08/09/2009

Governance del capitalismo globale

I protagonisti del Nuovo Ordine Globale stanno definendo in modo sempre più evidente e accelerato i futuri ruoli-pilota e quelli ad essi gerarchicamente connessi e destinati a ricoprire ruoli di nicchia regionali o periferici.

Il generale interesse a finanziare il dollaro USA per evitare nuovi inceppamenti al rilancio dell’economia globale segnala al vertice della piramide gerarchica del NOG l’economia USA che, essendo la più competitiva e strutturalmente sana, costituisce il motore-primo della ripresa produttiva, distributiva e di ogni connessa opportunità di investimenti non speculativi ma di lungo-termine senza criteri di limitazioni geo-politiche ma alla sola luce della migliore redditività tecnica degli impianti industriali. Il primo Paese interessato a finanziare la stabilità del dollaro è la Cina non solamente per l’evidente interesse a tutelare il valore delle sue riserve detenute in quella valuta ma anche per il naturale e reciproco interesse ad assicurare continuità al meccanismo di delocalizzazione di fasi man-power-intensive delle produzioni industriali dagli USA in Asia per abbattere i costi complessivi dei beni e servizi offerti su un mercato globale nel quale la componente più ricca dei futuri consumi è il continente asiatico purché alla sua popolazione non venga interrotta la crescita di opportunità di reddito.

Infatti il mercato USA più competitivo, dinamico e capace di convertirsi attorno a fasi capital-intensive di una produzione industriale globalizzata, con la sua dimensione ridotta di consumatori di reddito pro-capite più elevato in ogni comparto dalle tecnologie rurali (bio-genetica, macchinari e impianti), alle tecnologie dell’energia (alternative, estrattive tradizionali, di conversione), a quelle della logistica industriale e dei trasporti e quelle ad esse sussidiarie delle comunicazioni fino alle tecnologie aero-spaziali, alle assicurativo-finanziarie e sanitario-riabilitative risulta indispensabile preliminare per trainare una generale anche se più graduale conversione di tutte le altre economie industriali ‘mature’ in ‘Occidente’; dall’UE a Giappone.

Questo mercato sarà costretto a liberarsi delle fasi più ‘mature’ dei processi industriali per subappaltarne l’esecuzione ai mercati più man-power-intensive e più poveri con la gradualità necessaria per assicurare stabilità interna ai Paesi più poveri (Cina, India e Pakistan) e perché si consolidi contemporaneamente il mercato globale senza creare nuove carenze per la disponibilità di risorse finanziarie; le uniche sempre scarse a fronte del potenziale enorme di crescita dell’economia globale. L’unica via per garantire continuità di sviluppo e massima crescita del reddito prodotto alla globalizzazione – e quindi la maggiore capacità di produrre nuove risorse finanziarie – sembra accertato sia quella di un vertice decisionale incentrato sul G2. Gli allarmismi crescenti in UE e in Opec e Russia relativamente alla svalutazione del dollaro USA sono chiari indici dell’attendismo che anima la restante gerarchia dei Paesi ‘Occidentali’ (G8) e dei loro fornitori delle commodities per le produzioni industriali (G20+).

I due poli estremi USA e Cina aderiscono saldamente con le loro politiche a criteri dettati dal mercato globale e sono ormai strettamente integrati, al di là di ogni ispirazione di astratte ideologie politiche e grazie ai soli reciproci interessi di redditività degli investimenti industriali e della realtà delle aspettative dei mercati dei consumi e del credito-finanza. Questo loro ruolo è destinato a consolidarsi e crescere in egemonia sullo scenario globale e sono destinati a consolidare il proprio predominio conflittuale sul resto dei protagonisti regionali e periferici.

Ciò ne definisce il profilo delle rispettive politiche estere e, di conseguenza, quello delle rispettive dimensioni per gli apparati militari che costituiscono il ‘bastone’ da abbinare alle ‘carote’ erogabili in veste diplomatica. L’UE (con l’eventuale seppur lenta integrazione della Russia se non vorrà ridursi a fornitore di commodities industriali come Opec, Cile e Venezuela) è destinata a scegliersi un ruolo pienamente integrato cogli USA ed a contribuire sia diplomaticamente che militarmente alle sue strategie, oppure a svolgere un ruolo regionale di ammortizzatore diplomatico nei confronti dei Paesi meno decisi ad allinearsi alle nuove esigenze globali della governance industriale o di quelli destinati a ricoprire ruoli periferici aggregati su ideologie politiche in conflitto difensivo rispetto all’egemone ispirazione capitalista-liberale. Ammortizzatore utile tra l’irruente politica di affermazione dell’egemonia USA e le più lente possibilità di accettazione di ruoli secondari da parte di Paesi meno disposti ad integrarsi con la necessaria cultura capitalista-liberale (America-Latina, Paesi islamici dal cui destino potrebbe eventualmente escludersi il Pakistan in abbinamento con l’India a regione di Asia centrale). La NATO potrà adeguare il profilo dei contributi dell’UE a quello USA in termini di quantità, di specializzazione di intervento e di aree di competenza. Con associate e naturali conseguenze sui tipi e sulle intensità delle cooperazioni diplomatiche e industriali.

Il resto del mercato globale è destinato ad allinearsi ai ruoli sussidiari che emergeranno dalla strategia che questi protagonisti di serie A (G2) e B (G8) concorderanno ed implementeranno. Resterà loro possibile solo di fasare la propria velocità di adeguamento compatibilmente alle proprie esigenze di velocità di sviluppo, di conservazione degli associati gradi di autonomia e di mantenimento del necessario livello di stabilità politica interna. Fa eventualmente parte di questi Paesi il Pakistan se dovesse distinguere il suo destino da quello di India e dei Paesi islamici Opec.

I tempi di assestamento del NOG andranno distribuendosi da quelli più accelerati di USA/Cina/India (10-20 anni), a quelli meno urgenti e reattivi di UE/Giappone/Pakistan (20-30 anni) a quelli più lunghi America Latina/Islam (30-40 anni).

Si tratta di un processo già visibilmente in corso nel cui ambito emergono già chiare le convergenze di interessi imposti dai sistemi industriali nazionali e dai loro sbocchi sui mercati di maggiore compatibilità e cioè la stabilità finanziaria e il tasso di sviluppo e conversione produttiva legati al dollaro USA. Emergono chiare anche le conflittualità diplomatico-militari connesse al futuro ruolo politico in Africa e in Asia Centrale.

Si tratta altresì di un processo tendenzialmente profittevole per tutti i Paesi, privo di grandi tensioni sul medio-termine e socialmente disagevole per tutti i Paesi che, sia al Nord che al Sud, sono obbligati dalla irreversibile globalizzazione a rivedere le proprie abitudini e assetti politico-istituzionali interni a-misura delle esigenze loro imposte dal contesto industriale globale.