16/06/2008

Irlanda e UE

il recente referendum in Irlanda conferma il divarico esistente tra le aspettative nutrite dal corpo sociale e le risposte che vengono offerte dalle istituzioni nazionali e soprannazionali.

Si tratta di una rappresentazione scenica di ciò che accade sempre in ogni sistema complesso nel corso della sua evoluzione. In essi si manifestano piccole ‘catastrofi locali che danno luogo alla loro graduale trasformazione in assetti più idonei all’impiego delle risorse disponibili. Ogni tentativo di esercitare resistenze al manifestarsi delle ‘catastrofi locali’ da parte delle istituzioni valide fino a ieri riesce solo a ‘rattoppare’ i vecchi vestiti sotto la ingovernabile pressione della nuova creatura. Il nuovo ‘Hulk’ deve lacerare i vestiti delle vecchie istituzioni per assumere la forma finale che gli viene offerta dalla nuova disponibilità di manifestare le sue potenzialità.

Si tratta sempre di vestiti istituzionali ciechi e sordi alle nuove istanze ed aspettative di crescita e molto in sintonia invece con gli interessi tradizionali sia economici che amministrativi. Ciò genera la discrasia tra Paese reale e Paese legale che ciascuno può sperimentare nel proprio Paese. La rete di resistenze al cambiamento assume le forme legali più varie. Dalle leggi e regolamenti che ostacolano il manifestarsi di nuove forme di competizione sul mercato per via normativa o fiscale a quelle che sottraggono agli elettori la scelta sugli alternativi percorsi politici e istituzionali. I politici cercano di mantenere le scelte dei cambiamenti istituzionali sotto controllo facendole poi cadere dall’alto con una tecnica illiberale di governo ‘top down’. L’economia continua a svilupparsi quindi spesso al di fuori della legalità. Il corpo cresce e lacererà gli abiti istituzionali.

Ciò che è avvenuto in Irlanda è l’ennesima bocciatura da parte del corpo elettorale di questo tipo di percorso politico legale ma illegittimo alla luce dell’opinione sovrana liberal-democratica. Era già accaduto in Francia e in Olanda nei confronti di un trattato molto, troppo simile che avrebbe voluto istituire una nuova carta costituzionale europea ritenuta culturalmente inaccettabile. Si è cercato di porre le minime modifiche e le solite ‘menti sottili’ ne hanno riproposta la ratifica da parte dei soli rappresentanti parlamentari nei Paesi che hanno ratificato. Nei Paesi di più solida tradizione liberal-democratica invece la bocciatura si è ripetuta. E sembrerebbe difficile che ora il Regno Unito ricorresse al recupero in extremis di un trattato ormai sterile sul piano culturale e politico-istituzionale.

Ciò che ha distrutto la crescita ‘naturale’ dell’UE verso un’unione politica oltre quella economica è stato proprio questa discrasia tra istituzioni politiche animate da visioni geopolitiche assolutamente aliene ad ogni aspettativa sostenibile da parte del corpo sociale.

I trattati di Roma hanno istituito un processo di integrazione economica e sociale totalmente condiviso dall’opinione pubblica in un’epoca in cui gli Stati Nazione erano ormai agonizzanti nelle loro effettive capacità di governare. Le migrazioni interne all’Europa dettate da ragioni di lavoro erano massicce ed avevano creato aspettative di parità di diritti tra ‘gast arbeiters’ e lavoratori cittadini del Paese ospitante e la mobilità per ragioni di turismo e studio aveva creato le premesse di unità di lingua e di programmi accademici. La complementarietà produttiva rendeva necessario di abbattere le dogane e di agevolare la concorrenza interna. Le resistenze istituzionali ispirate dalle ‘lobby’ nazionali hanno tentato spesso di imporre freni illiberali a questa crescita del ‘libero mercato’ contravvenendo alle aspettative del corpo sociale. Ciò ha dato luogo alla nascita di una burocrazia europea per poter legittimare i freni illegittimi dando luogo ad una sorta di governo soprannazionale privo di legittimità politica ma carico di poteri di interdizione decisi nel club della Commissione Europea; governo effettivo e non legittimato dagli elettori in tornate elettorali europee. Il parlamento eletto è stato sempre privato di qualsiasi potere effettivo sulle scelte di contenuto politico. Brussels gradualmente ha assunto il ruolo illiberale di costosa e odiosa soprastruttura burocratica governata da un club politico ‘irresponsabile’ di fronte agli elettori; una sorta di Sceriffo di Nottingham al servizio del despota che legittimava ogni forma di comportamento di autodifesa alla Robin Hood da parte di cittadini e aziende industriali. Favorito spesso anche da opportuni comportamenti istituzionali degli Stati membri.

A questo punto i politici ciechi e sordi alle istanze di crescita dei cittadini europei, invece di rispondere alle aspettative legittime di estensione delle libertà economiche interne all’Europa, hanno pensato di poter soddisfare proprie ambizioni geopolitiche che le ormai risibili risorse nazionali non permettevano più di alimentare. Si richiedeva un ‘salto di qualità’ dall’unione economica (che aveva già frustrato in modo abbondante le aspettative degli elettori) a quella politica imposta da due fatti geopolitici; il crollo del comunismo e la globalizzazione.

Il crollo del muro di Berlino aveva effettivamente liberato Paesi sicuramente percepiti come ‘europei’ dall’opinione pubblica più vasta. Ciò avrebbe suggerito alle ‘menti sottili’ di proporre una scelta ‘top down’ che legittimasse il loro ruolo di governo dell’UE. Ciò avrebbe richiesto una classe politica nuova che fosse estranea alle ambizioni dei singoli Stati Nazione e che si concentrasse a identificare il nucleo rigido di valori fondanti di una nuova costituzione condivisa su cui fondare la legittimità politica. Polonia, Cecoslovacchia, Romania, Paesi Baltici, Ucraina certamente avrebbero potuto essere ritenuti membri a pieno titolo dell’UE non solo sul piano degli scambi economici. La costituzione avrebbe allora dovuto proporre pochi paragrafi sulla traccia della civiltà ‘Occidentale’ cristiana e liberal-democratica. La Costituzione USA o la Magna Charta sarebbero state sia capite che condivise qualora le istituzioni liberal-democratiche europee avessero modificato il loro ruolo; Commissione Europea elettiva e solo esecutiva, Parlamento Europeo elettivo e legiferante e Corte Europea attenta a garantire i diritti della nuova costituzione.

L’altro evento geopolitico di addirittura maggiore peso era la globalizzazione che offriva all’UE un ruolo politico subordinato agli interessi più vasti della liberal-democrazia ‘Occidentale’. Ciò richiedeva scelte politiche difformi dalle precedenti e un passaggio in tre tempi verso un’unione politica di dimensioni più vaste. Dapprima l’unione militare ed economica tra i mercati ‘Occidentali’ europeo, nord-americano e del Commonwealth britannico (passo preliminare che ha suggerito al Regno Unito di astenersi dalla sua partecipazione alla moneta unica), successivamente l’apertura del mercato ai Paesi ‘Occidentali’ di libero mercato dell’America Latina e connessi al sistema economico britannico, infine la creazione dell’offerta di unione politica partendo dal nucleo più costituzionalmente omogeneo (USA, Regno Unito, UE) con una nuova carta costituzionale che integrasse i principi della costituzione USA e della Magna Charta. Ovviamente questo processo, più ambizioso sul piano geo-politico, avrebbe richiesto tempi più lunghi e ambizioni politiche meno supponenti da parte delle ‘menti sottili’ al governo degli Stati Nazione.

Si è scelto invece l’unico percorso privo di qualsiasi ancora di legittimità culturale e delle necessarie ed esorbitanti risorse finanziarie che devono quindi essere reperite in una fiscalità estranea alle aspettative del libero mercato. Si è voluta imporre una astrusa carta costituzionale che di fatto rinnega i valori liberal-democratici condivisi dai Paesi ‘Occidentali’ per ‘aprirsi’ all’adesione politica di Paesi (Turchia, Nord-Africa ma anche Libano, Georgia, Bulgaria e Albania) che sono certamente estranei alla condivisa civiltà ‘Occidentale’ conculcando le aspettative di liberazione di Armeni e cristiani maroniti o caldei. Questa imposizione dall’alto di una costituzione ‘innovativa’ si fonda sui valori ‘politically correct’ di un relativismo ideologico e di un pensiero debole che non possono certamente prestarsi a solida base di una nuova unione politica della presunta entità geopolitica che risulta così ‘alternativa’ a quella degli USA e del Regno Unito; oltre ad essere estranea alle aspettative culturali degli elettori degli Stati Nazione dell’UE ‘estesa’.

Consapevoli di questo ‘salto di qualità’ le ‘menti sottili’ al governo degli Stati Nazione meno liberal-democratici hanno scelto di proporre dall’alto la svolta politica e di illustrarne la costituzione con un testo astruso ed equivoco (sulla traccia del già fallito tentativo top-down della costituzione italiana di ispirazione cattolica e marxista – entrambe aliene alla tradizione liberal-democratica di libero mercato) per sottoporre poi illegittimamente (seppure legalmente) a ratifica tale atto politicamente fondante.

I risultati si sono manifestati dapprima col rigetto in Francia e in Olanda e poi, dopo un patetico tentativo di ‘riscrittura’, in Irlanda.

Non credo che le ‘menti sottili’ desisteranno dal tentativo di ‘cucire’ sul corpo di ‘Hulk’ questo tipo di nuovo vestito politico-istituzionale quindi assisteremo al progredire ‘scientifico’ di ulteriori ‘catastrofi’ interne che gradualmente isteriliranno qualsiasi ambizione dell’UE di svolgere un ruolo politicamente autonomo (seppure marginale) nell’inarrestabile contesto geopolitico dettato dalla globalizzazione che non ci permetterà di disporre delle risorse finanziarie e industriali necessarie. La graduale perdita di consenso interno all’UE sconsiglierà al Regno Unito e al Commonwealth di aderire alla ‘fuga in avanti’ dell’agonizzante UE indebolendone ancora di più le possibilità di azione politica.

Credevo che l’Italia fosse ormai ridotta ad una Disneyland priva di altre risorse se non quelle turistiche ma vedo che l’intera UE da Spagna, Francia, Germania fino alla Grecia (con l’esclusione forse della Svizzera e del Vaticano) si stanno costringendo a ricoprire quel ruolo di ‘parco storico’ di ‘culla della civiltà Occidentale’. Lasciando con ciò a Regno Unito e USA di svolgere il ruolo ‘imperiale’ nel nuovo ordine mondiale sul piano del potere civile (con il permanente coordinamento sul piano morale della Chiesa di Roma).

A me personalmente sta bene. Per le ‘menti sottili’ si prospetta un’ulteriore conferma della loro miope percezione dei limiti che le loro ambizioni dovrebbero rispettare prima di sviluppare machiavelliche ed illiberali iniziative politiche prive di ogni possibilità di poter attrarre consenso diffuso tra gli elettori nello spirito della tradizione liberal-democratica della civiltà ‘Occidentale’.

Speculazione: meccanismo fisiologico

sono un curioso osservatore dei comuni comportamenti ‘scientifici’ che animano tutti i sistemi complessi e sono un assertore ottimista del liberismo quale migliore sistema organizzativo per adeguarli alle spinte di cambiamento che, in ‘natura’, li destabilizzano tutti in modo costante e graduale. Questa instabilità è una dote intrinseca di ogni sistema complesso che cerca di ottimizzare i propri processi evolutivi per un uso minimo della risorsa che li alimenta; l’energia. Esiste in definitiva una ‘legge di natura’ che impone ai sistemi complessi di ricercare percorsi evolutivi caratterizzati da uso di ‘minima energia’.
I sistemi complessi possono dotarsi di strutture organizzative capaci di rallentare quelle instabilità e di incanalare le trasformazioni che ne conseguono in modo da evitare ‘localmente’ forme di disagio vissute da taluni sottosistemi a scapito di altri che ne devono sostenere i costi del disagio eluso. Si tratta di forme di opportunismo tutelate da meccanismi che risultano tanto più artificiali quanto meno ‘liberali’.
Per arrivare alla speculazione finanziaria occorre riconoscere che la moneta rappresenta una misura di energia accumulata nei sistemi economici. Essa capitalizza i bilanci energetici provenienti dal complesso molto articolato e in costante divenire delle attività produttive più periferiche grazie ad una gerarchia di strutture che tentano di regolamentarne il risparmio e l’erogazione. Tanto meno ‘libere’ di evolvere tanto più elitarie risultano le conseguenze prodotte da quelle strutture artificiali. I meccanismi più ‘liberi’ da sovrastrutture potenzialmente settarie sono quelli più periferici del sistema; le famiglie e i professionisti.
La ‘speculazione’ è l’unico meccanismo pienamente liberale sia in quanto esso nasce ‘al di fuori’ delle capacità di controllo delle vecchie strutture regolatrici, e potenzialmente settarie o elitarie, sia in quanto essa si propone in modo totalmente aperto alla partecipazione di piccoli e grandi risparmiatori che sono tutti animati dalla naturale speranza di tutelare il valore di cui dispongono. È una tendenza naturale ed egoista che la ‘speculazione’ permette di accumulare in modalità costantemente nuove per tutelare una risorsa sempre scarsa e porla al servizio del finanziamento di nuovi meccanismi che siano più adeguati ad ottimizzare l’energia globale necessaria per lo sviluppo del sistema nel suo complesso. È un modo di leggere il liberismo come eterogenesi dei fini; cioè una spontanea confluenza di egoismi a conseguire il benessere di tutti. 
Il bello di questo meccanismo liberale è che esso risulta incontrollabile da parte di istituzioni che non ne riescono a prevedere gli sviluppi. Ciò garantisce da un lato la libertà dei singoli risparmiatori chiamati a assumere la responsabilità individuale della loro adesione e da un altro lato premia le libere scelte e la creatività industriale mettendo a disposizione risorse che le vecchie strutture organizzative non sono mai interessate a prendere in considerazione con la priorità di valutazione necessaria per favorire lo sviluppo del sistema verso assetti nuovi e ‘catastrofici’ per i vecchi assetti produttivi.
Tifare per la ‘speculazione’ comporta anche riconoscere che essa, in quanto tendenzialmente ‘illegale’, si affianca a canali criminali che in genere detengono masse finanziarie notevoli che anch’essi cercano di tutelare e ‘riciclare’. Spesso quei canali sono criminali grazie al carattere illiberale delle leggi. È il caso del ‘proibizionismo’ negli USA che ha permesso ai Kennedy di creare le loro fortune con Joseph e Rose e di finanziare la dinastia politica con John, Robert e Ted. Spesso si tratta di canali ‘liberali’ che consentono a generazioni successive di convertire le originarie attività criminali in attività industriali. È il caso della ‘mafia’ italo-americana ed ebraica che convertì gioco d’azzardo e prostituzione da industria criminale a industria del leisure con la legalizzazione in Nevada e poi gradualmente in altri Stati permettendo di passare dai boss del calibro di Al Capone e Lucky Luciano ai dirigenti degli attuali gruppi di offerta dei consumi del tempo libero.
Anche questi sono comparti industriali assolutamente ‘liberali’ che seguono le stesse leggi di natura ed accumulano risorse liberamente cedute da una democratica adesione dei consumatori più spiccioli e su base quotidiana a consumi che magari sono considerati ‘illegali’, ‘irresponsabili’ o ‘immorali’ ma che non sono imposti da altro che da libera adesione e collocazione di risparmi frutto di lavoro e dissipazione di energie individuali.
Al di là di ogni valutazione etica che attiene alla sfera del ‘peccato’, anche molti ‘reati’ contribuiscono grazie alla ‘speculazione’ a far affluire risorse monetarie utili per finanziare lo sviluppo ‘liberale’ di un sistema complesso i cui comportamenti etici potranno ‘liberamente’ trasformarsi alimentando forme di consumi di contenuti meno materiali e più spirituali.
Il sistema umano ha da sempre un meccanismo evolutivo assolutamente ‘liberale’ e incontrollabile dalle ‘istituzioni’ che gli consente di far affluire per libera (anche se spesso ritenuta ‘irresponsabile’) scelta le risorse a sostegno dello sviluppo industriale e del progresso liberal-democratico che ne discende. Questo meccanismo alimenta lo sviluppo futuro grazie a forme di comportamento ‘egoista’ che includono atti di consumo (gioco d’azzardo, prostituzione, consumi di droga) e atti di scambio (evasione, elusione fiscale, fuga e riciclo di capitali) spesso ‘illegali’ che la ‘speculazione’ finanziaria riesce a reinvestire sui comparti più congeniali con le esigenze di evoluzione del sistema complessivo e soddisfare così la legge naturale di minimo consumo di energia (accorpata nella sua misura più astratta che è la moneta).