17/05/2008

Solidarietà ‘Occidentale’: un atto volontario e non fiscale

una delle più subdole formule dei politicanti ‘politically correct’ è l’uso del concetto di ‘solidarietà’. Si tratta di un concetto parallelo ma non coincidente con quello di ‘compassione’. Derivati entrambi dalla morale religiosa essi obbligano ogni singolo individuo a comportamenti rispettosi della morale cristiana ma nell’ambito delle responsabilità indelegabili che ogni fedele sottopone a giudizio divino.

Mentre per la morale la ‘compassione’ è dovuta anche a chi non la meritasse, la ‘solidarietà’ è elargita in misura adeguata ai meriti acquisiti da chi mostra comportamenti eticamente corretti. In altri termini io posso sperimentare uno stato personale di ‘compassione’ nei confronti delle traversie vissute da ogni soggetto per un suo comportamento sia legale ma solo ‘sfortunato’ sia legale ma ‘imprudente’ sia illegale o ‘deviante’ e perfino ‘criminale’. Qualora mio figlio abbia commesso un crimine posso perfino decidere di denunciarlo penalmente per condividerne i drammi della conseguente condanna legale. Si tratta di un comportamento intimo in quanto deciso a misura delle mie personali morale religiosa ed etica civile.

La ‘compassione’ è in definitiva indifferenziata ed è indipendente da ogni merito acquisito da chi è gratificato a fruirne. Ciò giustifica l’addolcimento delle pene irrogate dalla società liberal-democratica che cerca di astenersi da condanne irreversibili (pena capitale, aborto, eutanasia e perfino l’ergastolo) affidando il recupero di ciò che è recuperabile in ogni individuo a un processo rieducativo che corregga i suoi comportamenti ritenuti incompatibili alla luce dei criteri morali ed etici decisi a maggioranza dei contribuenti. Questa legittimazione dell’etica vigente consente di delegare allo stato la somministrazione di provvedimenti correttivi finanziandoli con risorse raccolte fiscalmente. Occorre in definitiva che la ‘compassione’ e le sue ripercussioni penali sia sostenuta da una profonda convinzione relativamente ai valori superiori che legittimano la nostra civiltà ‘Occidentale’ rispetto ad altre ispirate da concetti morali ed etici che assegnano dosi di ‘inferiore rispetto’ alla ‘persona umana’. È questo il senso del termine che la Chiesa ha attribuito a quel termine apparentemente ridondante.

Diversa è la ‘solidarietà’ che viene concessa in dosi differenziate sempre liberamente ed individualmente da ogni soggetto ai suoi simili distinguendo tra loro chi risulta a suo insindacabile giudizio meritevole rispetto a chi invece manifesta comportamenti meno apprezzabili o perfino disprezzabili. È un concetto di una morale religiosa che obbliga ciascuno secondo coscienza a ‘discriminare’ le dosi e le forme in cui erogare il sostegno a chi conosciamo per esperienza diretta o acquisita tramite le comunicazioni sociali. È questo che impone di porre rimedio all’attuale ‘irresponsabilità’ istituzionale del ‘quarto potere’. Una carente informazione civile si ripercuote drammaticamente non tanto sulla ‘solidarietà’ che continua ad animare i comportamenti profondamente radicati nell’’Occidente’ bensì la fiducia nello stato liberal-democratico che si manifesta con la revoca di deleghe allo stato di finanziare provvedimenti di recupero evidentemente falliti nella loro ispirazione alla ‘compassione’.

Ogni abuso dei termini di ‘compassione’ e di ‘solidarietà’ rischia di delegittimare lo stato e le normative vigenti. È un rischio che come tutte le medaglie presenta due facce. Una positiva obbliga lo stato ad una azione di riapprendimento delle basi fondanti della sua legittimità recuperando così i ‘valori superiori’ della civiltà ‘Occidentale’ e con ciò rivitalizzare l’azione della liberal-democrazia. Una negativa conduce la società civile a ritirarsi nel privato e di vivere ‘localmente’ i drammi finora delegati allo stato illiberale in quanto paternalista sotto la guida di demagoghi irresponsabili delle loro scelte. La società civile cioè si riappropria temporaneamente dello spirito fondante della liberal-democrazia e decide i comportamenti da tenere nei confronti di soggetti di cui ha conoscenza diretta. E di assumersi la responsabilità dei modi e misure secondo cui erogare ‘compassione’ e ‘solidarietà’.

Questo sano e radicato processo di periodiche revisioni del ‘patto sociale’ ispirato alla ‘legge di natura’ e quindi profondamente religioso e non positivista o relativista, ha contrassegnato il progresso della civiltà ‘Occidentale’ alla luce della rilettura dei libri sacri che Santa Madre Chiesa ha saputo proporre a guida morale dei comportamenti civili. Questo costante ruolo della Chiesa di Roma a ‘giustificare’ il progresso civile ha reso la civiltà ‘Occidentale’ profondamente cristiana ed ha garantito al Successore di Pietro quel ruolo di diffusamente capillari credibilità e potere spirituale che hanno conservato a Roma nei millenni la sede della separazione e bilanciamento dei poteri su cui si fonda la stessa legittimità del temporaneo Successore di Cesare pienamente abilitato a ‘migrare’ in una civiltà ‘globalizzata’ come quella della Roma Imperiale ispirata dal Diritto Romano e dal Diritto Canonico. Non si tratta di concetti aleatori ma di fondamenta solide dell’’Occidente’ su cui occorre riflettere per adeguare le istituzioni ‘Occidentali’ alle esigenze del loro ruolo ‘globale’.

L’abuso demagogico ‘di sinistra’ e ‘politically correct’ del termine ‘solidarietà’ è rischioso non tanto per i Paesi occidentali ma per quelli che aspirano inconsapevolmente ad essere partecipi dell’’Occidente’ non solo per migliorare la qualità dei consumi disponibili ma soprattutto per migliorare la qualità di vita accogliendo lo spirito liberal-democratico di ‘compassione’ e soprattutto di ‘solidarietà’.

Esso è un termine suggestivo di comportamenti ben radicati nella cultura della civiltà ‘Occidentale’ grazie alla ispirazione religiosa su cui poggiano i comportamenti civili e liberali maturati sul principio di libero arbitrio che attribuisce in ultima analisi alla piena responsabilità individuale le ‘colpe’ sia dei ‘peccati’ che dei ‘reati’ commessi. È il ‘senso di colpa’ di ogni individuo il solo giudice del fatto che i suoi atti gli creino obblighi verso il suo prossimo. Leggi inique possono alleggerirgli il ‘senso di colpa’ e dare legittimità morale a sue eventuali reazioni ‘illegali’. Un tale criterio comportamentale consente perfino di accettare scelte diverse di fronte a principi di grande presa morale-religiosa rispetto ai quali infatti lo stato liberal-democratico consente l’obiezione di coscienza quali la guerra-giusta, la soppressione-legale di persone (da aborto, ad eutanasia e giustiziere professionale) o quella illegale (sopprimere il despota).

In definitiva nello spirito liberal-democratico lo stato deve lasciare alle responsabilità dei singoli cittadini di tenere comportamenti coerenti con l’indivisibilità delle libertà di cui gode per ‘legge naturale’ e deve ricevere mandato ad eseguire le sole poche missioni che il ‘privato’ non riesce a svolgere (difesa, polizia, giustizia penale). È questa ragione che consente il ‘monopolio di stato’ che crea problemi per la gestione efficiente delle risorse ad esso devolute per via fiscale. Anzi in una democrazia liberale non appena col progredire delle tecnologie industriali emerga la capacità del ‘privato’ a svolgere mansioni fino ad allora affidate allo stato, è naturale prova di liberalismo quella di cederle alla libera competizione di mercato (poste, trasporti, comunicazioni, polizia, ospedali).

Questo è il criterio fondante della civiltà ‘Occidentale’ risulta evidente il carattere illiberale e demagogico di affidare proprio la ‘solidarietà’ al prelievo fiscale senza altra forma di ‘obiezione di coscienza’ se non la evasione fiscale.

La ‘trasparenza’ fiscalmente accertata dei ‘liberi’ versamenti caritatevoli è accettata solo come deduzione dal reddito dei versamenti di ‘solidarietà’. In Italia, grazie all’abusato meccanismo del 5/1000 o 8/1000, la ‘trasparenza’ ha ceduto il passo all’illiberale ‘scelta obbligata’ di ‘devoluzione’ da parte dello stato di una fettina dei suoi introiti fiscali che altrimenti non risulterebbero minori per il contribuente ma verrebbero comunque introitati dall’ente caritatevole ‘per default’; chiamato ‘stato’.

La ‘solidarietà’ in questo modo viene convertita da comportamento, liberale, meritorio e volontario di ‘carità umana’ a comportamento obbligato di scelta di devoluzione dettata da pure ragioni di preferenza tra operatori privilegiati, ma privati, o stato percepito come soggetto ‘meno sgradevole’ tra tutti gli altri.

Un tale comportamento perde totalmente le sue fondamenta morali cristiane ed etiche liberali.

Perfino la Chiesa, quando detenne per secoli il potere temporale, si limitava alla raccolta delle ‘decime’ (che altro non era se non l’anticipazione della moderna e liberal-democratica ‘flat tax’) per garantire la sicurezza interna dello stato (giustizia e gendarmi) e i servizi infrastrutturali (viabilità, acque, ecologia, comunicazioni) mentre affidava alla cura degli ordini religiosi e alle loro fonti caritatevoli di reddito gli ospedali e l’ospitalità ai pellegrini di minor reddito. In uno spirito pienamente ‘federale’ della solidarietà che veniva infatti gestita a cura dei cardinali esteri residenti in Roma ai cittadini della loro lingua (San Luigi dei Francesi, Santa Maria della Pace).

Santa Madre Chiesa non ha solamente collaudato i meccanismi di separatezza tra Dio e Cesare sul piano legislativo ma ha perfino precorso tutte le scelte di fondo che ispirano la coerenza tra morale cristiana ed etica civile nell’ambito dei comportamenti solidaristici tra cittadini e stranieri tutti accolti senza obblighi di sottostare a forme di ‘sharia’ o a persecuzioni che non fossero soggette ad attraversare rigidi percorsi di procedure formali e difendibili giudizialmente.