25/07/2009

Obama: la fine di un mito?

L’economia di un Paese egemone nell’attuale scenario geopolitico globalizzato in pieno processo di definire una nuova governance condivisa universalmente, costituisce l’elemento di verifica e di credibilità politica degli accordi internazionali che si svolgono alla luce di una gerarchia di protagonisti già definita ma sempre rivedibile.

 Rilanciare la redditività e la produttività del sistema industriale USA aiuta ad accelerare la definizione delle relazioni industriali nella loro dimensione globale. Ciò è fondamentale per fornire un solido riferimento per le scelte politiche nel contesto di tutte le altre economie ormai saldamente già integrate con il sistema USA e a tutte quelle in corso di integrar visi.

La salda credibilità del rilancio di redditività e produttività del sistema industriale USA può consigliare, ad esempio, sia Cina che India a investire i dollari detenuti nelle loro riserve valutarie a sostegno del debito federale USA per ricavarne nel medio-termine una credibile remunerazione evitando così di rischiare la perdita di valore delle proprie riserve in dollari per l’altrimenti possibile svalutazione di quella valuta egemone sui mercati globali; qualora il debito USA non venisse finanziato via inflazione.

È quindi fondamentale che Obama rinunci a sottrarre risorse finanziarie necessarie per il rilancio del sistema industriale produttivo USA (sistemi: industriale-militare, immobiliare, energetico e distributivo) e dirottarle invece a finanziare la sfera improduttiva del sistema sanitario nazionale in stile welfare state.

La riforma sanitaria oltretutto si prevede possa stabilizzarsi nell’assetto controllabile di costi a regime solo sul lungo-medio termine mentre avrebbe ripercussioni improduttive immediate. Ciò significa che, se Obama insistesse nella sua proposta di riforma sanitaria welfare-state rischierebbe di:

  • ·         causare un’immediata divisione ideologica interna al Paese tra chi nutre grandi aspettative salvifiche e chi invece paventa la nascita di un sistema cripto-socialista che estenderebbe la sfera di controllo federale sull’economia nazionale; divisione che taglia trasversalmente il corpo elettorale di entrambi i partiti,
  • ·         rallentare la crescita dell’economia produttiva nazionale e quindi l’offerta di lavoro remunerativo in un Paese già afflitto da elevati tassi di disoccupazione con l’associato rischio di impopolarità alla luce delle elezioni politiche di mid-term del 2010 e, probabilmente, anche alla luce della scadenza elettorale che dovrebbe rieleggerlo per un secondo mandato alla Casa Bianca,
  • ·         generare una rapida delusione delle eccessive aspettative nutrite dagli attuali sostenitori rispetto ad una riforma di tipo socialista invisa dalla maggioranza degli elettori e probabilmente abusata dalla massa degli immigrati illegali nell’arco del prossimo lustro col risultato di separare il suo attuale elettorato in una parte minoritaria ma radicalizzata che potrebbe tornare ad astenersi dal voto e una parte moderata che si dividerebbe alle prossime tornate elettorali tra i due partiti portando il partito repubblicano nuovamente a sperimentare un trentennio di governo federale,
  • ·         causare l’esodo dal Paese della proprietà dei maggiori gruppi industriali che raccolgono già oggi maggiore reddito dai mercati che non da quello nazionale,
  • ·         causare conflitti al Congresso per le leggi di appropriazione della spesa federale da parte di quei gruppi industriali che, in quanto vincolati a restare nel Paese da ragioni contrattuali col governo federale (l’apparato militare-industriale), si troverebbero costretti a chiedere la riduzione dei finanziamenti sanitari a proprio vantaggio.

Quanto sopra costringerebbe Obama ad aumentare il prelievo fiscale diminuendo nei contribuenti la sua popolarità, già in calo, oppure ad aumentare il debito federale e il corrispondente rischio di solvibilità del dollaro. Qualora la solvibilità del dollaro venisse percepita essere a rischio da Cina ed India, l’attuale accordo G2 e l’associata nuova governance globale da esso trainata via G8+5 e G20+, verrebbe ridiscussa con notevoli ed immediate conseguenze sulla politica estera attuale sia in America Latina, sia in Asia Centrale e in Medio Oriente.

Obama potrebbe diventare una minaccia non solo per gli equilibri tra i poteri industriali e finanziari USA ma anche a livello globale per tutta la civiltà ‘Occidentale’.