20/09/2008

Governance Capitalista

Dovremmo smetterla di commentare gli eventi che ci sono presentati dalla globalizzazione in tutti i comparti d’industria (finanza e trasporti sono i più recenti casi) ‘guardando il nostro ombelico’. Infatti si tratta di eventi di riorganizzazione industriale ed organizzativa del capitalismo di libero mercato in una dimensione planetaria. Eventi che quindi coinvolgono anche i gruppi industriali in Italia, seppure in tempi ritardati rispetto a quelli che affliggono i protagonisti dello scenario globale data la marginalità del nostro sistema economico nello scenario geopolitico. Si tratta di eventi che illustrano anche i processi di riassestamento in corso dei nuovi meccanismi di ‘governance’ politica che stanno ridefinendo i criteri, pesi e priorità del Nuovo Ordine Globale che ormai la cooperazione industriale internazionale ha già consolidato.

Gli eventi più ‘drammatici’ sono proprio quelli che stanno ridefinendo la ‘governance’ finanziaria su base mondiale. Questi interventi infatti possono essere assunti prioritariamente dagli USA che godono del ruolo unico di protagonista nello sviluppo della globalizzazione solo in quanto ormai il comparto industriale della finanza ha consolidato le nuove istituzioni globali di gestione di quella risorsa chiave che consente di implementare le iniziative industriali secondo la scala di priorità che sono valutate ‘più remunerative’ rispetto alle molte che richiedono finanziamento. È il ‘collo di bottiglia’ che consentirà alle istituzioni politiche di gestire con gradualità concordate lo sviluppo a seconda di criteri ‘non settari’ e cioè non ‘ideologici’ ma solo nel pieno rispetto della redditività del bene sociale più ‘democratico’: la moneta. Infatti tutti concorrono col lavoro competitivo, al di là dei confini politici e ideologici, a soddisfare le esigenze di un mercato di consumatori che è ormai globale e i cui clienti possano guadagnarsi col lavoro (e non con tutele parassitarie) i mezzi per soddisfare il proprio ‘paniere di consumo’ a misura delle proprie insindacabili preferenze e in piena responsabilità.

Abbiamo già avuto modo di accennare al ‘caso Alitalia’ in cui le ormai obsolete istituzioni della ‘governance’ ottocentesca ancora in essere avrebbero l’occasione e la convenienza di adeguarsi alle esigenze emergenti abbandonando i vecchi schemi per agevolare l’emergere di nuovi assetti. Ad esempio il sindacato ‘confederale’ (CONFINDUSTRIA e trimurti operaia) avrebbe ogni convenienza a trattare il ‘caso Alitalia’ in un’ottica puramente ‘locale’ ed aziendale inaugurando così una nuova epoca di relazioni industriali che rinuncino a surrogare il ruolo del parlamento con una ormai improbabile ‘programmazione dei redditi’ ma accettino di decentrare le responsabilità negoziali dei contratti di lavoro nelle singole aziende riconoscendo le diversità ‘locali’ dei costi industriali e della vita. Colaninno avrebbe la possibilità di negoziare coi ‘sindacati autonomi’ in azienda (che hanno la massima rappresentatività) pur di aderire a schemi negoziali e criteri contrattuali che GCIL-CISL-UIL-UGL potrebbero concordare in sede separata ma parallelamente per poterne sollecitare il successivo accoglimento legislativo con un moderno ‘lobbying industriale’. Ciò ahimè non sembra essere la via assunta né possiamo leggere sui media voci che suggeriscano questa linea per superare la ‘crisi Alitalia’ che è solo ritardata ma che ha afflitto già da anni i Paesi di economia più vitale.

Il più recente evento di definizione delle istituzioni e criteri della nuova ‘governance’ invece è quello deciso dalle istituzioni USA col finanziamento di due o tremila miliardi di dollari dei nuovi processi di intervento sul mercato globale.

Si tratta di un nuovo passo intrapreso unilateralmente dal governo più dinamico e progressista USA che chiude il XX secolo ed inaugura la cooperazione mondiale nel XXI secolo nel rispetto degli interessi di un’economia ormai pienamente soprannazionale. Le istituzioni finanziarie, militari e politiche USA sono così solide e vitali da potersi permettere questo ruolo di egemone leadership nel percorso della globalizzazione. La ‘governance’ delle istituzioni finanziarie (banche, borse, organi di emissione) sono coinvolti da questa massiccia iniezione di liquidità che avviene secondo flussi ben diretti e che consoliderà inevitabilmente tutte le economie industriali nella gerarchia che si sono riuscite a guadagnare in libera competizione sul mercato globale.

Il ‘piano Marshall’ è stato l’intervento del capitalismo liberista che ha messo una pietra sull’epoca degli Stati Nazione. Il ‘piano Bernanke’ è l’intervento del capitalismo liberista che consoliderà il Nuovo Ordine Globale di un’economia soprannazionale ormai pienamente egemone sulle patetiche resistenze di stati ideologici; da Venezuela, Bolivia, Cuba, Russia, Iran. Tutte le altre economie industriali potranno adeguarsi alla nuova ‘governance’ fruendone dei benefici ma accettandone il ruolo nella gerarchia definita dalla catena dei processi di cooperazione industriale (flessibili e quindi mutabili nel tempo). I produttori in competizione di produttività, i fornitori di materie prime fino a sostituzione delle loro risorse grazie ai progressi tecnologici e industriali.

Questa è la strada pienamente ‘democratica’ e non ideologica che il liberismo può offrire al comune progresso mondiale. Questa strada è pienamente compatibile con la liberal-democrazia ed esclude i settarismi ideologici di qualsiasi utopia. Questo è l’’Occidente’ che sta permeando il mondo nel terzo millennio. Sui media invece si possono leggere commenti di ‘menti sottili’ che gridano alla ‘morte del capitalismo’, allo ‘scandalo dello statalismo’, al ‘ritorno di Keynes’ concentrandosi sugli ormai defunti ‘ombelichi’ della storia senza riuscire a vedere la luna invece del dito che la indica.