18/06/2008

Sostituzione Tecnologica e Fonti Energetiche

Carlo Pelanda ha posto il tema dell’innovazione delle fonti energetiche nell’ambito della sua corretta collocazione della ‘sostituzione tecnologica’. Equiparando questo tema a qualsiasi altra innovazione tecnologica nel mondo industriale che governa il progresso della civiltà ‘Occidentale’ al di là di ogni astrusa formulazione intellettuale estranea alle esigenze dettate dalla priorità dell’economia di mercato.

Pelanda segnala la già esistente disponibilità di soluzioni tecnologiche ‘locali’ in grado di affrontare due dei temi di attualità in ogni Paese industriale: il trattamento dei rifiuti urbani e il loro impiego locale per la produzione di energia.

Si tratta di ‘soluzioni locali’ che, come molte altre, sono in grado di alleggerire i disagi prodotti dalla crescita del benessere globale che impone su base globale un aumento sia nei consumi energetici sia nei rifiuti urbani. È un indicatore del rapido trionfo della civiltà industriale ‘Occidentale’ che comporta di affrontare in tempi brevi i connessi stravolgimenti della domanda di beni e di consumi. Si tratta di una opportunità emergente di profitti per la creatività tecnologica industriale dell’Occidente.

Come insegna l’ingegneria dei sistemi complessi, ogni sostituzione tecnologica richiede di adeguare in modo più o meno complesso la rete distributiva dei beni e servizi connessa alle fasi della produzione e del consumo del comparto toccato dalla specifica innovazione. Tanto più diffusa e celere la sostituzione, tanto maggiori sono gli investimenti necessari per apportare le modifiche alle reti distributive di beni e servizi.

È per questo motivo che ‘soluzioni locali’ come quella indicata a titolo esemplificativo da Pelanda sono di immediata adozione e i costi industriali per la loro introduzione applicativa non necessitano di grandi impegni finanziari. Le aziende di ‘public utility’ locali possono infatti ottenere immediati benefici e così possono programmare i non onerosi ‘project financing’ ottenendone il rientro sul breve-medio termine. In altri termini le ‘sostituzioni tecnologiche’ che non si ispirano ad una svolta strategica nella produzione di energia e che Pelanda indica come ‘soluzioni integrative’ possono trovare immediati sbocchi nei mercati del ‘terzo mondo’. Non per nulla in Italia ne esistono esempi ‘locali’ emblematicamente illustrati dal ‘caso Napoli’. Paesi emergenti e di accelerato tasso di sviluppo industriale del Continente asiatico si propongono infatti come clienti ideali ai più innovativi fornitori tecnologici del tipo di soluzioni indicate da Carlo Pelanda come ‘integrative’. Sarebbe agevole per le piccole e creative industrie italiane riuscire a negoziare venture industriali con partner di quei Paesi in via di sviluppo che garantisse reciproci ritorni imprenditoriali grazie all’installazione diffusa di centri di trattamento ‘locale’ dei rifiuti urbani capaci di erogare ‘localmente’ energia a costi ridotti e indipendente dall’esistenza delle reti di distribuzione di cui possiamo disporre nei Paesi più industrializzati grazie alle tecnologie tradizionali dei principali gruppi energetici (ENEL ma anche in ipotesi ENI ed Ansaldo Energia).

Diversa è la situazione per ciò che concerne la ‘sostituzione tecnologica’ in un’ottica strategica di lungo respiro. In questo campo infatti le ‘tecnologie integrative’ non possono costituire un fattore strategico e la sostituzione delle tecnologie oggi esistenti devono tener conto delle compatibilità colle reti distributive infrastrutturali cui sono collegati i servizi commerciali e di manutenzione tecnica. È per questo che, pur esistendo, le fonti realmente ‘sostitutive’ cedono il passo a ‘soluzioni’ più tradizionali ma pienamente compatibili con la continuità operativa garantita dal patrimonio oneroso ed efficiente delle infrastrutture esistenti. L’energia nucleare (pienamente ‘matura’) o lo sfruttamento eco-compatibile dei combustibili più tradizionali (petrolio da sabbie bituminose o scisti bituminosi, carboni, gas naturali) risultano di più immediato sfruttamento pur richiedendo grandi investimenti nell’innovazione e nella sostituzione degli impianti di produzione. Un problema industriale di prioritario interesse strategico di medio-termine per i grandi gruppi energetici.

Inoltre questi gruppi energetici, nel definire le loro scelte strategiche di più lungo termine, devono tenere conto dell’evoluzione dello scenario geo-politico globale. Fattore estraneo invece alle aziende produttrici di tecnologie ‘integrative’. Infatti, supponendo – come è già disponibile sul piano della ricerca scientifica, che esistessero ‘tecnologie sostitutive’ a quelle tradizionali (combustibili fossili o nucleari che siano) e che fosse possibile investire nell’adozione dei nuovi impianti, sorgerebbero problemi aggiuntivi a quello della sostituzione delle reti distributive già indicato. Si scoprirebbe che, riversare calore aggiuntivo nella atmosfera e affollare di onde elettromagnetiche a bassa frequenza dalle linee di trasmissione, non è mai stata la ‘soluzione obbligata’ permessa dalla teoria dell’Elettromagnetismo consolidata da Maxwell e poi sperimentata da Tesla a partire dal 1850. In analogia con quanto illustra la molto marginale tecnologia ‘integrativa’ delle celle fotoelettriche e in piena coerenza con le scoperte del 1900 forniteci dalla teoria Elettro-quanto-dinamica esiste la disponibilità pressoché ‘gratuita’ di produzione energetica di grandi e di piccole dimensioni ‘localmente’ in ogni punto del globo. Supposto che fosse possibile ed auspicabile sul piano economico e industriale investire i capitali necessari per disporre di una tale fonte realmente ‘sostitutiva’ ciò sarebbe possibile sul piano strettamente industriale in tempi medio-lunghi e tali da consentire appieno l’ammortamento degli impianti tradizionali riducendo parallelamente i costi dei combustibili tradizionali.

Si porrebbe tuttavia un problema altamente destabilizzante per gli equilibri geo-politici globali. Infatti i Paesi produttori di petrolio nelle aree meno stabili del Medio ed Estremo Oriente si troverebbero nella condizione di dover rinunciare improvvisamente delle uniche fonti di reddito nazionale. Non sono un esperto di relazioni internazionali ma ritengo che una ‘sostituzione tecnologica’ così rivoluzionaria, pur possibile, sarebbe sconsigliabile rispetto alle conseguenze imposte dall’aumento dei costi energetici più ‘tradizionali’ cui stiamo assistendo oggi. L’aumento dei costi infatti offre nuove fonti di reddito a tutto il tessuto delle medie aziende industriali produttrici di tecnologie ‘integrative’ come contropartita negli scambi internazionali e comporta anche il benefico effetto di stimolare l’innovazione produttiva in tutti i comparti industriali non-energetici alla ricerca di conservare competitività sul mercato globale. È uno stimolo all’innovazione industriale che è foriero di nuovo progresso diffuso e di crescita di reddito per le comunità ‘locali’ (tipicamente il Nord Est in Italia) che non costringe i grandi gruppi energetici ad accelerare in modo inutile le scelte strategiche di lungo termine e pienamente ‘sostitutive’ rinunciando a lucrare e ad ammortizzare completamente gli impianti e le reti distributive ‘tradizionali’ grazie alla adozione di combustibili ancora abbondantemente disponibili.

Se fossi responsabile delle scelte strategiche di un gruppo quale Ansaldo Energia o anche più grande credo che preferirei ‘conservativamente’ a programmare le relazioni coi fornitori delle commodities più tradizionali cercando di migliorare la mia competitività industriale invece che investire massicciamente in ricerca applicata per scegliere soluzioni ‘sostitutive’ e drammaticamente innovative prive però di un contesto geo-politico sul quale non avrei mai adeguata influenza ma necessario per valutare i costi, rischi e benefici di una scelta industriale ancora troppo prematura.