14/04/2008

Il ‘mito anti-Occidentale’ della ‘libertà’ assoluta

 

L’assenza di ‘miti’ nello scambio di opinioni caratterizza la civiltà Occidentale. Non possono essere accettati né tabù ne’ censure contro il libero dibattito di ogni concetto se non quello di ‘liberare’ il dibattito da fattori alieni al responsabile uso della ‘ragione’. Anche le scienze teologiche si impegnano ad adottare il metodo scientifico nei loro approfondimenti sul concetto di Dio e di quanto concerne la ‘giustificazione’ dei comportamenti umani a un’ispirazione ‘religiosa’ della vita psico-fisica e relazionale tra persone. Anche il concetto di ‘liberta’’ che costituisce la stessa ‘ragione sociale’ della liberal-democrazia viene posto al fianco del concetto di ‘democrazia’ suggerendo l’esigenza di voler contemperare le molteplici motivazioni individuali che ispirano quel concetto con il suo uso nel contesto di entità associative. Anche la percezione di ‘liberta’’ distingue insomma i liberal-democratici dai liberal-radicali. Pretendere che la ‘liberta’’ costituisca il diritto naturale e non negoziabile della società assolutizza ogni scelta di interesse sociale e contravviene sia la realtà storica della civiltà Occidentale sia la logica scientifica stessa su cui si fonda la legittimità e ragionevolezza della liberal-democrazia Occidentale. Un’accezione assoluta del concetto di ‘liberta’’ comporta il suo scadimento in ‘arbitrio’ che può essere solo compatibile con una società governata dalla prevaricazione dei più forti sui loro sottomessi oppure con una società anarchica nella quale spontaneamente tutti i soggetti siano capaci di ‘liberamente’ anteporre le esigenze dei meno dotati alle proprie. Una società ispirata a criteri ‘etici’ che e’ comune alle ‘aspirazioni ultime’ di giustizia suggerite dalle ‘religioni’ sia trascendenti (come quelle basate sulla libera ‘conversione’ all’e-vangelo) sia secolari (come quelle basate sulla ‘rieducazione’ di stato dei devianti dall’ortodossia marxista). Un regime di ‘anarchici’ non necessita di limiti esterni all’ispirazione etica dei suoi membri nel ‘governo della società’. Si tratta, infatti, di una società in cui vige il concetto che ‘chi più ha, più fornisce, chi meno ha più riceve’ e’ un’ispirazione basata sull’assolutizzazione del concetto di libertà che richiede una società di ‘santi’. E’ l’utopia in politica e quindi la sua stessa negazione in quanto scienza della negoziazione tra interessi e comportamenti diversi e potenzialmente incompatibili con una pacifica coesistenza. E che, infatti, prevede il concetto di ‘guerra’ come mezzo politico nel processo della negoziazione che deve includere dosi di ‘bastone’ a dosi di ‘carote’ come merce di scambio per raggiungere compromessi accettabili almeno per periodi ragionevoli di tempo. Il compromesso e’ un concetto valutabile sul piano scientifico e comporta l’accettazione di un valore ‘relativo’ e non ‘assoluto’ per il concetto di ‘liberta’’ così come il concetto di ‘negoziazione’ comporta la rinuncia a dosi di ‘liberta’’ a fronte di guadagno di dosi di ‘sicurezza’. Una filosofia liberal-radicale non può dare sostegno all’’esecutivo’ in una liberal-democrazia Occidentale benché sia indispensabile la sua costante presenza (come quella della religiosità) nell’ambito del ‘legislativo’ che sappia ispirare in modo costante il ‘progresso’ della storia Occidentale verso la sua ‘santificazione finale’ (accontentando così in quel momento sia i marxisti che i cristiani). La liberal-democrazia Occidentale e’ il migliore e migliorabile strumento che le scienze umane (filosofia, politica, economia e teologia) hanno sviluppato per permettere all’’esecutivo’ di governare in modo pragmatico le società reali di individui imperfetti che esistono concretamente in ogni epoca della storia umana. La sublimazione dei concetti e dei comportamenti viene aiutata (nel suo percorso verso la trascendenza utopica) da forme di governo liberal-democratico della società che richiedono di negare valori assoluti nelle scelte contingenti. La ‘liberta’’ diventa una sorta di ‘moneta di scambio’ per la quale può forse valere la pena di ‘morire in guerra’ ma che richiede di essere valutata alla luce di processi di scambio negoziale illuminati dalla logica scientifica e della ragione ispirata da fondamenti etici che non siano di esclusivi dettami dottrinari né religiosi né secolari (e comunque non atei).

 

L’Innovazione industriale: ‘guida’ dell’innovazione istituzionale Occidentale

 

Un recente intervento del 2 Aprile di Carlo Pelanda in merito ai cambiamenti in corso negli USA in materia di regolamentazione del settore dei prodotti finanziari che sia più adeguata alle recenti evoluzioni del mercato mi conforta nelle mie convinzioni di liberista selvaggio.

Mi spiego. Tali mie convinzioni si fondano sul convincimento profondo che questa società sia fondata su un coacervo di opposti appetiti egoistici che possono trovare composizione solo nel reciproco confronto di interessi sul libero mercato. Libero anche e soprattutto dall’intromissione delle ‘menti sottili’ che svolgono da sempre ruoli più o meno ‘parassitari’ in modo organico alle istituzioni che li remunerano, sia le istituzioni private sia quelle statali organizzano lentamente i contrasti sperimentati sul libero mercato fino alle lobby di ogni tipo tramite le quali avvengono i compromessi che conducono ad aggiornare l’insieme delle normative che ‘regolamentano’ i diversi comparti di industria.

Tra le istituzioni di cui sopra figurano anche i mezzi di comunicazione sociale che risultano da sempre ‘organici’ a una o all’altra lobby. Ciò è dimostrato dalla chiarezza con cui sarebbe possibile produrre contributi sintetici, chiari e ‘divulgativi’ che come quello di Pelanda in questione possono assicurare alla pubblica opinione, tramite i media anche non-specialistici, un chiarimento su quanto avviene in modo non-democratico (e per questo ‘efficiente’) nei ‘salotti buoni’ che sperimentano i problemi finanziari o qualsiasi altro di carattere specialistico della nostra società industriale e in corso di inarrestabile internazionalizzazione.

Dopo questa premessa vorrei si evidenziasse, nelle mie considerazioni, l’uso che faccio del ruolo (sempre a-posteriori) svolto dalle ‘menti sottili’ rispetto ai problemi che la società ha avviato e vissuto sia negli aspetti positivi che in quelli negativi. Ciò vale sul piano dell’innovazione tecnologica più immediatamente comprensibile per l’evidenza degli effetti nella vita quotidiana (vedi le TV-libere). Ciò vale anche per quelle forme di innovazione ‘tecnologica’ che nasce nel mondo del terziario avanzato come i servizi finanziari che sviluppano in piena libertà (mercato selvaggio) veri e propri ‘prodotti tecnici’ in analogia con ciò che accade in agricoltura coi prodotti chimici o meccanici o nel mondo manifatturiero con nuova componentistica e impianti robotizzati. Non ci sono grandi difficoltà in linea di principio a capire la semplicità delle analogie.

Una tale libertà di inventare nuovi ‘prodotti’ per dare soddisfazione alle aspettative sempre crescenti e diversificate emergenti nella crescita turbolenta di ogni comparto di industria sotto la pressione della domanda globalizzata, non può che essere ‘selvaggia’ e cioè ‘fuorilegge’ nel senso che manca sempre una ‘legge’ che le ‘regolamenti’ in quanto esse sono nate proprio per l’inadeguatezza delle procedure e normative passate. Non si può pretendere che le ‘menti sottili’ siano in grado di ‘anticipare il futuro’ precedendo con leggi preveggenti quanto non è neanche chiaro ai tycoon che si dedicano ad inventare il futuro sotto la spinta egoistica di guadagni cento volte superiori a qualsiasi ragionevole possibilità di remunerazione offerta dalle ‘istituzioni’ di interesse pubblico alle sue ‘menti sottili’. Esiste infatti, all’inverso, la tradizione da parte delle istituzioni anche statali di assumere tra i propri dipendenti eccellenti ‘fuorilegge’ dimostratisi ‘sul campo’ capaci di eludere le vecchie leggi (i falsari di valute assunti dalle Zecche di Stato).

Insomma mi sembra si confermi la verità del concetto fondante della liberal-democrazia Occidentale. All’inizio è una somma di ingegnosi egoismi a creare il nuovo sul libero mercato, in seguito è la libera e selvaggia competizione tra quegli egoismi a sollecitare i centri di interessi aggregati (nati a seguito del loro inconsapevole effetto di ‘catalizzatori’ - si tratta sempre di trovare analogie semplici e comprensibili anche dagli studenti delle medie superiori) ad analizzare il potenziale di opportunità e rischi intrinseci al nuovo (ancora fuorilegge) ed a negoziare con gli altri gruppi aggregati di interesse l’innovazione opportuna da apportare alle normative in vigore.

È il ‘libero e selvaggio mercato’ a creare lo sviluppo e non la lungimiranza delle ‘menti sottili’ che danno il loro sostegno ai politici. Solo dopo che lo sviluppo è stato generato e sta trasformando in modo più o meno ‘catastrofale’ la realtà legale, le istituzioni (portatrici di interessi aggregati in una gerarchia di mutui rapporti di forza) cercano di ‘legalizzare’ l’innovazione rispettandone appieno il già consolidato carattere di ‘legittimità’ consolidatosi sul campo presso l’opinione pubblica.

In definitiva la libertà fondamentale è una sola, quella di intraprendere a proprio rischio e pericolo da veri e propri fuorilegge del Far West come i tycoon che hanno costruito l’attuale realtà USA e quelli che ancora prima costruirono l’Impero Britannico grazie alla Guerra da Corsa dei vari Morgan su legale concessione di Licenza da parte della corona. Dopo avere creato nel bene e nel male la realtà, essa col suo potere trascinante e dirompente sulla stabilità passata, obbliga gli emergenti nuovi interessi a scendere a negoziati coi vecchi (ed ormai ‘parassitari’) interessi di ieri per codificare il nuovo e consentirne i necessari sostegni-guida.

Le crisi del sistema sono sempre forme salutari di malattie esantematiche che diventano vere e proprie ‘catastrofi’ (come nel 1929) solo se si abbina l’effetto dell’incapacità regolamentante del potere statale che agisce sulla base di normative vigenti ma obsolete e quello del terrorismo mediatico che produce immotivati effetti a valanga sui comportamenti psicologici di massa. È per questo che l’attuale campagna elettorale USA presenta molti più rischi di quanto non sia la situazione creata effettivamente dai prodotti finanziari ‘spregiudicati’ (ossia giudicati solo da ragioni ‘egoistiche’ e quindi non-giudicabili sulla base del vecchio mondo vigente). Infatti i media da sempre ‘organici’ coi poteri istituzionali obsolescenti stanno diffondendo una vera e propria guerra-psicologica sia sul piano della ‘recessione’ economica in corso (è una favola anche se misurata sotto lo stretto profilo semantico – occorrono almeno due consecutivi cicli trimestrali di crescita negativa per definire la situazione come ‘recessiva’), sia su quello dell’eco-terrorismo (il ‘man-made-global-warming del demagogo Al Gore e degli ecologisti alla Pecorario-Scanio), sia su quello della ‘sconfitta in Iraq’ e della conseguente soluzione col ritiro unilaterale delle truppe e perdita del capitale di assoluto progresso politico conseguito finora nel Medio Oriente e in Asia Centrale. Questo perverso, illiberale e anti-Occidentale comportamenti dei media (tranne le poche e ‘isolate’ voci come la Sua) sta conducendo a una perdita di fiducia nella politica da parte dell’elettorato USA e a conseguenti difficoltà a mantenere salda la rotta intrapresa per conservare un ruolo-pilota su base geo-politica alle democrazie Occidentali.

Si conferma una attuale totale inadeguatezza dei media e delle istituzioni tradizionali tutte a gestire il cambiamento senza scadere in illiberali forme di demagogia o scandalismo ‘organico’ alla parte meno liberal-democratica dell’Occidente, quella dei ‘programmatori’ del mercato e dei ‘pianificatori’ della nostra felicità collettiva. Auguri a tutti noi e complimenti a Pelanda