14/05/2010

Futurologia e consulenza alle politiche industriali

Negli anni ’70 ebbi il privilegio umano e culturale di partecipare agli incontri tra i rari gruppi di studiosi che curavano interessi per il potenziale altamente suggestivo derivante dall’esplosione delle conoscenze e delle tecnologie dell’informazione che erano state prodotte dalle applicazioni industriali al servizio bellico durante il secondo conflitto mondiale. L’innesco di quest’esplosione ma sperimentata in precedenza di applicazioni industriali era avvenuta grazie al catalizzatore bellico ma era stata possibile grazie all’enorme patrimonio di conoscenze scientifiche maturate tra i due conflitti mondiali in discipline assolutamente innovative e molto separate tra loro come linguaggio e scopi accademici.

Era nata una disciplina con espresse finalità interdisciplinari per stimolare la creatività di scienziati di diverse materie a stabilire efficaci sinergie delle reciproche conoscenze che si era dimostrata capace di alimentare il progetto di soluzioni altamente innovative, molto produttive nei risultati ed efficaci non solo sul piano delle applicazioni tecnologiche relativamente economiche in rapporto al livello dei risultati da loro prodotti ma anche sul piano delle stesse conoscenze scientifiche.

La Ricerca Operativa riusciva a chiarire il problema centrale di interesse militare nei suoi aspetti umani, logistici, operativi, etc. e riusciva, grazie all’impiego innovativo di algoritmi matematici già esistenti in uso nell’ambito più ristretto di specifici comparti di industria che, una volta proposti per risolvere problemi in apparenza molto difformi da quelli classici per cui erano stati concepiti, dimostravano di possedere un potenziale suggestivo di applicazioni rivoluzionarie in altri settori operativi.

Questa disciplina riusciva a beneficiare dell’apporto delle più recenti e ghettizzate discipline scientifiche tra cui le scienze dell’informazione, la robotica, la quantistica, la fisica dello stato solido, la psicologia fino ad allora applicata solo marginalmente e in modo artigianale in applicazioni cliniche e in qualche aspetto del management, un’altra disciplina che ricevette enorme impulso nel corso del periodo bellico sia in logistica, che nella produzione industriale, che nella gestione delle operazioni sul campo.

I più riservati centri di ricerca applicata in tutti i paesi in guerra avevano accumulato un patrimonio di soluzioni e di innovazioni applicative che, nel dopoguerra, l’industria aveva travasato al servizio delle sue esigenze civili. Così nacquero dai centri di Comando e Controllo sperimentati per la gestione delle operazioni sul teatro bellico, le sale situazione che gradualmente sollecitarono servizi più efficienti dalle comunicazioni e dall’informatica. Così le tecniche A-B-C della logistica militare riuscirono a riorganizzare la struttura degli obiettivi e dei servizi secondo una priorità gerarchica e monitorata che consentiva elevati risparmi di uomini e di materiali e una costante valutazione dei livelli di rischio che incombevano sulla distribuzione dei beni e servizi sul mercato. Le tecniche di valutazione del rischio, così diffuse in ambiti industriali molto “maturi”, stimolarono non solo l’adeguamento dei servizi assicurativi all’industria ma stimolarono anche la stessa industria a provvedere al rischio con strumenti interni all’azienda; auto-assicurandosi con la creazione di speciali riserve finanziarie ma anche e soprattutto con una valutazione sempre più accurata delle fasi che componevano i processi produttivi e distributivi; una fase che condusse gradualmente a sviluppare criteri di obsolescenza programmata, di manutenzione programmata, di valutazione della qualità che concorsero poi a creare il management aziendale impostato sulla qualità totale degli anni ’90. L’impulso alle comunicazioni di potenza, alla rilevazione a distanza sollecitato dalle applicazioni militari anti-sub e anti-aerei, alla foto- rilevazione aerea di immagini e la crittografia a tutela delle trasmissioni di dati sensibili si tradussero in stimoli alla componentistica elettronica con la nascita dei transistor, poi dei microcircuiti integrati e con lo sviluppo dei radar e dei sonar per uso civile, allo sviluppo delle trasmissioni digitali e dei sistemi a onde e.m. a emissione stimolata di energia (maser e laser oggigiorno di impiego intensivo e diffuso in ogni comparto di industria). La psicologia applicata sviluppò metodiche di brainstorming e di problem solving capaci di dare servizio a ristretti team di professionisti cui era affidato il compito di immaginare realistici scenari di evoluzione delle tecnologie e del mercato di operazione perché le scelte strategiche dei gruppi industriali si potessero fondare su descrizioni chiare dei possibili rischi, dei possibili potenziali di crescita e del carattere di rigidità intrinseco alle alternative strategie di investimento.

Tra i pochi centri internazionali che si interessarono delle applicazioni interdisciplinari figuravano studiosi con lunga esperienza del periodo bellico ma anche giovani meno afflitti dal peso di esperienze dolorose che erano quindi animati da minore spirito ideologico nell’immaginare le nuove applicazioni e nel suggerire le applicazioni più innovative. La cooperazione industriale prevista dalla NATO era il migliore strumento già esistente ed operativo che era a disposizione in quel periodo e quindi molte applicazioni industriali vennero sviluppate al servizio dei sistemi militari in quasi tutti i paesi. Dal Comando, Controllo e Comunicazioni, alle reti di trasmissione digitale e mobili, ai sistemi crittografici, agli scenari di previsione e valutazione si sono ricavate le esperienze per la conduzione di gestione remota dei movimenti e degli interventi a-distanza (drones e bombe intelligenti) oggi di ordinaria applicazione.

McNamara sviluppò anche tecniche di management che migliorarono in grande misura la contabilità dei sistemi al di la dello stretto ambito militare iniziale. Il PPBS del Dipartimento della Difesa USA fu emulato e riveduto a misura della contabilità nazionale francese da DeGaulle col sistema di Razionalizzazione delle Scelte Budgettarie. La rete tecnologicamente sofisticata di monitoraggio e intervento bellico di McNamara è stata successivamente arricchita di strumenti tecnologici per le guerre a distanza

Personalmente ebbi, come detto, il privilegio di incontrare molti protagonisti scientifici cui sono ancora legato da reciproca amicizia e familiarità. Molti più anziani e gradualmente usciti dal giro per ragioni naturali, altri coetanei e ancora eccellenti partner professionali. Tutti con un ricordo e capitale di esperienza irripetibile. Ci si incontrava per dibattere aspetti di concreto interesse industriale in congressi scientifici informali ma spesso sotto l’egida delle istituzioni diplomatiche e militari NATO. Io ero professionalmente impegnato allo sviluppo dei sistemi di Comando & Controllo ai diversi livelli, di sistemi di PPBS a beneficio della cooperazione industriale in Italia e nei confronti di altri paesi, di sistemi di trasmissione digitale misti fissi e mobili, di sistemi di rilevazione pilotati a distanza, di applicazioni di crittografia maser/laser modulati di emulazione di sistemi di volo per addestramento ma soprattutto ero impegnato a sviluppare in azienda e al suo esterno sistemi organizzativi destinati alla creazione di scenari operativi di previsione e valutazione. Le tecniche implicavano un inserimento di servizi informatici molto potenti ma già “maturi” al servizio di team professionali molto disomogenee e non necessariamente abituate alla collaborazione per aiutarli a comunicare tra loro e verso il committente aspetti disciplinari altamente difformi ma da fasare in reciproco beneficio sinergico per assicurare un valore aggiunto agli apporti di consulenza altrimenti erogabili dalle singole discipline. Il metodo Delphi era molto studiato in Francia e negli USA in quanto quei paesi erano i tradizionali cultori delle conoscenze di psicologia applicata seppure nell’ambito di scuole molto artigianali. Conobbi allora Edward Mc Cornish, i coniugi Mc Luhan, Aurelio Peccei, Eleonora Masini, Ralph Nader, Robert Graff, Stanley Lesse, Vittorio Segre, Carlo Jean, Fred Wood, Andrew Microwski, Herb Seal, Preston Probasco, John Bedini, Tom Bearden, Jack Kemp, George Gilder, i coniugi Meadows, Lester Brown, Rachel Carson, Phillip Grub. Tutti personaggi fortemente disomogenei come ispirazione scientifica. Molti tra loro infatti erano animati da un’intima sfiducia e scetticismo sulle capacità umane di provvedere ai danni causati dallo sviluppo industriale con tecnologie correttive. Ritenevano questo approccio una sorta di circolo vizioso di costante creazione di problemi al fine di rimediare a problemi precedenti. Lo stesso pessimismo fondato sul convincimento che il paradigma dello sviluppo industriale sia quello di un “gioco a somma zero” nel quale si guadagna qualcosa solo a scapito dei un altro sottoinsieme del sistema globale (essendo il sistema globale un “sistema chiuso”. In realtà il sistema globale non è “chiuso” se si considera che esso faccia parte di un più ampio sistema extra-terrestre da cui proviene ogni forma dell’energia che stiamo utilizzando in modo ancora troppo primitivo da millenni, col quale potremmo scambiare tipi di scorta logistica eventualmente necessari alla conservazione di una qualità di vita appropriata alle esigenze umane e tenendo conto inoltre che i tassi di natalità non restano costanti al crescere del benessere ma tendono a scadere in tali livelli di denatalità da porre seri problemi oggi in molti paesi più industriali.

Quelle diversità di ispirazione psichica mi condussero a stringere maggiori relazioni con un gruppo di studiosi che ritrovai poi impegnati in ambito politico al tempo dell’amministrazione Reagan e nei successivi sviluppi internazionali. Restai tuttavia in stretta relazione con i cosiddetti “new scientists” tra cui Luigi Lino un eccellente professore di chimica costretto ad emigrare dalla Dalmazia quando il Territorio Libero venne ceduto all’Italia in cambio della cessione dell’Istria e della Dalmazia. La figliola di Luigi, un’eccellente italiana naturalizzata, ha poi sviluppato sulle doti ereditate da Luigi una carriera diplomatica che l’ha condotta ai vertici del Segretariato di Stato USA.

Ciò che, al termine d’una lunga carriera professionale, posso personalmente riferire a proposito del concreto valore che ho potuto riscontrare nelle “previsioni di scenario” e nelle “previsioni tecnologiche”, si riduce a poche considerazioni.

Intanto si possono dividere le “previsioni” tra quelle ispirate dallo scetticismo o perfino da un pessimismo di carattere catastrofista e quelle ispirate invece da ottimistica fiducia nella costante capacità dell’innovazione industriale a poter dare soluzione a problemi generati dall’impatto che manifesta il progresso industriale stesso a spese degli equilibri ambientali e comportamentali precedenti.

Il primo tipo di “previsioni” definibili come neo-malthusiane ha sempre totalmente fallito nelle sue visioni e non ha potuto dimostrare alcuna coerenza lungo la catena di anticipazioni; dall’esaurimento delle scorte di combustibili fossili (un fattore apparentemente “elementare” da studiare in quanto riferito a giacimenti fissi contro consumi crescenti), all’aumento delle carestie dovute a limiti della crescita dell’offerta rispetto alla crescita della domanda di derrate alimentari, all’imminenza di drammatici cambiamenti climatici (sia verso ere glaciali o verso riscaldamento globale), alla morte del capitalismo liberista (sia dovuta all’instaurazione di un autoritarismo globale, sia dovuta al rifiuto del paradigma da parte dei diseredati del terzo e quarto mondo) fino ai più risibili fenomeni di isterilimento delle terre coltivabili per carenza di acqua o irreversibile inquinamento delle acque e delle terre abitabili per la crescita dell’industrializzazione. Ricordo a questo proposito la Carson e la sua “primavera silenziosa” causata dall’uso indiscriminato del DDT che in seguito è stato inibito massicciamente con conseguenze deteriori proprio nelle aree più afflitte da malattie causate dai portatori delle loro cause (malaria in Africa, Centro America, Asia come puro esempio). Ricordo anche la fallimentare rappresentazione con modelli computerizzati (e quindi ritenuti più “scientifici” di quanto non sia possibile per affermare la validità o meno – falsificare – qualsivoglia teoria scientifica purché tale) dei “limiti allo sviluppo” e così la vera truffa su cui poggiava la “previsione” del “man-made-global-warming” promossa da sponsor politici e industriali interessati alla “programmazione industriale” tramite scienziati le cui affermazioni risulterebbero “inconfutabili” per definizione stessa dell’eccellenza dellì’accademia. Questa recente “previsione” pessimista catastrofista è stata ispirata da movimenti ambientalisti sponsorizzati dai gruppi oligopolisti proprietari dei giacimenti di combustibili fossili e denominati ecologisti. Da quei gruppi para-politici in chiave anti-industriale e autoritaria per ciò che concerne l’esigenza di garantire le future generazioni con una governance autorizzata a “programmare” lo sviluppo industriale si sono gradualmente separati gli studiosi con interessi molteplici per la tutela dell’ecosistema tramite un costante adeguamento delle nuove tecnologie alle aspettative e disagi prodotti dalle precedenti soluzioni tecnologiche in uso diffuso. Un insieme di intellettuali realmente interessati a rimuovere le molte forme di “inquinamento ambientale” che inevitabilmente il progresso del benessere economico e industriale riverbera sull’ambiente di vita.

Tuttavia tutte le “previsioni catastrofiste” (così come la “speculazione selvaggia” in campo finanziario) sono servite al capitalismo-liberista per sviluppare rimedi tecnologici e organizzativi fertili di nuovi stimoli alla crescita della produzione industriale e benefici per una graduale rimozione delle forme di inquinamento e di riorganizzazione dell’organizzazione produttiva più confacente con le aspettative sociali senza uscire dal paradigma della liberal-democrazia che si fonda sulle crescenti libertà del mercato di produzione-risparmio-consumo (libertà e responsabilizzazione che vale anche per l’innovazione dei servizi “politici”).

Per converso posso affermare che quasi tutte le “previsioni” di scenario (di mercato) cui ho preso parte o cui ho assistito si sono rivelate errate e fallimentari (in piena analogia con le “previsioni catastrofisti”) quando sono state limitate pregiudizialmente a garantire coerenza dei risultati rispetto a precedenti prodotti, servizi o comportamenti sociali. Esse si sono invece sempre rivelate altamente “suggestive” di profonde innovazioni quando sono stati coinvolti a rispondere ai quesiti “strategici” profili culturali, professionali e umani senza tentare di pre-definire i criteri di partecipazione rendendo in qualsiasi modo “omogenei” gli interlocutori ammessi al dibattito e, quindi, riducendo il potenziale innovativo e aumentandone invece l’appiattimento su un’ortodossia di per sé causa di sterilità delle “previsioni” richieste. Esistono nella storia industriale molti casi eclatanti di questi fallimenti aziendali.

Gli “scenari” prodotti invece da centri esterni all’azienda e quindi scarsamente limitati nella gestione delle fasi “tecniche” lungo le quali si svolgono le interazioni tra i partecipanti e nella stessa selezione del profilo dei partecipanti alla “previsione” si sono dimostrati altamente innovativi e “suggestivi” di modifiche in ogni comparto industriale coinvolto. Sia la livello della ricerca applicata, sia a quello della progettazione delle soluzioni industriali più costo/efficaci, sia sul piano delle scelte di riorganizzazione manageriale e operativa delle risorse impiegate dall’azienda sul campo.

È emblematico in questo senso il “caso George Gilder” coi suoi innumerevoli successi rivoluzionari e fertili di crescita e innovazione industriale per oltre cinquant’anni. Un personaggio che ha saputo dare servizio in modo istituzionale all’industria strutturando i suoi apporti come servizi di sensibilizzazione (divulgazione) o di orientamento operativo (consulenza).

Si tratta della dimostrazione che la nostra civiltà ‘Occidentale’ è uscita dalla fase industriale di massa ed ha inaugurato quella dell’artigianato industriale che prelude al recupero dello spirito umanista e rinascimentale senza ledere il potenziale di crescita del benessere globale. Infatti una dote individualissima che da sempre ha caratterizzato i tycoon (veri e propri artigiani-artisti) ma che si è estinta con loro (la empatia e intuizione) si è riuscita a trasformare in un nuovo comparto d’industria; la consulenza aziendale strategica.

Sotto la guida di personaggi particolarmente dotati ma non necessariamente dotati come tycoon industriali si possono raccogliere team di professionisti che, come nelle “botteghe d’arte” medievali e rinascimentali, producono e vendono ai committenti veri e propri “capolavori unici” di beni immateriali essenziali per auto-governare lo sviluppo industriale conservando integro il capitale di libertà che caratterizza il capitalismo-liberista e l’associata crescita delle libertà in liberal-democrazia.