16/07/2010

Globalizzazione: cittadini o consumatori?

Siamo giunti all’alba di un’internazionalizzazione degli interessi economici che non si era più sperimentata dopo il crollo dell’Impero di Roma. Un’epoca che inevitabilmente vede svanire le velleità politiche ispirate ad ideologie demagogiche fondate su supposti diritti da privilegiare rispetto alle molte diverse controparti che si confrontano sullo stesso mercato per migliorare il proprio benessere ‘locale’.

I demagoghi devono quindi affidarsi a ideologie fondate sul criterio di fruizione egalitaria del benessere che viene prodotto sul mercato globale. Una tale visione ideologica è indifferente al livello attuale del benessere e quindi è facile per questi demagoghi sollecitare l’invidia sociale e l’avidità individuale contro il meccanismo che è responsabile della crescita del benessere e del progresso civile e liberale; il progresso industriale.

Non ci si rivolge più contro il capitalista avido ed egoista che opprime i suoi dipendenti per accentrare ogni ricchezza e potere sotto i suoi voleri appropriandosi così della capacità decisionale anche in ambiti estranei le sue strette responsabilità aziendali contro ogni buon senso che suggerisce una equa partecipazione alle scelte di carattere politico al fine di costruire il consenso, al prezzo del costante rischio di perdere il proprio ruolo di leader e di animatore della propria egemonia individuale o oligarchica. Il rischio essendo garantito dalla libertà di intraprendere peculiare del capitalismo-liberista e dalla libertà di scegliere in un libero-mercato sul quale possano essere offerti beni e servizi materiali e immateriali (come la politica o la religione) tra i quali il consumatore possa scegliere attribuendo a propria individuale responsabilità la propria adesione e costruire così il consenso politico che realizzi il governo dal basso in sostituzione della permanente tendenza delle elite a costruire invece governi dall’alto tramite monarchie o oligarchie.

In definitiva è solamente il libero mercato necessario per stimolare la crescita del benessere e della liberal-democrazia ad abbattere gradualmente ogni privilegio fondato sul governo dei migliori o dei più abbienti. Ciò conduce a dare evidenza al libero-mercato più selvaggio rispetto a forme di governance elitaria come lo strumento principe su cui si fonda l’unico vero progresso economico e civile. Il libero mercato della offerta di beni e idee presume la libertà di ogni individuo di esprimere le scelte quotidiane in esclusiva responsabilità individuale, senza cioè ‘ombrelli protettivi’ ideati da ‘menti sottili’ che devono essere ritenute più capaci di prevedere gli sviluppi e di impedirci anche di intercettare quelli più nefasti ‘educandoci’ a costruirci i futuri più luminosi di quelli cui andremmo inevitabilmente incontro qualora fossimo lasciati liberi di spendere i nostri risparmi. Un futuro sempre più oscuro e minaccioso legittima quindi le oligarchie illuminate a dare vita ad una governance capace di programmare lo sviluppo industriale proibendo quelle innovazioni che si ritenga possano nuocere alla tutela della sicurezza nei suoi molteplici aspetti prevenendo l’insorgere dei più nefasti rischi indotti da comportamenti ‘irresponsabili’ in quanto non ‘giustificati’ ai criteri definiti dalle elite. Per impedirci di costruire incoscientemente i nostri guai tramite la manifestazione quotidiana di spese non corrette, le elite di governo avocano a se le responsabilità di erogarci servizi capaci di garantire un’equa redistribuzione della ricchezza (da noi) prodotta e di punire il consumo di quei beni e servizi che potrebbero minacciare la costruzione della nostra (futura) felicità. Si tratta in definitiva di una semplice requisizione di ricchezza già prodotta e risparmiata (tramite tasse) per restituircela ‘potenziata’ dal valore aggiunto della ‘programmazione dei redditi’ in un futuro ‘scientificamente programmato’.

È chiaro che questo meccanismo sia quello adottato da sempre dalle oligarchie di potere e che la storia ci abbia illustrato il suo perenne fallimento; sempre giustificato dalla malvagità di forze occulte, dalla avidità dei dissenzienti (evasori, elusori, contrabbandieri, lavoro nero, mercato nero, falsari, etc. – tutti frutti di ‘libere imprese’).

I fallimenti delle previsioni su cui si fondano i programmi dirigisti concepiti dalle ‘menti sottili’ sono sempre stati replicati dalla storia e le ‘menti sottili’ che le avevano concepite hanno sempre rifiutato di ammettere la loro inadeguatezza intellettuale (non esiste alcuna possibilità di riuscire a convincere un cretino di quella sua peculiarità) ma hanno invece attribuito le cause del fallimento a oscuri complotti tramati da ‘cricche’ ristrette al chiuso di circoli elitari che cooptano i loro adepti. Società ‘segrete’ che sono però regolarmente localizzate in ogni epoca nella ‘massoneria universale’ o nei ‘circoli ebraici’ che hanno apparentemente una sola caratteristica permanente nella storia, quella cioè di sopravvivere ai fallimenti delle concezioni più astruse concepite dalle ‘menti sottili’. Una vera e propria congrega di vere menti sottili che converrebbe scegliersi come partner piuttosto che come imbattibile avversario per perseguire i propri obiettivi se se ne volesse aumentare la probabilità di realizzazione storica.

Il paradigma ‘politico’ alternativo è quello del ‘liberismo selvaggio’ che ci impone la responsabilità in ogni scelta dei nostri consumi quotidiani. Responsabilità connessa direttamente al rischio di perdere la porzione del nostro reddito guadagnato e risparmiato dai consumi di fascia più immediata e incomprimibile (a nostra esclusiva decisione). Un rischio che segue la dose individualmente maturata di avidità ed egoismo personale per perseguire dosi liberamente scelte di maggiore ‘felicità’. È così che si spiega l’apparentemente scriteriata scelta di investire tutto il risparmio di una vita di lavoro (ad esempio il Trattamento di Fine Rapporto) in Bond argentini o in hedge funds caratterizzati da improbabili margini di rendita ‘sicura’ (che le elite di menti sottili non sono state capaci di prevedere o di proibire ma cui anzi hanno aderito nei molti casi in cui hanno deciso di investirvi la porzione di nostri risparmi requisitaci per via fiscale – vedi gli enti locali che si sono trovati negli elenchi degli acquirenti degli hedge funds).

La scelta che abbiamo di fronte da quando siamo usciti dalle caverne è sempre la stessa; aderire al ruolo di ‘consumatori’ al di la delle convinzioni intellettuali che ciascuno di noi liberamente riesce a concepire (o a scegliersi tra le molte offertegli dal libero-mercato di circolazione delle idee) senza doverne cercare di imporre la adozione ai suoi consimili, oppure aderire al ruolo di ‘cittadini’ cui diverse elite di parte propongono i più vari programmi di sviluppo eticamente corretti cui affidare l’investimento delle risorse requisite al nostro risparmio per via fiscale da governanti privi di avidità e di interessi egoistici in quanto ‘controllati’ dai check & balance tra istituzioni cui demandiamo la responsabilità del ‘corretto’ funzionamento della gestione delle nostre risorse secondo i criteri ‘superiori’ della programmazione economica prescelta a maggioranza.

Sembra un gioco poco convincente ma esso dura da milioni d’anni da prima che esistesse la moneta quando il mercato avveniva tramite baratto ed i mercanti si servivano di conchiglie.

Non ostante i fallimenti degli Stati Nazione e delle ideologie che hanno istoriato l’ottocento ed il novecento, stiamo oggi assistendo sconsolatamente al ripetersi di questa farsa con l’attribuzione dalle elite più snob ai politici più falliti di premi Nobel e Oscar per merito di avere previsto la catastrofe universale prossima ventura creata dall’avidità dell’uomo. La razionale dovrebbe essere che l’uomo (cui si attribuisce la causa dei disastri) scegliendo elite illuminate e altruiste (i falliti che trovano rifugio in ‘politica’) potrebbero finalmente costruire un futuro in cui il benessere e la qualità di vita fossero posti in sottordine alle esigenze di tutte le altre creature dotate di pari (se non maggiori data la loro innocenza nel creare i disastri) diritti limitando le nostre pretese di intrometterci con le tecnologie nel funzionamento naturale accettandovi un ruolo ispirato al rispetto ambientale che non ci vede privilegiati ma anzi penalizzati dall’intelligenza con i suoi apporti di creatività ma anche di avidità e ambizione personale.

Sembra una boutade ma è ciò di cui stanno cercando di convincerci le ‘menti sottili’ in sede di costruzione della emergente governance globale in termini di istituzioni, loro ruoli e criteri di legittimità!

È ora di finirla con le elite illuminate, previdenti e provvidenti; molto meglio limitarci ad essere consumatori di beni e servizi provenienti da qualsiasi fornitore a suo rischio e pericolo aziendale piuttosto che ostinarci ad affidarci a ideologie fondate su ‘paradisi promessi’ (e sempre dilazionati) propostici da ‘menti sottili’ che mai riescono a veder concretizzate le proprie ‘illuminate’ previsioni e che comunque si limitano a concepire a nostre spese tutelati da confortevoli salotti letterari finanziati da sponsor pubblici o privati o più spesso a spese della fiscalità generale.

La storia ci ha illustrato a proposito casi di studio divenuti classici:

  • ·         Malthus con la sua previsione ‘scientifica’ che poneva un limite massimo sostenibile per la popolazione globale; ed i suoi molti emuli successivi che hanno fallito nel prevedere limiti allo sviluppo o nella disponibilità di risorse energetiche,
  • ·         Marx con la sua previsione ‘scientifica’ del crollo del capitalismo industriale nel Regno Unito a causa del costante impoverimento del sottoproletariato e conseguente rivoluzione ‘democratica’,
  • ·         Mazzini con la sua previsione del successo repubblicano dei moti popolari regolarmente sempre falliti a spese del sangue versato da chi si era fatto convincere dai suoi proclami ideali emessi da comodi rifugi in Svizzera o nel monarchico Regno Unito,
  • ·         recenti previsioni d’imminenti ere di catastrofe climatica di reciproca confutazione; rischio di glaciazione o rischio di surriscaldamento globale.

Si tratta di giochi di fantascienza utili per la spettacolarizzazione mediatica o per la promozione di demagici programmi di governo dell’economia ma tutti fondati su modelli che hanno caratteri di ‘scientificità’ molto limitati.