18/04/2010

Destra, Sinistra nella globalizzazione

Se tutti i "sinistri" fossero come un Jefferson, o più modestamente un Bowie o anche un Crocket - tutti anarco-liberisti) la "sinistra" (checché voglia dire questo termine) sarebbe in grado di ridefinire oggi i criteri ispiratori di una sua linea politica nel contesto geopolitico che, essendo cambiato in modo drastico, non consente di trasferirvi i valori, priorità, criteri e pesi che determinano le scelte di negoziazione di scambio tra valori che un tempo erano stati consolidati nello scenario dello Stato Nazione.

Un tempo, era solo la "nazione" (un fatto fascistoide) a legittimare lo Stato Nazione a difendere in modo egoistico gli interessi dei suoi cittadini contro la minaccia estera con imperialismo, colonialismo, welfare state e protezionismo che escludeva chiunque non appartenesse alla Sacra Patria.

Nell’odierna globalizzazione più travolgente nessun vecchio Stato Nazione possiede più la "legittimità" di chiudersi in sé (tranne forse Israele ma ciò è radicato nella bibbia, nell'olocausto, nella diaspora e nel “nazionalismo” sionista che è unica fonte di legittimità per lo Stato Nazione nato quando tutti gli altri Stati Nazione erano ormai morti!).

Oltre a non avere più legittimità di agire sulla base di principi "nazionalisti" nessuno dei vecchi Stati Nazione può escludersi autarchicamente dalla lotta per la competitività del suo sistema industria-stato sul libero mercato di scambi globali. Né d’altronde esiste ancora un’accettata struttura istituzionale che presieda alla governance del sistema industriale globalizzato. Quando nascerà, quel Nuovo Ordine Globale sarà fondato inevitabilmente su parametri non-ideologici ma capaci di commisurare il "peso reale" (e non estrapolato da ubbie di grandeur passati) dei singoli Paesi che hanno accettato di scambiare beni, persone, finanze e idee per concorrere alla comune crescita di benessere.

È inevitabile per esempio che il numero di consumatori-risparmiatori-produttori dia a Cina e India un peso analogo a quello del sistema industria-stato USA che è egemone oggi e per il prossimo cinquantennio (non ostante il rosicare e gufare di Francia, Russia e altre potenze vincitrici !!! del secondo conflitto mondiale). 

Si tratta di due “pesi” geopolitici che è accettabile paragonare per la loro complementarietà alla luce del giro d'affari e del migliore ritorno sugli investimenti necessari per promuovere la crescita del benessere globale.

Occorrebbee quindi che le "sinistre" abbandonassero ogni istituzione ottocentesca (sindacati, welfare state, etc.) che oggi è inadeguata a tutelare chicchessia per mancanza di risorse e di paragonabile livello operativo e si impegnassero invece a coltivare su base globale il valore aggiunto delle nicchie economiche meno dotate di "mobilità" impegnate a difendere il proprio valore economico e si impegnassero a difendere i consumatori "locali" su base industriale con forme private di risarcimento collettivo a-posteriori dei danni provocati dalle forme più truffaldine di concorrenza estera.

Ralph Nader (un avvocato che ebbi il privilegio di incontrare negli anni '70, era solo un astuto squalo avido e capace di arricchirsi con le sue iniziative di efficaci class action). Nader non era Stato ma la Consumer Union è stata un’istituzione credibile proprio in quanto privata nelle prestazioni e negli obiettivi.

La Lega Nord sta raccogliendo consensi tra le maestranze meno qualificate e i piccoli imprenditori vincolati al territorio (rurali e artigianato di qualità) così come Alemanno (la "destra sociale" è la componente di-sinistra del MSI ancora legata alla Carta di Verona della RSI) mentre i PD classificano ancora "di destra" questi successi mentre, per poter, vincere accettano di associarsi a fascistoidi del calibro di Grillo e Di Pietro.

Io questo lo considererei masochismo puro se non avessi appreso dalla storia del mondo che le "sinistre" sono sempre state ripiene di incapaci, falliti nelle loro professioni liberali, che hanno sempre cercato scorciatoie nelle "rivoluzioni" più illiberali e autoritarie per proporsi di “educare” i loro consimili ad aderire a comportamenti più "etici" di quelli naturali e quindi astratti e invisi sia agli anarco-liberisti che alle gerarchie dello stesso partito rivoluzionario o della Chiesa secolarizzata. Ma allora di che stiamo parlando in Italia con riferimento alla “crisi della sinistra”?

La prossima volta, se Berlusconi non avrà realizzato tutte le riforme promesse (giustizia contro-la corporazione-irresponsabile-dei-giudici, fisco contro-l’irresponsabile-avidità-di-stato, liberalizzazioni contro-le-parassitarie-corporazioni operaie, professionali E datoriali) si potrà votare per la Lega ed aderire al secessionismo da un Sud fatalista, parassitario e “rosicone” affetto da tabe antropologiche che solo il laissez faire più selvaggio potrà spurgare. Come dimostrano i “meridionali” emigrati e costretti a guadagnarsi il pane quotidiano. D’altronde il concetto stesso di “emigrazione” è stato rivoluzionato dalla globalizzazione industriale. Prima dell’unificazione d’Italia, si emigrava dalla Calabria trasferendosi a Napoli o in altri continenti. Tra i due conflitti mondiali l’emigrazione intercontinentale proseguì e quella interna divenne un accettato fenomeno di massa con l’insediamento di interi villaggi nelle aree di bonifica. Nel secondo dopoguerra l’emigrazione intercontinentale calò di intensità e interessò livelli professionali più qualificati mentre quella meno qualificata interessò il Nord Italia ma anche altri Paesi del Nord Europa. Gli emigranti diventavano cittadini esteri oppure investivano il loro reddito nella provincia di origine per rientrarvi alla fine della loro vita attiva. Oggigiorno con la formalizzazione dell’Unione Europea e con la crescente offerta di occupazione di ogni livello professionale in Paesi comunitari ed extracomunitari, parlare di emigrazione come problema sembra realmente un fatto demagogico e strumentale. Pretendere che, nel pieno della globalizzazione, si creino insediamenti industriali in aree non redditizie equivale a conservare posizioni di privilegio nel Nord a detrimento della crescita del reddito del Sud nell’interesse globale. Anteporre egoismi nazionali e “locali” a Nord a detrimento dello stesso interesse complessivo di accelerare la crescita di Sud e Nord non sembra una scelta né rispettosa dell’etica della dottrina socialista internazionale né di quella della dottrina sociale della Chiesa Cattolica.

Se quelle due istanze tradizionalmente collocate a difesa degli interessi sociali “contro” quelli economici oltre alla legittimità legata alle istituzioni produttive, perdono anche legittimità agli occhi delle masse diseredate del Sud più popoloso che le percepiscono un ostacolo al miglioramento delle loro condizioni di vita, si perde ogni istituzione “di sinistra” del passato. Non è un problema purché ne nascano di nuove animate da criteri più compatibili con le esigenze del progresso della civiltà industriale e liberal-democratica ‘Occidentale’.