19/09/2008

Egemonia del Liberismo

Tutto ciò che sta accadendo oggi in Italia può sembrare drammatico e traumatico solo a chi ha l’abitudine come noi di concentrare l’attenzione sul dito anziché sulla luna. In realtà siamo solo soggetti di un processo di riassestamento dell’Ordine istituzionale e comportamentale che su piano Globale investe ogni comparto industriale; dall’agricoltura, a manifatturiero, a trasporti, a servizi finanziari, a energia e a ricerca pura ed applicata. Si tratta di un riassestamento che avviene per ‘legge di natura’ nel contesto di tutti i sistemi complessi che, per loro natura, sono caratterizzati da un intrinseco carattere di solo temporanea stabilità definita ‘locale’ dalla teoria dei sistemi quasi stabili (teoria descritta da Ilya Prigogine sul piano ‘filosofico’ e da Per Bak sul piano della metrica matematica).

Tutti i sistemi complessi sono ispirati da questa caratteristica che assicura loro l’attributo della ‘vitalità’. Anzi separare tra loro i molti sistemi complessi che la scienza studia in Natura risulta possibile solo in un modo concettuale ed astratto. In realtà la ‘teoria del caos’ ci segnala l’intrinseca interdipendenza di tutti i sistemi complessi in Natura formulando suggestivamente il cosiddetto ‘effetto farfalla’. Sono fatti solidamente acquisiti ormai sul piano scientifico dopo una lunga teoria di riflessioni espresse da ‘filosofi della Natura’ a partire da Faraday-Maxwell fino ad Alan Turing (in ‘Macchine calcolatrici ed intelligenza’), Edward Lorenz (‘Teoria del caos’ ed ‘attrattori strani’), Ilya Prigogine (‘sistemi termodinamici lontani dall’equilibrio’) e Per Bak (‘modello delle dune di sabbia’ e ‘criticalità auto-organizzanti’).

Esistono quindi evidenze scientifiche che inducono a percepire l’universo come elemento unitario in cui l’energia costituisce il fattore comune e l’elemento di scambio tra sistemi complessi che solo per la limitatezza degli strumenti scientifici a nostra disposizione teniamo tra loro separati nello studio ‘riduzionista’ e nel linguaggio ‘specialistico’ delle molte discipline. La ‘vita’ anima tutto l’universo in modo inscindibile e lo sollecita ad evolvere in piena libertà ed imprevedibilità se non puramente ‘locale’ – nel tempo e nello spazio.

Tornando agli episodi ‘drammatici’ ‘traumatici’ che la stampa ci sottopone quotidianamente, essi sono semplicemente episodi indotti sugli assetti ormai incompatibili con la nuova realtà della quale l’Italia è intimamente parte – un sottosistema interno ad un sistema complesso ed altamente vitale che viene denominato ‘globalizzazione’. L’inadeguatezza dei vecchi processi e delle istituzioni che ci hanno fino a ieri permesso di rallentare la destabilizzazione economica in tutti i sui aspetti viene solo messa in luce dai vincoli di sopravvivenza che ci impone l’ambiente esterno più evoluto perché più vitale.

Ciò che il sotto-sistema Italia può fare è solamente cogliere l’occasione di questa sequenza di crisi indotte da fattori esterni ad esso per modificare le istituzioni di ‘governo’ dell’‘instabilità’ che caratterizza in modo permanente il sistema complesso di cui non può rifiutare di fare parte. È questo l’unico atteggiamento rispettoso della ‘legge di Natura’ che impone la competitività e la ‘selezione del più adatto’ con premio la sopravvivenza dei possibili spazi di ‘libertà’ decisionale di cui il sotto-sistema può ragionevolmente sperare di fruire. Il grado di egemonia ed il ruolo più o meno ‘locale’ nella geopolitica in fieri è definito dalla dimostrata capacità del sotto-sistema di scegliere liberamente i nuovi assetti e processi interni che ne ‘liberino’ appieno il potenziale di ‘vitalità’ inespresso se soffocato dalle vecchie ed ormai obsolete strutture di ‘governance’.

Detto ciò si può forse esaminare il ‘dramma’ Alitalia alla luce delle esigenze di innovazione che esso potrebbe soddisfare qualora non venisse trattato nell’ottica delle vecchie strutture e istituzioni di ‘governo’. Accettare il ‘liberismo’ che connota da sempre la vitalità dei sistemi complessi (in specie quelli direttamente animati da soggetti umani) permetterebbe allora di ricercare l’innovazione dei contratti di lavoro per ‘rivoluzionare’ l’istituzione sindacale e renderla più confacente alle esigenze di competitività sul mercato globale.

Questa è infatti l’’istituzione-chiave’ che sarebbe necessario ‘rivoluzionare’ oggi per permettere alle altre istituzioni di adeguare i propri ruoli e processi in modo che risulti ‘appropriato’ alle esigenze e alle aspettative ormai pienamente maturate in Italia e all’estero. La ‘governance’ della nuova Italia deve potersi fondare sul consenso sociale e questo deve potersi creare nell’ambito della prima delle ‘istituzioni’ di interesse pubblico; l’azienda.

Se questo fosse l’approccio alla soluzione dei ‘drammi’ impostici dall’appartenenza ad un mondo in cui valessero realmente i valori spesso richiamati dalla stampa ufficiale (libertà, responsabilità, lavoro, democrazia, etc.) apparirebbe allora chiara la mistificazione con cui tutti i media hanno trattato il caso-Alitalia.

Mi spiego. La ‘privatizzazione’ dell’azienda è pienamente in linea con i dettami di libero mercato e di liberal-democrazia. Il liberismo non essendo ’ideologia’ ma solo ‘indirizzo strategico’ impone sempre alla ‘governance’ il criterio ben illustrato da Tremonti ne ‘lo Stato se necessario, il mercato quando possibile’. Ciò impone di pubblicizzare le perdite accertate e di privatizzare le opportunità potenziali. Fino a questo punto ‘nulla questio’. Tutto si sviluppa nel contesto del liberismo che ci permetterebbe di riammetterci nel contesto globalizzato liberando appieno le risorse interne al sotto-sistema Italia per consentire la crescita di ricchezza e quindi di nuove risorse disponibili per contribuire in modo ‘autonomo’ ad influire sul processo di riassetto dell’Ordine Globale in corso.

Ogni discussione relativa alle ‘colpe’ del passato è ormai sterile e improduttivo se non per appagare il narcisismo di protagonisti dello spettacolo in politica, nei cabaret o nei media.

Discutere dei possibili nuovi assetti aziendali potrebbe invece rivestire un grande interesse utile per la replicazione delle ‘soluzioni Alitalia’ ad altri comparti di industria che stanno immersi in crisi analoghe proprio per l’analoga inadeguatezza delle vecchie istituzioni cui era affidata fino ad oggi la ‘governance’ industriale ed economica nazionale.

Ad esempio la ‘cordata Colaninno’ avrebbe dovuto imporre che la negoziazione avvenisse tra gli industriali e il sindacato maggioritario in azienda che non è la ‘trimurti paleo-industriale’ ma i sindacati aziendali ‘autonomi’ (liberi da altri interessi che non siano quelli del piano industriale). Invece si sono esclusi dalla trattativa quelle ‘istituzioni’ che sarebbero pienamente coerenti con le esigenze del decentramento dei contratti di lavoro azienda-per-azienda. In piena consonanza con il ‘federalismo fiscale’, con la flessibilità, con gli incentivi alla produttività, con i premi all’eccellenza, con la sussidiarietà e con il decentramento amministrativo.

Quelli che sono stati stigmatizzati come ‘sindacati corporativi’ sono infatti gli unici indifferenti a fattori che non siano relativi all’azienda ed al valore aggiunto che ogni singola professionalità può apportare alla produttività ed alla redditività aziendale. Tutti fattori che libererebbero dai vecchi vincoli della contrattazione nazionale sulla base dei contratti nazionali unici che venivano gestiti dalla ‘trimurti ottocentesca’ (e che risultano realmente ‘corporativi’ nell’accezione paleo-industriale di padroni-sfruttatori e di lavoratori-proletari che ha governato il diritto del lavoro sulla base di leggi a tutela delle clientele politico-sindacali che hanno condotto le aziende di stato ad accumulare debiti e improduttività fino alla situazione attuale. Ciò vale per le ferrovie, per le municipalizzate e per ogni azienda nella quale la tutela del proprio futuro non sia affidata alla responsabilità di chi vi opera a conservare livelli adeguati di competitività e di soddisfazione dei clienti.

Essere ‘Occidentali’ significa ricercare al meglio una ‘governance’ affidata alla responsabile e libera dedizione dei professionisti in ogni azienda a correre il rischio del fallimento ed a beneficiare del valore aggiunto prodotto da ciascuno nel modo e quantità meno distruttivo per tutelare sia gli interessi di breve termine (aumenti salariali e fringe benefits) sia quelli di lungo termine (nuovi impianti e processi industriali più umani e redditizi).

Sia Berlusconi che Epifani e D’Alema o Fassino (non parlo di Veltroni ormai decotto) dovrebbero cogliere l’occasione di rivalutare i ‘sindacati autonomi’ che tra l’altro sono i più rappresentativi e moderni non solo in Alitalia ma anche nelle ferrovie, nelle banche o nella sanità. Perderebbero quelle fasce di sindacalizzati clientelari (ormai quasi totalmente pensionati) invisi alla pubblica opinione ma guadagnerebbero in credibilità presso un’opinione pubblica composta da contribuenti che sono disponibili a sobbarcarsi anche l’onere della ‘bad company’ purchè ciò serva almeno a dar mano ad un profondo e celere rinnovamento della contrattazione industriale in Italia. Prerequisito per il rilancio dell’economia del Paese e per poter redistribuire il reddito prodotto secondo i criteri che potranno essere definiti (a quel punto in modo ‘bipartisan’) in Parlamento col ‘federalismo fiscale’.