13/11/2009

Leggi “giuste”

In occasione dell’ennesimo tentativo dell’esecutivo e del legislativo di liberarsi dell’intollerabile e illiberale predominio su di essi esercitato da oltre 15 anni dal terzo potere istituzionale (il giurisdizionale) si assiste a dibattiti in punta di forchetta sul fatto che le soluzioni legislative proposte per uscire da quella situazione di minorar iato siano “giuste” o meno.

Ad una approssimativa lettura di un osservatore privo di adeguata formazione giuridica come credo sia la quasi totalità di coloro che assistono al dibattito (al “buon senso” dei quali tuttavia la liberal-democrazia affida le scelte politiche che legittimano due dei tre poteri in questione) mi sembra che l’illustrazione di quel problema risulti di scarsa credibilità. Assenza di credibilità che poi si traduce in una partecipazione di tutte le audience ai programmi dedicati alla disamina del tema con aspettative spesso di puro divertimento come se assistessero a spettacoli di varietà. Ciò agevolato anche dal protagonismo e dal dilettantismo dimostrato da tutti i politici che trattano il tema, sia che essi sostengano le ragioni delle soluzioni proposte sia che le confutino proprio perché il loro contendere non verte sul tema in questione (ben noto a tutti sin dall’esilio cui fu costretto Bettino Craxi, ma sul tema specifico in cui esso si incarna – Berlusconi amico e sponsor di Craxi stesso).

L’assenza di credibilità sui modi in cui viene presentato il dibattito sul tema, impedisce una partecipazione più attenta e libera da animosità partigiane che, anzi, compongono parte fondamentale del circo televisivo che sfrutta quel tema come attrattiva per maggiori audience ed introiti pubblicitari.

Potrebbe essere interessante invece per l’uomo-della-strada che è poi l’elettore il cui voto cerca di essere acquisito dalle due parti politiche (e non dalla magistratura che, comunque la pensi, resterà sempre nel ghetto secondario di “terza parte” – qualora le istituzioni rientrassero nuovamente nella legittimità liberal-democratica), condurre qualche riflessione grossolana sul tema del carattere delle leggi.

Una legge deve stimolare la società ad aderire a comportamenti che siano verificabili nella loro correttezza formale. Ciò al solo fine di assicurare una “governance” del sistema economico e sociale secondo le distinte attribuzioni di ruoli istituzionali degli almeno tre tradizionali poteri istituzionali (dico almeno di quelli in quanto risulta a tutti chiaro – e divulgato in modo eccellente dai media sin da Quarto Potere “Citizen Kane” di Orson Welles – che anche i media esercitano oggi un potere di orientamento della opinione pubblica che agisce al di fuori di qualsiasi contrappeso credibile ed efficace). A mio avviso inoltre anche la ricerca oggi è dotata di un potere di indirizzo sulla formazione delle nuove generazioni che risulta anch’esso totalmente “irresponsabile” nelle sue azioni di orientamento degli investimenti in ricerca pura e in educazione di base e professionale.

Se le leggi vengono formulate con quelle finalità è chiaro che esse debbano essere giudicate per l’adeguatezza dimostrata a svolgere quel compito. In altri termini una legge non può essere valutata “giusta” in astratto ma deve piuttosto essere essa “giustificata” al fine per cui viene formulata.

Orbene se il tema in oggetto è quello di riportare il giurisdizionale sotto controllo tra i poteri istituzionali, ogni legge deve essere valutata a priori e a posteriori in termini di sua “giustificazione” allo scopo. Mentre a posteriori essa potrà essere valutata in termini di efficacia in quanto a risultati prodotti (e la magistratura chiamata ad applicarla senza interpretazioni aggiuntive dovrà essere valutata in termini di efficienza della sua applicazione pratica), a priori invece essa può essere valutata solo in termini di “giustificazione” allo scopo. Il che prescinde da riferimenti al “casus belli” che ne ha scatenato la genesi – Craxi o Berlusconi che sia). Ogni altro riferimento conduce a dibattere in pubblico non tanto la “giustificazione” della legge ma le ragioni processuali relative al “casus belli” convertendo il dibattito in uno sgradevole processo pubblico con i dibattiti tra antipatizzanti e simpatizzanti dell’imputato, che tra l’altro esce comunque con maggiori dosi di simpatia umana da questo bagno illiberale mediatico. Infatti, i simpatizzanti restano convinti che la contro-parte ha intentato un illiberale tentativo di linciaggio mediatico sul suo “agnello sacrificale”, mentre gli antipatizzanti accumulano la convinzione che la loro parte è inadeguata, connivente celatamente e forse anche illiberale. Soprattutto dopo lungaggini incredibili dei processi e dello stato minoritario in cui in Italia si trovano gli imputati e i difensori rispetto ad una magistratura abbondantemente screditata da decenni e per ragioni che esulano dallo specifico “casus belli” in questione.

Ogni legge proposta e rigettata per ragioni diverse nel corso degli ultimi lustri che abbia cercato di dare una soluzione moderna e liberal-democratica all’equilibrio tra poteri istituzionali in Italia era stata dettata da quello scopo che l’avrebbe “giustificata” e che, proprio per ciò, è stata ostacolata, disattesa e cancellata dal terzo potere attualmente ancora “irresponsabile” del giurisdizionale. Questo pretenderebbe di partecipare a stendere la legge “giusta” che lo ridimensioni e lo riconduca a responsabili comportamenti nei confronti del sistema istituzionale. Sarebbe come chiedere a Bertoldo di scegliersi l’albero cui impiccarlo o chiedere alla burocrazia come ridurre il proprio potere.

Siamo giunti al succo finale. Ogni legge che si possa dire effettivamente “giustificata” dallo scopo di ricondurre a ragione la magistratura non potrà mai essere misurata a-priori sulle conseguenze effettive nel sistema e cioè la sua efficacia pratica ma le si può chiedere di risultare credibile in quanto a “giustificazione” a quel suo fine. Orbene l’unico mezzo pratico di verifica – la sola “pietra di paragone” della sua credibilità a raggiungere lo scopo, è proprio la sua capacità di “disinnescare” le ragioni di contorno del problema e che si offrono per alimentare il dibattito spettacolare sui media: la sua adeguatezza a liberare la scena dal “casus belli” Berlusconi, senza attendere la sua morte o la sua improbabile caduta e resurrezione alle urne.