23/07/2010

Nuove istituzioni italiane nell’UE ‘globalizzata’

Il cambiamento in corso delle gerarchie politiche nello scenario geopolitico sono in via di assestamento con le posizioni che riescono ad assumere i molti sistemi industria-paese che, dal vecchio sistema istituzionale degli Stati Nazione, stanno trasferendo le proprie istanze nelle sedi istituzionali soprannazionali in cui gli interlocutori possono ormai manifestare le proprie esigenze e ambizioni sulla base della scala di reciproche ‘credibilità’ che si sono riusciti a guadagnare sul piano della competitività su un mercato in cui la libera concorrenza è di un ordine di grandezza più ampia rispetto a quanto non fosse il sistema degli scambi nel periodo in cui ogni stato riusciva a ‘proteggere’ con barriere fiscali e doganali i sistemi industriali nazionali compensandone l’inefficienza operativa a spese del contribuente interno o dei paesi esclusi da partecipazione al gioco della produzione industriale del benessere economico e della sua redistribuzione sul mercato.

Anche le proposte politiche che si sviluppano negli scenari nazionali si dividono con chiarezza crescente tra proposte di ‘resistenza’ all’egemonia industriale soprannazionale e le proposte di ‘integrazione’ con questa realtà ormai egemone sul piano primario della produzione delle risorse economiche senza le quali qualsiasi proposta politica è destinata a restare lettera morta prima di poter essere valutata sotto il profilo del valore tecnico.

Tutte le personalità politiche devono alimentare il proprio consenso elettorale offrendo soddisfazione delle aspettative nutrite dai medesimi elettori potenziali. Siano esse personalità già saldamente connesse con il contesto economico soprannazionale (come Berlusconi), siano invece quelle ancorate a raccogliere consenso tramite i tradizionali, ed obsolescenti, canali politici dei vecchi Stati Nazione (istituzioni dello stato sociale – come Veltroni, Casini ma anche Obama). Infatti anche negli USA la globalizzazione ha creato situazioni di aspettative elettorali analoghe a quelle vissute da ogni altro Stato Nazione (Cina, Francia, Germania).

Anche le ambizioni di sviluppo futuro del proprio ruolo istituzionale risultano molto diverse in quei due profili dei protagonisti politici. I protagonisti ancorati alle vecchie istituzioni nazionali vedono nel proprio futuro ruoli nazionali che consentirebbero loro di negoziare la persistenza di vecchi privilegi scaricandone gli oneri sulla fiscalità ‘locale’ e sul mutuo sostegno concordato tra omologhi partner politici di altri paesi colpiti da analoghe esigenze. Questi protagonisti vedono naturalmente il proprio ruolo al vertice nazionale delle istituzioni (presidenza della repubblica o premierato dell’esecutivo). I protagonisti invece già ancorati al nuovo contesto industriale soprannazionale mirano ad occupare posizioni extranazionali che consentano di svolgere ruoli politicamente innovativi e di partecipare proattivamente a definirne le competenze e i criteri di azione personalizzandoli alle proprie potenzialità di sviluppo industriale. Questi protagonisti vedono quindi il proprio ruolo futuro al vertice delle istituzioni della nuova governance globale già in corso di definizione (presidenza dell’UE, commissario agli esteri, etc.). Tra questi protagonisti emerge emblematica la figura di Berlusconi ma anche i protagonisti della rivoluzione istituzionale ‘interna’ ai vecchi Stati Nazione (come i promotori dell’autodeterminazione o del federalismo) sono naturalmente interessati a stabilire le proprie relazioni politiche internazionali mirando a definire solidarietà di azione con omologhi partner esteri.

Queste considerazioni permettono di comprendere le ragioni per cui non esistano ancora ben definiti scopi di conflitto politico in molti paesi le cui istituzioni nazionali sono fortemente destabilizzate dalla crescita della globalizzazione che, non essendosi ancora stabilizzata nelle sue prioritarie esigenze extranazionali, non può fornire chiare indicazioni sulle risultanti rivendicazioni di difesa degli interessi industriali residuali del paese. Nello stesso tempo la veloce crescita degli interessi industriali connessi al mercato globale offrono ampie opportunità di azione politica personalissima ai protagonisti già saldamente connessi al mercato globale che vi collegano le proprie pragmatiche (concrete e credibili) ambizioni di crescita industriale di propria pertinenza. Un Berlusconi non potrà mai avere conflitti di interessi personali con i protagonisti nazionali più vincolati agli interessi corporativi del vecchio Stato Nazione. Un Fini o un Veltroni non potranno mai avere concreti sviluppi di ruolo istituzionale soprannazionale.

Esiste poi un terzo profilo di protagonisti che si colloca in posizione intermedia ai due citati. Si tratta dei protagonisti politici di profilo ‘tecnico’ (come Ciampi, Tremonti, Prodi, Draghi, etc.). Si tratta di accademici o professionisti il cui ruolo è naturalmente necessario sia nell’epoca precedente la globalizzazione sia in quella attuale e, nella fase attuale e futura, il loro ruolo sarà necessario sia a sostegno di politiche nazionali che sostengano gli interessi dell’economia residuale del paese sia a sostegno delle politiche soprannazionali di raggruppamenti regionali di interessi analoghi (UE, Commonwealth, America Latina, etc.).

A titolo di puro esempio del possibile conflitto di interessi in materia di ‘carriera politica’ che anima i due blocchi alternativi di protagonisti politici possiamo proiettare i possibili assetti istituzionali della fase successiva a quella attualmente in corso. Tenendo presente che entrambi i gruppi sono consapevoli del fatto che la fase attuale risulti totalmente esogena a qualsiasi capacità di iniziative nazionali italiane e che occorra attenderne il consolidamento (tra l’altro in celere evoluzione) affinché, al suo termine, i protagonisti nazionali potranno riprendere iniziative ispirandosi a linee d’azione ‘giustificate’ al rispetto del nuovo corso di interessi economici e sociali che si sarà consolidato su base globale (purché nel frattempo i rispettivi attori abbiano saputo stabilire le relazioni soprannazionali personali necessarie per una loro credibile azione in quel nuovo scenario geopolitico – cosa che i più accorti tra loro D’Alema, Berlusconi, Tremonti stanno già facendo).

In un futuro assetto istituzionale Berlusconi potrebbe vedere per se un ruolo di presidente dell’UE e per uno dei suoi collaboratori più affidabili il ruolo di presidente della repubblica italiana (Letta) e primo ministro in Italia (Tremonti) e sosterrebbe (già l’ha fatto in epoca non sospetta) come suoi futuri partner politici in ruoli soprannazionali taluni delle più utili controparti in politica interna (D’Alema rappresentante UE in politica estera, Draghi o Padoa-Schioppa o Bersani in importanti ruoli finanziari dell’UE).

Qualsiasi altro protagonista attuale della politica nazionale in Italia (perfino Prodi che si è abbondantemente squalificato nella sua passata gestione della commissione europea e si è logorato in Italia con due distinte fasi di sterili vittorie alla guida di quello, tra i due blocchi, che avrebbe dovuto indirizzare linee di politica nazionale di lungo respiro in una fase dello sviluppo industriale in cui ciò è totalmente estraneo a qualsiasi protagonista italiano) invece non potrebbe che aspirare al controllo del sistema istituzionale del vecchio Stato Nazione ricoprendo ruoli tradizionali di primo ministro (Bersani) col sostegno di un presidente della repubblica (Fassino, Prodi, D’Alema e perfino Veltroni, Bossi o Fini) affiancato da ‘controllori’ istituzionali nelle molte posizioni di sudditanza-leveraggio politico (corte costituzionale, magistrature, corporazioni, etc.) distribuite ai partner-avversari a piene mani per riuscire a concordare una ‘programmazione politica’ che risulti credibile ai poteri decisionali che ormai la globalizzazione ha trasferito alla negoziazione politica in sedi istituzionali soprannazionali e in una logica di legittimità ispirata a criteri economici e industriali alieni a qualsiasi delle tradizionali ‘dottrine sociali’ ottocentesche. Ciò costringe anche questo gruppo di protagonisti politici a modificare la visione costituzionale priva delle ideologie che la globalizzazione ha reso pateticamente sterili nelle aspirazioni e nei risultati conseguiti storicamente. Questa è la ragione per cui Bossi resterebbe un utile partner per la gestione delle politiche nazionali e per stabilirne un credibile raccordo con le iniziative efficaci che verranno assunte solo in campo soprannazionale (anche quelle per la tutela dei residui sistemi nazionali che dovranno essere preventivamente concordate tra i blocchi politici nazionali che abbiano interesse a sostenere le possibili forme di tutela).

Queste considerazioni sono un puro gioco da osservatore attento alle mosse apparentemente difformi che i protagonisti attuali assumono e soprattutto non tiene in considerazione le inevitabili uscite di scena per le più varie ragioni che si possono sempre manifestare tra i protagonisti di oggi ma le cui sorti personali non sono l’obiettivo essenziale delle considerazioni qui esposte. Unica eccezione potrebbe forse risiedere nella persona di Berlusconi che, pur essendo sostituibile da altri presuntuosi (DeBenedetti, Montezemolo, Bersani, DellaValle, etc.) in quanto ad ambizioni personali, interessi industriali e ruoli futuri, mancano totalmente del prerequisito di capacità comunicative e sensibilità politiche che il cavaliere ha saputo abbondantemente dimostrare ed affinare nel corso del ‘ventennio-Berlusconi’ della politica nazionale.

Anche sotto questo profilo il duo Berlusconi-Bossi può essere considerato un elemento di stabilità nazionale in attesa della stabilizzazione del nuovo assetto della governance soprannazionale. E Berlusconi può essere considerato il nuovo ‘uomo della Provvidenza’ del nuovo ventennio nazionale per lasciar decantare i vecchi conflitti ideologici in attesa di poter sviluppare una politica nazionale fondata sulla sua residua credibilità di sistema industria-stato e nel ruolo di peso gerarchico internazionale che quella credibilità le può garantire.

In altri termini, dopo la graduale fuga dall’Italia dei grandi gruppi industriali (Fiat, ENI, Enel, Banche, etc.), la futura credibilità del sistema industria-stato italiano risiede nel successo che avrà il duo Berlusconi-Bossi di ammodernare il sistema statale italiano e nel successo che Berlusconi continuerà a raccogliere in campo internazionale grazie alla sua credibilità personale di tycoon e di statista.

Converrebbe che anche le opposizioni cooperassero al successo umano e professionale del cavaliere (secondo uomo-della-provvidenza) per riuscire a beneficiare di una credibilità nazionale che risiede nella residua fascia di aziende che resteranno saldamente insediate nel territorio ma inevitabilmente aperte alla competitività globale come loro fonte di reddito e di crescita economica; un obiettivo che il cavaliere sa interpretare meglio delle vecchie corporazioni parassitarie che ancora ‘resistono, resistono, resistono’ opponendo i loro interessi e visioni ottocentesche e paleo-industriali al nuovo, trionfante e irreversibile avvento della globalizzazione.