13/04/2009

 

Etica dello sviluppo industriale

L’essenza della civiltà ‘Occidentale’ è di avere agevolato l’autonoma capacità del liberismo selvaggio a produrre costante innovazione scientifica e industriale permettendo che la creatività di ogni individuo potesse essere incanalata in applicazioni tecnologiche capaci di garantire aumento di ricchezza sia allo ‘scienziato’, al ‘pensatore’ o al ‘poeta’ fonte dell’innovazione stessa, sia ai ‘tecnici’ che ne agevolassero lo utilizzo sotto forma di strumenti utili a soddisfare esigenze concrete o aspettative diffuse nella società, sia agli ‘imprenditori’ che volessero affrontare il rischio di produrre e proporre sul mercato gli stessi strumenti garantendo la crescita del benessere sia dei detentori dei diritti intellettuali, sia dei brevetti industriali, sia dei gestori delle zone di vendita, sia infine degli acquirenti finali di quei beni e servizi innovativi. Questo meccanismo di produzione e distribuzione di ricchezza è risultato il più efficiente sul piano del migliore impiego delle risorse disponibili in ogni momento rispetto a meno pragmatici approcci studiati al tavolino come alternativa da ‘menti sottili’ che si sono invece sempre ispirate a sistemi teorici di una programmazione dall’alto dell’impiego delle risorse disponibili. Un approccio pianificato che è sempre stato ‘legittimato’ da una gerarchia di valori etici che avrebbero dovuto ispirare i comportamenti della società.

L’attribuzione di assoluta libertà all’innovazione intellettuale ed ai suoi riflessi applicati a soddisfare le aspettative dei consumatori orienta la ricerca e indirizza la legittimità delle offerte con ogni conseguenza positiva e negativa che ne deriva sul piano pratico e trasforma il ‘libero mercato’ in un ‘laboratorio’ nel cui ambito i consumatori e produttori maturano le proprie sensibilità sociali in piena responsabilità ed in reciproca libertà costruendo un consenso sociale ‘dal basso’ ed in modo pienamente ‘scientifico’ e cioè fondato su un accumulo e trasmissione di apprendimenti comportamentali in una sequenza di tentativi e fallimenti sempre più adeguati ad assicurare la stabilità del sistema produttivo industriale al di là dei confini eretti a tutela di vecchi privilegi geo-politici.

Mentre il ‘liberismo selvaggio’ che anima e sostiene il capitalismo di libero mercato ha il pregio di essere ‘incontrollabile’ da parte delle istituzioni statali che presiedono alla conservazione dei vecchi schemi che animano l’ordine sociale in costante obsolescenza, invece il sistema di ‘programmazione razionale’ dello sviluppo impone un controllo costante da parte delle istituzioni che si ispirano all’etica leggittimatrice del loro ruolo di governo della società. Si può dire che il ‘liberismo selvaggio’ costringe le istituzioni a trasformarsi in coerenza con le sempre nuove dimensioni del libero mercato e chiede la sola tutela dei comportamenti che si fondano sulla più ampia libertà di scelta dei singoli consumatori/produttori. Le istituzioni ‘liberal-democratiche’ che ne risultano sono un ‘derivato’ del ‘libero mercato’ e sono legittimate solo dalla tutela dei diritti fondanti della libertà dei soggetti che partecipano al sistema produttivo in costante espansione ed efficiente uso delle risorse disponibili. Senza necessità di coartare le scelte individuali in quanto esse vengono assunte da soggetti liberi (quindi responsabili) motivati nelle scelte da individuali scale di priorità nell’allocazione delle risorse a loro disposizione. Il ‘consenso sociale’ emerge come accumulo statistico di transazioni che riescono ad assicurare le aspettative dei consumatori di fronte all’offerta esistente. In un tale sistema di governo della società è la domanda che crea l’offerta, è l’innovazione dell’offerta che richiede istituzioni di pubblico interesse più adeguate alle nuove aspettative sia nelle prestazioni che nell’ispirazione etica.

Altresì si può dire che la ‘programmazione razionale’ impone invece il costante controllo da parte delle istituzioni di pubblico interesse sulla successione di fatti che caratterizzano l’implementazione dello sviluppo. I controlli infatti devono garantire che le scelte-a-monte sulle quali sui fonda la legittimità dei piani di investimento delle risorse disponibili siano rispettati nella priorità degli obiettivi, nei criteri usati per valutare deviazioni dal programma, nei pesi usati per valutare obiettivi alternativi nei casi in cui si imponga di deciderne la reciproca anticipazione o rinuncia. Il sistema della ‘programmazione razionale’ non può fondarsi sulla sola ‘fattibilità tecnologica’ e sulle ‘aspettative dei consumatori’ essa infatti deve garantire il rispetto complessivo dell’etica che legittima ‘oggi’ l’ordine sociale. Un ‘ordine sociale’ che il tempo rende obsoleto distruggendo le aree parassitarie su cui si fondano le corporazioni in ogni società. Ogni lettura storica del progresso industriale di libero mercato è solamente un’opera a-posteriori che vuole appagare l’autostima della società emersa dal vecchio ordine istituzionale. Si può dare una lettura più ‘scientifica’ che illustri ognuna delle fasi di crescita ed espansione della civiltà industriale di libero mercato (la civiltà ‘Occidentale’). Voglio proporre un esempio di tale rilettura scientificamente storica (‘provocatorio’ in quanto ‘politically incorrect’) della ‘Guerra degli Stati’ o Guerra di Secessione degli Stati del Sud o Guerra Civile USA.

A metà del 1800 il continente Nord Americano era sotto un governo stabile e riconosciuto animato da una egemonia economica rispetto a Canada e Messico. Il ‘liberismo selvaggio’ che ispirava quel sistema economico aveva sovrabbondanti risorse psichiche e imprenditoriali nei cittadini politicamente egemoni di cultura anglofona e protestante che suddividevano le loro attività produttive, al Sud nel comparto di industria agrario su base latifondista e al Nord nell’emergente comparto dell’industria manifatturiera. Il resto del Paese offriva risorse primarie enormi che attraevano ondate di immigranti di ogni nazionalità nei tre porti principali nella costa orientale (Boston e New York) e nella costa occidentale (San Francisco) le prospettive di crescita economica erano palesi ad ogni imprenditore e le opportunità trovavano limiti solo nella disponibilità di risorse umane nel breve termine. Le risorse finanziarie potevano certamente essere costruite con una certa gradualità ed avrebbero comunque potute essere reperite in Europa.

Le istituzioni di pubblico interesse che governavano il Paese erano ispirate al ‘liberismo’ economico e politico più fondamentale (Congresso e Banche) ed erano sostenute da altrettanta dose di ‘liberismo’ in materie di interesse pubblico che in genere nel Vecchio Mondo erano affidate allo Stato (Difesa e Polizia) infatti l’esercito era volontario di professionisti oppure volontario di ‘cittadini in armi’ per ciò che concerne la difesa da potenze esterne mentre la polizia era svolta da sceriffi eletti localmente o da corpi privati di vigilantes e la giustizia veniva amministrata da giudici elettivi.

L’attrattiva costituita dall’opportunità di sfruttare l’industrializzazione dei nuovi territori all’Ovest del Mississippi sia per produrre derrate alimentari che per estrarre materie prime che per produrre carne era condizionata alla creazione di efficienti linee di comunicazione su rotaia dal Sud allevatore al Nord in cui a Chicago era ubicato il mercato dei beni di consumo e la possibilità di trattare nell’industria conserviera per esportare via acqua le derrate negoziate. La produzione dei mezzi di trasporto e degli impianti nodali della rete di comunicazione richiedevano un salto di quantità da parte delle acciaierie, delle miniere e dei produttori dell’industria pesante del Nord. Alla implementazione del salto di quantità si opponeva la carenza della manodopera qualificata e non-qualificata che esisteva al Nord. L’afflusso di nuovi operai si limitava all’importazione dall’Europa di una manovalanza che non era stata ancora agevolata dalla ‘peste della patata’ che spinse masse significative di contadini ad emigrare dalla Germania, dalla Polonia, dalla Russia e da altri Paesi europei più avanti negli anni del 1800. La nuova manovalanza proveniva dal riscatto da crimini minori di cittadini del Regno Unito (Irlanda e Galles) che firmavano contratti di riscatto della loro libertà ‘pagando’ con lavoro svolto presso le industrie del Nord la cauzione pagata dal loro nuovo datore di lavoro negli USA (una vera e propria forma di ‘schiavitù a termine’ su regolare contratto. Le nuove esigenze di manodopera all’Ovest saranno successivamente soddisfatte grazie alla importazione di immigranti cinesi a San Francisco con contratti di ‘schiavitù a termine’ analoghi a quelli del Nord Est della Nuova Inghilterra. Il Sud invece godeva d’una più ampia massa di manodopera importata legalmente dall’Africa nera con contratti tra gli importatori agrari del Sud, i trafficanti arabi che catturavano e consegnavano gli schiavi nei porti africani sull’Atlantico ed i commercianti inglesi che trasportavano gli schiavi via mare fino ai porti del Sud (New Orleans, Savannah, Galveston, Mobile, Charleston). Si trattava di una manodopera raccolta stabilmente in comunità omogenee etnicamente in cui le usanze originarie africane potevano in qualche modo sopravvivere. Comunità senza speranza di ottenere una libertà secondo contratti formali come quelli che obbligavano gli ‘schiavi europei’ al Nord ma comunità impegnate in attività rurali con cicli stagionali che avvicendavano ai periodi di maggiore lavoro periodi di maggiore riposo. Comunità trattate generalmente con cura dai loro ‘padroni’ agrari in quanto patrimonio primario in cui avevano investito il capitale e da cui dipendeva il rendimento della produzione annuale. Queste comunità quindi non soffrivano la fame e venivano tenute ‘in forma’ pur se per ragioni non umanitarie.

L’esistenza di queste grandi risorse umane impegnate nella produzione agraria degli stati del Sud spinse il mondo della finanza e dell’industria del tempo a valutare il contributo alternativo esistente a beneficio della produzione complessiva di ricchezza della nazione. Un addetto alle produzioni rurali del Sud era condizionato dai cicli stagionali alla luce delle tecniche e metodiche praticabili dalla scienza agraria del tempo. Lo stesso addetto se impiegato in miniera, nelle costruzioni, nei trasporti o nell’industria pesante avrebbe potuto decuplicare il rendimento annuale di ricchezza. Limitare lo sviluppo industriale USA per la sola ragione di rispettare il dettato costituzionale  era un privilegio non sostenibile dal Paese.

Il risultato fu una guerra sanguinosa ma senza sbocchi alternativi che trasferì masse di ‘schiavi rurali’ dalle loro attività del Sud alle miniere e fabbriche del Nord comportando per essi condizioni di lavoro e di vita di qualità assolutamente inferiori a quelle di cui godevano raccolti nelle comunità di schiavi al Sud.