08/07/2009

Libero Mercato o Dirigismo Etico

La corrente moda di voler riformare il Libero Mercato (l’unica istituzione realmente libera da ideologie che ha generato il progresso tecnologico industriale e le sue conseguenze liberal-democratiche) premiando le scelte eticamente corrette nei confronti degli indigenti e della integrità ambientale, è pienamente ortodossa alla luce della dottrina sociale della Chiesa di Roma e della morale anti-consumista del socialismo.

Tuttavia occorre riflettere sul fatto che il Libero Mercato è tale solo in quanto pone la produzione industriale a servizio della domanda insoddisfatta o inespressa la quale motiva i potenziali consumatori a penalizzare responsabilmente il proprio reddito per poter acquisire i beni o servizi cui essi singolarmente e liberamente attribuiscono la capacità di gratificare le proprie aspettative dislocate lungo una scala di priorità che essi hanno maturato intimamente al momento della transazione. È l’ofelimità dei consumi a orientare le transazioni piuttosto che non una loro più astratta utilità.

Il consumismo è chiaro sintomo del fatto che mediamente i consumatori, se liberi di scegliere, preferiscono comprarsi una cravatta invece di leggersi cinque libri.. poi, al crescere del benessere, la media dei consumi si orienta, sul piano delle indagini statistiche, verso scelte che risultano più austere nei confronti dei consumi materiali e più attratte invece a soddisfare bisogni sempre più immateriali e, spesso, intellettuali. Viaggi, sport, hobbies, leisure, lettura, entertainment, associativismo intellettuale.

È sul Libero Mercato quindi che in piena libertà crescono le propensioni verso una maggiore consapevolezza della utilità dei consumi a fronte di aspettative nei confronti di aspettative di gratificazioni eticamente sempre più compatibili un’etica personale, sociale e ambientale gradualmente coerente con la dottrina socaile della Chiesa. Il mercato costituisce un libero e responsabile meccanismo che, asintoticamente, giunge a motivare i singoli verso consumi e comportamenti sempre più prossimi alla ‘santificazione’ dei consumatori.

È un meccanismo lento ma libero che ha il merito di stimolare la creatività tecnologica industriale verso assetti sempre più rispettosi della persona umana, dell’ambiente di vita e della tutela ambientale. Tale meccanismo è risultato essere anche il più profittevole sul piano della crescita economica, il più liberale per le istituzioni politiche che riesce a promuovere e il più adeguato ad abbattere inesorabilmente i confini dell’indigenza e i limiti geopolitici creati a tutela dei privilegi dell’egoismo sociale fino ad includere nello sviluppo economico ed estendere la fruizione del benessere anche le masse più diseredate di grandi Paesi retrogradi afflitti dall’indigenza sotto la passata oppressione politica (URSS, Cina, India).

Tradurre in demagogia politica la dottrina sociale della Chiesa (come sembrerebbe suggerire la attuale moda di mercato etico) legittimerebbe invece il ritorno reazionario dell’ideologia socialista già sconfitta dalla Storia della Civiltà liberale ribaltando il concetto di Libero Mercato e sostituirlo con un Mercato Programmato di uno sviluppo industriale che si propone di educare i consumatori coartandone le propensioni che essi hanno maturato liberamente alla ricerca di soddisfare le proprie percezioni di ‘ofelimità’ dei consumi e sostituirle imponendo loro una scala di ‘utilità’ astratta e comunque non condivisa in generale e percepita come aliena.

Il risultato pratico di un simile sovvertimento dei criteri-pilota che presiedono a guidare il meccanismo liberale, avrebbe molteplici conseguenze le più gravi delle quali sarebbero la diminuzione di ispirazione liberal-democratica dei regimi di governo politico della società e la drastica diminuzione della sua efficienza produttiva. Il calo della produttività industriale che ne conseguirebbe inciderebbe drasticamente sulla crescita del reddito globale e sulla stessa capacità del mercato stesso di trasferire ed estendere le opportunità di sviluppo della economia del Sud.

Anche sul piano della dottrina sociale della Chiesa la perdita di libertà del mercato per ispirarsi ai dettami dottrinali avrebbe due conseguenze deteriori: coinvolgerebbe la Chiesa stessa nelle responsabilità del fallimento politico in cui perderebbero autorevolezza e credibilità le sue critiche al sistema produttivo di tipo ‘socialista’ e priverebbe di ogni valore religioso l’eventuale assetto austero e pauperista dei consumi in quanto imposto dall’alto e non maturato con libera, graduale e responsabile assunzione di priorità di valori.

Vale in definitiva la pena agevolare il ritorno al governo dei demagoghi più sconfitti dalla Storia della Civiltà ‘Occidentale’ nelle loro smentite previsioni terroristiche; da Savonarola, a Malthus, a Rachel Carson, a Lester Brown, a Paul Ehrlich, a Donella Meadows, a La Pira, a Moro e ad Al Gore?