18/02/2011

Censura: la costante di ogni regime (espliciti o sommersi)

La DC ha spadroneggiato in Italia in ogni istituzione per oltre quarant’anni scegliendosi i partner politici ed escludendo chiunque non fosse utile alla sua conservazione del potere in ogni comparto della vita pubblica.

Eppure, non ostante il persistente successo elettorale, non si riuscivano a trovare in Italia le persone che volessero ammettere di aver votato DC.

È stata sempre in atto una costante auto-‘censura’ imposta da un regime dominante in Italia; il ‘politically correct’ di sinistra definito e gestito dall’egemonia culturale comunista.

Chiunque volesse essere ritenuto intellettualmente adeguato e rispettabile doveva definirsi ‘di sinistra’ con varie sfumature tollerate solo se accettavano il ruolo egemone del partito comunista e delle istituzioni organiche al partito. Ogni altra appartenenza intellettuale era etichettata come borbonica, ottocentesca, aristocratica, padronale o fascista

Oggigiorno la tattica prosegue con l’esclusione dei ‘dissidenti’ da parte delle istituzioni statali e corporative para-statali e professionali che vedono la minacciosa riduzione dei loro privilegi garantiti da Stati Nazione illiberali come quello nato con la costituzione repubblicana del 1947 e fiorito con gli artifici istituzionali più illiberali; arco costituzionale, pentapartito, convergenze parallele, consociativismo e …… ‘mani pulite’!

outing3Durante il periodo della ‘prima repubblica’ dominavano vignette satiriche che ridicolizzavano i costumi morali dei ‘bacchettoni’ oggi invece stanno emergendo vignette sempre più spesso riferite al protagonista della ‘liberazione’ della politica nazionale dalle grinfie della censura di stampo ‘comunista’. Oggi iniziano ad apparire vignette che, come quella riportata qui di fianco, indicano il consolidarsi di un ‘regime censorio’ analogo a quello che vigeva per gli elettori ‘moderati’ che votavano DC nella ‘prima repubblica’. La ‘censura’ politically correct è di nuovo in vigore contro il nuovo nemico che ha battuto sul piano elettorale le sinistre sin dal primo tentativo da esse condotto, sin dopo l’esilio di Craxi a seguito della persecuzione giudiziaria attuata da ‘Magistratura Democratica’ (le ‘Toghe Rosse’ iniettate nella carriera giudiziaria dal partito comunista con un lento lavorio di penetrazione nelle istituzioni dello stato).

Non avendo potuto ‘squalificare’ i socialisti riformisti di Craxi come ‘social-fascisti’ (operazione condotta invece con successo contro i social-democratici di Saragat alla loro uscita dal Fronte Popolare), si scatenò un’illiberale persecuzione giudiziaria contro il partito di Craxi che condusse all’eliminazione dall’arena elettorale del PSI e della DC che, in maggioranza, raccoglieva i voti dei moderati e delle destre non ideologiche. A quel punto il partito comunista poté credere d’aver finalmente raggiunto il momento per poter assumere il governo del paese. Ciò fu tentato da Achille Occhetto con la sua arrogante ‘gioiosa macchina da guerra’, con grande esibizione di risorse mediatiche e intellettuali. La maggioranza elettorale, stigmatizzata dall’egemone cultura comunista (e costretta a nascondersi dietro l’auto-censura ‘politically correct’ - la ‘maggioranza silenziosa’), reagì alle urne garantendo a Berlusconi uno strepitoso successo dopo una campagna elettorale di soli tre mesi attorno ad un partito nato frettolosamente e poco definito se non in chiave di ribellione al ‘golpe strisciante’ gestito dalla magistratura inquirente (la ‘pubblica accusa’) priva di qualsiasi forma di controllo e responsabilità istituzionale.

Questa è la storia della ‘censura’ che è stata imposta dal regime illiberale sostenuto dalla costituzione della ‘prima repubblica’ (quella scritta a due teste pensanti sulla traccia di due illiberali dottrine sociali entrambe para-fasciste – la marxista-gramsciana e la cristiana-paternalista).

In ogni regime tuttavia vige la regola d’imporre forme di ‘censura’ coi più vari metodi attuativi e ragioni di legittimità istituzionali.

La ‘censura’ tuttavia in politica raramente si incentra sulle ‘idee’ ma sui protagonisti che le potrebbero usare a fini di ‘sovversione’ dello status quo istituzionale. Non sono le idee eterodosse di un Silvio Gesell, né quelle etico-economiche di Ezra Pound a poter destabilizzare il potere in mano alle oligarchie se non si presenta un soggetto politico che, servendosene in modo strumentale, possa essere in grado di raccogliere rapidamente un vasto consenso sociale nell’arena politica. La rapidità di consolidamento del potere negoziale del nuovo soggetto esorbita le capacità di metabolizzazione del nuovo che sono presenti negli specifici regimi in cui si muove il nuovo interlocutore. Per non rischiare la destabilizzazione delle istituzioni e dei processi negoziali, le oligarchie al potere sono costrette a coalizzarsi per estromettere dal sistema il nuovo soggetto; non le sue idee che possono invece essere inserite nei vecchi criteri istituzionali aiutando il regime ad adeguarsi alle più nuove esigenze industriali ed aspettative sociali. Se invece il soggetto innovatore accetta di negoziare un suo inserimento tra le vecchie oligarchie, ogni ‘censura’ contro di lui cade e le idee che egli cavalcava nell’agone politico vengono accolte e inserite tra i criteri decisionali cui si ispirano le decisioni concertate tra i vecchi e i nuovi oligarchi. Ciò è avvenuto con Mussolini in Italia che ha dato spazio a Ezra Pound, Silvio Gesell e Maynard Keynes dalla originaria posizione ‘sovversiva’ della ‘carta del Carnaro’ – metabolizzata nelle nuove istituzioni della camera dei fasci e delle corporazioni con la ‘carta del lavoro’ di Giuseppe Bottai – e ripresa in chiave anti-monarchica con la ‘carta di Verona’ della repubblica sociale italiana di stampo ‘rivoluzionario’.

Ciò è avvenuto anche con Francisco Franco in Spagna che, dopo l’eliminazione del socialismo dallo scenario politico nazionale, ha gradualmente soppresso le istanze dell’economia corporativa fascista accettando che si consolidasse lentamente una dottrina sociale di stampo cristiano compatibile con le esigenze industriali più moderne sostenute da un soggetto istituzionale para-politico – l’Opus Dei di Escriva de Balaguer – la cui natura non-destabilizzante era garantita dalla Chiesa Cattolica.

Ciò era accaduto anche con la rivoluzione francese dopo il breve e traumatico periodo di intolleranza politica del giacobinismo non ostante le idee politiche su cui si era fondata la repentina crescita del dissenso borghese fossero idee che erano accettate e consolidate anche tra gli esponenti della cultura a corte e avessero ricevuto anche sostegno quando tradottesi in innovazioni istituzionali in America. L’eccessiva rapidità in cui i nuovi soggetti politici più dinamici (Marat, Danton, Robespierre) manifestavano la loro avidità di potere risultò di non essere metabolizzabile tramite negoziazioni di accettabili innovazioni istituzionali tra i latifondisti della nobiltà e del clero e gli esponenti della borghesia commerciale più benestante. I leader politici tradussero le idee ‘illuministe’ in slogan anti-nobiltà e anti-clericali e, per contrappunto, nobili e clero più conservatore si appellarono all’anti-cristo e al delitto politico del ‘regicidio’ la plebaglia più diseredata delle città e quella più religiosa delle contee più ricche (Vandea, Lorena) furono gli strumenti inconsapevoli e ‘perdenti’ di un fatto culturale ormai già accettato tra le elite intellettuali in tutta Europa che altrove venne accettato con processi meno traumatici.

La ‘rapidità’ con cui si manifesta la richiesta di status dei nuovi leader politici risulta più o meno adeguata ai processi metabolici delle istituzioni in funzione del grado di liberalismo che le ispira. Anche nei regimi più liberal-democratici si manifestano soggetti politici le cui pretese risultano inaccettabili nell’ambito delle oligarchie politiche che ne hanno sostenuto l’elezione al loro specifico ruolo di potere. Anche in quei casi non sono le idee professate a venire ‘censurate’ ma i leader che hanno ‘tradito’ il loro ‘mandato’.

È il caso di molte ‘morti politiche’ in regimi di alto grado di liberal-democrazia; morti politiche che possono anche tradursi in veri e propri ‘regicidi’.

Si possono citare i casi di Huey Pierce Long negli USA, ma anche di Barry Goldwater, di Joseph Mc Charty, di Edgard Hoover e, soprattutto, di John Fitzgerald Kennedy e di Robert Kennedy che avevano ‘tradito’ (Baia dei Porci) gli accordi con l’ambiente para-mafioso dell’entertainment e del sindacalismo dal quale avevano ricevuto i contributi finanziari ed elettorali che ne avevano consentito la risicata vittoria elettorale.

In Europa i casi di ‘morte politica’ sono meno drammatici ma più frequenti ed abbracciano casi che vanno da Winston Churchill a Finocchiaro Aprile, da Philippe Petain a Jean Marie Le Pen i cui programmi politici sono attualmente raccolti in Francia da Sarkozy proprio per disinnescare l’avversario più incombente nelle primarie; la Marine Le Pen, figlia del già demonizzato ‘avatar’ di Jean Marie.

Insomma non sono ‘pericolose’ e ‘destabilizzanti’ le ‘idee’ (la teoria galileiana o quella della giustificazione per fede o quella del pauperismo o del marxismo), ogni regime considera le idee ‘censurabili’ solo quando si manifesti un soggetto politico estraneo alle oligarchie di governo, in grado cioè di catturar consenso tramite esse e troppo avido per accettare i tempi necessari per negoziare un nuovo ordine istituzionale (un Lenin, un Lutero o un Hitler). Anche nei regimi più autoritari e illiberali come l’Iran oggi, le idee possono fluire purché restino confinate nell’ambito privato; ‘senza intralciare il conduttore’.

Più dell’avidità del nuovo soggetto politico, viene temuta la rapidità con la quale egli riesce ad aumentare la raccolta di consenso; ciò lo rende assolutamente ‘pericoloso’ per la stabilità del sistema.

Ciò che rende rapida la crescita in ogni società e indipendentemente dal tipo di regime politico, è la capacità del soggetto di identificarsi con le idee propalate – indipendentemente dalla validità delle idee stesse.

La capacità che ha un soggetto politico di identificare la sua persona con le idee propalate dipende dalle sue abilità comunicative ma, soprattutto, dalla sua capacità ‘naturale’ (carisma) di riuscire ad attivare nelle audience politiche i meccanismi psicologici della ‘proiezione’ dei più intimi desideri ed aspettative sulle parole e sulle stesse peculiarità comportamentali del soggetto.

Si tratta di un meccanismo spontaneo che crede di riscontrare nella persona che propone le idee i credibili segni di identificazione fisica del programma di azione politica.

Non viene valutata la persona ma il suo ‘avatar’ cioè l’ombra di sé che egli riesce di proiettare sulla psiche degli ascoltatori. È un processo a due vie e in gran parte inconscio in quanto si fonda sulla sintonia delle aspettative più personali. Hitler ha potuto sfruttare appieno questa sintonia solo dopo un lungo periodo di insuccessi che gli fruttarono aspetti di storia personale che gradualmente confluirono a costruirgli l’’avatar’ capace di agevolare le ‘proiezioni’ psichiche della stragrande maggioranza dei tedeschi. Non sappiamo mai chi realmente fosse l’uomo politico che ci racconta la storia. Ciò che ci viene tramandata è solo la cronaca di ‘soggetti virtuali’ (gli ‘avatar’ della realtà virtuale delle tecnologie odierne) che sono stati capaci con un mix di abilità e consapevolezze personali e di occasionali e inconsapevoli consonanze con aspettative frustrazioni e coincidenze storiche di agevolare sulle loro persone un insieme di ‘proiezioni’ e di ‘percezione’ collettiva di ‘aspettative’ che hanno costruito il loro successo politico. Sta poi al soggetto, una volta raccolto il consenso, impiegarlo efficacemente in negoziazioni che gli costruiscano il ruolo protagonista necessario per tradurre il consenso in potere e il potere in programma di iniziative in grado di consolidargli ruolo, potere e consenso.

Spesso accade che la sintonia psichica tra soggetto politico e sua constituency si interrompa a causa di altrettanto occasionali cambiamenti ambientali e del contesto istituzionale. A questo punto si interrompe l’armonia di reciproca ‘identificazione’ e la carica di aspettative che hanno nutrito la fiducia degli elettori si traduce repentinamente in frustrazione ed abbandono che si concentrano inevitabilmente sul soggetto cui è naturale venga allora addebitata la ‘causa’ delle aspettative ‘tradite’. I ‘tiranni’ spesso fino al giorno prima del loro più truce assassinio sono amati in modo altrettanto irrazionale e drastico.

È accaduto anche in Italia con Mussolini, venerato fino al discorso al Teatro Lirico e lapidato pubblicamente in modo indecente a Piazzale Loreto.

Accade anche oggi in Italia con Berlusconi che, senza tema di ridicolo, è proposto all’esecrazione nazionale solo in quanto il suo programma politico raccoglie ampio successo senza alcuna possibilità di poter offrire spazi adeguati per la conservazione negoziata dei privilegi di vecchie oligarchie ancora arroccate alle ormai obsolete istituzioni che sono insostenibili sul piano della competitività industriale nel mercato globale.

Si processa l’’avatar’ di Berlusconi sperando che, dopo aver esiliato il suo predecessore, Craxi, finalmente sia lui l’ultimo ostacolo ad una presaa di potere che democraticamente non è mai riuscito alla sinistra in Italia né al tempo di Giolitti, né contro Mussolini, né col Fronte Popolare nel 1948 (grazie all’estensione del diritto di voto alle donne) né con la ‘gioiosa macchina da guerra’ di Occhetto dopo l’esilio di Craxi in ortodossa via democratica elettorale.

L’agonia del vecchio mondo istituzionale (ancora legalmente in vita) non può negoziare il suo adeguamento alle nuove aspettative industriali e sociali che riescono a ‘identificare’ la proiezione delle proprie aspettative e esigenze nella persona di Berlusconi come ‘modello’ rappresentativo dei difetti e delle desiderate virtù degli elettori ‘quadratici medi’. È proprio grazie ai difetti ‘nazionali’ che animano i comportamenti di Berlusconi che la sua constituency elettorale (solida e crescente per puri sviluppi del mercato industriale globale) riesce a proiettare l’identificazione delle proprie speranze frustrate dal vecchio sistema istituzionale.

Berlusconi è perciò ‘imbattibile’ tranne che; modificando le sue proposte politiche non interrompa la sua credibilità di innovatore del sistema. Berlusconi è credibile per ciò che promette e che rappresenta senza che egli debba riuscire a cambiare il sistema stesso; deve essere ‘suggestivo’ e stimolare l’elettorato a liberare le proprie risorse psichiche in modo ‘responsabile’ sul libero mercato. Ai suoi avversari resta solo addebitata la ‘resistenza, resistenza, resistenza’. È il vecchio (e odiato) sistema che lo contrasta con perversi meccanismi strumentali e quindi occorre assicurargli il costante e amorevole consenso elettorale per riuscire ‘tramite’ la sua persona a vincere la reazione conservatrice imponendo il successo del proprio paladino.

Anzi l’opposizione troverà in Tremonti il suo leader ‘naturale’ (ispirato dal paradigma socialista-riformista craxiano del kaynesianesimo e della ‘programmazione dei redditi’ di lamalfiana memoria).

Sarà Tremonti a sostituire Berlusconi nel ruolo di primo ministro ed aiutare a risolvere in modo decoroso la impasse istituzionale avviata coll’accumulo di frustrazioni degli ‘infiltrati gramsciani’ nelle istituzioni della prima repubblica. Frustrazioni delle lunghe aspettative della ‘presa di potere’ che sono esplose dopo il crollo del muro di Berlino, che hanno raggiunto l’acme con l’esilio di Craxi e che sono sfumate col fallimento della ‘gioiosa macchina da guerra’ di Occhetto. Da quel momento il gregge ‘de sinistra’ non può trovare leader in personaggi che siano condivisibili alla luce delle vecchie istituzioni ormai superate della prima repubblica.

L’unico leader apprezzato, non appesantito da ‘proiezioni’ del passato (come sarebbe anche Casini) e stimato da Bossi e Berlusconi (oltre che stimato professionalmente sul piano internazionale) è certamente Tremonti; un protagonista ‘di sinistra’ moderata cui potrebbe opporsi con successo chiunque tra i giovani ‘di destra’ che hanno ormai maturato esperienza e credibilità personale sotto l’ombrello di Berlusconi; Frattini, Alfano, Brunetta, Meloni, Romani, Gelmini, etc., etc..