10/10/2008

Moneta e Fiducia

Il fatto è che le ‘menti sottili’ accademiche e nei media non riescono a spiegare in modo elementare un fatto fondamentale dell’economia di mercato (tutta ‘capitalista’ sia che il potere sia accentrato totalitariamente nello Stato sia che esso sia invece ripartito tra varie istituzioni magari totalmente ‘private’ ma sotto il giogo del gioco delle parti nel ‘check & balance’ liberal-democratico. Nel primo caso il capitalismo funziona confrontando le più diverse istanze della società in libera competizione sul ‘libero mercato’ che forma i prezzi di scambio tra beni diversi di cui è misura la ‘valuta’ in corso. Nel secondo caso i ‘prezzi’ che necessitano al capitalismo come misura circa le priorità degli investimenti necessari al sistema economico vengono surrogati da modelli astratti che fondano le priorità su scale di valori ideologici (dottrine religiose o politiche). Mentre nel primo caso il ‘capitalismo’ deve conservare saldamente nell’ambito del ‘privato’ la gestione della moneta (misura dei prezzi) in quanto ciò costituisce l’unica tutela del ‘libero mercato’ e della connessa tutela delle istituzioni liberal-democratiche, nel secondo caso lo Stato è costretto ad avocare a sé la produzione e gestione della ‘moneta’ in quanto essa trasmette alla società la scala di valori prefissata dal modello ideale che ne legittima il valore. Conseguenza naturale di ciò, quindi, è la ‘repressione illiberale’ di ogni forma alternativa di ‘mercato’ (‘nero’ in quanto ‘libero’ dagli schemi ideali – per assioma ‘bianchi’) che è costretto quindi a regredire verso forme di scambio di ‘baratto’ tra beni e servizi.

Ciò detto occorrerebbe chiarire che la ‘moneta’ nel mondo dell’economia (che è sempre ‘capitalista’) svolge due ruoli distinti. In realtà se ne fanno accenni confusi separando il ‘mondo della finanza’ da quello ‘industriale’ ma senza poter chiarire le ragioni per cui occorre evitare commistione tra chi ‘eroga credito’ (cioè chi ‘emette valuta’ - il sistema creditizio che include in continuità le banche e gli istituti di emissione di valuta) e chi ‘chiede credito’ (rivaleggiando per ottenere l’uso temporaneo di ‘dosi di valuta’ adeguate alle esigenze e ‘credibilità’ delle sue proposte di impiego – il sistema industriale che include ogni tipo e dimensione di imprenditore).

Il fatto è che nel corso dei millenni del progresso della civiltà umana, la moneta è venuta sofisticando le sue funzioni dividendo in modo sempre più selettivo: 1) coloro che della moneta fanno un uso puramente ‘strumentale’ (chi la usa come ‘metro’ di misura per il confronto tra valori reciproci di prodotti intrinsecamente disomogenei in struttura per la composizione delle sue fasi produttive e in volatilità per la sua sostituibilità nel soddisfare la domanda che ne aveva generato la produzione) da 2) coloro che della moneta fanno un uso come risorsa industriale (commodity – cioè un ‘bene in sé’ di cui essi gestiscono nel tempo la ‘credibilità’ per soddisfare la domanda (che di essa proviene da operatori ‘esogeni al comparto’) sofisticandone i meccanismi ‘tecnologici’ che la dotano di ‘moltiplicatori’ o di leverage senza che questi siano di nocumento alla conservazione della solidità e fiducia del ‘credito’ nel tempo; un ‘credito’ che venne loro consegnato per la gestione ottimizzata dai produttori di ‘valore aggiunto’).

Al di fuori di questa divisione, la moneta viene scambiata quotidianamente sul mercato al fine di sopravvivere e di accrescere il proprio benessere, con miliardi di piccole decisioni sotto la responsabilità individuale di ogni scelta da miliardi di ‘persone private’ che sono ‘libere’ in quanto ‘responsabili’ delle loro singole azioni.

La ‘fiducia’ di cui gode la ‘moneta’ è un dato di fatto cioè un assioma che si fonda sullo stesso fatto che ad essa venga dato ‘credito’ da parte di chi la scambia in un mercato che è sempre più globale ed integrato. Come dimostra l’attuale contemporaneo comportamento dei mercati finanziari.

I veri ‘detentori del credito’ insomma sono i miliardi di ‘persone private’ che ‘aggiungono valore’ quotidianamente con le loro scelte individuali e libere alla valuta da loro impiegata nel loro operare responsabile. Sono loro a godere di ‘credito’ agli occhi del sistema finanziario che deve limitarsi a fornire il ’bene produttivo primario’ del suo comparto di attività solo a chi ne saprà aumentare il valore alla ‘moneta’ ricevuta senza rischio per il suo valore primitivo.

Tenere separata la proprietà delle aziende che ‘producono ricchezza’ della moneta (il mondo industriale) e chi ne misura la ‘crescita e solidità’ (il mondo finanziario) è un fatto fondamentale ma è ancora più fondamentale non creare ‘santuari’ che proteggano dalle responsabilità delle loro decisioni (sempre individuali, soggettive e nominative) sulla moneta. La sede privilegiata ed emblematica di tali ‘santuari’ è lo Stato ed i suoi gestori: i ‘politici’. Sono loro a scaricare sul contribuente le eventuali aggregazioni di decisioni errate in modo ‘irresponsabile’ accumulatesi nel tempo. Ciò sconsiglia di affidare gli organi di emissione alla proprietà di Stato e di conservarli invece strettamente connessi al sistema finanziario di cui sono parte integrale. Ciò sconsiglia parimente di statizzare o di fiscalizzare gli errori del sistema finanziario invece di farne pagare fino in fondo i costi alle ‘persone’ che vi hanno contribuito. Sia il mercato libero a potare i rami secchi di quel comparto di industria affinché chi vi sopravvive sia più responsabile e consapevole in futuro. È così che è cresciuto il progresso industriale e la civiltà ‘Occidentale’.