21/05/2010

Scambio di opinioni coi lettori della rubrica.

Mi sembra di possibile interesse riportare un recente scambio di opinioni coi lettori della rubrica che, in connessione con la supposta definitiva crisi mondiale del capitalismo edonista e consumista, a seguito d’una mia presentazione “sardonica” della lista dei “50 migliori ristoranti del mondo” che riporto di seguito, ci avevano degnato di commenti di varia gradevolezza.

L’elenco citato era il seguente:

I Migliori Ristoranti al mondo

1) Noma (Copenhagen, Denmark)

2) El Bulli (Roses, Spain)

3) The Fat Duck (Bray, England)

4) El Celler de Can Roca (Girona, Spain)

5) Mugaritz (Errenteria, Spain)

6) Osteria Francescana (Modena, Italy)

7) Alinea (Chicago, Illinois)

8) Daniel (New York)

9) Arzak (San Sebastián, Spain)

10) Per Se (New York)

11) Le Chateaubriand (Paris, France)

12) La Colombe (Cape Town, South Africa)

13) Pierre Gagnaire (Paris, France)

14) L'Hotel de Ville - Philippe Rochat (Crissier, Switzerland)

15) Le Bernardin (New York)

16) L'Astrance (Paris, France)

17) Hof Van Cleve (Kruishoutem, Belgium)

18) D.O.M. (São Paolo, Brazil)

19) Oud Sluis (Sluis, Netherlands)

20) Le Calandre (Rubano, Italy)

21) Steirereck (Vienna, Austria)

22) Vendôme (Bergisch Gladbach, Germany)

23) Chef Dominique (Helsinki, Finland)

24) Les Créations de Narisawa (Tokyo, Japan)

25) Mathias Dahlgren (Stockholm, Sweden)

26) Momofuku Ssäm Bar (New York)

27) Quay Restaurant (Sydney, Australia)

28) Iggy's (Singapore)

29) L'Atelier de Joel Robuchon (Paris, France)

30) Schloss Schauenstein (Fürstenau, Switzerland)

31) Le Quartier Français (Franschhoek, South Africa)

32) The French Laundry (Yountville, California)

33) Martin Berasategui (Lasarte-oria, Spain)

34) Aqua (Bath, England)

35) Combal Zero (Rivoli, Italy)

36) Dal Pescatore (Montava, Italy)

37) De Librije (Zwolle, Netherlands)

38) Tetsuya's (Sydney, Australia)

39) Jaan Par Andre (Singapore)

40) Il Canto (Siena, Italy)

41) Alain Ducasse Au Plaza Athénée (Paris, France)

42) Oaxen Krog (Oaxen, Sweden)

43) St. John (London, England)

44) La Maison Troisgros (Roanne, France)

45) wd~50 (New York)

46) Biko (Mexico City, Mexico)

47) Die Schwarzwaldstube (Baiersbronn, Germany)

48) Nihonryori RyuGin (Tokyo, Japan)

49) Hibiscus (London, England)

50) Eleven Madison Park (New York)

 

Lo scambio di lettere di commento e risposta suonavano come il seguente innescato da un esimio architetto.

Caro Carlo Vitali,

il suo elenco dei 50 migliori ristoranti del mondo e il video infiorato di immagini dalle opere di Picasso mi hanno stupito perché non la ritenevo né estimatore di ritrovi ‘esclusivi’ né della ‘cultura’ nazional-popolare ma si vede che ciò che si scrive e ciò che si frequenta possono essere cose distinte e anche diverse sulla traccia del: ‘non fate come faccio ma come dico!’. Comunque grazie per entrambi i documenti che consentono di condurre riflessioni sula superficialità degli interessi prevalenti negli ambienti più radical-chic.

Caro Architetto, Picasso per me è stato solo un gran venditore di se stesso pensa che è celebrato “a sinistra” solo per il quadro su Guernica perché anche privatamente in vita sua ha tenuto come Marx comportamenti e frequentazioni che poco hanno a che fare col mio concetto di “sinistra” che vedo più rappresentato da un Pannella o da una Bonino (anche se troppo e inutilmente “anti-clericali” in pieno 2000!) piuttosto che in un “flessibile” Obama o in uno squallido Al Gore o in un demagogo ‘verde-socialista’.

L’elenco dei ristoranti era ironico. Anche se andassi a spese delle istituzioni “collettive” (per me l’opposto di “sinistra” e quindi da distruggere) non riuscirei a inghiottire bocconi del costo unitario di 30,00€! Come in IBM rifiutai alloggio da rappresentante industria-NATO a Brussels in un residence che costava ogni giorno più dello stipendio mensile non soltanto mio ma di mio padre direttore generale delle dogane! Volevo solo dare esempi delle fesserie che leggono gli odierni post-sessantottini (tutti “de sinistra”). La “class of ‘57” in genere, anche se ha soldi, mangia con le mani le aragoste pescate dal suo yacht ma certo non scende a Porto Cervo per riverire al “Millionaire” i radical-chic che ‘de-sinistra’, o ‘de-destra’ costituiscono solo i cicisbei più sottomessi al sovrano in carica. Anche i pur intelligenti massimi dirigenti aziendali han dovuto ‘prostituirsi’ per riuscire a essere messi nelle posizioni di privilegio e si sono anche “sposati bene” a quello scopo!

Come vede sono sempre “polemico” e intollerante nei confronti di chiunque ‘sputi sul piatto’ in cui mangia auspicando il ritorno a età dell’oro che non sono mai state pur mangiando, non appena possibile, alle spalle dei “contribuenti”. Ritengo sempre sia meglio chi riesce a vivere alle spalle del “consumatore”; cui almeno il “mercato” (l’unica struttura realmente ‘de-sinistra’ che capisco – nella misura in cui  esso sia “libero” come le TV un tempo proibite dalla fascistissima RAI-TV) offre l’opportunità di spendersi i soldi “guadagnati” scegliendo ciò che - a suo rischio - costituisce l’appagamento di quella sua “felicità” che i padri fondatori non suggerirono costituita da ‘panieri’ di corretti beni e servizi a prezzi equi che oggi ci vorrebbero spacciare le ‘menti sottili’ organiche al principe tramite il loro PIL rivisitato in PIF - prodotto interno lordo di felicità).

Caro Carlo Vitali, mia moglie Elena suggerisce che lei debba fare il giornalista. Sono anch’io della sua opinione, la difficoltà sarebbe quella di sapere per quale testata scrivere  e convivere con una attuale categoria di persone ben diverse da Panunzio.

Un saluto cordiale, Giorgio

 

Caro architetto, la ringrazio per l’attenzione sua e di sua moglie.

Io ho sempre fatto il “giornalista” anche in azienda e all’università durante il periodo dell’insegnamento e della ricerca. E ora collaboro con Carlo Pelanda su tematiche di geopolitica sul sito www.carlopelanda.com.

Infatti tutte le materie che mi hanno attratto e che ho studiato mi hanno reso solo un tuttologo informato il che è utile soprattutto come “ponte” (lei architetto lo sa meglio di me) tra strutture che non riescono più a parlarsi né a capirsi.

Per questo Montanelli mi aveva perfino offerto di entrare in collaborazione su temi scientifici.

Tuttavia io definisco il termine di “giornalismo” nel suo senso più ampio di “divulgazione” (che ha luogo sia a scuola, che all’Università e successivamente sui media e che oggi è totalmente carente in tutte quelle sedi).

È divulgazione quella che svolgono i bravi professori al liceo e all’università per cui i due erano inseriti nella riforma Gentile nella medesima direzione amministrativa del liceo e dell’università.

È divulgazione quella dei bravi giornalisti sui media di ogni tipo, che dovrebbero spiegare i motivi per cui i rischi e i costi del “nucleare” sono di gran lunga meno onerosi di quelli dei combustibili tradizionali e che, Obama o non Obama, devono essere estratti dai pozzi oceanici e trasportati da petroliere coi risultati periodici cui assistiamo da sempre (senza starci a tediare con l’unico disastro ambientale di Chernobyl prodotto da un utilizzo abusivo per scopi civili d’un impianto militare obsoleto e per di più sottoposto a sperimentazione sulla sostituzione di tecnologie di sicurezza!!!! Una cosa criminale che neanche nella Germania di babbo Hitler avrebbe mai potuto essere permessa.

Una “divulgazione” di buon livello richiede indipendenza costituzionalmente tutelata del “quarto potere” (ma fortemente “responsabilizzata”) come gli altri tre poteri. È una cosa che sostengo da tempo assieme all’esigenza di lasciare, tra gli enti territoriali sui quali impostare il federalismo, le sole Province.

Le quali sarebbero centro di riferimento per gli 8.000 comuni (di dimensioni le più disparate) e che poi, aggregandosi tra loro via referendaria, potrebbero costruire dal basso i nuovi confini geopolitici di Regioni omogenee in quanto a interessi economici e tradizioni culturali ma senza altre competenze se non quelle di sorveglianza dell’attuazione del programma deciso dalla camera delle province.

Come vede sono tutte libere esternazioni cui dedico convinto la mia attenzione ma che mi hanno sempre fatto escludere dai circoli più decisionali.

Un altro “potere” istituzionale di cui ritengo indispensabile tutelare l’autonomia è quello della “accademia” (da identificare non nella divulgazione educativa ma nella “ricerca scientifica” da finanziare con lasciti e scarichi fiscali dei privati (niente pane a ufo né posizioni di rendita per i Premi Nobel nullafacenti).

 

Caro Carlo Vitali, questa del quarto potere dei suoi doveri e dei suoi diritti è cosa di cui si parla poco e quel poco che se ne parla è generalmente una "cicero pro domo sua". Condivido il termine divulgazione anziché giornalismo, ma anche in questo modo non può essere scansato l'aspetto etico ed ideologico che esso deve assolvere alla funzione di comportamento privato e comportamento politico. Due aspetti che con la corrente retorica assumono un aspetto bigotto e di tavola dei dieci comandamenti sempre se stessi senza alcuna flessibilità se non quella del denaro. Il quarto potere di tipo accademico non dovrebbe esistere essendo il suo scopo quello dell'insegnamento, non quello della ricerca che fa parte di una comunità scientifica a parte e probabilmente troppo autoreferente e demiurgica. Credo che il fine dell'insegnamento debba essere quello di formare la capacità di ragionare e niente altro. Ancora mi si rivolta lo stomaco pensando a come ci è stata insegnata la storia civile e politica del nostro risorgimento: certo che la storia è sempre una interpretazione dei documenti reperiti che muta formulando ipotesi e ricercando nuovi documenti. Bruno, mio figlio, è interessato come lei non al giornalismo ma alla divulgazione, cioè a un’informazione il più possibile asettica e per quanto impossibile spersonalizzata.

Informare credo sia far circolare le idee. Credo di comprendere quello che lei dice con "che mi hanno fatto sempre escludere dai circoli più decisionali". Stesse mie delusioni per gli anni trascorsi a contatto con le strutture politiche a cui cercavo di far comprendere come il potere non sia auto-referente ma funzione etica di una ideologia espressa da coloro che non sono direttamente operanti nei livelli decisionali. Credo che oggi il sistema politico sia oligarchico mascherato retoricamente da democratico. Che la democrazia sia sì raggiungibile col sistema della rappresentanza ma a condizione che questa sia capace di essere responsabile della delega ricevuta e quindi di saper coinvolgere la gente sia nell'espressione delle esigenze che nella partecipazione alle decisioni del delegato.

Un cordiale saluto e, come diceva il giornalista, "good night and good luck".

 

Caro architetto, la ringrazio per avere voluto commentare le mie “esternazioni” in rubrica. Esternazioni che, essendo quelle di un puro osservatore geloso della sua autonomia di azione, sono sempre estranee alla possibilità di un qualsivoglia concreto utilizzo pratico da parte di chi ricopre ruoli di "governo del potere" in ogni comparto (aziendale, esecutivo, legislativo, giurisdizionale, ecclesiale, etc.) in cui si articola la società reale. Non la società intellettuale che, secondo il mio impiego dei vocaboli, abbraccia i due altri ma ancora virtuali poteri del "divulgativo" e della "ricerca accademica".

Il primo dei due (il "quarto potere" di Citizen Kane - Hearst, Murdoch o Berlusconi che sia) è quello oggi assegnato confusamente ai soli "Media" ma che invece si riferisce alla "formazione permanente" di tutti gli elettori/produttori/consumatori/risparmiatori se si vuole conservare libera la società. Quarto Potere come una sorta di scuola permanente che è costituita da tutte le istituzioni che curano l’educazione delle nuove generazioni ai vari livelli delle conoscenze, dai banchi della primaria, secondaria, università fino ai giornali divulgativi devono trasmettere sia i metodi fondamentali di uso critico e autonomo della propria sfera di autonomia decisionale nel corso della crescita intellettuale e civica, sia (a beneficio delle specifiche materie professionali) le conoscenze tecniche "consolidate" che spesso sono solo parziali, carenti ed inadeguate alle aspettative future e che quindi sono da modificare con liberi e irrituali impegni individuali prodotti nelle istituzioni del “quinto potere” della "ricerca accademica" - vedi Natta, Shockeley, Tesla, Koch, etc.. L'insegnamento, sia primario che secondario e accademico, non sono altro che trasmissione di conoscenze tecniche e di paradigmi critici che nei secoli si dimostrano sempre inadeguati rispetto alle aspettative, quindi non capaci di abbattere le frontiere del progresso scientifico. Anche i paradigmi epistemologici relativi ai concetti dell’e-ducare sono stati sostanzialmente innovati dalla ricerca pura da Socrate, a Platone, a Galilei, alla Montessori, a Lombroso, a Beccaria, a Popper, etc..

Per abbattere le frontiere che ostacolano il progresso occorre istituzionalizzare un "quinto potere", che in realtà fu storicamente il primo a liberarsi dai tradizionali esecutivo e legislativo mentre, proprio grazie ad esso, il giurisdizionale divenne autonomo solo successivamente. Si trattava di un potere che risiedeva nelle istituzioni della ricerca pura (i conventi e le università medievali). Istituzioni che erano consultate dai Papi e dai sovrani esercitando un potere talmente autonomo da essi che gli ordini religiosi dei frati conventuali si potettero permettere vere e proprie "rivoluzioni" ideologiche e politiche nei secoli in ogni Paese. Le università hanno poi conservato fino a ieri anche i simboli che un tempo tutelavano la loro originaria autonomia di "potere" (la polizia non poteva entrare nelle università e era il Rettore Magnifico a poter mettere in sue galere i criminali presunti dall'esecutivo).

Nei secoli passati le Università non erano "scuole" che divulgavano le conoscenze già acquisite, erano sede di vere e proprie "botteghe artigiane" in cui il capo-scuola faceva ricerca scegliendosi i discepoli ed escludendone gli inadeguati (vere e proprie baronie, non per nomina bensì per eccellenza). Lo scopo non era di "divulgare" le conoscenze cui faceva fronte invece l’editoria coi libri trascritti da amanuensi con costi umani e monetari tali da non consentire ai conventi (i “media” d’allora) un'indiscriminata produzione ma costringendoli a una oculata selezione di ciò che andasse trascritto e trasmesso e ciò che fosse invece inutile in quanto già letto. Il "quarto potere" d’allora erano gli eruditissimi priori che sceglievano i migliori discepoli degni di assicurare continuità al monachesimo entrando nell'ordine conventuale; accettazione che era di per sé il premio per i neofiti i quali "prendendo i voti" entravano a fare parte d’una elite protetta e privilegiata rispetto alla società civile piena di sangue e lacrime e impossibilitata a partecipare al gioco della trasmissione e innovazione della cultura (tranne pochi e occasionali geni - dai Giotto, ai Michelangelo, ai Caravaggio, ai Leonardo, ai Tesla).

Una volta esplosa l'era industriale che rese accessibili alla massa condizioni di benessere (e disagio) si è giunti a creare più accessibili "istituzioni" che curassero la "divulgazione" (gazzette, giornali, riviste, testi scolastici, radio, TV, sit-com, serial TV, sketch pubblicitari - che creano tutti cultura e modelli comportamentali) in sostituzione dei "conventi" d'antan (noi mandiamo ancora i nostri ragazzi dai gesuiti, o dai salesiani sia nei loro licei che nelle loro università d'eccellenza!) e la "ricerca" che ancora attende una sua sede istituzionale in sostituzione dell'"accademia" d'antan (in quanto ormai l'università è delegata alla "divulgazione scientifica” in affiancamento con le riviste, i video-giochi e i documentari scientifici).

Sono questi i due nuovi "poteri" di cui codificare costituzionalmente l'autonomia rispetto ai tre tradizionali.

In questi discorsi è assente qualsiasi criterio di "democrazia" (se non quello del metodo liberal-democratico delle "istituzioni" - che si consolida tra sangue e lacrime in umile obbedienza). Tra l’altro non affiderei mai il mio "potere" a decisioni assembleari ma a ristrette cerchie di eccellenti chierici che si auto-selezionano al fine di conservare e aumentare la propria sfera di "autonomia" contro le altre sfere di poteri "autonomi".

Ogni Capo-scuola (Platone) o Maestro di Bottega (il Michelangelo) o Tycoon (Enrico Mattei) o Vertice di Azienda (i Pontefici eletti dal sinedrio, i Rabbini Capo, i Gran Muftì, Cristoforo Colombo, Magellano, Hitler, Roosevelt, Churchill, Mussolini, Kennedy, Stalin, Obama, Mattei o Berlusconi che sia) deve sì ascoltare il "suo" sinedrio ma assumersi poi la piena e individuale "responsabilità" delle decisioni in merito alla rotta da tenere al fine di conservare e consolidare gli interessi della propria "istituzione" nell'interesse pubblico.

Questo è il vero dramma e nocciolo della civiltà liberal-democratica, i sinedri sono le sole assemblee consultive ascoltate (i referenda sono solo specchietti per allodole oppure plebisciti confermativi - come dimostrano tutti i casi storici) il farne parte è giustificato per avere autorizzazione a esprimere la propria opinione che abbia un possibile peso sulle decisioni che la propria "istituzione" è chiamata ad assumere nello sviluppo delle vicende umane. L'abilità dei sinedri è di filtrare i neofiti in modo da aumentare la presa della propria "istituzione" sulle vicende umane. I sinedri inadeguati cadono come pere (vedi il marxismo), i sinedri adeguati sopravvivono nei millenni (vedi Santa Madre Chiesa).

Tutte le "istituzioni" sono di interesse pubblico in quanto incidono su interessi più vasti di quelli del satrapo e nocchiero che al momento è responsabile del loro governo.

Le aziende, i sindacati, le parrocchie, le bocciofile, i partiti, sono altre "istituzioni" di interesse pubblico al cui "servizio" la civiltà liberal-democratica ha creato quelle che invece noi ci limitiamo usualmente a chiamare "istituzioni" (esecutivo, legislativo, giurisdizionale e - ahimè non ancora adeguatamente "responsabilizzate" né tutelate - il divulgativo e la ricerca).

Tutte le "istituzioni" sono private nella loro conduzione per poter sopravvivere (i tycoon possono essere rimossi dai CdA oppure, nei casi di errori macroscopici, possono essere "eliminati" come nei casi Hitler, Kennedy, Stalin). È privatissimo il nucleo di ogni sinedrio autorizzato a incidere sulle decisioni e d'altronde sarebbe paradossale che fosse autorizzato a incidere sulla rotta anche chi non se la sente di dedicare al 100% la propria esistenza all'"ordine conventuale" in questione (partito, sindacato, Chiesa o azienda che sia).

Inoltre personalmente volentieri deleghiamo per ignavia e maggiore passione per usare con pieno arbitrio la nostra vita privilegiando i nostri “sporchi comodi”.

Ci dobbiamo convincere che il progresso deve avere luogo tramite sangue e lacrime (o più raffinatamente con trials & errors) e che la nostra intelligenza individuale possa aggiungere solo ulteriori fattori di disturbo impegnandosi a voler prevalere sui sinedri o nel loro ambito. Dubito che Erasmo o Bacone avrebbero potuto essere più utili alla Chiesa di Roma (e al progresso della liberal-democrazia) concorrendo all'elezione a Papa invece di vivere come hanno fatto storicamente dopo avere scritto le pagine di storia che possiamo leggere ancora oggi. Tutti gli agit-prop e i mestatori ideologici (da Al Gore fino all'ultimo Che Guevara) creano solo rumore di fondo rispetto ai più pazienti Mao Tse Tung, Castro o Ratzinger. Il successo o il fallimento non è poi solo affidato alla loro dedizione ma alla intelligenza-collettiva dei sinedri di cui si sono circondati i loro predecessori avvicendatisi nei secoli, che avrebbero dovuto adeguare gli obiettivi alla realtà invece di tentare di adeguare la realtà ai loro obiettivi ideologici. Fattore di distinzione e superiorità  del pragmatismo liberal-democratico rispetto all’idealismo ideologico rivoluzionario. È l'essenza scientifica che assegna "superiorità" al capitalismo-liberista (il mercato), alla Chiesa Cattolica (la fede), alla liberal-democrazia (le "istituzioni" costituzionalmente responsabili) contro gli arbitrii dei satrapi illuminati e dei loro cortigiani d'antan.

La Magna Charta non ha sostituito la democrazia all'oligarchia, ha solamente sostituito i criteri di ammissione nelle oligarchie decisionali. Un fattore che è vitale per garantire la crescita del progresso civile.

Immaginiamoci se si dovesse decidere sul “nucleare” per via referendaria! Sfrutteremmo per secoli le fonti più inquinanti come il carbone, il gas naturale e il petrolio rischiando perfino fuoruscite deteriori di petrolio dai pozzi sotto il golfo del Messico!