09/07/2010

Sviluppo industriale e governance globale

È ormai fallito il tentativo di ‘programmare lo sviluppo industriale’ globale sulla base del paradigma della ‘sostenibilità ambientale’. Un tentativo che le oligarchie intellettuali di ogni paese hanno tentato di stabilire prima che lo sviluppo industriale si consolidasse sulla base del paradigma del capitalismo-liberista libero da ogni vincolo ideologico.

Il tentativo si è sviluppato con un pressing propagandistico che ha tentato di convincere l’elettorato più liberal-democratico del Nord ad accettare un graduale, relativo impoverimento giustificandolo con elementi di ordine etico, di stabilità politica e di sostenibilità ambientale tutti presentati tramite scenari di terrorismo ideologico; invasioni dal Sud, guerre tra masse travolgenti di diseredati e ristrette masse impotenti al Nord, carestie, siccità, esondazione di fiumi, sollevamento del livello dei mari, estinzione delle specie animali, rischi di epidemie, estinzione delle fonti energetiche, surriscaldamento o congelamento terrestre causato dal tasso di crescita industriale, sovrappopolazione mondiale e conseguente inadeguatezza delle derrate disponibili, etc.. Tutti vecchi schemi previsionali derivanti dal proiettare verso il futuro le tendenze statistiche e capacità rilevate dall’attuale status sociale e dalle conoscenze scientifiche, tecnologiche e dei comportamenti umani di oggi. Una pura ripetizione dei falliti catastrofismi di stampo ‘malthusiano’ che inducono a suggerire che l’uomo assuma stili pauperisti di vita e rinunci a ‘governare’ la Natura ricavandone sempre meglio (tramite soluzioni tecnologiche e organizzative sempre più adeguate) tutte le risorse necessarie a soddisfare le esigenze emergenti senza rinunciare ad armonizzare le esigenze di una società di uomini liberi con il rispetto dell’ambiente in cui essa vive; senza cioè rinunciare al progresso del benessere e della sua estensione a tutte le frange di diseredati ancora esclusi dalla civiltà ‘Occidentale’.

Si tratta di schemi previsionali scientificamente scorretti in quanto presumono per la scienza la capacità di giungere a modelli ‘prescrittivi’ degli assetti che assumerà la realtà naturale influenzata dall’animale uomo. È un paradigma errato alla luce stessa delle conoscenze scientifiche sui sistemi termodinamici complessi che Ilya Prigogine ha chiarito in coerenza con gli sviluppi più consolidati delle scienze fisiche e matematiche del XX secolo. I sistemi termodinamici complessi attraversano ciclici processi di cambiamento di assetto tramite ‘catastrofi’ che ne conservano stabilmente la forma sistemica complessiva ma che distruggono fasce di varie e imprevedibili localizzazioni come dimensioni e momenti che coinvolgono sottoinsiemi non più compatibili coi criteri di stabilità critica autoregolata che seguono le leggi di Natura. Questa combinazione di stabilità globale delle ‘leggi naturali’ ed imprevedibilità determinista degli assetti futuri rende totalmente compatibili le due branche della ‘scienza’; le fisiche e le metafisiche. Il progresso della civiltà ‘Occidentale’ fondato sulla piena autonomia e compatibilità tra la sfera materiale e la sfera spirituale dell’uomo e sviluppatosi in Scuole (dapprima) ed Università (dal Medioevo fino alla frattura dello ‘scientismo’ giacobino del XIX secolo) in cui si curava affiancato lo studio della teologia e quello della natura, ha recuperato con Popper e Prigogine lo strumento necessario per ripristinare unitarietà nella ricerca filosofica delle ‘leggi di natura’. Questo è un complesso di regole che, governando in modo coerente l’olismo della Natura, non può essere studiato in modo ‘riduzionista’ frammentando il progresso della conoscenza e smarrendone il filo rosso che deriva dalla sua struttura unitaria. La ‘ragione’ è il solo strumento dato all’uomo per approfondire faticosamente la sua percezione del grande disegno sottostante alla crescita di ordine dal ‘big bang iniziale’ alla diversificazione così elevata osservabile oggi anche dai più ‘riduzionisti’ teologi dello scientismo che sono costretti dalla loro scelta ad essere irrazionali ‘negazionisti’ di una dimensione metafisica naturale che ‘trascenda’ le limitazioni di tempo e spazio in cui l’uomo è costretto ad esercitare le sue fanciullesche riflessioni sull’esistenza di un ‘disegno intelligente’ e di cercare di darne una seppur imperfetta descrizione.

L’unitarietà della scienza non significa ripristinare la gerarchia scolastica tra le discipline di insegnamento e di ricerca universitaria, occorre solamente superare l’’ascientifica’ egemonia del riduzionismo ‘scientista’ che ha perfino escluso dalle università ‘laiche’ le discipline metafisiche; le sole che un tempo avevano costruito il diritto della ragione scientifica a indagare su struttura ed armonia che presiedono alla conoscenza perfetta del ‘Creato’. Cancellando il ‘creatore’ lo scientismo ha declassificato la realtà naturale a Natura materiale ed ha sostituito il ‘creatore’ con la Dea Ragione capace di un’autonoma, graduale crescita della ‘Conoscenza’ esatta su una realtà governata da pure connessioni meccaniche tra forze che permetterebbero di giungere a una descrizione ‘prescrittiva’ degli sviluppi futuri e di quelli passati. Salvo poi a fallire in questa visione alla luce dello stesso progresso scientifico delle conoscenze che obbliga ad accettare l’esistenza di un ‘disegno intelligente’ che trascende la mente umana oppure ad ipotizzare (contro ogni credibilità statistica) che una sorta di ‘intelligenza’ si sia manifestata nel corso dell’evoluzione naturale solo grazie a un casuale accumulo di eventi ‘imprevedibili’ la cui successione tuttavia si sia manifestata conservando una intrinseca stabilità di ordine nell’evoluzione stocastica.

La legittimità che la scienza politica ha acquisito di governare la società ‘programmandone’ lo sviluppo industriale discende dalla frattura ‘scientista’ della Rivoluzione Francese. La prima delle ‘rivoluzioni’ che si sono susseguite al governo della società negli ormai defunti Stati Nazione; tutte all’insegna della scienza, della tecnologia e di un’etica di stato che ha sostituito la religione trascendente con quelle secolari su cui si è poggiata le legittimità dello stato etico (anti-clericalismo, marxismo, nazional-socialismo, teologia della liberazione, etc.).

Se si accettasse di ristabilire pari dignità a discipline ‘diverse’ e a interpretazioni ‘multiculturali’ delle teorie che la ragione umana costruisce seguendo fili logicamente ‘scientifici’ (seppure in discipline ‘diverse’), verrebbe meno la stessa base che legittima le vecchie oligarchie politiche a fondare lo stato sociale per dare ‘tutela’ ai governati dalle conseguenze causate dai loro comportamenti potenzialmente ‘irrazionali’ lungo tutto l’arco di vita; dalla culla alla tomba).

Ciò spiega l’acrimonia che abbiamo osservato animare lo scenario geopolitico a partire dal 1800 tra fautori della scienza negatrice di Dio e tradizionalisti ispirati dalla fede nella ‘naturale’ ed intima compatibilità che deve esistere tra evoluzione della conoscenza religiosa e evoluzione nella capacità di analisi della ragione.

Ciò chiarisce anche fatti più contingenti e minimali che animano i conflitti politici nello scenario geopolitico di oggi tra ‘laicisti’ e ‘conservatori’, anti-clericali e laici-devoti, atei e religiosi, ‘relativisti’ e ‘fideisti’ o, nella Chiesa di Roma, tra conservazione della struttura gerarchica e promotori di una sua nuova dimensione assembleare.

L’attuale globalizzazione sta esaltando i conflitti tra le due visioni ‘laicista’ e ‘religiosa’ del progresso umano su cui esse dovranno fondare i criteri della nuova governance e il potere che le sue istituzioni, più o meno ‘liberal-democratiche’, gestiranno sulla società globale.

Ciò che è in gioco è il paradigma illiberale dello stato sociale su base globale come legittimazione di una governance fondata sulla programmazione globale dei redditi a spese di trasferimenti di benessere prodotto con l’obiettivo di raggiungere la equa redistribuzione della ricchezza prodotta. Oppure il paradigma liberal-democratico di offrire a tutti pari opportunità di crearsi benessere in competizione con gli altri senza alcuna protezione o proibizione dall’alto. Al fine di garantire la massima crescita della ricchezza totale prodotta e di affidarne la distribuzione su base globale alle libere ingegnosità e imprenditorialità dei produttori-consumatori-risparmiatori-elettori indipendentemente dalle diversità che ne ispirino i comportamenti privati.

Il trionfo del capitalismo-liberista ha innescato su base globale l’eterno conflitto tra le elite illiberali che cercano di riappropriarsi dei privilegi delle loro oligarchie di governo della società e i maverick intellettuali che sostengono da sempre la eliminazione delle oligarchie tramite estensione dei confini del libero-mercato.

La liberal-democrazia non è garantita dal semplice trionfo del capitalismo-liberista; occorre che le fasce di nuovi elettori siano consapevoli del rischio di seguire le indicazioni dei demagoghi. Essi promettono, come è tradizione, paradisi futuri a spese di sacrifici attuali pur di affidarsi alla loro lungimirante programmazione di futuri luminosi minacciati solo dall’avidità e anarchica ‘libertà selvaggia’ che ispira l’agire di speculatori e corrotte gerarchie bancarie e religiose che usano la fede come ‘oppio dei popoli’ contro la ‘ragione’ umana di per sé libera e priva di preconcetti rispetto alle diversità; e che, quindi, è ‘politicamente corretta’.

L’attuale acrimonia della sinistra laicista (anche tra i teologi e nella curia) contro la Chiesa e la sua gerarchia è dettata da questo scontro tra i due paradigmi che ispirano da sempre la società umana: un reazionariato che si trincera dietro un buonismo paternalista che ispira le oligarchie a gestire lo sviluppo per il bene del popolo programmandone la crescita culturale ed egalitaria (tutti ruoli che giustificano le forme di governo dall’alto tramite selettive istituzioni legittimate a gestire il potere – il partito unico, le fondazioni bancarie, le banche d’affari o le satrapie d’antan) oppure un conservativismo che cerca di estendere gradualmente la estensione dei diritti civili a tutte le fasce di diseredati tramite l’imposizione di crescenti dosi di responsabilità individuali nelle scelte quotidiane eseguite su un mercato libero dai vincoli che le oligarchie cercano sempre di erigere a tutela dei propri privilegi parassitari (ma etichettati demagogicamente di ‘progressismo’).

Anche negli USA sono evidenti i tentativi che, sin dall’avvio della globalizzazione, le lobby ‘progressiste’ (ed ‘illiberali’ denominate ‘Wall Street’) stanno conducendo per sovvertire il paradigma ‘conservatore’ liberal-democratico che ispira l’economia nazionale (e liberal-democratica denominata ‘Main Street’) di quel paese.

Lo scontro avviene imponendo comportamenti ‘politically correct’ in ogni comparto della vita pubblica. Ciò significa ad esempio aumentare il debito e il deficit federale tramite provvedimenti ispirati dal welfare state erga omnes, dall’esautorare i poteri degli stati tramite elezione di ‘progressisti’ alla corte suprema, dal trend a potenziare i poteri del governo federale e delle sue agenzie rispetto a quelli degli stati, etc.. Tutto dietro la pretesa che i pericoli incombenti sul paese siano oggi drammatici ed epocali tanto da richiedere una oculata ed unitaria programmazione dei rimedi a prevenzione dei rischi di conseguenze catastrofiche e irreversibili. Un impegno che necessiti di coagulare le più rare e dotate ‘menti sottili’, le sole a poter riuscire a definire i rischi ed i relativi rimedi con dosi di accuratezza scientifica adeguate a permetterne il successo. Una classica gerarchizzazione ‘pesata’ dei voti espressi nella selezione dei rappresentanti politici.

La Suprema Corte riesce meglio dell’elettorato degli stati ad ‘interpretare’ l’applicabilità degli emendamenti già esistenti alle mutate esigenze del paese. Invece di rischiare la libera e democratica approvazione di nuovi ‘emendamenti’ che la situazione geopolitica e ambientale di oggi con consentirebbe di formulare con dosi di saggezza comparabili a quelle che fecero esprimere gli emendamenti esistenti alle generazioni passate.

La CIA, la NSA e l’FBI sono più in grado dell’impiego della National Guard gestita dai Governatori degli stati di proteggere dai rischi che il terrorismo e l’avidità industriale programmano contro l’integrità di ambiente e sicurezza fisica pur di conculcare adeguatamente i diritti civili definiti da una lettura obsoleta della carta costituzionale e dei suoi emendamenti.

La Chiesa di Roma (l’unica che goda universalmente di un credito sul piano etico adeguato ad opporsi alle tendenze centraliste del governo e delle agenzie federali) viene sottoposta a una vera e propria persecuzione in campo sia giurisdizionale che mediatico penalizzandola nella sua credibilità etica e nelle risorse che le potrebbero consentire autonomia operativa sul piano civile e politico. Indipendentemente dall’effettivo stato di eccezione che inquina oggi quella istituzione di trasgressioni che ha sempre presentato la sua storia ‘santa e peccatrice’. Si spettacolarizzano situazioni non difformi da quanto narrato dalla storia e dalle cronache di quella istituzione solo per sostenere una campagna mediatica di contrasto al crescente peso politico della Chiesa di Roma nello scenario geopolitico dell’era globale.

È patetico e sterile il tentativo delle vecchie oligarchie finanziarie e mediatiche di ‘resistere, resistere, resistere’ all’avvento di una nuova struttura gerarchica delle istituzioni che presiederanno agli equilibri richiesti dalla governance del sistema industriale globalizzato. Istituzioni che, nello spirito della civiltà liberal-democratica  ‘Occidentale’, richiederanno una separazione tra i poteri a partire dai due fondanti quello civile (di contrasto ai reati – fondato sulle leggi contingenti) e quello religioso (di stimolo ad astenersi dai peccati – fondato sulla universalità trascendente della legge naturale).

La saggezza millenaria di Santa Madre Chiesa ha sintetizzato la permanente sconfitta dell’ostilità laicista nel ‘non prevalebunt’ evangelico. La verifica storica del fallimento del riduzionismo scientista sull’olismo della civiltà ‘Occidentale’ è scritto dalla durata dell’istituzione ‘Chiesa’ fondata sul primato di Pietro e della Curia di Roma rispetto ad ogni altra forma ‘sinodale’ fondata su religioni trascendenti o rispetto ad altri regimi ‘millenari’ fondati su religioni secolari.