20/08/2010

Scenari di evoluzione geopolitica

Riepiloghiamo quanto presume stia avvenendo nello scenario globale il paradigma sul quale si fonda il capitalismo-liberista responsabile dell’attuale, egemone globalizzazione industriale. Quel paradigma decisionale ritiene che ciò che è in corso sia dovuto a pure ragioni di redditività globale. Il criterio-base utile per la gestione efficiente della moneta, unica risorsa scarsa e necessaria universalmente perché ambita - in tutti i regimi. Efficiente collocazione della risorsa-chiave indispensabile per poter finanziare la crescita del prodotto interno lordo di ogni singolo sistema industria-stato costretto alla competizione in reciproca cooperazione sul ‘mercato mondiale’. Una sorta di flusso unitario di linfa che alimenta il capitalismo-liberista attorno a processi industriali organizzati in gerarchia di ‘manpower intensive’ e di ‘capital intensive’ senza protezionismi ideologici. Una prepotente e irreversibile fase di estensione della civiltà ‘Occidentale’ che, finalmente, sta riuscendo ad offrire a tutti indiscriminatamente opportunità di maggiore benessere ed abbattere ogni precedente frontiera che non sia ‘giustificata’ dalle esigenze umane del produttore-consumatore-risparmiatore del profilo più peculiare ovunque si trovi. Questa liberazione dalle ideologie impone, nello scenario geopolitico globale, criteri di negoziazione delle decisioni politiche che, seppure lentamente e selettivamente, estende i contenuti liberal-democratici in ogni paese – anche i più autoritari e primitivi. L’industrializzazione capitalista globale è insomma il prerequisito all’avvento della liberal-democrazia. Non occorre imporre come precondizione l’accoglimento ‘neo colonialista’ del sistema delle ‘libere elezioni’ – che d’altronde non garantisce la libertà dalle oligarchie neanche nei più avanzati paesi liberal-democratici come tutti ma proprio tutti sappiamo e ce ne lamentiamo. Le lobby, i circoli ‘segreti’, gli gnomi di Zurigo, i complotti nelle istituzioni, le ‘resistenze, resistenze, resistenze’ sono tutte realtà che consentono alle elite di assumere decisioni ormai mature e libere da vincoli astratti alla sola luce della convenienza comune - salvaguardare la redditività d’impiego della sola risorsa scarsa a fronte della sua crescente domanda industriale – la moneta.

“It’s the economy …. stupid!”

Tutto ciò che sta accadendo in Italia (e in generale in ogni paese dell’UE) e negli USA è coerente con questo paradigma; come propone la rubrica per tentare di interpretare la ‘normalità’ delle contorsioni della politica interna che affliggono ogni Stato Nazione coinvolto nel processo di riorganizzazione dei processi produttivi in tutti i comparti d’industria su base internazionale denominato giornalisticamente ‘globalizzazione’. Contorsioni altrimenti poco comprensibili nella loro organicità soprannazionale di un processo non programmato né programmabile da regimi affini ed ostili e dalle loro vecchie istituzioni ed accordi soprannazionali che sono state pienamente scavalcati e spiazzate dall’evento epocale in corso di pieno consolidamento.

La politica, al di la dei luoghi comuni del giornalismo più sciatto, propone da sempre agli elettori potenziali due tipi di servizi che, per legittimare la gestione del potere di governo, si imperniano su due diverse visioni del ruolo che essa chiede di poter assumere. Ciò avviene in un libero mercato in cui si svolge la cattura del consenso sollecitato da informazioni che caratterizzano le modalità diverse in cui operano istituzioni di gradi diversi di liberal-democrazia. Il mercato sul quale avviene la cattura del consenso è libero e deve essere rispettato anche dai regimi più autoritari per poter contare sulla stabilità e adesione dei produttori nazionali alle linee guida decise ed attuate dall’insieme integrato del potere legislativo-esecutivo. L’assenza di adeguato consenso si traduce in scollamento tra paese reale (che produce ricchezza e tenta di ridistribuirla sulla base di criteri considerati ‘legittimi’ dalla pubblica opinione) e paese legale (che tenta di imporre invece suoi criteri di comportamenti economici e sociali ‘giustificati’ da un ‘politically correct’ imposto dalle leggi).

I due paradigmi alternativi dei servizi politici proposti al corpo elettorale (cioè ai produttori-consumatori-risparmiatori) si possono definire ‘di destra’ o ‘di sinistra’ al di là delle ideologie che tentano di legittimarli sul piano della ‘verità filosofica’ (dottrine comunista, cristiana, socialista, fascista, islamica, etc.).

Grosso modo si può definire ‘di destra’ ogni proposta che rispetta la responsabilità individuale come fonte sia dei problemi vissuti da ogni singolo elettore sia delle iniziative che egli deve identificare come sostenibili dalle sue risorse attuali per risolvere i problemi contingenti ed aumentare gradualmente il proprio potere contrattuale nel contesto in cui responsabilmente sceglie di offrire le proprie prestazioni per conseguirne la remunerazione desiderata. La ‘responsabilità’ in altri termini costituisce l’essenza stessa della ‘libertà’ che non può essere barattata a fronte di presunte offerte di tutela altrui. Eventuali sostegni esterni alle proprie decisioni devono risultare altrettanto ‘responsabilizzanti’ per chi decidesse di valutarne la credibilità e aderire con proprie dosi di risparmio individuale. Il concetto di solidarietà per ogni soluzione ‘di destra’ deve sempre essere spontaneo e individuale. Ogni altra forma ‘collettiva’ è sempre ritenuta irresponsabile in quanto essa ‘spalma’ sui contribuenti il rischio di decisioni valutate da burocrati irresponsabili piuttosto che da prudenti risparmiatori. Si tratta di un paradigma che consente tutto ciò che non sia espressamente vietato e impone ai singoli di cercare di meritarsi coi comportamenti quotidiani la libera stima dei suoi concittadini onde costruire le basi della reciproca spontanea solidarietà tra affini per fronteggiare le comuni situazioni di disagio personale o collettivo. Ogni comunità locale deve essere capace di reagire con efficacia e consenso a ogni imprevisto senza aspettarsi aiuti esterni sempre interessati, prevaricanti o inefficienti. Ogni individuo deve contribuire in prima persona a identificare la sua strada per riscattarsi dall’attuale sacca di disagio. Chiedendo eventualmente adesione spontanea di chi lo apprezza a sostenerne la forma di impegno credibile. Il paradigma ‘di destra’ e ottimista, intraprendente e fiducioso che, non ostante la permanente e crescente inadeguatezza delle sue conoscenze scientifiche (solo una cosa so, di nulla sapere) egli e parte integrante di una Creazione dotata dal suo Grande Architetto di un intrinseco disegno intelligente nel quale all’uomo si e assegnato il compito di dominare la Natura tramite il suo lavoro. Un dominio che concorre ad educarlo verso la trascendenza delle conoscenze tramite un graduale percorso di tentativi ed errori generati da soluzioni tecnologiche che apportano impreviste innovazioni al processo che regola gli equilibri ‘naturali’ ma che ne migliorano le manifestazioni a beneficio del benessere complessivo della civiltà; abbattendo ogni vecchio confine dell’indigenza, dell’ignoranza e dei privilegi parassitari. Il paradigma ‘di destra’ si rifiuta di escludere dall’educazione e dalla ricerca scientifica quei settori della scienza che indagano sui modi in cui agisce il ‘disegno intelligente’ su cui si fonda il diritto biblico a dominare la natura. Un dominio fondato sull’ottimismo dell’intraprendenza che, sempre inadeguata a programmare il futuro, obbliga pero l’uomo ad escogitare, a ogni livello e in piena e responsabile liberta, nuove soluzioni contro i problemi che lo tormentano senza delegare ad altri l’onere di fornirgli soluzioni preconfezionate. La fede nella sua intraprendenza guidata dal disegno intelligente costituisce ciò che viene definito la Provvidenza. La ‘destra’ può grossolanamente identificarsi nella sua gerarchia di valori: 1) Dio (su cui si fonda la parità responsabilizzante di doveri e libertà di intraprendere e crearsi il futuro individuale), 2) Famiglia (l’ambito in cui si costruisce lo scambio libero e disinteressato di mutuo sostegno, stima e successo), 3) Stato (che dal-basso deve ‘servire’ le esigenze cui il privato non riesce ancora a soddisfare).

Altrettanto grossolanamente si può definire ‘di sinistra’ ogni proposta che sospetta l’esercizio della libertà il mezzo per realizzare l’avidità egoista a spese dei più deboli e che quindi deve essere oculatamente concessa in regime di attenta sorveglianza del rispetto degli ‘interessi generali’. Ciò giustifica ogni regime in cui è legale tutto ciò che è permesso espressamente dalle leggi nei modi da esse codificati. La ‘libertà’ cioè è una costante fonte di rischio di prevaricazioni se ‘selvaggia’ cioè se è libera da specifiche modalità e forme. Il concetto di solidarietà deve essere addebitato alla collettività per dare sostegno ai più diseredati anziché per finanziare le iniziative più profittevoli per la crescita del reddito comune (indipendentemente da chi le proponga). Non si privilegia il più meritevole ma si cerca di estrarre il più indigente dalla sua situazione di disagio attuale. Ciò è ispirato dalla convinzione che tutti sono uguali e che le differenze di prestazione siano da attribuire ai loro diversi gradi di disponibilità di mezzi e contatti sociali. La ‘solidarietà’ e addebitata alla collettività su base fiscale. Ciò deresponsabilizza l’attribuzione delle risorse, stimola la corruzione, privilegia il vittimismo, degrada la competitività del sistema produttivo e, per non offendere l’orgoglio dei destinatari, trasforma l’investimento socialmente etico in diritto acquisito a fronte di ogni status di disagio sofferto. Ciò induce i percettori della solidarietà fiscale a truffare esibendo handicap fittizi e comunque li demotiva nella ricerca di autonome iniziative per uscire dalla sacca di disagio in cui è spinto a compiangersi costretto da un destino cinico e baro. Ciò stimola l’invidia sociale e l’assenza di motivazione a conseguire gratificazioni umane oltre quelle derivanti dal reddito. Non contribuisce cioè a distinguere negli individui le due forme di reddito; quello guadagnato grazie alle proprie prestazioni individuali (degno di riconoscimenti da parte dei concittadini) e quello caritatevole e gratuito ricevuto grazie a leggi egalitarie (riconoscimento di una condizione di inferiorità produttiva che è sempre sospetta di mancanza di iniziativa e di parassitismo umano). Il pessimismo nell’intima bontà dell’uomo e incoerente con la fiducia che il paradigma ‘di sinistra’ pone nella ragione umana e nella scienza come mezzo per riuscire a programmare lo sviluppo del benessere e della civiltà. Il pessimismo tuttavia e pienamente coerente con la negazione a-prioristica di Dio come Suprema fonte di ordine e ispirazione del progresso. Negazione a-priori che si traduce nell’esclusione dalla ricerca scientifica delle discipline metafisiche e teologiche indipendentemente dagli strumenti logici da esse adottati. Ciò conduce a un riduzionismo e parcellizzazione delle conoscenze disciplinari prive di una presunta, innata organicità. La ragione umana e la sola fonte dell’armonia dello sviluppo scientifico e tecnologico e la sua riconosciuta, permanente inadeguatezza a fronte della complessità della natura spinge i programmatori a conservare gli equilibri gia noti e le soluzioni tecnologiche gia esistenti invece di affidarsi alla ‘selvaggia’ creatività liberamente espressa dagli innovatori. Solo l’’accademia’ di chi detiene le conoscenze ortodosse e autorizzata a formulare i programmi di ricerca scientifica e applicata ‘politicamente corretti’. Ogni riferimento alle conoscenze metafisiche e teologiche manca alle soluzioni innovative che vengono ideate prima di essere sottoposte alla libera adesione o rifiuto degli utenti. La loro scala di ignoranza li destina al ruolo di assistiti la cui tutela e affidata alle elite di governo dello sviluppo economico. La spiegazione dell’apparente e intrinseco ‘ordine’ naturale viene addebitata dal paradigma ‘di sinistra’ al susseguirsi di eventi casuali in una sequenza che, pur altamente e sempre più improbabile, ha il risultato complessivo di esitare in quell’ordine crescente che si può osservare nel corso dello sviluppo della civiltà umana. Dio viene negato a-priori e il Caso viene introdotto come elemento illogico per giustificare la Fede religiosa che il paradigma obbliga a riporre nella Ragione Umana. La ‘sinistra’ può grossolanamente identificarsi nella sua gerarchia di valori: 1) Stato (che dall’alto deve ‘programmare’ l’avvento dell’uguaglianza di diritti-doveri contro l’avidità del privato), 2) Scuola (istituzione che educa i cittadini a comportamenti corretti politicamente), 3) Collettività locale (che costruisce la ‘democrazia-partecipazione’ dalla quale occorre espungere ogni rischio di settarismo fondato sul trascendente – un rischio di oppio rispetto alla realtà ‘scientifica’ e alla programmazione centrale).

Dopo questa breve rassegna riduttiva dei concetti che separano i due distinti approcci all’azione politica nei singoli paesi partecipanti al processo globale di ristrutturazione delle fasi di produzione industriale, si può facilmente capire il motivo della comune situazione di crisi che attraversa la politica nazionale in ciascuno dei vecchi sistemi industria-stato di ogni paese coinvolto dal processo soprannazionale.

Infatti i politici al vertice delle istituzioni dei vecchi Stati Nazione si trovano impossibilitati a definire le linee dei loro interventi in un sistema industriale in pieno divenire e non ancora pienamente stabilizzato in quanto privi dei necessari elementi conoscitivi sulle aspettative offerte alla crescita di reddito da parte di un mercato industriale che trascende gli stretti interessi nazionali perché ancora in via di costante e celere riconfigurazione. In assenza di una chiara percezione degli interessi industriali residuali nel proprio paese e della loro dipendenza conflittuale o convergente dagli interessi emergenti nei paesi verso i quali l’industria nazionale sta trasferendo i propri interessi con cooperazioni di mutuo interesse, manca ogni riferimento per decidere quali interventi agevolare, quali ostacolare e le rispettive priorità e pesi delle azioni da esercitare. Ciò indipendentemente dalla peculiare prospettiva ideologica (‘di sinistra’ o ‘di destra’) in cui i singoli politici vorrebbero disegnare gli eventuali interventi.

Inoltre la globalizzazione, per potersi affermare e stabilizzare, ha dovuto generare un enorme debito finanziario le cui dimensioni (grazie al carattere globale del sistema industriale ormai egemone su base soprannazionale) incombono in modi non ancora chiari in quanto a complessità delle reciproche interrelazioni ed eventuali ripercussioni a fronte di eventuali azioni unilaterali assunte dalle istituzioni dei vecchi Stati Nazione.

La situazione del debito finanziario incombe sulla stabilità di tutto il sistema industriale in via di consolidamento ma già egemone come punto di riferimento per la crescita o il crollo dei vecchi sistemi industriali nazionali.

Procedere con misure di intervento ‘di sinistra’ costringe i politici nazionali (tutte le ‘sinistre’ al potere negli USA o nell’UE) ad aumentare la pressione fiscale nel proprio paese oppure ad aumentare il debito nazionale. Queste due misure si riflettono immediatamente sulla perdita di competitività del sistema industriale ancora insediato nel paese mentre sollecita la delocalizzazione di fasi industriali ancora in bilico tra restare o emigrare. Queste misure risultano pertanto impossibili sul piano strettamente tecnico (per mancanza di ben definiti interessi nazionali nel nuovo contesto e per la ridotta efficacia di azioni intraprese dalle vecchie istituzioni nazionali e soprannazionali ormai inadeguate a una realtà in celere divenire) e sul piano politico stesso (per gli effetti opposti delle iniziative sul consenso nazionale e sui suoi interessi industriali).

Procedere con misure di intervento ‘di destra’ risulta altrettanto difficile sul piano tecnico ma grazie all’approccio di laissez faire cui si ispirano, esse possono limitarsi ad agevolare le iniziative assunte in piena responsabilità finanziaria dai produttori senza doverle sostenere con risorse derivanti da maggiore pressione fiscale o crescita del debito pubblico. Anzi, ogni iniziativa di alleggerimento fiscale soprattutto se bilanciata da diminuzione della spesa pubblica, può agire da moltiplicatore e incentivo alle decisioni che l’industria nazionale ha deciso in piena responsabilità di assumere per il rilancio della propria competitività sul mercato globale. Il ‘non decidere’ (che è uno dei tipi di decisioni assumibili) diviene quindi un’iniziativa pienamente coerente col paradigma che legittima la richiesta di legittimità ad assumere il governo del paese per politici ‘di destra’.

Queste sono le ragioni per cui i governi ‘di sinistra’ sono in piena crisi in ogni paese (da Obama a Zapatero) oppure, per avere consenso, devono assumere paradossalmente iniziative ‘di destra’ (come Blair) mentre governi ‘di destra’ (indipendentemente dalla loro reale capacità tecnica e acume politico) riescono a mantenere un elevato grado di consenso astenendosi semplicemente da interferire coi processi spontanei di riconfigurazione dei processi produttivi in corso magari limitandosi a rinforzare il consenso dimostrando la loro ‘apertura mentale’ adottando in modo bipartisan misure temporanee dimensionate agli ammortizzatori sociali ‘di sinistra’.

Ciò, secondo la rubrica, sarà destinato a durare per tutto il periodo necessario al sistema industriale globale di giungere ad una stabilizzazione dei propri interessi commisurati alle consolidate aspettative del mercato globale dei consumatori e del risparmio. Una volta definite queste esigenze (le specifiche tecniche del nuovo sistema produttivo), la politica sarà di nuovo in grado di assumere proprie iniziative proponendo comprensibili ed alternative proposte (‘di destra’ o ‘di sinistra’) di azione politica da attuare nel corso del mandato al vertice di istituzioni dimensionate a influire in modo credibile su un sistema che ancora oggi non è chiaro neanche agli stessi protagonisti principali e primari (i Marchionne al vertice dei molti gruppi industriali alla disperata ricerca di sopravvivere e rilanciare le proprie aziende nel nuovo contesto geopolitico globale).

Berlusconi in Italia ha più probabilità di sopravvivere politicamente di chiunque altro presunto leader carismatico ‘di sinistra’ grazie all’impossibilità di chiunque ispirato da una visione ‘di sinistra’ di conservare il consenso mantenendo fede alle proprie promesse di azione una volta giunto al governo. Questa è la sorte di Gordon Brown, è stata quella di Zapatero, è stata quella di Prodi e sarà la sorte di Obama se non assumerà provvedimenti ‘di destra’ (come Blair) scontentando la sua vecchia base elettorale radicale ma acquisendo il consenso della maggioritaria base elettorale - il ceto medio conservatore.

Il resto è solo un puro wishful thinking della sinistra disperata di restare emarginata e ghettizzata alla opposizione a causa della situazione industriale in divenire sulla quale nessun politico (tantomeno se ‘di sinistra’) può sperare di influire in coerenza coi vecchi schemi dello stato sociale (come avvenuto in Italia col caso Fiat e il diritto del lavoro d’antan).