18/07/2009

Libero Mercato e Stili di Vita

Valori “utili” e Bisogni “ofelimi”

Ofelimità è ciò che motiva a scegliere la gerarchia di priorità di propensione alla spesa invece del criterio più puramente teorico dell’utilità che secondo le teorie economiche dovrebbe presiedere a guidare nelle scelte. È un concetto introdotto da Vilfredo Pareto e che cerca di stabilire un criterio capace di integrare le classiche teorie del mercato: quella della dottrina sociale della Chiesa che data sin dagli economisti medievali fino a tutto il settecento per collegarsi alle più moderne teorie del mercato equo e solidale e cooperativo, e quella del capitalismo-liberista che ipotizza che i meccanismi egemoni nel mercato siano solo quelli dell’utilità che consegue ad ogni investimento. Pareto, inascoltato ma lungimirante, ipotizza invece che, oltre al calcolo che privilegia le scelte in base alla loro utilità per l’operatore, questi sia invece guidato da una miscela di criteri che, nel loro insieme, lo motivano a scegliere come investire le proprie risorse sulla base della gratificazione che egli ritiene al momento e sulla base di tutte le proprie sensibilità e motivazioni di poter conseguire grazie alla sua scelta libera e responsabile. Un tale e innovativo concetto non solo integra la psicologia e l’etica tra le motivazioni che guidano il mercato (se libero) ma consente anche di sperare (ai credenti e ai liberisti) che la crescita di sensibilità dei consumatori acquisita con un percorso di errori e correzioni di comportamenti riesca a condurre a libere scelte di consumi tali che la loro ofelimità giunga asintoticamente a coincidere con l’utilità individuale, di gruppo e socialmente più accettabile.

Esiste una struttura gerarchica delle conoscenze dell’uomo sulla realtà in cui è inserito, sia sul piano teorico di pura consapevolezza sui meccanismi e ritmi dei sistemi in cui egli è costretto a ripartire le sue indagini in modo riduttivo ma gestibile (scienze), sia sul piano pratico della creazione degli strumenti perché egli riesca a servirsi della realtà a proprio beneficio (organizzazione e tecnologia). Dai tempi di Aristotele tale gerarchia ha posto al vertice la filosofia nelle sue branche fondamentali dell’etica e della politica. Per guidare la ricerca applicata (l’industria in tutti i suoi comparti di ingegnerizzazione delle conoscenze a beneficio di utenti finali e di consumatori) la filosofia offre poi la logica e l’epistemologia delle scienze. L’interfaccia tra ingegneria e scienza invece è stata da sempre la matematica. In modo analogo esiste un’interfaccia di due discipline (la psicologia e l’architettura) al vertice tra le discipline ingegneristiche e quelle umanistiche per una armonia nell’organizzazione delle tecnologie in soluzioni destinate a beneficio e soddisfazione dell’utente finale. È poi la politica, branca applicata della filosofia, a farsi carico del fertile inserimento delle soluzioni nella società.

Utilità dei sistemi ideali

Insomma ogni ramo di studio in ricerca teorica o nelle applicazioni industriali deve fare riferimento ad una organizzazione logico-gerarchica dei concetti che ne agevoli sia la comunicazione che l’impiego integrato con altre discipline. La conoscenza della realtà fisica o sociale ha una organizzazione settoriale per facilitare lo studio di un mondo complesso ma la struttura delle conoscenze acquisite deve essere tenuta aperta a ogni collegamento interdisciplinare, sia perché la realtà ha un’unitarietà intrinseca è olistica, sia perché essa viene osservata e concettualizzata sotto l’ottica percettiva dell’uomo, unitaria e non riduzionista. Esiste quindi per ogni disciplina l’esigenza di organizzare i concetti nel contesto d’una ‘architettura di sistema’. Inoltre ogni impiego pratico delle conoscenze teoriche cerca di metterle a servizio dell’uomo, cioè le ingegnerizza.  Anche in questo settore applicativo delle tecnologie al servizio dell’uomo è necessario assicurare la disponibilità per il progettista di uno strumento logico che garantisca alle soluzioni tecnologiche una struttura architetturale idonea ad adeguarsi per ospitare e dare servizio in modo soddisfacente per le aspettative degli utenti nei loro impegni quotidiani individuali, di gruppo ed associativi. Ciò è tanto più necessario in quanto esiste disparità tra le finalità che guidano la ricerca scientifica e quelle che invece ispirano i progettisti dell’impiego delle tecnologie in soluzioni applicative.

Le prime studiano sul piano teorico le esigenze che ognuno dei sistemi in osservazione presenta nel corso delle sue attività e condizioni di funzionamento ideale (sistema: abitativo, dei trasporti, urbanistico, delle comunicazioni, scheletrico, motorio, immunitario, metabolico, endocrino, etc.). Questo tipo di studi serve a determinare quali siano le condizioni standard, quelle ottimali e quelle critiche che definiscono i criteri più corretti di gestione del sistema affinché esso non subisca danni, inefficienze o deterioramento per un uso improprio. Se ne deducono indicazioni utili a definire quali siano i più idonei comportamenti per la gestione e la manutenzione preventiva e correttiva dei sistemi per garantirne livelli di prestazione ottimali in ogni fase di operazione. Se ne ricavano precise tabelle descrittive dei tipi di servizio da erogare che risultino i più “utili” per le esigenze di un sistema astratto scelto come rappresentativo della popolazione dei sistemi esistenti in realtà.


 

Aspettative di ofelimità dei servizi offerti

Le finalità seguite invece dai progettisti di soluzioni applicative si propongono di implementarli in modo tale da soddisfare le aspettative nutrite dagli utenti finali che ne assumeranno la conduzione nella pratica realtà. Queste aspettative non coincidono con i criteri di una astratta “utilità” per il sistema ideale ma proiettano sulle prestazioni del sistema proprie aspettative di “gratificazione”: una “ofelimità” di scelte che sollecita la fascia di utenti potenziali a scegliere un sistema rispetto ad altri forse per loro più “utili” in astratto ma di certo meno “appetibili”. Occorre cioè che in ogni campo applicativo delle tecnologie, analogamente a ciò che è uso tradizionale in campo di abitazioni e urbanistica, la progettazione delle soluzioni industriali sia guidata da una metodologia che consenta di adattare le teoriche soluzioni applicative possibili in alternativa alle aspettative nutrite alla data dagli specifici utenti cui esse sono destinate. Non si tratta di un compito che mira cioè alla “utilità” astratta del sistema in corso di progettazione ma un compito creativo e artistico di assiemare gli elementi tecnologici più idonei a soddisfare le aspettative di “ofelimità” della spesa nutrite dagli utenti potenziali. È il lavoro che tradizionalmente svolge l’architetto di sistema per definire un progetto che sappia guidare gli ingegneri nelle fasi della implementazione della soluzione la quale dovrà avere lo scopo primario di risultare attrattivo ed “user friendly” per l’acquirente o l’utente finale.

Umanizzazione delle soluzioni organizzativo-tecnologiche

Non si tratta di una disciplina “scientifica”, in piena analogia con quella del medico generico il cui compito deve essere di studiare il profilo di aspettative e esigenze dello specifico paziente per articolare il programma di rimedi che riesca a motivare il paziente a recuperare ogni contributo psico-neuro-endocrino-immunitario (PNEI) del sistema-paziente per riuscire gradualmente ad uscire dallo stato di crisi in cui versa. Si tratta di “arte medica” in medicina così come si tratta di “arte architetturale” nella progettazione dei sistemi. È un tipo di scienza umana che mette in sottordine le conoscenze scientifiche astratte sui sistemi per riuscire a capire quali siano invece le aspettative temporanee ed imperfette, ma prioritarie ed egemoni, degli utenti potenziali al cui servizio (e a cui spese) i sistemi tecnologici vengono realizzati. La creatività artistica degli architetti è capace di dotare al meglio una soluzione delle prestazioni idonee ad assicurarle qualità scientifica di servizio senza nuocere alle aspettative di gradevolezza né coartarne la disponibilità all’impiego pratico ed efficace sul campo. In scienza dei sistemi si parla di “human engineering” ma la metodica di studio delle alternative praticabili e di progettazione unitaria degli apporti ingegneristici settoriali all’assetto finale del sistema complessivo è ben rodata da secoli in scienza urbanistica e viene gestita dagli architetti.

Il ruolo storico dell’arte dell’architetto

La metodologia magari poco strutturata adottata dagli architetti tiene conto dei fattori umani che animano gli utenti finali del loro progetto. Attribuendo un ruolo prioritario ed egemone di attenzione a tali fattori umani per poi comporre il loro progetto di soluzione tecnologica tramite scelta di specifiche tecnologie la cui combinazione complessiva risulti in una configurazione “user friendly” per il cliente. Il cliente è oggi di rado anche il committente ma le tecniche di indagine di mercato riescono a definire il profilo del target degli utenti finali di ogni soluzione tecnologica per garantire, anche con l’apporto di nuove discipline di psicologia applicata quali il design e le comunicazioni sociali, un incontro tra la “ofelimità” e l’”utilità” dei beni e dei servizi che l’industria propone alle libere scelte sul mercato dei consumi. In ogni comparto industriale da quelli più effimeri a quelli di elevato contenuto culturale ed educativo.

Adesione consensuale ed efficienza operativa

Gli utenti finali nutrono infatti aspettative di servizio dalla soluzione progettata che raramente coincidono che ciò che sarebbe per loro “utile” ricercare. Per la “customer satisfaction” delle soluzioni, la ofelimità – e cioè l’aspettativa di gratificazione - risulta più importante rispetto all’utilità astratta che i clienti potrebbero ricevere dalle stesse. Si tratta di aspetti psicologici che fanno apparire insoddisfacenti anche le soluzioni più utili e soddisfacenti altre che possono invece essere inutili o perfino nocive. L’arte della psicologia parla di proiezione di valori sui consumi. L’arte medica parla di effetto placebo nei casi in cui il paziente migliori dietro erogazione di preparati chimici inerti. L’arte della comunicazione parla di carta da caramelle con cui certi messaggi vengono ricevuti invece di subire il rifiuto dell’audience di destinazione. L’arte architettura parla di design e di funzionalità della costruzione, dell’arredamento o dell’urbanistica.

 


 

 

 

La Scala dei Bisogni percepiti dall’utente finale

La gerarchia delle aspettative nutrite dagli utenti finali è sempre la stessa in quanto è dettata dalla gerarchia di motivazioni e di bisogni di gratificazione dell’uomo che diventerà l’utente dell’insediamento abitativo. Queste aspettative nutrite dall’uomo, ci dice la scienza psicologica, si raccolgono in una successione di livelli per garantire soddisfazione: alla sfera del Sé (la più intima sfera del benessere), a quella del Noi (la coppia, la famiglia, il gruppo, il clan, l’associazione, il partito, i soci), a quella del Loro (i clienti, i fornitori, gli agenti, i concorrenti).

La gradevolezza delle soluzioni aiuta l’elevazione delle aspettative

Le aspettative che ciascuno proietta in ciascuno di questi livelli relazionali per ottenerne gratificazione sono volubili e funzione della percezione di ostilità/indifferenza/ospitalità dell’ambiente e del livello di equilibrio individuale conseguito alla data. I rapporti relazionali che ciascuno è disponibile ad intrattenere in ognuno di quei contesti sono funzione della percezione di appartenenza e di gradevolezza nelle gratificazioni ricevute grazie ai rapporti. La motivazione a consolidare o rifiutare l’appartenenza a ciascuno di quei livelli è altresì dipendente dalla gratificazione percepita come risultato di una integrazione fisiologicamente idonea rispetto alle percezioni ed aspettative individuali.

Progettazione di soluzioni tecnologico-organizzative per adeguarle alla graduale elevazione delle aspettative

Occorre sempre, in definitiva, costruire ambienti (abitativi, sociali o di lavoro) che offrano agli utenti finali condizioni di accoglienza appropriate alle loro aspettative per quanto distanti esse possano risultare rispetto a quelle ideali studiate a tavolino sull’astratto piano teorico dagli scienziati in ogni disciplina specialistica. Occorre tenere ben distinte in tutte queste materie le “ofelimità” nutrite in concreto dagli utenti finali dalle “utilità” studiate a fronte di ambienti e utenti idealizzati dai modelli scientifici. Insomma la mediazione degli architetti è necessario svolga un ruolo egemone su tutte le altre discipline che ingegnerizzano le applicazioni scientifiche in strumenti tecnologici durante lo studio che precede ogni progetto di soluzione tecnologico-organizzativa. Questo ruolo di mediazione tra scienza e mercato deve estendersi alla successiva fase della implementazione del progetto per agevolare in ogni modo la percezione finale di gradevolezza delle soluzioni tecnologiche da parte degli utenti finali. Infatti solo la diffusa percezione di non ostilità e di gratificazione delle aspettative individuali da parte di chi utilizzerà la soluzione nell’ambito della quale ciascuno riuscirà a trovare le motivazioni più personali per migliorare le relazioni capaci di accrescere la sua propensione a gratificare i bisogni meno materiali e più intellettualmente e spiritualmente evoluti con una dedizione alla crescita di benessere personale e di gruppo che asintoticamente avvicini sempre meglio la scala teorica della gerarchia dei bisogni. Solo un tale spontaneo processo agevolato da un benessere percepito più che non astrattamente proposto può risultare in una crescita di comportamenti individuali e di gruppo che avvicini la distanza tra “ofelimità” percepita ed “utilità” condivisa con la scienza.

Pervasività del problema architetturale per la crescente integrazione delle reti di servizio

Le soluzioni tecnologico-organizzative si intrecciano oggi in ogni comparto dell’ingegneria dei sistemi e concorrono ad offrire agli utenti finali un sistema di soluzioni nel contesto di insediamenti abitativi e urbani che necessariamente ospitano gli utenti finali nelle loro diverse mansioni professionali e ruoli sociali tenendo fissi i profili umani, attitudinali, caratteriali e relazionali che ciascuno possiede e cui non può rinunciare se non sulla base di una graduale crescita. Crescita che l’architettura complessiva e settoriale delle soluzioni che si intrecciano al servizio degli utenti finali può agevolare o rendere meno celere in funzione del benessere percepito dagli utenti stessi nelle loro diverse pretese.

Progettazione “liberal-democratica” vs. “programmazione-educativa”

“È il mercato, stupido!” (cioè il consumatore/utente) a dettare la crescita della civiltà industriale e non la teorica innovazione scientifica o tecnologica che viene apprezzata solamente dalle “”menti sottili” degli specialisti in ogni comparto disciplinare: dal diritto, alla politica, alla psicologia, alla informatica, alla tele-matica, alla robotica, ai trasporti, alla logistica, al credito, al risparmio, alla riabilitazione, alla prevenzione dei rischi per la perdita di integrità personale o per i rischi ambientali e i rischi industriali. La tradizionale metodica integrativa posseduta dall’architetto (quello vero rinascimentale) deve essere messa in grado di estendere i suoi servizi umanistici alla costruzione di gradevolezza delle soluzioni tecnologico-organizzative che si propongono invece in modi spesso ostili agli utenti finali tramite gli ambienti che li ospitano nello svolgimento delle loro mansioni private e associate.


 

 

Ruoli storici distinti dell’Architettura: “organico” alle elite o “funzionale” al mercato

Occorre che l’architettura (di integrazione di sistema e delle singole soluzioni tecnologico-organizzative) recuperi il proprio ruolo-egemone sia nel modo accademico che sociale per umanizzare la civiltà industriale partendo dall’adeguamento dell’offerta di soluzioni per l’uomo nell’ambito dei tradizionali insediamenti per l’uomo. Occorre ripartire dall’uomo per recuperare lo spirito rinascimentale in un mondo in celere sviluppo. Occorre recuperare lo spirito dell’urbanesimo borghese e mercantile che seppe costruire le solide basi di consenso politico, sociale e economico che sono ancora le più radicate presso le comunità locali, soprattutto in era di globalizzazione in cui l’uomo si ritrae per tutelare le proprie radici culturali nelle comunità locali.

Criteri interpretativi delle esigenze: “top-down” illiberale vs. “bubble-up” liberale

Basta con le astrazioni intellettuali dei principi illuminati che sono stati sostituiti dai leader politici con l’era degli Stati Nazione e che hanno prodotto astrazioni disumane (anche se talune gradevoli sul piano puro del gusto artistico) come Pienza, Brasilia o le urbanizzazioni massificatrici e spersonalizzanti dell’edilizia popolare. Unici esempi di urbanizzazioni a misura d’uomo sono state forse quelle di Piacentini nell’epoca fascista solo in quanto la direttiva politica diede terre bonificate e quindi mai in precedenza abitate le destinò a comunità omogenee di immigranti dal Veneto, diede carta-bianca al progettista che si trovò quindi a dare servizio in tempi ridottissimi e sulla base di specifiche riferite ad impieghi di soluzioni organizzative rodate sulla base di soluzioni tecnologiche rurali abituali per i futuri ospiti. Già i villaggi operai del fascismo che volle assicurare un’immigrazione urbana finalizzata allo sviluppo industriale attorno a specifici opifici (Breda, Terni, etc.) e che vide analoghi tentativi da parte di illuminati industriali del Nord (Olivetti) diedero mostra dei limiti di un urbanesimo settoriale e calato-dall’alto invece di una crescita urbana attorno allo sviluppo delle industrie locali e quindi richiesto-dal-basso.

L’attualità della scelta tra “centralismo” o “localismo” nell’era della globalizzazione industriale

L’attuale indicazione di partire dallo sviluppo locale del mondo rurale per la crescita del Sud e dalle piccole e medie imprese per la stabilizzazione del consenso nei Paesi in via di sviluppo, è segnale del fallimento della filosofia degli Stati Nazione che hanno per oltre quattrocento anni ignorato le esigenze umane della parte maggioritaria delle loro popolazioni solo per inseguire una politica dello sviluppo imposta dagli ingegneri pagando tale salto di potenza con un dissenso sotterraneo che è stato compensato ma solo con difficoltà e costi sociali, umani ed economici ormai insostenibili dallo Stato Sociale (dalla culla alla tomba) che ha sradicato i più intraprendenti dalle loro culture locali (con le massicce immigrazioni urbane di barboni e prostitute) e che vede oggi in ogni paese (dagli USA all’UE ai Paesi del Terzo mondo più medievale) quelle comunità locali arroccarsi sui simboli della tradizione culturale identificata in Bossi o in Ahmadinejad.

Adeguare la formazione dell’Architetto alle esigenze attuali

All’università occorre riappropriarsi dell’autonomia della ricerca scientifica e di quella dell’ingegnerizzazione tecnologica ciò deve vedere un rilancio del ruolo umanistico dell’architetto come integratore interdisciplinare di soluzioni astratte e fredde destinate all’impiego di masse di utenti finali totalmente sordi a quella logica nelle loro aspettative intime, di coppia ed associative (non collettive). Il collettivismo è parte dell’ingegneria politica come l’emigrazione di massa (non la mobilità volontaria individuale) è parte dell’industrializzazione ottocentesca fondata su scelte astratte imposte dai grandi gruppi industriali e dalla coerente trasformazione dell’industria capitalista (Ford, Fiat, IBM) in “public companies” in cui il proprietario/padrone è stato soppiantato da fondi-pensionistici totalmente irresponsabili della gestione di lungo periodo.


 

 

Unitarietà strutturale delle soluzioni tecnologico-organizzative

Ogni comparto applicativo della scienza non è al servizio dell’uomo idealizzato dalle teorie bensì al servizio degli uomini imperfetti e difformi nelle loro aspettative e motivazioni libere e responsabili. Le applicazioni pratiche della scienza sono tutte forme di ingegneria dei più diversi sistemi: giuridico, politico, finanziario, giurisdizionale, educativo, etc.. Ognuno dei sistemi si compone di un complesso di elementi strettamente tecnologici (hard-ware), di conoscenze e di abilità di impiego (soft-ware), di organizzazione funzionale (org-ware) e di vincoli normativi di impiego (norm-ware). Si tratta di sistemi complessi che sono al servizio degli uomini non-ideali e impiegati da uomini non-ideali. Uomini non-ideali che sono animati da motivazioni e da aspettative non ideali dalla “utilità” del servizio ma dalla sua “ofelimità”. Di questa realtà occorre tenere adeguato conto nella progettazione affinché la soluzione tecnologico-organizzativa non venga vissuta come aliena agli interessi della società reale creando la discrasia tra istituzioni (Paese Legale) e società (Paese Reale) che è propria dei regimi illiberali in cui lo Stato si propone di “educare” i sudditi ad aderire a un profilo di consumi e di comportamenti ortodossi rispetto alla scala dei valori più utili per il loro benessere e a rigettare invece profili di aspettative, consumi e motivazioni per loro nocivi anche se definiti eticamente virtuosi.

L’Architetto collegamento tra: il “principe”, l’Ingegnere e gli “utenti-finali”

Gli architetti hanno sempre aiutato l’uomo a tutelarsi dai rigori della legge per riuscirle ad eludere con un uso creativo delle tecnologie disponibili. Sono evidenti i casi dell’impatto urbano ed abitativo del fisco sulle costruzioni (Amsterdam, Alberobello, etc.). Analogamente si parla di architettura finanziaria riferendosi al complesso di disposizioni che bilanciano le diversissime esigenze ed aspettative dei consumatori, produttori e risparmiatori stabilendo il quadro unitario entro il quale poi l’ingegneria finanziaria provvederà a gestire i flussi necessari ai più diversi sistemi che si nutrono dei flussi monetari (beni immobiliari, titoli mobiliari, banche, assicurazioni, credito al consumo, credito industriale, credito commerciale, etc.).

Graduale approccio all’adeguamento della formazione accademica degli architetti

L’esperienza e l’ordine mentale degli studiosi di questa branca di interfaccia tra tecnologia, politica e mercato meritano d’essere affinati alla luce delle maggiori conoscenze disponibili e dell’integrazione sempre maggiore che si manifesta tra i sistemi ingegneristici più complessi grazie a nuove flessibili e potenti tecnologie quali l’informatica e la sua integrazione sempre crescente con le telecomunicazioni. L’Architetto di Sistema deve estendere il suo ruolo da quello tradizionale di urbanista e progettista di interni o di abitazioni. La sede più naturale in cui può consolidarsi questa disciplina è la Facoltà di Architettura con uno specifico curriculum di studi post-lauream cui cooperino giuristi e filosofi della politica oltre che ingegneri specialisti settoriali.

La struttura architetturale per umanizzare le applicazioni sociali di scienza ed arte

Nella storia, l’architettura ha garantito un impiego a-misura d’uomo del progresso scientifico sia nelle sue applicazioni urbanistiche di vasto interesse sociale che, col successivo diffondersi della ricchezza, in quelle di impiego più privato abitativo. In questo campo addirittura l’architettura è servita per tutelare la privacy dai sempre più pervasivi tentativi di intrusione dello Stato nel privato tramite ad esempio le molte forme che ha assunto l’architettura e l’urbanistica per reazione alle normative fiscali.

L’Architetto tutela il bello e l’ofelimo dal dirigismo del “principe illuminato”

Dalla struttura dell’agorà, del foro, del mercato di Traiano, ma anche del rath vichingo, fino ai trulli e alla disposizione delle abitazioni private ad Amsterdam lungo i canali tutta l’ingegnosità creativa degli architetti è stata sollecitata a escogitare suggestive soluzioni che potessero conservare integre le aspettative private di una vita a misura d’uomo (le esigenze della famiglia) contro i tentativi pianificatori del potere politico alla guida dello Stato.

La sterilità progettuale dei “principi-illuminati” vs. la fecondità dei “mercanti-mecenati”

Esistono esempi di soluzioni condivise offerte dall’architettura alla società nella struttura dell’urbanesimo di stampo rinascimentale in cui si esaltò l’aggregazione sociale ed economica dei molti prestatori d’opera che si ponevano a servizio nel contesto di una gerarchia di centri-pilota capaci di attrarre, sulla base di maggiore o minore spirito da mecenate, nuclei di artigiani, scienziati ed artisti che hanno costruito in Italia la civiltà del Rinascimento diffusasi poi in tutt’Europa. L’episodio di Pienza costruita da Pio V e più volte esaltato come emblema dagli intellettuali rappresenta in realtà solo un artefatto sterile di una realtà costruita con passione e successo in altre località da stuoli di architetti spesso sconosciuti a Ferrara, a Roma, a Firenze, a Venezia, a Pisa, a Milano spesso dietro la duplice spinta di attrazione esercitata dallo sviluppo economico del “principe” e di repulsione motivata dalla volontà dei cittadini e cortigiani di costruirsi, conservare e potenziare propri spazi di autonomia pur nel contesto della comune crescita industriale e commerciale.

Permanenza storica del “principe-illuminato”

Ultima delle illustrazioni relative all’impatto che ha avuto l’architettura sulla qualità della vita sociale è visibile nella struttura urbanistica della società di massa che con reti di metropolitane, centri commerciali, quartieri dormitorio, centri comunitari e servizi collettivi ha tentato di soddisfare l’esigenza dei committenti pubblici e quelle degli utenti privati nel contesto di dettami legislativi e normativi spesso d’un forte carattere opposto allo spirito umanistico del passato.

Permanenza storica della ricerca di architetti e mecenati

Analoga illustrazione dell’impatto dell’arte architettura sulla qualità della vita sociale nello stesso periodo di smarrimento delle tradizioni dell’umanesimo liberale, si possono ancora osservare grazie alla scuola della Bauhaus nell’accurata progettazione dei mobili per uso domestico, in quella dei mobili e impianti per uso industriale fino alle più recenti progettazioni che ispirano i servizi e le reti di servizio più ‘virtuali’ che sono confluite in discipline “architetturali” quali la human engineering, le fail proof technologies e ogni aspetto di prevenzione delle reti da abusi o da erroneo impiego delle tecnologie sempre più pervasive.

Esigenza di attualizzare il ruolo dell’Architetto

L’integrazione tra conoscenze psicologiche e tecnologiche ha scavalcato la mediazione tradizionale che era svolto dalle scuole di architettura solo in quanto il ruolo privatissimo del mecenate (il “principe” magari corrotto ma profondamente umano in quanto amante del bello e del buono – anche se non virtuoso o non salubre) non è riuscito a trovare surrogati nel burocrate pubblico (spesso i meno colti e raffinati utenti del progresso scientifico.

Assenza odierna di un ruolo-pilota per l’Architetto

L’unico comparto in cui si è riusciti a conservare un ricordo umanista nella progettazione degli impianti e delle abitazioni di massa è quello militare che deve assicurare la conservazione di efficiente impiego degli impianti a uomini poco pagati e molto esposti al rischio agevolandone la vita in condizioni operative anche molto avverse. La qualità di vita invece nelle strutture collettive destinate ad uso civile (scuole, università, ospedali, etc.) hanno aderito per lo più a criteri di economicità di implementazione. Ciò ha ridotto ai minimi termini l’investimento in ricerca per applicare il progresso scientifico per l’innovazione in architettura e in urbanistica.

Esigenza di istituzionalizzare una moderna formazione accademica dell’Architetto

Esistono infine, ma non ultimi, taluni comparti di arte e scienza che hanno da sempre coltivato in piena autonomia la definizione della struttura architetturale delle loro innovazioni ma che oggigiorno, data la loro rilevanza sociale, suggerirebbero di essere raccolti nell’ambito di studi di architettura per umanizzarne l’impiego sociale sulle reti virtuali comunicative o anche solo per evidenziarne nei curricula studiorum i rischi di abuso e danno sociale nel corso della preparazione dei professionisti destinati alla loro gestione nel pubblico interesse.

Il “benessere percepito” nelle abitazioni, sul lavoro e nel tempo libero

Tra queste discipline figura la musica che da sempre ha curato la struttura architetturale dell’innovazione nel suo linguaggio e progettazione di strumenti. L’impatto umano e sociale dei messaggi musicali è elevato e simile a quello che presenta l’orientamento geografico o l’ubicazione geologica delle residenze private e pubbliche o la ciclicità diaria e stagionale e la diversificazione dei colori e dell’illuminazione sulla qualità dei processi umani nello studio, nel riposo, nel leisure, nel lavoro creativo o in quello di routine sotto stress. La commistione dell’elemento psicologico individuale e di gruppo ai criteri di una corretta progettazione degli impianti e delle procedure del loro impiego corretto è talmente profonda che ha sollecitato la nascita di varie nuove discipline ad essi destinate. Nessuna di tali discipline è parte del curriculum studii dell’architetto ma, ciò che è peggio, nessun programma di studi di architettura prevede l’esame del possibile contributo delle conoscenze storiche dell’architetto a arricchire metodologicamente la progettazione delle strutture d’assieme che le reti anche se virtuali dei servizi di pubblico e diffuso interesse dovrebbero avere per garantire che i loro servizi possano risultare gestibili a misura d’uomo.

Carente ruolo dell’Architetto tra discipline tecniche e umanistiche nella progettazione di soluzioni complesse

Una tale applicazione dell’arte architettura potrebbe risultare altamente proficua per contribuire a integrare le discipline più strettamente tecnologico-ingegneristiche (hard- e soft-ware) a quelle umanistico-legislative (org- e norm-ware) nella progettazione di un’architettura legislativa che riesca a conservare spazi di libera iniziativa e fruizione dell’innovazione industriale da un lato (garantendo la conservazione di competitività al sistema industriale nazionale) e spazi di doverosa e tempestiva iniziativa di monitoraggio e controllo d’altro lato (garantendo con ciò l’efficace governance in spirito liberale e liberista del sistema industriale).

Esigenza di una strutturata indagine conoscitiva: tesi post-lauream compilativa

Una prima fase di tale appropriazione di iniziativa dell’architettura sulla integrazione umanista delle varie discipline oggi sembra possibile con uno studio che raccolga in modo ragionato tutti i diversissimi aspetti in cui la psicologia riporta aspetti di inadeguatezza interna delle discipline settoriali per poterne indicare linee di analisi interdisciplinare che permettano di articolare una metodologia di insegnamento su rischi e rimedi che potrebbero analizzarsi a beneficio d’una progettazione a misura d’uomo nei più diversi servizi di interesse pubblico già maturi oggi.

Potenziali ritorni di finanziamento di un Master in Architettura post-lauream

L’impatto della musica, dell’illuminazione e dei messaggi non verbali su struttura e metodi dei programmi di insegnamento scolare e universitario (edutainment) e l’impatto dell’ubicazione geologica ed orientamento dei locali e impianti di vita (wellness e safety) sembrano due aree in cui eventuali finanziamenti pubblici si potrebbero raccogliere successivamente ad una tesi di dottorato di ricerca che potesse indicare in modi chiari e suggestivi le conseguenze pratiche sul rischio, sui costi e sulla qualità di vita derivabili da una appropriata estensione dei criteri della Bauhaus alle esigenze della società globalizzata.