14/08/2009

Capitalismo e Speculazione: i “paradisi fiscali”

Paolo Savona su il Foglio ha illustrato con chiarezza e sintesi l’improbabilità che il Nuovo Ordine Globale si possa fondare su altro se non sulla solidità del paradigma del capitalismo-liberista che ha generato l’attuale estensione dell’industrializzazione di libero mercato su base globale.

Il professore Savona illustra le ragioni per cui si sta rapidamente uscendo dall’attuale ‘crisi fisiologica’ del sistema industriale ‘Occidentale’ grazie all’efficace cooptazione nel paradigma comportamentale liberista di Paesi anche estranei alla logica dei regimi liberal-democratici come la Cina autoritaria e imperialista.

Quella del professor Savona è una trasparente illustrazione della fase di rilancio del sistema industriale nel processo lento ma irreversibile della riorganizzazione su base globale della catena dei processi industriali che affidano le fasi man-power intensive ai Paesi emergenti ed obbligano quelli d’industrializzazione più matura a innovare i propri ruoli investendo selle fasi più capital-intensive (capitale sia finanziario che di know-how tecnologico-organizzativo).

Si tratta di un processo di estensione della produzione che è stato sollecitato dal convergere delle esigenze di un Nord che offriva al potenziale industriale un mercato saturo e limitato e del Sud più popolato e indigente che offriva un mercato potenziale di consumatori e di produttori a basso costo. Tale sinergia prometteva ai capitali finanziari una prospettiva di redditività ed una crescita globale di reddito enormi a parità di risorse disponibili al Nord.

Questa sinergia di interessi preesisteva al crollo del muro di Berlino ma, dopo quella data, non ha trovato più gli ostacoli politici della guerra fredda ed è riuscita ad avviare il processo dell’internazionalizzazione di libero mercato abbattendo i prezzi dei beni e servizi offerti sul mercato dei consumi del Nord (espansione di consumi via carte di credito) che rendevano redditizi gli investimenti industrial al Sud garantendo immediati sbocchi commerciali e raccogliendo le massicce risorse finanziarie necessarie per finanziare l’insediamento dei nuovi impianti industriali al Sud conservando costante la massa di dollari in circolazione e senza quindi inflazionare quella valuta egemone nel mondo finanziario globale, tramite raccolta di risorse per acquisti a-rischio di beni immobiliari, commodities e altre forme di prodotti finanziari a rischio elevato (“speculativi”).

Questo processo di estensione del benessere industriale su base globale è avvenuto in tempi ridotti proprio in quanto privo di ostacoli politici da parte degli Stati Nazione che devono oggi adeguare le proprie procedure di controllo finanziario concordandole coi due Paesi che hanno tacitamente agevolato l’innovazione epocale dell’integrazione industriale tra Nord e Sud. L’estensione della liberal-democrazia seguirà inevitabilmente se si vorranno conservare i benefici consolidati e quelli potenziali. Il primo passo di quell’estensione del sistema ‘Occidentale’ a tutti i Paesi del globo è già avviato con la ricerca di nuove procedure e istituzioni che tutelino il Nuovi Ordine Globale (la “governance” necessaria per consolidare nel tempo l’integrazione produttiva e distributiva) secondo una gerarchia riconosciuta di decisioni politiche (G2, G8, G20+). Anche la Chiesa di Roma sta armonizzando la propria dottrina sociale al nuovo contesto geo-politico in fieri (l’enciclica recente “Caritas in Veritate” è solo una delle pietre miliari e non sarà quella finale).

Se quindi, come conferma il professor Savona, il processo dell’internazionalizzazione industriale è condiviso sul piano geo-politico globale e sta ormai offrendo chiare indicazioni sui suoi effetti virtuosi consolidando i ruoli iniziali degli USA (come consumatore) e della Cina (come produttore e finanziatore del debito pubblico USA in quanto suo massimo creditore in dollari), sembra difficile che entrambi vogliano realmente incidere sui meccanismi più libertari a disposizione del capitalismo-liberista e cioè quelli finanziari più innovativi che sono quindi quelli caratterizzati da maggiore lungimiranza in quanto a redditività potenziale, da maggiore libertà creativa in quanto prodotti più innovativi di quel comparto di industria e quindi da maggiore grado di rischio per il risparmiatore che aderisse spinto dalla sua avidità o consapevole valutazione del rapporto rischio/ritorno insito in quei prodotti “speculativi”.

Detto senza ipocrisia, l’essenza stessa dell’innovazione industriale più redditizia non risiede nella presunta innovazione offerta dalla ricerca applicata o da quella tecnologico-organizzativa dei processi produttivi che possono incrementare la produttività industriale per gradi di crescita percentuale a due cifre. I veri salti di qualità del progresso industriale si realizzano solo grazie agli investimenti “speculativi” che sono suggeriti da scelte epocali sin dai tempi delle scoperte di nuovi continenti, dalla successiva creazione delle Compagnie Commerciali fino all’avvento graduale in epoca moderna dei tracotanti tycoon fondatori dei gruppi multi-nazionali minerari (De Nemour, De Beers), finanziari (Rothschild, Rockefeller, J.P.Morgan), petrolchimici (le “sette sorelle”), energetici (Edison, General Electric) fino agli odierni tycoon nei comparti comunicazioni ed aero-spaziali delle hi-tech (Thomas Watson, Howard Hughes, Steve Jobs, Bill Gates, Ted Turner).

Si tratta di un processo che si è dimostrato libero dalle ideologie politiche sia secolari che religiose e che ci ha nei secoli costantemente liberato dalle resistenze reazionarie opposte indistintamente da tutti i regimi politici nel tentativo di conservare vecchi privilegi destabilizzati dall’incombente progresso industriale.

Insomma occorre riconoscere apertamente alla “speculazione” il merito “scientifico” (cioè acquisito in modo pragmatico ‘sul campo’) e il suo ruolo virtuoso a beneficio del progresso della civiltà ‘Occidentale’ grazie al suo ruolo di alimentare il meccanismo del capitalismo-liberista.

Dubito pertanto che, al di la delle grida demagogiche per uso politico interno, alcuno degli statisti coinvolti oggi nella costruzione della governance globale voglia realmente immettersi nella “guerra ai pirati” (evasori e elusori) alla ricerca di distruggere gli stessi porti franchi (i “paradisi fiscali”) necessari alla speculazione finanziaria per poter svolgere il suo ruolo storico e meritorio di “levatrice del progresso” industriale; la culla della civiltà ‘Occidentale’ stessa grazie al suo impiego virtuoso col libero-mercato dell’avidità degli uomini.