12/01/2010

Sui rapporti tra standard industriali e sviluppo economico

Il commercio dei prodotti e dei servizi è stato, da sempre, la molla dello sviluppo industriale. La estensione dei confini del mercato ha permesso a nuove masse di consumatori di fruire dei benefici del progresso che i vari comparti industriali avevano maturato in qualche Paese. Ciò ha consentito di raccogliere risorse sempre maggiori a spese di masse di consumo sempre crescenti consentendo la riduzione dei costi unitari dei beni e dei servizi e quindi la sola vera “democratizzazione” del benessere; liberare i consumatori dall’indigenza con soglie sempre più basse di accessibilità ai consumi. Ciò ha consentito la nascita di concorrenza nell’offerta di nuovi beni e servizi tra loro succedanei e caratterizzati da una gamma sempre crescente di differenze nelle loro prestazioni e semplicità d’uso per i consumatori finali. A sua volta ciò ha aumentato la qualità di vita grazie alla maggiore libertà di cui beneficia ogni consumatore nella scelta del “paniere” dei consumi cui può accedere nell’ambito del suo reddito e comportamenti verso il risparmio, verso l’investimento e verso gli stili di vita più personali; parsimonia, previdenza, oculatezza, prudenza.

L’estensione sempre maggiore dei confine del mercato e la corrispondente crescita di offerte industriali in reciproca concorrenza non sono stati sempre fenomeni caratterizzati da pari rapidità. Il commercio si è sempre potuto espandere più rapidamente trasferendo nei nuovi mercati beni e servizi prodotti sulla base di standard industriali stabiliti nei Paesi di origine. I servizi industriali si sono sviluppati sulla base di standard a-misura dei vecchi mercati le cui esigenze erano dettate da una massa di consumatori di caratteristiche ben note. Tra i servizi industriali un ruolo particolare hanno svolto nella storia quelli definiti di pubblica utilità e cioè quei servizi che per essere trasmessi a beneficio del consumatore si servono d’una infrastruttura che li connetta in rete; le reti tecnologiche infrastrutturali. Tra queste eminentemente sono quelle di servizio alle esigenze del commercio; sicurezza e trasporti di beni e persone, di informazioni, di pagamenti.

Le soluzioni create per soddisfare questi servizi di pubblica utilità non hanno potuto essere realizzate in autonomia dai commercianti né dai singoli produttori sia per i costi coinvolti che per i prerequisiti di lunghe stabilità nel tempo che la realizzazione di quelle reti tecnologiche infrastrutturali avrebbe richiesto per poter rientrare dalla spesa anticipata per la loro realizzazione. I periodi bellici sono serviti egregiamente per creare queste reti che spesso hanno determinato nel tempo la sopravvivenza di standard industriali illogici almeno in apparenza in ere molto successive alla creazione delle reti responsabili iniziali di quegli standard. Di ciò è esempio la carreggiata ferroviaria deriva dalla distanza tra le ruote sull’asse dei carri da trasporto romani che solcando la rete tecnologica infrastrutturale delle vie consolari che Roma aveva disteso su tutto l’Impero hanno imposto ai carpentieri di proseguire in quello standard corrispondente alla distanza tra gli estremi di due glutei di bue affiancati a traino del timone del carro romano.

I romani crearono altre reti tecnologiche infrastrutturali nei servizi pubblici destinate a diventare uno standard organizzativo (servizio postale, giurisdizionale, amministrativo, scolare, gazzetta ufficiale, sicurezza regionale, difesa nazionale, comunicazioni di servizio alla rete di trasporto, etc.). si tratta tuttavia di servizi i cui standard non dipendevano in modo fondamentale dal tipo di tecnologia adottata e che quindi non hanno obbligato come nel caso della costruzione dei carri o nella standardizzazione dei materiali edili per la costruzione di edifici di interesse pubblico e privato, dei bagni termali, delle condotte d’acqua, delle macchine belliche o dei natanti.

Esiste in definitiva nella storia del progresso industriale un alternarsi di standard fisici ed altri organizzativi di cui si riesce meno visibilmente a identificare la genesi rispetto ai primi. Quando una specifica tecnologia è l’elemento chiave per lo sviluppo delle operazioni sul campo è inevitabile la nascita di standard più visibili e persistenti nel tempo. Ciò suggerisce di suddividere l’identificazione degli standard secondo la gerarchia degli elementi che compongono ogni soluzione tecnologica: l’elemento hard-ware (la carriola a mano) che evita il trasporto a slitta migliorando la produttività dell’addetto e riducendo i costi di manutenzione del veicolo; lo strettamente associato elemento soft-ware (abilità nell’impiego del veicolo dotato di leva, di mono-ruota che è anche il fulcro rotante della stessa, caratterizzato da ampia moltiplicazione di capacità e di tipo di carico e da precarietà degli equilibri di rollio-beccheggio nel corso del trasporto) che deve acquisire l’operatore prima di poterne sostituire-aiutare le abilità con l’eventuale integrazione di meccanismi tecnologici – giroscopi ad esempio; l’elemento org-ware (la disposizione dei depositi e degli scarichi dei beni trasportati in coerenza con i flussi e le quantità previste e con il rischio di intasamento dei percorsi e delle tempificazioni previste per le fasi di carico-scarico) che deve essere gestito secondo precise procedure, criteri di priorità e coordinamento; l’elemento norm-ware (le autorizzazioni secondo gli standard di carico, caratteristiche dei percorsi, i rischi dei beni trasportati nei percorsi e nei depositi, etc.) che deve adeguare alle maggiori capacità e produttività del nuovo veicolo i vincoli e le accortezze connesse ai veicoli preesistenti da esso sostituiti.

La storia del progresso ‘Occidentale’ è contrassegnata da una lunga serie di standard che hanno agevolato a volte le fasi produttive industriali e a volte hanno accelerato le fasi di diffusione dei prodotti su un mercato così grande da permettere la moltiplicazione dei beni prodotti, la conseguente riduzione dei loro costi unitari e l’accessibilità al loro consumo da parte di fasce sempre più grandi di acquirenti. È l’inarrestabile progresso democratico del libero mercato e l’altrettanto democratica diffusione del benessere con la diversificazione dei beni e dei servizi offerti dall’industria a una gamma di utenti appagandone le più peculiari e diverse esigenze ed aspettative di scelta. Al di là di qualsiasi contingentamento imposto alle scelte da ragioni etico-ideologiche o da modelli industriali ispirati da pianificazione centrale delle priorità di urgenza e di criteri distributivi.

Tanto per elencare in modo casuale la storia degli standard si possono ricordare gli standard istituiti nei comparti di: strade/trasporti; posta/moneta; idraulica; editoria/carta; banche/cambi; carpenteria navale; autotrasporti; noli/assicurazioni; aeronautica; chimica/farmaceutica; cinematografia; energia/industriale; radio/TV; informatica/robotica; comunicazioni/spazio; multimedialità/microelettronica; biogenetica/OGM; bioingegneria/protesica; genetica/prevenzione sanitaria.

Queste fasi della standardizzazione industriale sono state accompagnate da una corrispondente serie di fasi di standard matematici adottati per misurare le grandezze impiegate negli specifici comparti produttivi (gli standard metrici). Anche questa sequenza di standard metrici facilitatori del progresso industriale è stata caratterizzata da scelte che si sono rivelate più o meno “scientifiche” e di diverso grado di utilità in quanto a sostegno dello sviluppo della produzione e della diffusione dei beni sul mercato. Lo scopo primario degli standard metrici è sempre stato quello di facilitare la fase della produzione dei beni primari in prodotti per gli acquirenti finali. Infatti la fase primordiale di ogni nuova industria è di carattere artigianale e richiede il lavoro di personalizzazione sul campo da parte di un artigiano il cui lavoro viene agevolato dall’esistenza di una componentistica standard nel suo settore di lavoro. Ciò vale nell’abbigliamento dove le stoffe acquistate vengono trasformate in abiti, vale per l’idraulica dove la rete di condotte interne al domicilio finale erogano tipi di servizi distinti attingendo ai servizi distinti erogati e smaltiti dagli impianti di pubblica utilità, ma ha anche valore per il credito al consumo e l’erogazione automatica di moneta così come nel comparto dei PC e dello scambio di servizi su rete telematica tra utenti-finali oggi.

Le fasi più artigianali di ogni comparto di industria dovendo servire mercati “locali” possono adattarsi a standard metrici personalizzati alle esigenze dei consumatori locali. È per ciò che le metriche adottate in campi quali l’abbigliamento sono così diverse e poco “scientifiche” (braccia, piedi, pollici, spanne). In realtà il loro carattere di standard universali viene garantito dal fatto che gli standard di misura delle stoffe (braccia) si rivelano “proporzionati” agli “standard” che caratterizzano gli acquirenti-finali degli abiti (le braccia di stoffa necessarie per vestire un gigante o un nano sono “proporzionate” alle lunghezze delle braccia dei destinatari del servizio). Così le metriche nel comparto dei trasporti navali (nodi, braccia) o di quelli su strada (passi, miglia) apparentemente poco “scientifiche” si sono rivelate universali grazie alle caratteristiche delle tecnologie che “standardizzavano” velocità, durate, tonnellaggi e … consumi energetici. Gli standard di carattere “artigianale” neanche hanno limitato il progresso della scienza data la facilità di conversione tra i sistemi metrici e la priorità nella formulazione delle teorie scientifiche di misurazioni “ripetibili” prima che di misure “esatte”.

L’imposizione di standard “scientifici” è avvenuta solo in occasione della formulazione del sistema metrico-decimale da parte delle “menti sottili” della Rivoluzione Francese. Fu una scelta di scarsa efficacia che inoltre preferì la base decimale tra le altre possibili solo per la facilità con cui si potevano formulare le divisioni e le moltiplicazioni per potenze di dieci. La base dieci non prese mai egemonia sul piano applicativo pratico in quanto i sistemi in vigore in precedenza nel mondo anglosassone si prestavano egregiamente alle esigenze di lavoro e la loro base duodecimale risultava divisibile non solo per due e per cinque (come la base decimale) ma per due, per tre, per quattro e per sei (consentendo una maggiore gamma di semplificazioni di calcolo in sede pratica. D’altronde gli standard decimali definirono anche livelli “scientifici” di estremi di misurazione rispetto ai precedenti “artigianali” che risultarono “alieni” alla comune percezione dei valori di interesse per la vita quotidiana. Ad esempio la gamma delle temperature decimali varia tra lo zero (punto di gelo a quota zero dell’acqua) e il cento (punto di ebollizione dell’acqua a quota zero) mentre la scala duodecimale anglo-sassone aveva scelto la gamma di temperatura tra due valori estremi per la vita umana (-320 e 1000 i limiti oltre i quali la natura raramente si manifesta nell’ambiente di vita della società e la temperatura umana può essere considerata estranea a stati di morbilità). Neanche dopo oltre due secoli dalla definizione del sistema metrico-decimale esso si è imposto nell’uso quotidiano universalmente. Le misure di capacità e di peso usate nel mondo anglosassone o allineato ai suoi standard per ragioni geopolitiche sono tuttora in vigore; ciò non ostante la diffusione delle bilance a scala metrica decimale.

La scala decimale prescelta venne poi rapidamente ridotta in importanza “scientifica” per la nascita dell’era atomica e nucleare, dapprima, dove le dimensioni e gli invarianti stabiliti dalla Natura risultavano alieni a qualsiasi astratta concettualizzazione metrica umana e per la successiva nascita del trattamento binario nei dati di censimento, che si fonda sul calcolo a base binaria grazie ai meccanismi tecnologici di sostegno alla elaborazione dei suoi dati che si basano su presenza/assenza di un segnale elettrico e sull’algebra booleana che sopraggiunse a fine 1800 per espandere la sua egemonia fino a oggi con la standardizzazione delle scale di misura dai PC alla trasmissione di dati e all’affollamento dei canali di trasmissione sulle reti via satellite grazie alla teoria dell’informazione di Shannon.

Questa svolta ha portato indirettamente in evidenza un ulteriore e più potente veicolo di standardizzazione che ha dato sostegno nei secoli alla diffusione e al consolidamento della “cultura” della civiltà ‘Occidentale’; la lingua (teoria dei linguaggi formali). La lingua infatti non veicola solo concetti ma li adegua alle esigenze della struttura grammaticale che agevola una formulazione semantica tra quelle alternative che ispirano gli uomini a comunicare tra loro. I sistemi ideogrammatici ad esempio si prestano meno di quelli alfabetici alla “riduzione” disciplinare delle conoscenze. La “scienza” ha un carattere ‘Occidentale’ o ‘Orientale’ proprio per la diversità con cui le conoscenze vengono trasmesse tra generazioni e per lo stesso motivo la “tecnologia” ha trovato diversi impulsi nel concepire i mezzi di sostegno alla comunicazione delle conoscenze. L’alfabeto ha “democratizzato” la scuola in ‘Occidente’. I “geroglifici” hanno avviato la trasposizione delle narrazioni in lingua scritta. Il greco e soprattutto il latino che è stato lo standard delle comunicazioni scientifiche fino a tutto il settecento hanno stabilito il patrimonio dei documenti agevolmente traducibili per una trasmissione della cultura ‘Occidentale’ mentre solo in ‘Occidente’ l’adozione del “latino” ha imposto uno standard nella formulazione dei concetti astratti (scientifici) così semplice ed efficace da spingere l’artigiano Gutenberg ad inventare il mezzo di comunicazione che ha definitivamente imposto la “cultura” ‘Occidentale’ anche nel mondo orientale. Oggi l’inglese (il moderno “latino” in vigore che dà sostegno alla globalizzazione) ha un ruolo analogo a quello che ebbe il latino nella fase in cui subì la “volgarizzazione” nell’uso quotidiano negli Stati Nazione in cui si era consolidata maggiormente la “civiltà romana”. L’inglese letterario classico ormai è sostituito da una sua “volgarizzazione” necessaria per accomunare nello scambio di conoscenze e di beni di consumo soggetti di diversissimo profilo culturale, etnico e nazionale in modo efficiente ed efficace al fine di stimolarne la creatività all’apporto di contributi individuali allo sviluppo del benessere. Ciò è cominciato negli USA, Paese d’immigrazione universale, e dopo quel laboratorio che ne ha agevolato il rodaggio, oggi si sta diffondendo in ogni Paese con una rapidità e efficienza tali da rendere irreversibile la globalizzazione che soddisfa le aspettative di fruire dei benefici di appartenenza alla civiltà ‘Occidentale’, benefici pubblicizzati da tutti i serial TV non solo come opportunità di maggiore benessere ma soprattutto come diritto agli standard di comportamento dello Stato nei confronti degli individui al di là della loro razza, cultura e cittadinanza.

Le “menti sottili” dimostrano la loro sterile presunzione non solo in materia economica e politica ma anche nei campi ingegneristico, industriale e scientifico. Tuttora gli standard in campo termoidraulico (i più utili per la vita pratica dell’uomo) sono due e di pari peso commerciale e artigianale. Recentemente, ed in piena analogia con quanto avvenne all’epoca di Roma Imperiale, si è imposto uno standard industriale tra gli altri che erano stati ideati negli ambienti accademici grazie al successo commerciale di una soluzione industriale per rendere agevole l’accesso alla rete globale Internet. La Microsoft ha stabilito un’assoluta egemonia del suo standard di scambi di informazioni tra diversi programmi software grazie a criteri proprietari di quel gruppo industriale in materia di interfaccia applicativi. La dimensione del mercato globale (permessa dal basso costo dei PC e dei collegamenti via satellite) è stata tale da suggerire a chiunque volesse scambiare dati sulla rete di adeguarsi allo standard Microsoft rispetto ad altri che forse sulla carta potevano essere più “razionali” per non ritardare le proprie vendite o per non escludersi dalla competizione più diffusa. Anche la soluzione Apple, pur più agevole e più affidabile nell’uso quotidiano da parte degli utenti finali, riesce ad aumentare il suo mercato di utenti adeguando le configurazioni protette dei suoi utenti-finali agli standard della rete Internet. È uno dei casi in cui il ruolo “dominante” di un produttore sul mercato ne agevola la crescita e il consolidamento su base globale.

È spesso successo nella fase della nascita di comparti industriali innovativi che i molti standard invece si siano contrapposti sterilmente rallentando la maturazione e il consolidamento di un mercato commerciale che avrebbe invece moltiplicato il fatturato, ridotto i costi unitari e “democratizzato” l’accesso ai servizi. Ciò è accaduto ad esempio in campo della cinematografia in cui i sistemi iniziali (Pathè 9,5 mm, 35 mm, 16 mm, 8 mm, etc.) si sono sul mercato fino ad epoche molto recenti. Ciò è accaduto anche in campo della registrazione magnetica audio e video in cui si sono scontrati sul mercato standard diversi (nastri da 1” e da 3 ¾” o da ¼” e le cassette da 1/8” VTR da ½” Betamax, Video 8, Video2000 fino al VHS e ai Compact Disk attuali). Analoga sorte hanno avuto gli standard industriali in campo fotografico (9,5 mm, Minox, 35 mm) anche se si è stabilito rapidamente il predominio del 35 mm e in campo delle microchip di memoria digitale oggi (Compact Flash, Smart Media, Memory Stick, MultiMedia Card, Secure Digital, MicroSD, XD-Picture Card).

Si parla oggi di standard necessari per abbattere i costi per aprire l’accesso agli utenti finali alle trasmissioni TV-tridimensionali. La standardizzazione viene ricercata sulla traccia della soluzione ormai “classica” basata sull’obbligo del fruitore ad indossare occhiali che ricompongano l’immagine tridimensionale fondendo tra loro due immagini riprese in modo disassato da due obiettivi disposti alla distanza interpupillare umana. Una soluzione nata già col nascere della fotografia nel 1800.

Oggigiorno esistono invece soluzioni ben più potenti che si fondano sugli ologrammi. Un prodotto derivato dalla ricerca in ottica quantistica del 1900 e che traduce le immagini di scene illuminate da luce laser in un insieme di informazioni disposte tridimensionalmente che forniscono una messe enormemente superiore di dati sulla scena stessa rispetto alla tecnica di annerimento dei grani di alogenuro d’argento o dei successivi surrogati che hanno esteso quella soluzione fotografica classica fino ai giorni nostri.

Questa soluzione richiede che si trasmettano le riprese di studio incapsulate in sequenze di ologrammi a alto contenuto informativo su canali di trasmissione ad elevata capacità di volume di traffico in Erlang (con la eventuale riduzione in dimensione tramite opportune tecniche di codifica digitale) verso ricevitori presso gli utenti finali che siano capaci di trasformare i dati ricevuti ricostruendo con la rapidità, la quantità e qualità necessarie la sequenza di immagini in ologrammi remoti sottoponibili a irradiazione di luce laser adatta a consentire la visione tridimensionale originaria. Senza alcuna estensione di protesi visive per gli utenti finali. Questo può esaminare l’ologramma ricostruito localmente spostandosi fisicamente rispetto a esso per poter osservarne gli aspetti suggeriti da una visione caratterizzata dalla personalizzazione secondo i criteri dettati dalla creatività e dinamismo della fruizione partecipata allo spettacolo proposto dallo studio centrale. Quelle immagini consentono anche una semplice presentazione a diversi rapporti di ingrandimento grazie al tipo di frequenza adottata nell’illuminazione dell’ologramma.

Questa soluzione di trasmissione e ricomposizione a distanza di ologrammi (tridimensionali per definizione) consente inoltre di applicare la trasmissione di filmati-TV non solo per le attuali finalità di intrattenimento culturale (leisure) ma anche a fini di edu-tainment con corsi di addestramento ad attività che presentano rischi per l’incolumità o esigerebbero esecuzione di esperienze distruttive e costose in quanto irripetibili.

La tecnica di trasmissione di ologrammi tridimensionali aprirebbe inoltre l’applicazione dei filmati TV a fini manifatturieri industriali a distanza con la trasmissione di stampi meccanici e la loro possibile riproduzione meccanica remota. Stampi utilizzabili per consentire la delega a officine remote di componenti o insiemi da assemblare successivamente a più complesse strutture personalizzandone l’applicazione operativa locale. Stampi utilizzabili altrimenti per riprodurre in località remote componenti che la logistica industriale non potrebbe trasmettere con le dovute velocità richieste o a costi competitivi rispetto all’integrazione remota di manutenzione in stile do-it-yourself.

La storia del progresso industriale è strettamente connessa a quella del progresso della liberal-democrazia ed entrambe mutuamente si consolidano alla luce di standard che risultano sempre più utili per diffondere beni e servizi e renderli accessibili a fasce sempre più vaste di consumatori. Gli standard agevolano la produzione di beni e servizi ma anche il consumo degli stessi rendendoli sempre meno astrusi e quindi accessibili non solo sotto il profilo economico ma soprattutto sotto quello della facilità d’uso liberando gli utenti finali dal vincolo della mediazione di tecnici ed artigiani. Tanto più liberi sono i consumatori di servizi d’informazione e di connessione in rete tra partner fisicamente distanti, tanto maggiore è il loro grado di libertà “politica”.