27/04/2008

Aprile 1945-48 - Aprile 2008

Credo profondamente errato continuare a incensare la nostra costituzione come mostro sacro su cui fondare la nuova concordia nazionale. Al di là della forma (stesa da scienziati delle scienze giuridiche più che rispettabili) sono proprio i contenuti a essere assolutamente sterili per due ragioni, una storica e l’altra di inadeguatezza rispetto alla sua adattabilità nel tempo alla realtà geo-politica – che discende della prima. Infatti la costituzione risulta pomposa nelle sue dichiarazioni di principio contenute nella prima parte che avrebbe dovuto ‘legittimare’ l’interpretazione delle indicazioni pratiche contenute nella seconda parte. La prima parte si ispirò ai fini ideali di due dottrine dell’epoca paleo-industriale pre-fascista che vennero recuperate e poste in auge alle soglie di un’internazionalizzazione industriale già matura: quella sociale della Chiesa e quella Marxista. Entrambe quelle dottrine avevano necessità di privilegiare il ruolo dello stato su quello dell’economia di mercato e trovarono utile conservare a tale scopo tutte le istituzioni dello stato-fascista. Le due parti politiche ispiratrici costrette a legittimarsi reciprocamente nello scenario geo-politico di ‘guerra fredda’, prosecuzione della ‘guerra guerreggiata’ (da ‘alleati’ solo per ragioni di convenienza strettamente militare ma non politica), si appropriarono di istituzioni fasciste (Agip, INAIL, INPS, Federconsorzi, INA, IRI) e degli associati criteri dirigisti dello stato sull’economia (CNEL, scala-mobile/caro-vita, contrattazione nazionale, ABI). In attesa di potersi appropriare totalmente di quelle istituzioni le due parti si limitarono a rendere inattive le istituzioni che la geo-politica di allora non consentiva loro di forgiare a propria misura. I partiti e i sindacati non ebbero personalità giuridica pur determinando ogni scelta di interesse generale dal loro stato di club privati e istituzionalmente ‘irresponsabili’ (questa è una prima e fondamentale carenza tuttora vigente di una costituzione mai realmente applicata ma solo interpretata a-misura degli interessi negoziati in quei ‘club privati’). La ‘camera dei fasci e delle corporazioni’ (il CNEL) ricevette formalizzazione solo tardi e comunque divenne solamente una sede istituzionalmente inutile ed usata solo per gratificare personaggi di secondo piano. L’istituto referendario che era sopravvissuto nella parte confirmativa di leggi la cui esclusiva sede era il parlamento pienamente controllato da irresponsabili partiti politici è stato regolarmente disatteso nelle sue decisioni popolari. Il primissimo referendum istituzionale (credo l’unico che si svolse con un peso concreto della volontà degli elettori) fu inquinato da irregolarità e da scelte illiberali che sono state spesso riportate e ricordate da storici e giornalisti (pur non essendo la scelta repubblica o monarchia di alcun reale peso per un Paese ormai immerso nella competizione economica globale (come dimostra il caso UK, Spagna, Danimarca, Svezia o Giappone). Le due dottrine sociali che contribuirono alla stesura della costituzione erano già obsolete rispetto alle esigenze del mondo industriale del 1946. I criteri della ‘programmazione dello sviluppo’ erano addirittura patetici in un mondo in cui occorreva importare materie prime per esportare sui mercati globali senza i vincoli di visioni politiche che mai erano state competitive rispetto a quelle ispirate al libero-mercato. Il peso delle corporazioni ottocentesche (notai, giornalisti, medici, farmacisti, generi coloniali-di-monopolio, avvocati, banche, assicurazioni) costrinse il mondo industriale sia pubblico ereditato dal fascismo (ENI, IRI), sia privato a eludere le leggi o a corrompere i partiti affinché il parlamento deliberasse secondo i loro interessi (che pur ‘privati’ anch’essi ebbero almeno il pregio di incidere sulla crescita complessiva della ricchezza nazionale – è emblematico il ‘caso Mattei’ il primo grande corruttore ma unico tycoon che ha dato al Paese un’azienda capace di supplire alle carenze di politica estera. In definitiva incensare una costituzione pomposa inapplicata e nata-obsoleta mi sembra non essere un buon inizio per poter finalmente (dopo la definitiva sconfitta elettorale di PCI e DC coronatasi oggi) stendere in spirito non conflittuale una carta snella e mirante a tutelare la liberal-democrazia ‘responsabilizzando’ tutte le istituzioni di interesse pubblico (dai tre ‘poteri statali’ ai media, alla ricerca scientifica, al controllo della circolazione monetaria, alle lobby di ogni tipo e natura). Siamo finalmente usciti dalla stasi cui ci aveva obbligato la sconfitta nazionale nel secondo conflitto mondiale – Aprile 1945. Siamo giunti oggi – Aprile 2008 - a scegliere due interlocutori politici non più nemici ma solamente avversari nella gestione di un gioco obbligato dalla geo-politica globalizzata a seguire le regole del libero-mercato a base della liberal-democrazia matura. Siamo non più sudditi come nell’ottocento, né cittadini come nello Stato Nazione ‘fascista/post-fascista’, siamo finalmente ‘consumatori’ di beni (che il mercato ci deve procurare per le nostre libere scelte alle migliori condizioni di costo/beneficio) e soprattutto di servizi (tra cui quelli che una volta erano ristretti allo stato e in regime di monopolio) tra cui stampa, educazione, difesa, giustizia, previdenza sociale e servizi politici che non possono essere la prerogativa di ‘club privati’ ma devono somigliare il più possibile a un ipermercato di proposte offerte in competizione da protagonisti ‘responsabili’ delle loro proposte di interesse pubblico di fronte alla costituzione e al corpo elettorale. Niente più ‘sinecure a clientes’ ma rendicontazione dell’efficace gestione del mandato ricevuto dagli elettori.