiranza, sinteticità, chiarezza di illustrazione d
i cui hanno dato esimia prova il duo Giannino-Pelanda – due cervelli che hanno r
inunciato, da veri masochisti, a emigrare per restare tra noi come esemplare ill
ustrazione della vitalità del giornalismo, della divulgazione e della cultura li
berale in Italia. Evviva questi intellettuali rinascimentali che perpetuano il r
uolo italiano nel mondo in ogni epoca!