11/03/2011

Governance: ‘Occidente’ e Nord Africa

Ora sembra che la frittata sia stata fatta con le mille titubanze nei confronti del ‘regime change’ in Libia.

La ‘tribù’ tripolina del ‘signore della guerra’ Gheddafi meglio armata e politicamente installata rispetto alle altre cirenaiche è riuscita a creare la situazione di pieno disorientamento politico tra gli interlocutori esteri che dipendono in modo critico dal petrolio e gas libico gestendo le relazioni interne al paese sulla base dei più tradizionali rapporti tribali e solidarietà vigenti all’interno del mondo islamico.

L’assenza di una governance globale rende inoltre tutte le vecchie istituzioni soprannazionali inadeguate ad organizzare qualsiasi efficace intervento nel paese per mancanza di un contesto di accordi politici che possa garantire stabilità e continuità all’azione internazionale.

Gli interessi degli interlocutori principali non sono ancora emersi(Cina) o nascondono posizioni di attesa (Russia, Lega Araba) mentre gli USA si limitano a dare sostegno al ‘terzo’ e più debole interlocutore politico interno alla Libia (la disorganizzata maggioranza di giovani che nutre aspettative di una qualità di vita che solo un paese industrializzato potrebbe appagare), la Francia e il Regno Unito pretendono di organizzare un pressoché unilaterale intervento militare che, per non risultare una forma di vetero-colonialismo morto con la Crisi di Suez, ha bisogno di coinvolgere la NATO (obbligando gli USA a smentire le posizioni tenute in quel conflitto contro Francia, Regno Unito e Israele e ad allinearsi con ciò ad un anti-storico interventismo di stampo neo-coloniale e costringendo altri paesi come Italia e Germania a partecipare contro ogni interesse nazionale e in assenza di una prospettiva strategica stabile di lungo termine che dia loro una razionale per l’adesione).

Nelle more i movimenti islamici più anti-occidentali riescono ad organizzare il consenso interno al mondo islamico per garantirsi un ruolo di maggior peso rispetto a quello che i ‘signori della guerra’ del regime libico abbia loro consentito con la sua stabilità autoritaria e tradizionalista.

Tutto ciò è un male che forse sarà però fonte di un bene per l’accelerazione del Nuovo Ordine Globale.

Infatti il Nord Africa coinvolge gli interessi globali ed offre uno scenario in cui sono attivi tutti i paesi più industrializzati e quelli in via di accelerato sviluppo industriale oltre a quelli di un terzo mondo pre-industriale in cui dominano regimi che si ispirano ad una cultura patriarcale e tribale che è legittimata da visioni del potere proprie dell’integralismo religioso che vede come una minaccia la separazione tra peccato e reato. Paesi quindi che si arroccano alla ‘sharia’ come unica fonte di legittimità ai comportamenti civili. Culture in cui è inaccettabile che la donna sia portatrice di pari diritti con l’uomo, che l’’infedele’ abbia pari diritti religiosi e civili rispetto ai religiosi ortodossi, che il suolo patrio sia ‘sacro’ e chiunque lo calpesti debba essere religiosamente ortodosso, in piena analogia con ciò che avveniva nei periodi più oscuri attraversati dalla civiltà ‘Occidentale’ nel corso della sua sofferta costruzione dell’attuale assetto garante della possibile convivenza tra diverse culture, razze, sessi e religioni.

Una tolleranza che compone la stessa radice storica della civiltà ‘Occidentale’ greca-romana-cristiana sulle cui fondamenta si è sviluppata la civiltà industriale con le sue crescenti sofisticazioni istituzionali che hanno oggi offerto al mondo intero il miracolo di una cooperazione industriale libera dai vecchi confini nazionali e corporativi che sta garantendo ritmi di crescita del benessere economico a masse di diseredati ed oppressi da regimi illiberali.

Le istituzioni del capitalismo-liberista, della liberal-democrazia e dell’universalità dei diritti umani sono state arricchite ed esportate dall’’Occidente’ in tutto il mondo talvolta con azioni belliche, più spesso con accordi industriali come sta avvenendo nei confronti del mondo asiatico.

L’Africa è restata sempre estranea a questo progresso civile mentre oggi diventa troppo importante perché la si tenga esterna al consolidamento del Nuovo Ordine Globale ed alla sua governance sul nuovo sistema industriale globalizzato.

D’altronde anche in Africa del Nord (Somalia, Sudan, etc. sono in una situazione diversa) le comunicazioni di massa e l’adiacenza con l’Europa e la sua storia coloniale hanno creato sulla maggioritaria massa di giovani di ambo i sessi aspettative di una qualità di vita ‘Occidentali’ che non possono essere gratificate né dai regimi tribali, né dalle monocrazie tradizionaliste.

Il Nord Africa è ormai destabilizzato politicamente al suo interno dal crescente dissenso giovanile che è però privo di ogni solida relazione con strutture istituzionalmente organizzate assenti per l’assenza di quella borghesia industriale che ha sempre garantito successo al progresso liberal-democratico. In Nord Africa, ma anche in Medio Oriente tranne (forse) Turchia ed Iran è assente o labile e disorganizzato il capitalismo-liberista che abbia interesse a veicolare il reddito nazionale (garantito dal petrolio o dalla droga non importa) verso forme di investimenti industriali più redditizi e meno rischiosi di quelli che possono motivare politiche diverse negli autocrati al potere. Perfino l’Arabia Saudita e i paesi del golfo mancano di prospettive politiche interne che possano sollecitare le satrapie al potere a ‘riciclare’ il flusso finanziario che monopolizzano entro forme di sviluppo industriale nei loro paesi; una scelta per essi masochista in quanto aumenterebbe il grado di autonomia economica dei professionisti e maestranze addette, fornirebbe nuove occasioni per la nascita di una moderna borghesia capitalista, aumenterebbe le aspettative di libertà politica interna e soprattutto non riuscirebbe a garantire la continuità del regime tra il suo assetto tradizionalista attuale (animato dal solido rapporto coll’integralismo religioso) - altamente redditizio - e quello di paese in via di sviluppo industriale – meno redditizio e meno politicamente stabile.

Cosa fare?

Laissez faire, la strategia suggerita dall’adesione alla filosofia più liberista, non è possibile a meno di non trovare una fonte alternativa e più economica e più disponibile di energia rispetto a quella fossile. Questa era lo scopo delle ricerche di Nikola Tesla ma resta tuttora un’utopia sul piano tecnologico ma, soprattutto, sotto il profilo dell’impatto che avrebbe all’interno stesso del mondo industrializzato sui gruppi industriali gestori della filiera da estrazione, raffinazione, distribuzione del petrolio e derivati.

Escluso il laissez faire occorre rimuovere l’altra alternativa del puro intervento ‘umanitario’.

Non si può intervenire per pure ragioni umanitarie che non consentirebbero di costruire una stabile linea di azione nei confronti della maggioranza più filo-occidentale del paese destabilizzato – i giovani d’ambo i sessi e la labile borghesia professionale.

Le ragioni ‘umanitarie’ possono essere tenute in conto secondario rispetto alle ragioni socio-politiche che devono alimentare la strategia degli interventi; un interesse ad agevolare o costringere le attuali oligarchie al potere a accettare una graduale perdita di potere barattando l’interesse maggioritario del loro paese a fronte di un rischio controllato di trasformazione del potere monocratico in assetti gradualmente più liberali.

Questa alternativa tra il potere totale e solido di oggi e un potere minore e più condiviso domani deve essere imposto con la forma di intervento che non necessariamente dovrebbe essere immediatamente di carattere militare. È la classica politica di alternanza di ‘carote’ e ‘bastoni’ che guida ogni politica estera tra mondi che si ispirano a valori e finalità diverse e incompatibili; la politica emblematicamente rappresentata da Teddy Roosevelt e dall’intervento dei marines in Algeri.

Questa linea politica finalizzata a tutelare gli interessi dell’’Occidente’ e di chi s’è già immesso nel percorso (India, Cina, Pakistan, etc.) potrebbe essere il primo ‘caso di studio’ per concordare una nuova governance ed affidarne l’implementazione ad un nuovo e credibile assetto istituzionale composto da vecchi organismi (ONU, NATO) animati dal consenso politico dei nuovi protagonisti politici del mondo globalizzato - G2, G8, G20, etc..

Riusciranno i nostri eroi?

Non ci resta che attendere in spirito di laissez faire osservando in spirito scettico il fallimento di ogni cinico tentativo rapido e occasionale dettato da velleitarismi ‘umanitari’ o da revanscismi ‘nazionalisti’.