25/06/2009

Federalismo o autonomie locali

Nei dibattiti sul federalismo che negli anni ’80-’90 era la bandiera esclusiva della Lega di Bossi sin dal tempo di Gianfranco Miglio sostenevo, immeritatamente perché outsider in scienze giuridiche, che l’istituzione amministrativa della Provincia fosse elettivamente il centro sul quale imperniare la rivoluzione politica ancora non conclusa alla data d’oggi.

La provincia infatti costituisce il punto d’osservazione più consolidato di raccordo amministrativo tra lo Stato centrale ed i Comuni l’ente politico di maggiore prossimità con i cittadini attorno al quale per default si coagula il consenso in epoche di transizione e turbolenza economica e sociale.

La forte tradizione di una cultura amministrativa dell’ente Provincia e la sua parallela carenza di funzioni strettamente politiche la rendono d’altronde privilegiata sede per attribuire ai suoi eletti i nuovi ruoli e le competenze di conduzione politica che possano fondarsi su una omogeneità di interessi che invece manca totalmente ai Comuni (troppo frammentati e caratterizzati da eccessiva resilienza politica e culturale) o alle Regioni (strutture troppo recenti, disegnate e costituite tramite atti artificioso dall’alto che risultano ancora culturalmente distanti dal cittadino e che presiedono, inoltre, alla conduzione politica di popolazioni e sistemi industriali internamente troppo disomogenei.

Dopo l’Atto Unico Europeo del 1992, ricordo che mi risultò confermata questa mia visione della Provincia come centro elettivo per agevolare la nascita di uno Stato federale in Italia a partire dalla frammentazione dello Stato nazionale che era imposta da due fattori esogeni: la costante esigenza di attribuire all’Unione Europea vecchie competenze degli Stati membri (coniare moneta, politica estera, difesa e sicurezza, libera circolazione, etc.) da un lato e l’internazionalizzazione del sistema industriale (delocalizzazione impianti, fiscalità, risparmio bancario, diritto del lavoro, contenzioso, etc.) dall’altro.

Il federalismo dovrà consolidarsi per soddisfare le ormai irreversibili aspettative dell’elettorato in modo da agevolare agli Stati membri di disegnare e concordare le competenze residuali che le loro vecchie istituzioni nazionali dovranno conservare e potenziare. Una tale residualità di funzioni per duplice scorporo, in alto verso l’UE e in basso verso il territorio, occorre che possa nascere sulla base di una metodica di analisi e di negoziazioni che richiede il massimo consenso in tutto il Paese e che, a sua volta, impone di raggruppare con criteri di massima uniformità le diverse aspettative sul territorio. Il tutto fruendo della massima efficienza amministrativa che sarà necessaria perché le nuove missioni e ruoli politici riescano a consolidarsi nel minor tempo col minimo dissesto delle abitudini e procedure amministrative vigenti nel corso di graduale entrata in vigenza delle nuove procedure federali.

I Prefetti non hanno ambizioni politiche né i Presidenti di Provincia hanno spazi politici adeguati tra i sindaci e le direttive del governo centrale. La Provincia riesce spesso a mediare tra diversità politico-culturali anche grandi nel loro bacino amministrativo. Si è maturata una cultura della mediazione politica che è preziosa alla luce delle necessità che impone il nuovo contesto geopolitico e non conviene perdere tale capitale di grands commis amministrativi e politici solo per inseguire ipotetici risparmi finanziari derivanti dall’eliminazione dell’unico ente statale che potrà agevolare l’avvento del federalismo.

Il federalismo impone di ridisegnare i bacini politici cercando di agevolare il compito di azione politica a tutela delle aspettative delle comunità locali sottoposte ai cambiamenti che impone la globalizzazione sui quali sempre meno potranno agire le vecchie istituzioni politiche nazionali. Ridisegnare i confini non può avvenire che dal basso ascoltando le aspettative e le esigenze dei bacini elettorali come sa fare la Lega che non deve difendere vecchie posizioni di comodo nello Stato centrale. Altrettanto può fare Berlusconi essendo a capo di esponenti politici cui il colpo di Stato di mani pulite ha fatto perdere le vecchie posizioni clientelari e non dipendendo per le sue azioni politiche da clientelismi di Stato.

Opporsi all’avvento del federalismo per pure ragioni terminologiche e dottrinarie (il federalismo è l’azione che associa degli Enti già esistenti in precedenza e non la disgregazione in nuovi Enti di un Ente centrale consolidato) o per ragioni ideologiche (solidarietà alle aree meno sviluppate non per naturali sinergie tra bacini industriali ma imposta da piani pluriennali con prelievi forzosi fiscali) sul piano politico non può che stimolare due tendenze: nascita di leader politici contro le direttive dei partiti nazionali (vedi i successi politici delle sinistre a Milano, Firenze, Torino, Padova, etc.) e graduali azioni para-politiche di accorpamento tra aree economiche al di là dei confini regionali e nazionali (vedi i referendum comunali per aderire a province adiacenti e più congeniali e le azioni di convergenza politica tra regioni adiacenti tra i confini di Stati diversi).

Sarebbe meglio allora che si ridisegnassero i confini artificiosi che caratterizzano la geo-politica nazionale accorpandovi Province adiacenti secondo criteri di maggiore omogeneità o compatibilità di interessi finali. Abbiamo numerosi esempi di questo irrazionale disegno dei confini culturali e socio- economici in Italia (la Regione Marche presenta almeno quattro diverse culture e interessi industriali, la Regione Emilia-Romagna ne presenta almeno cinque, la Regione Toscana almeno tre e la Regione Campania almeno tre) ma soprattutto abbiamo anche in questa sede la dimostrazione della popolarità politica che legittima quest’esigenza di ridefinizione dei confini dell’azione politica la Lega continua a diffondere la sua azione dietro la proposta di un interesse comune che ormai sta debordando dai confini originari con grande successo: le aspettative della Padania contro le resistenze dello Stato centrale (Padania contro Roma ladrona).

Meditate gente meditate. Prima che sia troppo tardi per concordare in Parlamento la riforma federale dello Stato nazionale in spirito tri-partisan (PD, PdL e Lega).