09/07/2009

l’Aquila: Fine del ‘68

La recente riunione del G8+5 a l’Aquila e, soprattutto, la successiva visita di “Cesare” (Obama Barack) al Successore di Pietro (Benedetto XVI) alla Santa Sede hanno costituito, nell’ottica “ombelico-centrica” delle “menti sottili” che infestano il mondo dei Media (ancora totalmente “irresponsabile” nel meccanismo del check&balance che dovrebbe garantire equilibrio tra i Poteri liberal-democratici), un successo di Berlusconi o un riconoscimento della “crisi finale” del capitalismo liberista.

In realtà, come più volte segnalato da questa rubrica, la riunione de l’Aquila ha costituito il riconoscimento formale del successo globale della civiltà ‘Occidentale’ consolidato nell’arco del trentennio precedente (dal “crollo del muro” nel 1989 - ma in realtà maturatosi lungo tutto l’arco del 1900 secolo in cui si è esaurito il ruolo egemone degli Stati Nazione) grazie all’inarrestabile spinta del capitalismo industriale che, con le sue nuove potenzialità e relative esigenze, ha travolto ogni resistenza parassitaria posta dalle corporazioni degli Stati nazionali a tutela dei loro privilegi. Nuove potenzialità di sviluppo intrinseche all’innovazione delle tecnologie che si era ormai consolidata e che richiedeva una nuova concezione di governance fondata su una legittimità delle istituzioni che non poteva più essere soddisfatta dall’ottocentesco Stato Sociale. La graduale spinta dell’accresciuto potenziale produttivo industriale che aveva eliminato nel Nord meno popoloso il secolare problema dell’indigenza, creando una sovrabbondanza di offerta per un mercato ormai incapace di ammortizzare il tesso crescente di sviluppo produttivo, ha spinto ad estendere il “mercato” per includere le masse dei diseredati del Sud abbattendo i confini nazionali contro ogni volontà reazionaria delle vecchie ma inadeguate istituzioni degli Stati Nazione (legislativo, giurisdizionale, esecutivo e tutte le lobby corporative di parte datoriale e operaia).

Promuovere l’estensione della partecipazione al benessere industriale di masse di potenziali consumatori spesso governati da regimi illiberali e contro i prevedibili egoismi conservatori dei regimi liberal-democratici dei vecchi Stati Nazione, è un meccanismo dettato dalla fisiologia della civiltà ‘Occidentale’ che attribuisce alle naturali e responsabili scelte dei consumatori e alle aspettative che essi gradualmente maturano su base individuale (la ofelimità delle loro scelte di consumo) la priorità di “dettare dal basso” le linee dello sviluppo della civiltà (e delle relative istituzioni liberal-democratiche) rispetto alla priorità che invece viene attribuita ad astratte ideologie miranti a “definire dall’alto” la scala dell’utilità dei consumi sulla cui base fondare la legittimità delle istituzioni dello Stato cui viene affidata la missione di educare i consumatori ed assisterli “dalla culla alla tomba” nel soddisfacimento dei loro bisogni secondo una scala di valori eticamente corretti.

Questo processo fisiologico di estensione alla popolazione globale della concreta possibilità di partecipare al mercato dei consumi, del risparmio e della produzione è il “successo finale” (in barba a ogni tentativo del Nord di conservare suoi vecchi, anti-economici e illiberali privilegi) della civiltà ‘Occidentale’ in cui ogni ideologia perde la sua capacità di presa e di legittimità alla luce della crescita di benessere complessivo della umanità. Si tratta di un processo lento, graduale ma inarrestabile in quanto il fatto di disporre di soluzioni tecnologiche più idonee a produrre e distribuire in modo più ampio il benessere economico a parità di risorse disponibili (essenzialmente la risorsa finanziaria, prodotta, consolidata e risparmiata) genera un volume di aspettative sociali così prepotente da abbattere con la sua dose di energie psichiche ogni capacità di governo del consenso politico. Non ostante le abilità dialettiche ed il terrorismo ideologico dei demagoghi mestieranti e della loro corte di pennivendoli organici agli Ancien Regime delle epoche precedenti e ormai declinanti.

Questo processo fisiologico si deve sviluppare da sempre nel corso della Storia contro i regimi illiberali che ancora governano le masse degli esclusi dal libero-mercato del capitalismo industriale e contro le resistenze dei vecchi regimi liberal-democratici ma governati da elite che non accettano di buon grado di perdere propri privilegi e ne difendono la conservazione sulla base di ideologie “nazionaliste” identificate via via da elementi ideologici astratti (lingua, religione, razza, etnia, localismo, etc.). Sembra quindi naturale che il meccanismo fisiologico al libero mercato che legittima l’innovazione della produzione industriale ma che costituisce una inesorabile causa di instabilità dei vecchi regimi e delle loro istituzioni, alla ricerca di stabilire i nuovi confini del mercato debba sempre operare al-di-fuori dei criteri che agevolano la stabilità interna ai vecchi limiti del mercato stesso. Il comparto industriale che si fa carico di tale ruolo di maverick-esploratore di nuovi sentieri più confacenti con le aspettative dei produttori e consumatori e colle esigenze del nuovo sistema industriale è quello della finanza. Un comparto cui viene affidato il risparmio per essere accresciuto di valore ed essere investito in modo più profittevole di quanto non permettesse il vecchio assetto produttivo.

Il comparto industriale “finanza” deve pertanto eludere temporaneamente i vecchi controlli del mercato non più adeguato per finanziare l’insediamento di nuovi assetti produttivi industriali che, grazie alle nuove e più potenti soluzioni tecnologiche, organizzino la produzione al-di-là dei vecchi criteri e confini in modo che il processo industriale includa nuove e più vaste fasce di produttori, di consumatori e di risparmiatori capaci di alimentare la prossima fase di estensione del benessere economico, di estensione dell’associato regime di libero mercato ed il consolidamento dell’associato regime liberal-democratico. Questo processo ha avuto inizio nella notte dei tempi ed è stato promosso dalla creatività egoista, irriverente ed avida degli inventori e degli imprenditori che hanno osato contravvenire ai tabù ideologici che le elite di governo hanno sempre opposto alle loro ambiziose trasgressioni. Solo dopo che i tycoon industriali hanno avuto successo nella loro audace creazione del nuovo assetto, questo richiede che si instauri una nuova stabilità ove possa svilupparsi e consolidarsi la nuova routine delle produzioni industriali e manifestare così gradualmente in modo totale le loro potenzialità di sviluppo del benessere economico.

La nuova governance (il NOG) quindi non può che “seguire” alla fase dell’avvenuto consolidamento della nuova fase della civiltà industriale. La legittimità della nuova governance deve fondarsi su una diarchia di valori che, dall’avvento del “date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio” ha generato con una crescente gradualità la separazione e contrapposizione dei poteri che caratterizza la civiltà ‘Occidentale’. La prima separazione e contrapposizione dei poteri è quella che ha separato Stato (Cesare) e Chiesa (Pietro) ed ha avuto emblematicamente sede a Roma Imperiale. Successivamente il “concetto” si è venuto sofisticando sia all’interno dei due “poteri” con la separazione di “poteri autonomi” nel loro ambito, sia identificando le due figure emblematiche di Cesare e di Pietro al di là della loro residenza fisica. Cesare è stato riconosciuto il detentore del potere civile egemone al momento e Pietro è stato riconosciuto come autorità morale egemone nel Pontefice di Roma anche quando egli subì temporanee prevaricazioni da parte del potere secolare con il trasferimento ad Avignone o con i tentativi di disgregazione esercitati dal potere politico tramite abuso delle innovazioni interne alla Chiesa trasformandole in strumentali scismi o vere e proprie eresie.

La divisione del potere di Cesare (la sfera secolare del mondo industriale) e quello di Pietro (la sfera etica del mondo religioso) è necessaria per integrare, criticare ed affinare la propensione dei produttori e consumatori alla partecipazione individuale alle scelte dei propri consumi. Infatti occorre tenere ben distinte e libere tra loro le due opposte valutazioni delle scelte di spesa affinché esse risultino nel contempo responsabilizzanti ma libere. L’attribuzione dei valori delle scelte di consumo infatti sono motivate dalla “ofelimità”, personale e momentanea opinione che è soggetta nel tempo a variare con la maturazione del consumatore che dopo gli errori di valutazione “scopre” la vanità delle proprie propensioni di ieri e le abbandona per aderire a scelte più prossime a quanto viene suggerito dalla scala di valori fondata sul criterio di una loro “utilità” per uno stile di vita più rispettoso dell’eticamente corretto indicato dalla dottrina sociale della Chiesa o dall’igiene sociale indicata da Chiese secolari, succedanee di quella di Roma.

Siamo ora formalmente giunti ad inaugurare la fase finale di globalizzazione della civiltà ‘Occidentale’ da parte delle aspettative di riorganizzazione industriale collaudate grazie agli abusi con cui la finanza creativa ha agevolato l’abbattimento dei confini produttivi al-di-là dei controlli egoisti opposti dalla governance dei vecchi Stati Nazione. La gerarchia dei protagonisti è stata ufficializzata grazie alla scala dei partecipanti G2 che vede USA (il Cesare temporaneamente “in carica”) e Cina (che infatti non ha dovuto essere presente per tutta la durata della riunione), G8 con l’aggiunta degli Stati Nazione liberal-democratici più industrializzati G5 gli altri Stati liberal-democratici più industrializzati tra cui non tutti sono Stati Nazione G20 gli altri Stati di maggiore impatto sul celere raggiungimento della futura governance.

In congiunzione con questa riunione il Successore di Pietro ha emesso una sua ascoltata enciclica che da legittimità al libero mercato industriale associando ai “criteri interni” che ne guidano lo sviluppo i “criteri etici” raccomandati dalla Chiesa di Roma.

Successivamente alla conclusione della riunione del potere secolare, il Cesare in carica è andato a rassicurare il Successore di Pietro sull’assoluta intenzione della sfera secolare di dare debito conto alle raccomandazioni di etica sociale a beneficio della persona umana e di una società in cui ad esempio l’aborto non costituisca un “diritto” ma un male da combattere non con la proibizione ope legis ma con provvidenze culturali e con servizi di pubblico interesse che favoriscano comportamenti meno egoisti nella scala dei valori dei consumi. Tra gli altri Paesi convenuti, l’Italia è l’unico ad avere il privilegio di essere governata da una personalità di riconosciute doti umane, imprenditoriali, manageriali e politiche e tuttavia certamente rappresentativo del consumatore-quadratico-medio: narcisista, edonista, seduttore, consumista. In definitiva un personaggio che al contrario dei politici-di-carriera si rende conto delle aspettative di libertà dei suoi elettori meglio di quanto non sappiano fare altri partecipanti più interessati alla conservazione delle vecchie istituzioni che li hanno portati a ricoprire i ruoli del momento presente.

I protagonisti della riunione che ha inaugurato la fase finale dell’estensione globale della civiltà ‘Occidentale’ sono quasi tutti (tranne il Cesare in carica che tuttavia non può essere spinto ad ispirarsi a comportamenti masochisti per il suo indiscusso ruolo) personaggi formatisi nell’epoca del capitalismi liberista precedente il ’68. Un anno che ha formalmente inaugurato (in piena guerra fredda) un temporaneo quanto velleitario periodo di “rifiuto dei valori del capitalismo borghese” che ha condotto all’abbassamento del livello politico giurisdizionale, mediatico e legislativo degli Stati Nazione che ne ha indebolito così le potenziali capacità di resistenza alla “prevaricazione del mercato” agevolandone così il consolidarsi senza fortunatamente poter nuocere all’efficienza elitaria delle istituzioni industriali e scientifiche che selezionano invece al-di-là delle infiltrazioni di alieni iniettate dal ’68 in altre istituzioni sulla base dei criteri del “politically correct”.

Il ’68 ha così agevolato l’avvento dell’attuale era della globalizzazione ed ha terminato la sua funzione di disorientamento dell’opinione pubblica dimostrando oggi la assoluta inconsistenza delle sue aspirazioni più utopiche, incoerenti con le concrete esigenze dello sviluppo industriale e del progresso civile: “heri dicebamus”.