13/08/2009

Sviluppo Industriale Globale: Destra e Sinistra oggi

Il terrorismo demagogico e la predica pauperista caratterizzano il messaggio che segnala la proposta politica di sviluppo dell’economia globale “di sinistra”; cioè alternativo a quello “conservatore” che si ispira invece al tradizionale capitalismo-liberista della civiltà ‘Occidentale’. Da questa proposta strategica discendono tutte le proposizioni di azioni tattiche “di sinistra” che cercano di accelerare o di ipotizzare ogni fenomeno sociale e naturale che possa instillare nell’opinione pubblica pessimismo e sfiducia nella capacità del meccanismo di sviluppo capitalista-liberale attualmente egemone su base globale ed artefice dell’estensione della crescita del benessere e della liberal-democrazia su base globale; e contro ogni regime politico illiberale sia esso radicato su ideologie autoritarie, sia invece ancora ancorato alle ragioni protezioniste dei morenti Stati Nazione.

Infatti, consolidatasi ormai in modo irreversibile l’estensione globale del paradigma produttivo capitalista ed impostosi per motivi non-ideologici ma di pura limitatezza delle risorse finanziarie disponibili, il paradigma della competitività liberista sul libero mercato globale, tutti i regimi politici “locali” (nazionali) sono stati travolti e costretti a negoziare su base globale un Nuovo Ordine che consenta alla politica di recuperare un ruolo di interlocutore efficace nei confronti dell’egemonia del capitalismo-industriale e finanziario. Nel corso di questo processo di recupero di ruolo, la politica deve scegliere le sue proposte strategiche e definire su esse le coerenti azioni tattiche.

È naturale che la parte politica egemone grazie al liberismo-capitalista e alle sue appendici di libero-mercato e di liberal-democrazia non possa che limitarsi a proporre la “conservazione” del paradigma che ha generato pragmaticamente, al di la di ogni ispirazione ideologica astratta, l’attuale ed egemone globalizzazione. Altrettanto naturale è che la parte politica soccombente del vecchio mondo degli Stati Nazione non possa che ispirare le sue proposte alla “conservazione” di stili di vita meno competitivi all’insegna di protezionismi mercantili e produttivi tutti egoisti nei confronti dei Paesi emergenti o all’insegna di stili di vita a misura dei modelli etici ideologici più astratti; etica marxista e evangelica tra i più diffusi.

Perché la pubblica opinione riesca ad aderire ai modelli giustificati dalle ideologie che siano cioè “corretti” sul piano etico o politico, occorre ispirare sfiducia e pessimismo sulle capacità che ha il capitalismo-industriale di superare la ‘crisi’ imposta dalla massiccia riorganizzazione produttiva e distributiva su un mercato le cui dimensioni trascendono quelle tradizionali dell’’Occidente’ che lo ha realizzato.

Tutto si gioca quindi su due letture della ‘crisi’ in corso: una fisiologica fase dei cicli di crescita e successiva riorganizzazione industriale che conferma e corona la egemonia del paradigma capitalista-liberista, oppure una definitiva catastrofe del paradigma capitalista-liberista il cui superamento viene auspicato dall’ideologia secolare o trascendente che sia.

Per confortare la opinione pubblica sulla capacità del paradigma capitalista-industriale a superare la ‘crisi’ con successo i liberisti non devono fare altro che nutrire fiducia e, senza modificare i loro comportamenti, abituarsi a vivere e progettare in un contesto ancora turbolento ma in via di irreversibile assestamento. Se si tratta di politici essi devono ispirare fiducia nella loro base elettorale e assumere iniziative ispirate al laissez faire come responsabilità industriali e al superamento degli eventuali limiti contingenti che al laisser faire potrebbe opporre il vecchio sistema nel corso della sua crisi di riorganizzazione interna. Ciò conduce a dare priorità di sostegno al comparto finanziario il quale, avendo svolto un ruolo da protagonista nell’avviare la globalizzazione, è inevitabile che sia stato il primo a sperimentare e a superare (tutti ormai riconoscono che questo comparto d’industria abbia superata la fase di crisi interna) la crisi dovuta all’inadeguatezza dei suoi vecchi schemi operativi. Solamente dopo che il sistema finanziario abbia assunto la nuova organizzazione esso potrà estendere i suoi nuovi servizi a tutto il tessuto internazionale di imprese produttive industriali. D’altronde la fiducia nel paradigma è naturale per la parte politica che si ispira a “conservare” ed estenderne la dimensione su base globale; in misura particolare proprio la parte politica che governa il Paese egemone del capitalismo-liberista – gli USA.

Per instillare invece nell’opinione pubblica sfiducia nella capacità di superare la crisi in corso, la parte politica ispirata da ideologie deve convincere (prima che si percepisca il superamento della crisi ) gli elettori che la crisi sia definitiva e che ad essa si possa addossare ogni altra immaginabile crisi catastrofale (global warming, glaciazione, guerre, inquinamenti, iniquità morali, etc.). Mettendo in crisi la fiducia diffusa nel paradigma si spera di lederne la capacità di reazione alla crisi prolungandola e con ciò guadagnando tempo utile per consolidare i terrorismi demagogici e rafforzare la propria immagine come alternativa politica. A ciò si ispirano le iniziative tattiche (pienamente anti-storiche in era di globalizzazione) che creano aggiuntive e marginali crisi in ‘Occidente’ all’insegna della solidarietà internazionale (finanziare iniziative improduttive dell’ONU) o dell’accoglienza illimitata di migranti. Questo terrorismo demagogico non risponde all’esigenza di proporre paradigmi alternativi di governo di un mondo industriale efficiente e si propongono pertanto modelli “eticamente corretti” che richiedono agli elettori comportamenti innaturali fondati su una sorta di “fede religiosa” che, essendo innaturali, chiedono iniziative politiche dirigiste e illiberali conducendo a forme di regimi autoritari. Il più efficace terrorismo ideologico inoltre agevola la formazione di una coalizione illiberale in politica. Infatti l’eco-terrorismo facilita l’instaurarsi per via dirigista non di capitalismo-liberista di una collaborazione finanziaria tra gli Al Gore “de sinistra” (o l’Obama della riforma del sistema sanitario statalista) e i grandi gruppi energetici (che da sempre sono riusciti a sottrarsi alla libera competizione di mercato anche in ‘Occidente’) i quali infatti vedono crescere la propria egemonia di settore e finanziano in modo massiccio tutte le iniziative illiberali degli Stati Nazione preparandosi a ricoprire un ruolo egemone nel contesto dell’eventuale Nuovo Ordine Globale che deriverebbe dal prevalere globale della politica anti-‘Occidentale’ su base ideologico-pauperista.