25/03/2010

Progresso industriale e sterilità dello Stato: la “riforma Obama”

La rubrica ha già cercato di offrire una visione della struttura tecnico-organizzativa che dovrebbe guidare lo sviluppo dell’innovazione tecnologica anche nel comparto industriale “sanitario” qualora il paradigma della competizione su libero mercato fosse posto nell’effettiva possibilità di funzionare libero dai meccanismi del protezionismo (a tutela dei privilegi da parte dei fornitori di servizi in regime di oligopolio o di monopolio) e della demagogia ideologica (a tutela dei privilegi burocratici monopolisti delle istituzioni statali).

Il meccanismo tecnico-organizzativo per sollecitare la creatività privata a concepire costantemente nuove offerte competitive sul libero mercato esiste ed è stato abbondantemente collaudato in molti altri comparti industriali. Si tratta dell’approccio A-B-C fondato sull’assistenza “logistica” a tre fasce distinte di domanda di servizio: costose ma rare, quotidiane ma sostenibili, intermedie prevenibili e riabilitabili.

L’assenza del libero mercato che “sfrutti” la creatività dei privati (responsabilizzandoli nei costi e rischi di investimento) a impegnarsi nell’invenzione di offerte di servizi di crescente livello di qualità e sempre più accessibili come risposta pienamente competitiva a una domanda diffusa, personalizzata e priva di vincoli etici, è ciò che inibisce la crescita del “progresso civile” fondato sull’innovazione tecnologica ed organizzativa di “soluzioni industriali”; in ogni comparto d’industria.

Per avviare un vero progresso industriale anche nel comparto sanitario non si tratta di scegliere quindi tra il detentore dell’organizzazione della domanda. Infatti sia lo stato che i privati possono agire su questo fronte tramite lo strumento assicurativo scaricandone i costi in modo selettivo o in modo diffuso sui contribuenti o sugli utenti-finali negoziandone il bilanciamento (premi/sovvenzioni o tasse/tickets) per soddisfare sia le esigenze demagogiche e clientelari, sia quelle industriali (esercitate dalle lobby corporative ed egemoni su un mercato programmato centralmente – quindi illiberale).

Qualità e costi dei servizi offerti saranno meno soddisfacenti di quanto non sarebbe in grado di realizzare il libero mercato in cui potesse funzionare il capitalismo-liberista in quanto la “programmazione centrale” a spese del fisco non riuscirà appieno a sfruttare la creatività e la competizione possibile grazie alle costanti innovazioni tecnologiche offerte ai produttori in materie totalmente difformi dallo specifico comparto di industria “sanità”. Gli utenti finali (o contribuenti) non potranno comunque confrontare ciò che è “offerto” dai due monopolisti (stato e industrie egemoni) rispetto a ciò che sarebbe potuto scaturire qualora si fosse scatenata la creatività del libero-mercato a concepire offerte non negoziate ma innovative, più soddisfacenti e meno costose.

Ciò che è stato tentato negli USA nel passato da Hillary Clinton è stata una vera rivoluzione sanitaria che agiva sul lato dell’offerta tentando di sottrarre quel comparto industriale all’egemonia dei monopoli che lo controllano; industria farmaceutica, industria assicurativa, corporazioni sanitarie. Quel tentativo sarebbe stato coronato da un successo sia sul piano industriale, sia su quello economico, sia su quello sociale ma la sua approvazione al Congresso fu impossibile per le “resistenze, resistenze, resistenze” opposte dai poteri egemoni tramite le loro ben installate lobby. Al fallimento contribuirono sia le corporazioni industriali, sia quelle burocratiche entrambe già saldamente connesse nella tutela dei rispettivi interessi da istituzioni statali parassitarie e inefficienti (NIH, VA, etc.) ma capaci di esercitare forti condizionamenti coi loro pareri tecnici e i loro giochi di sponda al fine di disinnescare la minaccia dell’avvento di una incontrollabile competizione di libero mercato che, sconvolgendo costantemente l’”offerta” della catena dei servizi primari e secondari a misura del progresso delle conoscenze sanitario-riabilitative, avrebbero arricchito il numero e l’accessibilità delle soluzioni alternative disponibili per i consumatori, portatori di polizze assicurative commisurate alle innovazioni e quindi sempre più interessate a contendersi gli utenti con offerte sempre più appetibili.

È ciò che sta avvenendo anche in Italia (ma solo grazie a fenomeni occasionali - incontrollabili dalle lobby sanitarie e di stato) nel settore odontoiatrico grazie alla libera circolazione delle persone e dei servizi e grazie all’associato abbattimento dei costi nei servizi aerei (low cost). Esiste un turismo sanitario verso Paesi nei quali esistono fornitori di servizi di qualità a costi inferiori a quelli imposti dai cartelli nazionali. Sia in campo odontoiatrico che in quelli della chirurgia plastica ma anche di maggiore gravità sanitaria.

La Clinton fallì e non sarebbe comunque stata ideologicamente interessata a scatenare pienamente la competizione di libero mercato sul fronte dell’offerta. Il suo profilo intellettuale e autoritario le avrebbero suggerito di travasare i centri di controllo-centrale del sistema sanitario dai vecchi centri fuori delle sue capacità a nuovi centri sanitario-assicurativi. Nessuna vera rivoluzione liberista (e nessun reale progresso civile) viene programmato centralmente da “menti sottili”. I progressi vengono scatenati dalla disponibilità sul mercato di una combinazione di domanda-insoddisfatta-sommersa e di offerta-onerosa-insoddisfacente (sul piano globale costi+tasse). Ciò scatena la creatività sul libero mercato (nero, illegale, contrabbando) e la adesione graduale di masse di consumatori sempre meno disposti a sostenere fiscalmente un sistema ormai obsoleto e dispoticamente “obbligatorio” (evasione, elusione, turismo sanitario, etc.). 

Obama, politicamente molto più astuto dell’autoritario avvocato Clinton, non ha immaginato neanche per un attimo di affrontare la stessa sconfitta attaccando l’esistente domanda politica di una riforma sanitaria dal lato dell’”offerta” dei servizi. Obama astutamente ha affrontato il tema dal solito lato della ”domanda” organizzandone la struttura e la copertura finanziaria sulla base di un mix di oneri fiscali, di agevolazioni finanziarie, di gradualità procedurali che consentirà a chiunque dovrà gestirne l’entrata a regime di poter negoziare il do-ut-des con le lobby egemoni di quel mercato. Si tratta cioè di una rivoluzione per quanto concerne il comparto industriale “immagine e comunicazione” che lascia inalterati i meccanismi industriali che hanno impedito fino ad oggi che si attuasse (perfino nel Paese più avanzato tecnologicamente) una vera “rivoluzione industriale” grazie alla liberazione del comparto sanitario dai vincoli di una programmazione centrale gestita (come in tutti i Paesi sia liberal-democratici che autoritari) a due teste dalle lobby private e da quelle statali che entrambe si alimentano (in modo “irresponsabile”) alla stessa fonte: le tasche dei contribuenti - privi di termini di confronto.

Obama si conferma l’astuto politicante di Chicago che è riuscito a mimetizzare le proprie ambizioni con flessibili mutamenti di direzione e con adattamenti privi di contenuto ideologico se non quello, comune a tutti i politicanti, della programmazione centrale dei servizi: l’unica leva che lascia potere di veto o di ruolo al nullafacente occasionalmente ricoprente la missione presidenziale.

Gli USA meriterebbero di più e di meglio che scimmiottare la corruttela e la fallimentare soluzione Europea della sanità offerta da un mercato privo di competizione innovativa o nel quale esistano dei centri finanziati per creare innovazione industriale! Un paradosso clientelare che genera solo i ben noti “carrozzoni di stato” e le altrettanto ben note “cattedrali nel deserto”.