22/10/2010 |
‘Razionalità e comportamenti umani I comportamenti umani seguono percorsi ispirati da gradi diversi di ‘razionalità’. Quanto più un soggetto è ambizioso, tanto meno i suoi comportamenti tendono ad aderire a decisioni ‘logiche’ se confrontate con i criteri razionali della convenienza e della sostenibilità. Tanto più il soggetto è pavido, prudente, fatalista e remissivo, tanto più i suoi comportamenti risulteranno parsimoniosi al limiti della rinuncia a rischiare seppur minime dosi di risparmio per raggiungere livelli di maggiore benessere. Indipendentemente dalle risorse in loro possesso, i soggetti più avidi e ambiziosi tenderanno sempre a correre rischi ‘eccessivi’ se commisurati ad una valutazione di rapporti ‘rischio/beneficio’ sottoposta a misura ‘razionale’; valutazioni sulla base di scientifici modelli matematici della teoria dei giochi. I più pavidi e fatalisti soggetti tenderanno invece a tutelare le proprie risorse pianificandone l’impegno nella più prudente conservazione dell’odierno tenore di vita. La pervicace ostinazione degli scienziati in scienze economiche di volere affidare le loro conoscenze sui comportamenti aggregati dei produttori, risparmiatori e consumatori a modelli che esprimono su base matematica la ‘razionalità’ delle scelte, ha sempre condotto a fallimenti e frustrazioni sulle previsioni relative agli sviluppi dei mercati e su quelle relative alle loro reazioni in connessione con gli interventi correttivi da essi presunti come efficaci. La prudenza nei comportamenti di spesa anima gli investimenti privi di rischio che sono quelli che più agevolmente si prestano a una valutazione razionale di convenienza consolidata da modelli ‘scientifici’. Anche in questa area di decisioni economiche tuttavia ciò che prevale è l’’irrazionalità’ evidente in tutti i campi. Si preferisce ad esempio cambiare vestito o cellulare o PC piuttosto che sottoscrivere le polizze più economiche di previdenza contro i rischi più incombenti e spesso causa di gravi dissesti finanziari. Si assumono debiti finanziariamente anche molto onerosi per trascorrere vacanze in località esotiche o per appagare le forme più svariate del proprio ‘narcisismo’ (abbigliamento, moda, chirurgia plastica). Si spendono quotidianamente fortune in gioco d’azzardo, fumo, alcool, discoteche e ristorazione al di la della razionale allocazione del bilancio familiare. La vera ragione dell’assenza di prudenza e previdenza ad ogni livello delle decisioni economiche più diffuse risiede nella natura umana che preferisce beneficiare subito dei benefici di spesa e di accettare la intrinseca ‘precarietà’ che domina sul futuro. Si preferisce vivere nella speranza incosciente e giovanile o d’una Provvidenza religiosa capace di offrirci sempre nuove opportunità di miglioramento personale. Su questo spensierato e giovanile comportamento prevalente nella natura umana si organizza tutta la pubblicità industriale e la propaganda politica. L’’irrazionalità’ che caratterizza gli investimenti ad elevati livelli di alea e imprevedibilità è l’elemento che promuove elevata crescita o crollo di benessere futuro; a livello individuale o in campo aziendale in economia ma anche nei comportamenti a carattere non strettamente ‘economico’ come quelli in campo della ricerca scientifica, della scoperta dell’ignoto e nell’innovazione artistica. Se può classificarsi come ‘razionale’ il rischio affrontato da Isabella di Castiglia armando le tre caravelle richiestele da Cristoforo Colombo, è certamente audace e scarsamente razionale la decisione di Colombo di mettere in gioco la sua credibilità e la sua stessa vita in un’impresa che aprì la strada ad altrettanto audaci decisioni - ma più classificabili come razionali - dei vari Cortez e Pizarro; hidalgos che scelsero di rischiare tutti i loro averi e status sociali per acquisire enormi benefici. Similmente il rischio affrontato dai coniugi Curie, da medici immunologi del 1800 come Pasteur e Koch o da Tesla nelle sue ricerche applicate sulla trasmissione delle onde elettromagnetiche o da Fermi con la prima reazione a catena a Chicago sono caratterizzati da elevati livelli di rischio anche se il ‘ritorno’ dei loro benefici non possa essere direttamente connesso al conseguente lucro industriale. Anche nelle decisioni di più ridotto ammontare nella vita quotidiana di ciascuno di noi emerge la nostra generale tendenza a privilegiare investimenti caratterizzati da elevato rischio in relazione con il margine di sostenibilità del loro costo da parte del reddito attuale. Ci si ‘indebita’ facilmente investendo in spese ‘superflue’ indipendentemente dall’effettivo stato di necessità in cui si vive. Non solo si assume l’onere di mutui immobiliari ai limiti della sostenibilità per aumentare il proprio status sociale e qualità di vita ma si investono risparmi in hedge funds caratterizzati da elevati tassi di rendita che notoriamente sono la contropartita di elevati tassi di rischio oppure di elevato ‘sfruttamento’ di fasce più indigenti costretti ad attrarre investimenti a tassi di usura. Ciò viene deciso da piccoli risparmiatori che spesso rischiano ogni loro risorsa sollecitati dall’avidità di celeri e smodati guadagni la valutazione di queste decisioni di ogni più comune soggetto sociale non può essere valutata ‘razionale’ sul piano logico-matematico. Le vecchie teorie classiche dell’economia tendevano invece a calcolare ‘scientificamente’ la razionalità delle decisioni aggregate ipotizzando una aggregazione di singoli atti ‘razionali’ di spesa. Questa scelta era dettata dalla presunzione che si potesse riuscire a ‘prevedere’ i comportamenti dei sistemi economici conseguenti ad azioni esercitate dall’alto miranti a ‘progammarne’ la crescita nelle direzioni desiderate dalle istituzioni che ‘governano’ politicamente la società; programmazione dello sviluppo del sistema industria-stato. Dopo avere assistito ai ripetuti fallimenti storici di tali tentativi di gestione autoritaria (in quanto etero-diretta) delle scelte economiche, anche la scienza economica e quella matematica hanno illustrato nel corso della seconda metà del 1900 l’intrinseca ‘imprevedibilità’ dei sistemi complessi come quello della economia industriale di un paese. Ilya Prigogine ci ha chiarito che i sistemi complessi sono animati da uno stato di intrinseca caoticità caratterizzata da stati critici di instabilità ma dotata anche di spontanei meccanismi di auto-regolazione. Per Bak ci ha illustrato poi le ragioni matematiche e una metodica per calcolare l’autoregolazione di sistemi in criticità auto-regolata. Akerlof, Heckman, Markowitz e Spence hanno ricevuto Nobel per le loro teorie dei comportamenti dei sistemi economici sotto il governo della psicologia come fattore prioritario se non egemone. La presunzione delle ‘elite di governo’ politico della società di poter ‘programmare’ lo sviluppo della società verso conseguimento d’un benessere standard e paritario è crollata proprio sul piano ‘scientifico’ su cui lo aveva fondato lo ‘scientismo’ riduzionista ed ateo prodotto dalla Rivoluzione Francese e dai suoi sviluppi ‘scientifici’ dei regimi comunisti e nazional-socialisti estintisi nel corso del 1900. Oltre duecento anni di egemonia dell’ignoranza in politica. In definitiva si può affermare che sia l’irrazionalità a produrre lo sviluppo del nuovo e la crescita del benessere mentre la programmazione razionale produca nel migliore dei casi fatalismo e ristagno della economia e dello sviluppo sociale; oltre che l’autoritarismo e la limitazione delle libertà individuali. In definitiva possiamo affermare sia sul piano dell’osservazione pratica dei comportamenti umani se li si lasciano liberi di manifestarsi su un mercato governato da offerte in reciproca e libera competizione di beni e servizi alternativi curate da produttori realmente responsabili delle loro scelte, sia sul piano di più scientifiche valutazioni dell’economia e della scienza dei sistemi complessi che il ‘progresso’ viene promosso dall’irrazionalità delle decisioni di spesa. Affrontare il rischio del futuro produce circolazione delle risorse finanziarie stimolando la creatività industriale. Ciò avviene coi successi economici ed anche con le bancarotte le quali obbligano chi ha fallito a moltiplicare la propria ingegnosità di produttore e di porre il suo valore aggiunto al servizio di chi sceglie di investire sulle sue risorse umane invece che su quelle dei suoi concorrenti. In questa visione naturale dell’economia ciascuno viene responsabilizzato ad assumere comportamenti di tipo ‘imprenditoriale’; l’individuo nella qualità d’‘azienda artigiana o professionale’, gli studi nel loro assetto aziendale al di la della stretta competenza dei singoli professionisti associati e le aziende al loro livello di disponibilità ad assumersi il rischio ed i costi della crescita competitiva sul libero mercato. Il ruolo delle pubbliche istituzioni (sia private che statali) in questa visione dell’economia si riduce ad assicurare l’effettivo rispetto del ‘libero mercato’ in ogni suo aspetto formale e di tenersi estranee da ogni aspetto di merito delle scelte industriali che non sia dettato dalla sicurezza di individui o ambiente. Comportamenti impostati sulla prudente gestione di quanto già raggiunto obbliga invece a stili di consumo conservativi che tendono ad escludere il rischio del futuro. Gli investimenti e gli incentivi ai produttori industriali ad innovare l’offerta di nuove soluzioni in competizione sul libero mercato si attenua e ne discende un tasso di sviluppo industriale ed economico minore. Inoltre, ciò che è peggio, la tendenza ad eliminare il rischio dagli investimenti industriali attribuisce alle istituzioni pubbliche il ruolo di ‘programmare lo sviluppo’. La programmazione del futuro è inevitabile si riduca a ‘proiettare’ le potenzialità intrinseche alle tecnologie attualmente disponibili su forme più sofisticate che, per avere successo, richiedono che i consumatori aderiscano a comportamenti confacenti con quanto è stato ‘programmato’. Ciò assegna alle istituzioni un ruolo di intervento con incentivi e disincentivi che siano in grado di garantire l’’ortodossia’ nelle decisioni di spesa. Si definiscono ‘panieri’ di beni e di servizi che condizionano i produttori nell’offerta e se ne sostiene l’accessibilità al consumo tramite incentivi alle vendite a carico fiscale. Si istituisce un ‘giro di scambio’ che preleva risorse ai contribuenti per restituire loro beni e servizi ‘standardizzati’ attraverso lo stimolo pilotato della produzione industriale. Tutto ciò sottrae al mercato l’unico elemento capace di produrre crescita tecnologica e innovazione industriale; la responsabilità e motivazione individuale nell’uso competitivo della creatività in azienda. È l’impegno professionale organizzato nelle aziende a fini di lucro personale che stimola la creatività e fornisce la motivazione per produrre pratiche soluzioni innovative che garantiscono apporti continui di valore aggiunto ai vecchi assetti produttivi consentendo così la produzione di maggiori redditi aziendali e gli aumenti di remunerazioni individuali secondo il merito. Non è un caso che il fallimento sul campo di tutti i sistemi economici governati da ‘programmazioni centrali’ avvenga proprio per la loro minore capacità innovativa, il minore livello di competitività sul mercato e la scadente capacità di soddisfare le aspettative dei consumatori. Consumatori che quei regimi sono costretti a ‘educare’ nelle loro decisioni tradotte nei comportamenti e nelle propensioni al consumo poco ‘ortodosse’ rispetto a quanto deciso nel piani quinquennali. La scienza e la tecnologia hanno proseguito a porre al servizio degli imprenditori nuovi e suggestivi strumenti di lavoro e di potenziale valore aggiunto in termini di lucro. Il Nobel sul Fullerene, il calcolo quantistico, le nanotecnologie, i software interattivi, i software infra-strutturali le reti di comunicazione integrate hanno già promosso rivoluzionari salti di qualità a tutti i comparti industriali. La crescita esponenziale del mercato globale di consumatori sta costruendo il pre-requisito di interesse economico capace di stimolare nuovi imprenditori ad assumersi il rischio di nuove proposte tecnologiche. Steve Jobs sta certamente lavorando sull'uso di pellicole di Fullerene come schermo TV-3D sugli head-up displays che l'informatica quantistica e le nanotecnologie microelettroniche consentirebbero di sfruttare come 'mercato' wireless globale sul quale veicolare ogni tipo di informazione liberando il mondo dai regimi 'locali' purché il 'quarto potere' (i 'providers') venga regolamentato nel gioco dei check & balance liberal-democratici. Solo i fornitori di informazioni devono essere costretti alla competizione a fini di lucro. I gestori del mercato ove avvengono gli scambi di informazione devono garantire il carattere liberal-democratico delle istituzioni di interesse politico. La strada del progresso coerente coi principi e i valori della civiltà ‘Occidentale’ è già consolidata, occorre estenderne le istituzioni secondo i criteri che governano le tre tradizionali ‘istituzioni politiche’; legislativo, esecutivo, giurisdizionale. Al loro fianco oggi si impone l’istituzionalizzazione di altri due poteri politici; la ricerca universitaria e l’informazione divulgativa (i cosiddetti ‘media’ che includono la stampa, la scuola, l’Università e tutte le trasmissioni aventi finalità di ‘educare’ le nuove generazioni). Il caso dell’annuale assegnazione dei premi Nobel potrebbe aiutare a definire quali tra i diversi interessi che confluiscono nelle scoperte premiate meriterebbe tutelare dalla capacità di esercizio d’un tendenziale ruolo egemone sulla ricerca pura da parte dei grandi gruppi industriali, quali invece sarebbe opportuno regolamentare per incentivare la sponsorizzazione dei grandi gruppi in funzione del rischio industriale intrinseco alle loro scelte strategiche di innovazione tecnologica e quali, infine, occorrerebbe tutelare da indebite intromissioni ‘politiche’ nelle valutazioni sviluppate in autonomia da quel sinedrio accademico. Istituire un’indipendenza responsabile per quel consesso dotato di autonomia e credibilità pur essendo finanziato dal reddito generato dall’industria chimica potrebbe essere la via pragmatica per aggiornare gli equilibri tra poteri istituzionali di interesse per garantire la governance liberal-democratica nel corso dell’attuale sviluppo industriale globale di carattere esplosivo. Per indicare un percorso che l’analisi proposta potrebbe seguire, conviene condurre un esempio critico sulla profonda interferenza di tre aspetti ‘scientifici’ su ogni premio Nobel assegnato. Interferenza che è rafforzata dall’obsoleta divisione dei premi in comparti ottocenteschi ormai sempre più integrati tra loro; fisica, chimica, biologia, etc.. Interferenza che invece trascura l’apporto sempre più comune della matematica come strumento per lo sviluppo di tutte le discipline tradizionali. La matematica non viene presa in considerazione dal comitato di assegnazione dei premi Nobel e viene invece premiata da simili riconoscimenti attribuiti da altri comitati scientifici; ad esempio il premio Field. Comitati che sarebbe necessario associare al sinedrio scientifico responsabile di regolamentare il gioco di check & balance di quelle due nuove istituzioni da introdurre nel sistema liberal-democratico legittimato dall’elettorato. Ogni premio Nobel riconosce la ‘scoperta’ dell’esistenza sperimentale di una ‘previsione’ teorica che la precede di decenni, previsione che in genere è stata avanzata sulla base di una creativa integrazione tra intuizione ‘artistica’ e sua valutazione in linguaggi matematici che, a loro volta, sono spesso già datati di molti decenni e talvolta solamente abbozzati come teoria altamente innovativa di quella disciplina. In altri termini ogni premio Nobel presenta tre aspetti meritevoli di valutazione da parte del comitato scientifico: un primo aspetto, il più anticipatore, è senza dubbio quello della ‘previsione teorica’ del fenomeno rilevato sperimentalmente; un secondo aspetto, quello della ‘rilevazione sperimentale’ della pratica esistenza dei fenomeni già previsti, presenta il fattore comune di implementazione della ricerca sperimentale, un elemento altamente innovativo e talvolta rivoluzionario in tema di ‘ingegneria della ricerca’ nello specifico settore di studio; un terzo aspetto è l’adeguatezza dello strumento matematico che ha consentito la previsione teorica del fenomeno. Si tratta insomma di tre assegnazioni congiunte del premio Nobel: teorica, sperimentale, matematica. Sono i tre filoni della ricerca che occorrerebbe integrare e tutelare nella loro autonomia rispettando ogni risvolto pratico per l’innovazione industriale. Al fine di stimolare l’apporto di finanziamenti, di tutelare l’autonomia della ricerca e consentire alle istituzioni di comprendere le strategie di sviluppo industriale. La mutua integrazione tra le discipline (matematica, scienze naturali e ingegneria) si può migliorare sia coi programmi educativi che con una divulgazione più attenta sui media dedicati in modo specifico alla formazione permanente e all’edutainment. La formazione universitaria dei ricercatori ed il loro impiego al servizio della ricerca fondamentale si possono curare incentivando l’osmosi del personale tra università e industria e sostenendo la diffusione della stampa scientifica tra specialisti in discipline tra loro apparentemente molto distanti. Ma soprattutto è fondamentale che si curi il miglioramento della stampa divulgativa diffondendola al servizio della pubblica opinione più vasta che verrà sempre più spesso chiamata a decidere in merito ad istanze scientifiche di grande impatto per la tutela dell’etica nello sviluppo economico. |