08/06/2009

Collocazione delle elezioni nell’appropriato contesto politico

Abbiamo assodato che si sta attraversando una fisiologica crisi imposta dalla riorganizzazione su base globale della suddivisione del lavoro industriale promossa nel corso dei tre decenni passati dal mondo della finanza internazionale che impone la riorganizzazione politica degli Stati Nazione per ridefinire un’accettabile Nuovo Ordine Globale che risulti di ottimizzare l’impiego delle scarse risorse finanziarie a beneficio della crescita sia della ricchezza globale prodotta sia della partecipazione più ampia possibile al mercato di produzione, consumo e risparmio, grazie alla massima redistribuzione del reddito prodotto, delle popolazioni fino a ieri più emarginate.

Alla luce di questa lettura della ‘crisi’ in corso si devono poter interpretare le iniziative politiche che vengono proposte all’elettorato.

Se è vero che la globalizzazione è ormai irreversibile e pervasiva capillarmente in tutte le economie dei Paesi un tempo privi del collante produttivo che giustifica e retribuisce i nuovi nessi di divisione del lavoro industriale, si deve valutare il grado di coerenza delle strategie politiche dei diversi partiti politici rispetto a questa realtà.

Se la tendenza inevitabile della nuova ‘governance’ del sistema industriale soprannazionale è quella di estendere le dimensioni del mercato di produttori, consumatori e risparmiatori occorre ipotizzare che sempre minore sarà la capacità dei parlamenti nazionali di soddisfare le richieste avanzate dalle lobby industriali nel futuro.

Inevitabilmente le competenze relative alla stabilità della moneta ed alla affidabilità dei servizi di interesse pubblico (diritti di proprietà, societario, contenzioso, fiscale, etc.) verranno delegate a nuove istituzioni soprannazionali (Banca Europea, Parlamento Europeo, Commissione Europea).

Privati di queste competenze i parlamenti nazionali dovranno riservare le residue competenze ad assistere le disomogeneità interne ai diversi Stati membri. Ciò richiederà una maggiore attenzione per le realtà locali al duplice scopo di conservare consenso sociale nei confronti del prelievo fiscale e della qualità dei servizi di interesse pubblico sul territorio.

In altri termini si dovranno abbandonare le ispirazioni ideologiche astratte per riservare maggiore attenzione pragmatica alle aspettative nutrite da constituency elettorali ‘locali’ dal cui consenso costante dipenderà la sicurezza degli accordi industriali futuri.

Se queste considerazioni sono vere si aprono enormi opportunità di sviluppo industriale ai maggiori gruppi che cercheranno di stabilire nuovi rapporti di lobbying nei Paesi di loro specifico interesse (cfr. Fiat in Nord America). Ciò sottrarrà i principali gruppi industriali alle tradizionali capacità di protezionismo (rottamazioni) a spese dei contribuenti nazionali nei vecchi Paesi di appartenenza. I parlamenti nazionali perderanno quindi un ruolo tradizionale di sostegno ai gruppi di maggiore peso economico.

Le opportunità di sviluppo di questi gruppi industriali potrà trovare ostacolo invece nell’assenza di un’adeguata struttura di ‘indotto’ industriale nei Paesi di nuovo insediamento. Ciò offre ampie nuove opportunità di sviluppo industriale alle piccole e medie imprese che formano l’indotto tradizionale dei gruppi principali e che hanno ormai acquisito un know how adeguato a trasferire all’estero analoghe capacità di sostegno e accelerazione dello sviluppo nei Paesi di industrializzazione recente tramite partnership con corrispondenti  imprenditori ‘locali’.

Le ecponomie ‘locali’ che possiedono tale potenziale di crescita industriale sono quelle da cui dipende in gran parte il ‘rischio politico’ di ogni Paese. Ebbene queste opportunità di crescita locale sia sul piano industriale sia su quello del consenso politico sono destinate ad avere un crescente ruolo politico nei confronti della stabilità della globalizzazione. Le tendenze ‘federaliste’ quindi sono destinate a crescere e a sottrarre coerentemente ulteriori competenze politiche ai vecchi Parlamenti nazionali.

Alla luce di queste considerazioni sembra che un movimento recente e dinamico come quello costituito dall’abbinamento tra CdL e Lega Nord sia il più idoneo a trasformarsi in un partito capace di garantire coerenza alle esigenze politiche soprannazionali (con Silvio Berlusconi uno dei pochi industriali con esperienze internazionali nel ruolo di Presidente dell’Unione Europea) e regionali (con la Lega Nord che ha dimostrato di saper estendere in tutte le regioni le sue capacità di interpretare le esigenze ‘locali’ e raccogliere consenso con dimostrate capacità amministrative non ristrette alla sola persona di Umberto Bossi). In questo modo sarebbe garantita la dinamica istituzionale e politica tra due partiti che sono ispirati da logiche pienamente complementari e mutuamente compatibili.