15/03/2008

 

Occidente e ‘Tecnologia’

Cogliamo l’occasione della creazione di soluzioni tecnologiche per risolvere i nuovi problemi che si presentano nel corso dell’evoluzione della società per sottolineare ciò che distingue le ‘soluzioni’ tra Occidentali e anti-Occidentali. Sempre nel senso concettuale o non geografico che diamo a quel termine in questo sito. Inventare soluzioni tecnologiche infatti è un processo di trasferimento delle sempre nuove conoscenze scientifiche nel corpo di strutture tecnico-organizzative impiegabili dall’uomo per migliorare la qualità di vita quotidiana. Abbiamo cercato anche di segnalare in un precedente contributo come ogni ‘tecnologia’ sia composta da un insieme di elementi strettamente interconnessi che partendo dall’hard-ware (il sottoinsieme più meccanico sempre necessario per svolgere qualsiasi servizio utile nella materialità della nostra vita) vi aggiunge un soft-ware (il sottoinsieme delle nuove nozioni necessarie per poter gestire ogni hard-ware sia acquisite come abilità individuali o integrate da componenti più o meno significative di ausili informatici) inserendone l’uso nel contesto di un org-ware (il sottoinsieme delle procedure che garantiscono l’uso efficiente e sicuro delle nuove potenzialità offerte dall’hard-ware) che a sua volta viene reso controllabile e credibile da un apposito norm-ware (il sottoinsieme di normative private e statali che consentono la prevenzione e la repressione efficace degli abusi del nuovo hard-ware). Quest’ultimo sottoinsieme viene disegnato nel rispetto dei criteri ispiratori della società al cui servizio viene introdotta la nuova ‘soluzione tecnologica’. Questa gerarchia di sottoinsiemi è presente in ogni ‘soluzione tecnologica’ e ne caratterizza quindi lo spirito che anima i ‘controlli’ che si esercitano legittimamente su di essa. È quindi possibile distinguere tra le ‘soluzioni’ disponibili e che ci vengono vendute ‘trasparenti’ in quanto ‘tecnologiche’, quelle compatibili o meno con una ispirazione Occidentale della società. Non solo ma se si esamina il modo in cui le nuove scoperte scientifiche vengono ‘strumentalizzate’ a fini applicativi con l’invenzione di nuove tecnologie, si può condurre un’ulteriore distinzione tra Occidente e anti-Occidente in materia di avanzamento del progresso tecnologico. Infatti in Occidente sono le esigenze che maturano nel mercato dei consumatori ad ispirare la creatività dell’industria. Si tratti di ‘domanda inappagata’ per manifeste carenze e inadeguatezze, si tratti invece di ‘domanda inespressa’ in quanto in corso di maturazione a sostegno del cambiamento necessario degli usi e abitudini di vita. Se lasciata libera di manifestarsi senza vincoli (in pieno e ‘selvaggio’ libero mercato), questa creatività riesce a cogliere ogni più piccola occasione per ‘inventare’ il progresso e raccoglierne rapidamente la remunerazione derivante da libere (e responsabili) scelte di spesa individuali. È naturale quindi che ciò che caratterizzi l’’Occidente’ dal non-Occidente sia proprio il dinamismo con cui l’innovazione tecnologica si riversa sul mercato dei consumi. Mentre infatti l’innovazione scientifica dipende da singole menti pensanti che, pur aiutate dalle tecnologie a loro disposizione, assicurano al progresso globale un enorme ‘valore aggiunto’ di intuizioni (che derivano dalle loro speculazioni filosofiche sulle letture ampiamente disponibili ovunque), l’innovazione tecnologica dipende da due fattori chiave. La competizione geo-politica militare che è presente in ogni epoca storica e che è legittimata sotto ogni regime politico a finanziarsi con risorse fiscali e la competizione nel mercato dei consumi che riceve legittimazione dalle piccole scelte di consumi individuali anche se spesso quei consumi possono risultare ‘illegali’. Come diceva un amico vecchio e sapiente ‘si guadagna meglio comprando a chili e vendendo a unità’ ciò vale anche sul mercato dei consumi tecnologici. Se la scienza inventa la ‘polvere pirica’ (in Cina pre-Marco Polo) ma gli interessi geo-politici non ne favoriscono l’applicazione bellica succede che quell’invenzione scientifica divenga lo strumento di progresso tecnologico in Occidente in cui la competizione sui mercati offriva agli industriali occasioni di guadagno stimolandone la creatività nelle applicazioni balistiche (in Italia gli armaioli di Brescia). Quell’innovazione tecnologica (Occidentale) sostenuta dai consumi bellici per finalità di egemonia geo-politica si è poi riversata grazie alla creatività dell’industria (su sollecitazione delle applicazioni profittevoli nel libero mercato) e grazie all’ammortamento militare degli iniziali costi di investimento industriale in altri campi di applicazioni civili (miniere, strade, trafori, caccia, etc.). Accade lo stesso oggi in ogni altro settore in cui la scienza ha progredito, indipendentemente dal sistema politico in cui l’innovazione scientifica è maturata. Ne è esempio emblematico la fisica dello stato solido che ha consentito alla scienza matematica degli anni 1930 1940 di potersi tradurre in consumi diffusi sul libero mercato con Shockley inventore del transistor (robotica, crittografia nelle comunicazioni, computers, cellulari, internet). È allora possibile dire che mentre il progresso scientifico è in mano a pochi eletti il cui genio è gratificato da illuminazioni creative che poco hanno a che fare con il sistema politico in cui vive il genio, il progresso tecnologico è invece strettamente dipendente dalla libertà di intraprendere e di consumare che esiste in uno specifico sistema politico. Tanto più prossimo al nostro concetto di ‘Occidentale’ è un sistema sociale, tanto più elevati sono gli stimoli nei confronti della creatività applicativa delle conoscenze scientifiche già acquisite a beneficio della domanda diffusa di nuovi consumi che sotto la sua piena responsabilità individuale ogni produttore di reddito decide di porre nelle sue priorità nel perseguimento della propria felicità. Questo ci collega allo Spirito del ’76 in pieno dibattito politico sul concetto e la pratica della liberal-democrazia nel mondo. Gli USA sono spesso indicati come sistema emblematico della civiltà ‘Occidentale’ e vengono proposti come desiderabile punto di arrivo nel corso del progresso industriale. In realtà una tale identificazione è troppo grossolana e rischia di venire stravolta per ragioni demagogiche. Infatti mentre si può certamente affermare che gli USA costituiscano un sistema politico che anticipa ogni altro di almeno un decennio lungo il progresso della liberal-democrazia, proprio grazie alla libertà di mercato ivi esistente, si deve esaminare all’interno di quel Paese la costante lotta che si svolge tra gli Occidentali e gli anti-Occidentali che rischia di sfociare in vere e proprie forme di restaurazione ‘reazionarie’ rispetto alla conservazione del libero mercato. Le proposte di avocazione allo stato federale di fasce di servizi di un diffuso interesse pubblico sono infatti generate da gruppi di interessi industriali capaci di esercitare pressioni politiche al Congresso per limitare o obbligare certi consumi a incanalarsi entro canali protetti. Ne sono esempio sia gli eco-terrorismi che aiutano i proprietari delle riserve petrolifere a conservare e ad aumentare i propri guadagni sia le provvidenze tipiche dello Stato Sociale che garantiscono capacità di lucro ad assicurazioni e istituzioni mediche organizzate. Anche la ricerca di stato ha fallito negli USA come in ogni altro sistema non-Occidentale. Infatti i progressi in materia di ricerca sanitaria ottenuti in centri come NIH di Bethesda sono assolutamente risibili rispetto ai fondi impiegati (ed ordinatamente distribuiti tra ‘centri di eccellenza’ così definiti da uno stuolo di burocrati conniventi con i politici più demagoghi di Washington DC). Anche in materia di progresso tecnologico e dei servizi di interesse pubblico occorre saper distinguere tra ‘soluzioni tecnologiche’ a-misura di una visione Occidentale della società rispetto a quelle a-misura di visioni elitarie e illiberali.