18/02/2011

La stabilizzazione politica interna in Italia

La rubrica parte dalla considerazione che la globalizzazione di colorazione germanica sta imponendo con gradualità e ineluttabilità le linee della governance del sistema industriale internazionalizzato sulla base del riconoscimento che il paradigma del ‘welfare state’ che ha legittimato le dinamiche politiche e istituzionali nell’era degli Stati Nazione non è ormai più sostenibile sia per l’enorme dissipazione di risorse finanziarie le cui dimensioni risultano totalmente inadeguate a sostenere la crescita del reddito globale e dei singoli paesi coinvolti dal progresso dell’internazionalizzazione industriale, sia per la perdita stessa di significato del concetto di ‘nazione’ sulla quale le istituzioni statali erano legittimate ad imporre dall’alto ogni programma di sviluppo che tutelasse i diritti dei sudditi ‘dalla culla alla tomba’.

L’estensione dei confini del mercato di scambi industriali e l’associata estensione delle libertà di circolazione delle risorse produttive ha ormai abbattuto ogni legittimità di barriere protezioniste a tutela dei privilegi che gli Stati Nazione più industriali del Nord avevano erogato ai loro sudditi a spese di esclusione dallo sviluppo dei paesi più popolosi e diseredati in stretta connivenza con le oligarchie più illiberali alla guida dei paesi produttori di materie prime necessarie alla crescita dell’industria e del benessere del Nord.

Conseguentemente i movimenti politici che si contendono la governance nazionale in tutti gli Stati Nazione sono sottoposti alla costante, inesorabile perdita dei criteri fondanti della loro legittimità a governare e sono costretti a rivedere drasticamente il senso stesso dei concetti politici sui quali fondare la comunicazione per poter raccogliere nuove dosi di consenso elettorale; indipendentemente dal grado di ‘liberalismo’ che possa caratterizzare l’attuale regime istituzionale.

L’industria ha esteso la partecipazione allo scambio delle informazioni tra consumatori-produttori-elettori tramite i progressi e la diffusione universalmente accessibile dei mezzi individuali che consentono di creare in modo libero ed economico le più varie reti sociali e di fruire del flusso di informazioni di interesse globale; Internet, Google, FaceBook, Wikipedia, Wikileaks, SMS, You-tube, Twitter, etc. (tutti in lingua ‘inglese’).

Questa ondata di libertà è stata generata in modo esogeno dal capitalismo-liberista nella sua permanente funzione di levatrice della ‘liberaldemocrazia’ nel corso dei millenni; una funzione che, da sempre, è riuscita ad abbattere ogni argine eretto dalle vecchie oligarchie corporative degli Stati Nazione per estendere su base globale la fruizione della civiltà ‘Occidentale’ libera da paraocchi ideologici e settari di dottrine sociali dettate da visioni di ‘ortodossia’ politically correct ‘giustificate’ da visioni etiche astratte religiose o secolari, perfino folli e innaturali.

I concetti di solidarismo (socialista o cristiano) restano validi occorre però declinarne il significato politico in funzione di un ‘mercato politico’ globalizzato anch’esso e popolato da individui che partecipando ai processi produttivi, nutrono aspettative di crescita del proprio benessere e s’ispirano a modelli di maggiori libertà che derivano dai simboli più diffusi delle comunicazioni sociali; Coca Cola, Jeans, Jazz, Rappers, Uni-Sex, etc..

Le istituzioni degli Stati Nazione sono travolte da questo drastico cambiamento del paradigma legittimante i ‘poteri statali’ e i leader politici sono costretti ad ispirare i propri programmi elettorali ad offerte di ‘servizi politici’ che risultino comprensibili e condivisibili dal nuovo profilo motivazionale dell’elettorato più mobile.

Destra e Sinistra inevitabilmente perdono i vecchi contenuti e si debbono ‘giustificare’ alle nuove aspettative di crescita (destra) e distribuzione (sinistra) senza trascurare le profonde percezioni di perdita di identità che gli elettorati nazionali avvertono prioritariamente; la ‘sicurezza’ (fattore classicamente di ‘destra’) diviene un elemento di valutazione prioritario rispetto alla crescita e distribuzione del benessere economico.

In questa situazione si spiega come i leader più moderni come Blair abbiano potuto raccogliere un vasto consenso elettorale moderato con proposte di ‘sinistra’ molto allineate ai tradizionali criteri della ‘destra’.

Ciò è avvenuto anche in Italia dove l’attuale governo Berlusconi è guidato da personalità ispirate da criteri di ‘sinistra’ (Maroni, Tremonti, Brunetta, Sacconi) ed abbia trascurato finora di dare priorità ai contenuti più di ‘destra’ per evitare soluzioni più illiberali (fiscalità, estensione età pensionabile, eliminazione di privilegi corporativi, etc.).

Ogni altra proposta politica è destinata a fallire in Italia in quanto richiederebbe la promozione di vecchi rimedi insostenibili sul piano della disponibilità delle risorse finanziarie e di legittimità diffusa di aspettative da parte del ‘blocco sociale’ che si è ormai consolidato attorno alla figura di garante che Berlusconi svolge in governi anche se popolati da nuovi protagonisti di ‘sinistra’ moderata.

Ciò è ormai accertato dall’andamento elettorale in oltre vent’anni di storia e dalla percezione che Berlusconi ha conservato di se nell’opinione pubblica di leader politico decisionista, credibile in quanto tycoon di grande successo industriale internazionale ed avversato da ‘tutte’ le istituzioni del vecchio Stato Nazione che hanno assunto gradualmente percezioni reazionarie agli occhi della pubblica opinione meno legata agli interessi del consociativismo passato più clientelare; sindacati, stato, parastato, monopoli industriali pubblici e privati, etc..

Domani che Berlusconi decidesse di avere travolto le vecchie istituzioni fondate su una costituzione anti-storica già nel 1948 e totalmente obsoleta sin dal 1989, il quadro politico si potrebbe consolidare attorno a due poli elettorali. Il primo condotto da un qualunque ‘Berlusconi’ o ‘Craxi’ per aprire l’amministrazione statale, finalmente, alle esigenze dell’industria nazionale in ogni comparto di industria; cioè un capitalismo liberista moderno. L’altro condotto da Tremonti con proposte politiche analoghe a quelle che hanno spinto al successo Blair nel Regno Unito e Obama negli USA; cioè finalmente un socialismo post-marxista credibile.