09/04/2008

Trasparenza e Governance

 

Sul ‘caso di studio’ delle decisioni in materia finanziaria (BCE e negoziazioni decisionali al suo interno) figura un aspetto irrisolto nelle costituzioni liberal-democratiche che, in quanto irrisolto, affligge la governabilità dei sistemi politici.

Cerco di riepilogare quanto riesco a leggere tra le suggestive righe del chiarissimo contributo offerto di recente da Carlo Pelando alla riflessione sul tema di più generale interesse istituzionale.

Il concetto di ‘trasparenza’ è ambiguo e merita un chiarimento per evitare dibattiti mistificatori.  

Esso si riferisce all’accountability delle azioni dell’esecutivo di qualsiasi istituzione sia pubblica che privata e cioè alla esigenza di permettere che vengano condotte ‘ispezioni’ sulle decisioni da parte degli organi preposti. Organismi istituzionali che devono essere autonomi dall’esecutivo ma anche responsabili della corretta e non strumentale gestione del proprio ‘potere istituzionale’. Esso si riferisce nel linguaggio comune tuttavia al diritto dei media di venire a conoscenza e di pubblicare le priorità, i criteri, i pesi e l’entità delle decisioni prese dall’’esecutivo’. Ciò distrugge ogni possibile efficacia di governo dell’istituzione in questione.

In liberal-democrazia, la governance richiede un esecutivo che sia sottoposto a critica e a legittimazione democratica a scadenze periodiche e a controlli sulla correttezza formale delle azioni condotte solamente a-valle delle iniziative e cioè solo dopo che esse abbiano prodotto gli esiti per i quali erano state decise. La pena risultante dallo scorretto o insoddisfacente percorso di governo essendo quello delle sanzioni penali o amministrative da un lato e la bocciatura da parte dell’assemblea degli azionisti o dei cittadini se invece si tratta dello Stato.

Chiedere invece che un esecutivo debba rendere edotta l’assemblea dei soci ogniqualvolta si appresti a varare una decisione, equivale a isterilire ogni efficacia di governo e diluire le responsabilità che incombono sull’esecutivo.

Mi sembra che ciò tocchi le dolenti note di una costituzione come quella italiana che (sebbene ipocritamente celebrata come una tra le più avanzate e sintesi di saggezza giuridica), è riuscita solamente a varare il ‘regno dell’irresponsabilità’ istituzionale e l’assenza di efficienza esecutiva e gestionale. Il caso di studio Italia, con la sua ‘summa’ di ‘imbecillità’ costituzionale, infatti è emblematico di ciò che si è ormai introdotto in tutti i sistemi liberal-democratici e merita pertanto di essere illustrato da un serio divulgatore ricco di scienza giuridica come spero ma invano di trovare nelle nostre squallide comunicazioni sociali.

Occorrerebbe chiarire ormai anche sul piano legislativo i limiti e le responsabilità che incombono su ogni istituzione liberal-democratica (l’esecutivo, il legislativo, il giurisdizionale ma anche quelli dell’informazione e della ricerca scientifica).

Occorrerebbe che risultasse chiaro come la legittimità affidata dal corpo elettorale all’’esecutivo’ dovrebbe essere di tipo assolutamente maggioritario e a-termine (una sorta di ‘dittatura elettiva’ del tipo vigente a Roma in tempo di ‘emergenza’ – fattore che, alla luce della turbolente globalizzazione, destinato a essere una ‘prudente ipotesi’ sulla quale assegnare efficacia alla governance).

Analogamente occorrerebbe che risultasse accettabile e prudente (alla luce di un ‘esecutivo’ efficace) che la legittimità affidata dall’elettorato al ‘legislativo’ fosse sfasata nelle scadenze e su base pienamente proporzionale onde obbligare l’esecutivo a negoziare le linee di medio-lungo termine su cui finanziare le azioni di governo.

Occorrerebbe altresì che si illustrasse le ragioni per cui le ispezioni dovrebbero condurre a valutazioni sottoposte ad un potere giurisdizionale che desse assoluta garanzia di equanimità (separazione tra inquirente-ispettore e giudicante al di sopra di inquirente e difensore tra loro paritetici). Senza tuttavia interferire politicamente con la sfera dell’esecutivo che ad esempio dovrebbe avere diritto di ‘segretare’ a-termine certe informazioni pena l’abuso politicizzato delle azioni giurisdizionali. Ad esempio mi sembra chiaro che i ‘servizi segreti’ possano essere efficaci e sicuri solo alla luce di un ‘right to conceal’ certe informazioni a chicchessia (anche allo stesso potere esecutivo) a fronte di un preteso indiscriminato ‘right to know’ che non può fare altro se non distruggere l’efficacia operativa. Ad esempio ancora mi sembra assolutamente da chiarire i limiti che il giurisdizionale dovrebbe avere nell’’interpretare’ le leggi e la costituzione in chiave estensiva (e di fatto espropriativa di una chiara competenza del legislativo – aggiornare la costituzione e le leggi). Di ciò è chiarissimo esempio non tanto quello italiano sterile per il suo supponente avanguardismo da ‘grida manzoniane’ quanto quello USA in cui degli ‘emendamenti’ alla costituzione che erano compito del legislativo secondo una complessa e saggia procedura costituzionale si è ormai appropriata la corte suprema (organismo di ‘menti illuminate’ non eletto ma nominato a-vita dall’esecutivo senza possibilità di ricevere legittimità da parte del corpo elettorale).

Occorrerebbe infine chiarire che strumenti quali la ‘brevettazione’ dei prodotti della ricerca non valgono più oggi a garantire gli investimenti e che finanziare coi soldi del contribuente la ricerca ‘nello’ stato serve solo a creare forti clientele politicizzate (si veda il tasso di crescita del bilancio degli organismi di ricerca USA come il NIH di Bethesda e la sua inefficienza rispetto alla ricerca di gruppi industriali privati ma si veda anche l’impatto che una ricerca ‘irresponsabile’ sul piano delle istituzioni ha spesso sul quadro politico-istituzionale con bioetica, clonazioni, aborti, accanimenti terapeutici, etc.).

Occorrerebbe infine dopo oltre cinquanta anni da ‘Citizen Kane’ (‘il quarto potere’) e dall’esperienza di Goebbels chiarire che i media devono avere chiare ‘responsabilità’ istituzionali. Non tanto rispetto ai contenuti censurabili eticamente secondo la ‘morale vigente’ ma piuttosto secondo l’infrazione degli equilibri istituzionali (tanto delicati quanto impunemente frangibili su criterio politico). Anche qui occorrerebbe ricondurre questo ‘quarto potere’ al giudizio legittimante periodico dell’elettorato.

Un secondo concetto che merita chiarimento mi sembra sia quello del conflitto tra ‘libertà’ e assenza di ‘rischio’. Si continua a professare la ‘colpa’ degli ‘speculatori’ nell’emergere del ‘rischio’ mentre esso è una componente assolutamente imprescindibile dalla ‘libertà’.

Così le azioni degli organi centrali di emissione (per fortuna ormai esterni alla nostra povera e goffa gerarchia decisionale italiana) vengo viste come una possibile ancora di salvezza capace di disinnescare ogni rischio dal gioco in borsa con opportuni interventi ispettivi e preventivi degli ‘abusi’ (garantendo tuttavia adeguate rendite crescenti ai ‘risparmiatori’).

Per chiarire questa utopia di ‘controlli preventivi’ sull’innovazione nei servizi finanziari che condurrebbe solo a ridurre il tasso di crescita del prodotto nazionale lordo occorrerebbe illustrare concetti che credo siano elementarmente divulgabili.

Ad esempio occorrerebbe chiarire, come diceva un amico in elevata posizione nella consulenza aziendale ai suoi figli, che i ‘servizi’ (tra cui trasporti, pubblicità, finanza, assicurazione e …. Stato – giurisdizionale, legislativo e, solo marginalmente, esecutivo) non possono che ‘aggiungere valore’ a una sana base di ricchezza prodotta dal primario (rurale, estrattivo, energetico, turistico) e secondario (trasformazione in prodotti industriali per le aziende o per gli utenti finali). I ‘servizi’ di per sé sono solo costi aggiuntivi qualora non vadano ad ‘arricchire’ il valore di collocazione del bene materiale. Un Paese povero di risorse primarie e sfortunato sul piano rurale può specializzarsi nell’erogare ‘servizi’ alle aziende industriali di altri Paesi come accade con la Svizzera o il Regno Unito ma anche con le Bermuda e il Lussemburgo. In assenza di una ‘competitività’ di base nella produzione manifatturiera non si può sperare nella ‘magia’ dei servizi a surrogare quel valore scadente.

Così agire tramite la BCE per compensare l’assenza di responsabilità e di efficacia delle scelte politiche oppure chiedere allo Stato (!?!) che si inventino forme di assicurazione contro le perdite generate da una spropositata assunzione di rischio in borsa valori non può avere altro esito che quello di slittare l’Armageddon creando ‘nubi nere’ inflazionistiche che avranno il solo merito di ingannare la pubblica opinione sottraendole lentamente un reddito-assicurato senza alcuna base.

Ciò vale anche per i ‘servizi’ sociali (previdenza e sanità eminentemente) in cui si compensa l’assenza di responsabilità e di prevenzione che ciascun risparmiatore dovrebbe assumersi con accantonamenti mensili quando sta bene ed è in forma per sperare di non dovervi mai ricorrere perché abile a produrre reddito fino a tarda età (Enrico Cuccia lavorò fino a oltre i novant’anni così come il ciabattino di mia madre morto sul pezzo con grande dignità e in piena libertà) oppure in quanto sano e libero da ricoveri ospedalieri. Un ‘servizio sanitario’ basato sul criterio liberal-democratico dell’assicurazione (magari obbligatoria) ma privata vedrebbe organizzare (salvo truffe) l’erogazione delle prestazioni sul criterio dei minimi rapporti costo/prestazione. Quindi settore ‘capitali intensive’ anziché ‘man-power intensive’ molte macchine poco personale di alta qualificazione e estraneità delle prestazioni ‘alberghiere’. Il clientelismo delle ASL sparirebbe e verrebbe avviato un servizio basato su un know how industriale ormai collaudato nella logistica industriale (i criteri A-B-C di copertura assicurativa che in sintesi prevedono tipi di assistenza su base di gradi di franchigia di ammontare decrescenti). Caro professore, credo che lo sfascio della scuola (la chiamano diritto allo studio) dalle elementari all’università ci pone l’obbligo di chiarire (magari meglio di come non abbia io tentato in questa mia e-mail) anche ai giornalisti, ai dirigenti ed ai quadri (non solo agli illetterati) l’a-b-c della economia industriale prima di suggerire utopistici ed illiberali rimedi immaginifici erogati da ‘menti sottili’ e ben pagate a fronte di invenzioni che il mercato crea ogni giorno per adeguarsi alle esigenze dello sviluppo internazionale.