11/04/2008

‘Fuga’ speculative dei Capitali??

 

Gli attuali fenomeni di rapidi sconvolgimenti nel mondo della finanza internazionale mi sembrano naturali e di facile comprensione pur dichiarando la mia inadeguatezza tecnica ma la mia solida fiducia nel ‘libero mercato’ (fondamento ultimo della liberal-democrazia Occidentale). Il libero mercato riconosce assoluta priorità all’intraprendere della creatività dei singoli, che ‘costruisce il nuovo’, ed ai successivi comportamenti, che di fronte a quel ‘nuovo’ manifestano altrettanto ‘liberi’ individui (che danno così legittimità al suo successo o fallimento) rispetto alle solo ‘derivate’, successive ‘reazioni al nuovo’ che si estrinsecano in ‘legalizzazione del nuovo’ a posteriori, spesso ‘obtorto collo’ da parte di ‘istituzioni statali’ (il ‘potere giurisdizionale’) che spesso subiscono pressioni da altrettante ‘istituzioni private’ (le lobby portatrici di una continuità di tutela dei vecchi interessi). Il problema dei titoli a alto rischio tra cui taluni finanziamenti immobiliari così come l’accelerato aumento di prezzo di taluni beni primari (mais, soia) o la fuga verso beni-rifugio (oro) mi sembra una naturale e semplice conseguenza aggregata a livello globale dei comportamenti dei detentori di risorse finanziarie. Infatti, nell’attuale rapido espandersi delle economie interdipendenti, risultano sempre più scarse quelle risorse che erano necessarie per alimentare la produzione e i consumi che un tempo erano commisurate alle esigenze del solo Occidente dagli USA, all’Europa, al Giappone e all’Australia. In Occidente, fino a pochi anni fa, si provvedeva addirittura a finanziare la dismissione di certe produzioni ritenute ‘eccedentarie’ (cerali, latte e derivati) rispetto alla domanda interna. Tra le risorse rivelatesi oggi invece più scarse rispetto alla domanda globale figurano produzioni (mais, soia) che l’Occidente potrebbe rapidamente fornire purché si cancellassero quelle politiche ‘giustificate’ da un’ottica miope sul piano geo-politico. Tra le risorse che improvvisamente sono risultate ‘scarse’ nell’egemone e innovativa ottica geo-politica della globalizzazione figurano altre (energia, commodities industriali) che anch’esse l’Occidente potrebbe fornire in qualità e quantità adeguate alla crescente domanda grazie alla sua innovazione tecnologico-industriale seppure in tempi più lunghi rispetto a quanto richiedano i cicli produttivi del comparto rurale. Infine, un’ulteriore risorsa che risulta inadeguata a soddisfare le esigenze della nuova domanda globale di beni industriali è quella della distribuzione sui mercati (logistica e trasporti). È questo un comparto che richiede anch’esso tempi più lunghi dovuti all’esigenza di rivedere e di integrare in modo opportuno la dislocazione dei nodi e dei collegamenti delle reti disponibili. Anche in questo comparto di industria l’innovazione tecnologica e organizzativa di cui è capace solo l’Occidente potrebbe provvedere ‘sostituendo’ le vecchie soluzioni vigenti in Occidente con altre più compatibili con le realtà sociali dei nuovi interlocutori globali. Nell’ottica sotto la quale osservo gli sconvolgimenti che sono in corso in tutti i comparti industriali tuttavia, le risorse che risultano massimamente Occidentali (in quanto son generate da valore aggiunto fornito dall’industria Occidentale - anche se molti detentori dei titoli di proprietà possono essere dei satrapi che di Occidentale hanno ben poco) ma altrettanto massimamente scarse sono quelle finanziarie richieste oggi da una domanda globale di dimensioni travolgenti rispetto a quanto sperimentato nel passato. I detentori di quella risorsa fondamentale, prioritaria e preziosa per dare corpo a qualsiasi creatività imprenditoriale cercano di trasferirla dai vecchi comparti in crisi di crescenza i cui rendimenti risultano ‘carenti’ verso altri settori di promettente forte crescita che non possono tuttavia ancora proporre appaganti rendimenti. In attesa di potersi trasferire su queste nuove fonti di reddito i detentori delle risorse le ‘capitalizzano’ in forme temporanee che ne assicurino alte rendite (speculative) oppure in ‘beni rifugio’ (commodities o oro) che infatti presentano su quei mercati una crescita ‘abnorme’ di valore. Il tutto segnala una naturale e saggia propensione alla tutela di una risorsa preziosa per il ‘riaggiustamento’ della stabilità del mercato finanziario in attesa che il contesto industriale globale abbia consolidato i nuovi assetti produttivi. È in corso la ‘libertà’ creativa dei mercati in attesa che le ‘istituzioni’ politiche, industriali e, solo successivamente, politiche si siano riconfigurate al fine di legalizzare le ‘legittime’ esigenze dei nuovi flussi finanziari nel mondo. Con i connessi rischi che temporaneamente devono assumersi le diverse fasce di risparmiatori internazionali e locali. I piccoli risparmiatori possono sperare di ‘speculare’ con alti margini e altrettanto alti rischi in una loro piena e indelegabile responsabilità. Tanto maggiore è l’avidità dei singoli tanto maggiori sono i rischi che accettano di correre nella speranza di conseguire profitti. Il ‘libero mercato’ funzione anche qui perfettamente ed è inutile invocare tutele da istituzioni che correttamente risultano inadeguate ad una realtà mondiale in corso di costruirsi sotto le spinte molteplici e ‘selvagge’ delle esigenze  dei nuovi imprenditori globali.