06/01/2011

Atti politici, azioni economiche e chiacchiere da Pollaio-Bar

Le sole azioni realmente ‘politiche’ avvengono quotidianamente in ogni paese indipendentemente dal tipo di regime che vi governa formalmente e indipendentemente dal grado di libertà che caratterizza il suo mercato nazionale di scambi; esse sono composte dalle scelte responsabili e sofferte di spesa delle risorse disponibili in ogni famiglia e sottratte alla voracità fiscale che saccheggia il risparmio e limita le libertà individuali.

Il graduale accumularsi di quegli atti concretamente responsabili (tanto più responsabili quanto meno libero è il mercato nazionale), seppure lentamente converge a comporre aggregati di interesse economico sempre più evidenti e capaci di attrarre decisioni economiche di livello gerarchico superiore le quali (legali o illegali che siano ritenute dal regime politico in vigore), esercitano aspettative di cambiamento delle istituzioni ad ogni livello del diritto formale; privato, industriale, fiscale, finanziario e costituzionale.

Questo processo graduale matura col maturare delle sensibilità culturali della maggioranza dei soggetti che animano la ‘libera spesa’ in ogni regime e ne caratterizza l’evoluzione in senso ‘liberale’ (per quanto lenta essa sia) con rari fatti formali che la cronaca del paese registra come landmark storici che altro non sono se non la evidente presa di coscienza ed accoglimento informale da parte delle istituzioni ufficiali del paese (il paese ‘legale’) del cambiamento avvenuto nella società nazionale (il paese ‘reale’) e dell’inserimento tra i temi che animano le negoziazioni in sede legislativa di nuovi che risultino più adeguati a soddisfare le istanze già maturate nella società; si innesca così un processo di crescita formale delle libertà nell’ambito d’ogni regime istituzionale, non ostante le sue convinzioni sui giudizi di valore da attribuire all’avvenuto cambiamento in base all’ideologia dominante ed all’etica della relativa ‘dottrina sociale’. Il libero mercato, anche se è costretto ad agire in forme sommerse e illegali, impone il progresso civile in modo non percepibile ma inesorabile; al di la di ogni sterile resistenza opposta da concreti privilegi settari e illiberali o da astratte teorie intellettuali, altrettanto illiberali. Gli Ancien Regimes e i marxismi sono obliterati dalla crescita delle aspettative di libertà che maturano inesorabilmente nella società civile a ritmi di progressione favoriti dalle tecnologie industriali.

Il ritmo che caratterizza questo graduale aumento delle libertà verso la liberal-democrazia, è accelerato dalle innovazioni tecnologiche che rendono sempre più accessibile organizzare l’offerta di maggiori e più attraenti proposte di spesa individuale in modo sempre più diffuso e accessibile. È emblematico il caso delle ‘Radio-TV libere’ non solo nei paesi europei già dominati da regimi di elevato contenuto liberale ma, grazie all’accesso e alla diffusione di quella specifica tecnologia, anche nei paesi dominati da regimi più illiberali, autoritari e totalitari dell’est europeo. La stessa evoluzione è oggi in corso sul mercato globale grazie all’innovazione che la tecnologia ha offerto alle comunicazioni di voce, immagini e dati contro ogni possibilità di resistenza che i regimi autoritari possono sperare di opporre alla quotidiana formalizzazione delle libere scelte di spesa in cellulari, computer e connessione alla rete globale via satellite, cavo e digitale terrestre. Paesi ritenuti fino a ieri impenetrabili come la Cina sono ormai soggetti alle pressioni derivanti dalla crescita economica interna che si è innescata coll’ingresso di quel paese nel mercato globale; non ostante la presunta capacità del regime autoritario e fondato sullo stato etico e sulla dottrina sociale marxista di governare lo sviluppo sociale con una ‘programmazione industriale’.

Accertato che i soli, veri ‘atti politici’ sono quelli assunti colle loro libere e responsabili decisioni di spesa dai singoli liberi risparmiatori giorno-per-giorno e che il progresso è solo ‘contrassegnato’ dai rari ‘atti storici’ registrati dalla ‘cronaca’ per le loro eterodossie o anticonformismi rispetto al vigente ‘senso comune’, si può rilevare quanto insignificante sia ogni qualsiasi discussione che generalmente anima le istituzioni ed affolla i media di ‘informazione politica’. Si tratta di veri e propri rumorosi pollai meno interessanti dei dibattiti da Bar che animano i commenti sportivi il lunedì. Quei dibattiti ‘presumono’ di poter costruire la ‘storia’ della società mentre risultano capaci al più di arrestarne solo temporaneamente il libero sviluppo imponendo al ‘paese reale’ sterili ‘grida manzoniane’ capaci di generare quotidiani episodi di ‘frustrazione’ individuale sia ai presunti beneficiari delle ‘grida’ stesse, sia a chi esse presumono costituire il vero nemico del progresso. I ‘benefici’ erogati tramite le ‘grida’ (come spesso accade nella percezione del proprio status) non riescono a compensare le ‘frustrazioni’ alle più individuali aspettative insoddisfatte oggi o perfino vietate per il futuro. Il risultato è la crescita di scontento nel ‘paese reale’ per ciò che offre il ‘paese legale’ e soprattutto per ciò che esso vieta che diventa per ciò stesso un appetibile obiettivo. Aumenta il dissenso sociale ed aumentano i comportamenti ‘sommersi’ che si comportano sempre secondo i criteri del più selvaggio ‘libero mercato’. È classica l’economia illegale ma tollerata dal ‘paese legale’ in ogni regime illiberale incapace di soddisfare quei consumi e quelle offerte in modi accettabili per l’ortodossia dottrinale. La situazione persiste finché la parte libera dell’economia nazionale non diventa tanto solida da convincere il ‘paese legale’ ad aderire a criteri più liberali abbandonando le ubbìe teoriche più astratte.

Questo è il processo di lenta e graduale accumulazione con cui le ‘microfrustrazioni’ aggregano disagi locali sommersi e ‘dal basso’ nei confronti degli insiemi istituzionalmente organizzati ed adiacenti con dissensi di crescente dimensione capaci di esercitare pressioni destabilizzatrici il cui esito d’assieme è imprevedibile sia nei tempi che nella localizzazione. Si tratta d’un processo che caratterizza tutti i sistemi complessi in Natura (fisica, biologia, economia, etc.) in quanto la loro composizione interna è analoga e si compone di microcelle in reciproca interazione secondo una gerarchia di transazioni che avvengono in modo discontinuo e secondo criteri dettati dalla ‘percezione’ locale della convenienza o desiderabilità. Criteri che trascurano le norme che détta l’ortodossia comportamentale a beneficio della convenienza locale (hic et nunc). Carattere discontinuo e tendenzialmente eterodosso (‘libero’) che spesso rasenta l’illiceità, l’illegalità e perfino il ‘masochismo’ se valutate dall’’alto’ di modelli astratti che tendono a schematizzare i comportamenti secondo criteri logici ed ipoteticamente ‘convenienti’. La discontinuità delle interazioni, il loro carattere tendenzialmente ‘libero’, la loro riverberazione sui comportamenti delle celle adiacenti costruiscono una graduale forza destabilizzatrice che agisce in misura gerarchicamente superiore fino a condurre alla perdita di coesione con ‘placche’ di celle aggregate a sottoinsiemi adiacenti ma connessi tra loro da comportamenti interni diversi e altrettanto solidi ciò produce in tempi imprevedibili fenomeni macroscopicamente osservabili sotto forma di ‘crolli a valanga’ (‘catastrofi’) destinati a costringere l’intero sistema complesso a rivedere i propri assetti ‘istituzionali’.

Questa norma di Natura è stata descritta da Ilya Prigogine ed illustrata da Per Bak colla teoria matematica e dimostra l’impossibilità di ‘programmare lo sviluppo’ di sistemi complessi evolutivi.

Se ne può dedurre che è proprio la ‘frustrazione’ quotidiana dei singoli a sollecitare la crescita inesorabile di ogni sistema complesso verso gradi di ‘libertà’ interna sempre maggiori ‘costringendo’ le istituzioni legali in cui esso è organizzato alla data, a modificarsi per adeguarsi alla ‘realtà’ piuttosto che tentare di coartare la ‘realtà’ agli schemi istituzionalmente corretti cui esse affidano la legittimità a governare il sistema. Sembra un processo a misura dell’economia ma in realtà esso vale per ogni sistema evolutivo complesso; dagli stormi di storni in esercizio pre-migrazione, alla crescita e diversificazione specializzata di cellule nei sistemi biologici, alla crescita dei comportamenti sociali nei disagi psicosociali clinici o evolutivi, alla crescita degli accordi sindacali di fronte alle mutate esigenze imposte dal contesto esterno (come nel caso Fiat oggi – che è il medesimo fenomeno che ha colpito ogni istituzione industriale in ogni paese a causa della globalizzazione; un fenomeno positivo e dunque ‘conveniente’ per tutti i partecipanti al di la dei vecchi confini a difesa di ubbìe istituzionali ormai inique in quanto di beneficio settario).

Gli unici contributi di qualche utilità sono, come al solito, le singole, libere provocazioni che provengono dai singoli consumatori dei servizi di comunicazione colle individuali opinioni espresse nei confronti delle realtà in cui vivono; si tratta di ‘percezioni’ fondate sull’osservazione dell’evoluzione storica che li ha visti attenti osservatori, consumatori, risparmiatori, elusori, evasori, produttori alla ricerca di aumentare i propri, più marginali gradi di autonomia decisionale – non ostante il livello illiberale del regime in cui hanno maturato quella ‘percezione’ e proiettato le ‘aspettative’ che sono rappresentate nei loro contributi di libera opinione.

Si tratta di spontanee opinioni espresse sotto la pressione delle quotidiane ‘frustrazioni’ che senza alcun rimedio ogni ‘suddito’ dei regimi di ogni tipo politico sono costretti a trangugiare da parte delle oligarchie istituzionali che tutelano i propri privilegi parassitari a spese dei consumatori-risparmiatori-produttori che spesso vedono anche isterilite le loro capacità di contestare le decisioni tramite i loro diritti elettorali. Come accade in Italia con l’elusione delle decisioni assunte per via referendaria. Le ‘frustrazioni’ dei singoli sono ‘libere’ di manifestarsi sulla rete telematica e non vengono distorte neanche dai meccanismi psicologici che si attivano nelle comunicazioni face-to-face. Esternare le proprie libere riflessioni senza censure né istituzionali né dettate dal ‘rumore di fondo’ e plagio derivante dalle simpatie e antipatie più viscerali legate alle diversità di genere, etnia, lingua, cultura, etc.. Di nuovo, l’innovazione tecnologica ha esteso a tutti i consumatori un mezzo di espressione incontrollabile dalle oligarchie istituzionali e dei confini nazionali ed accessibile a ogni fascia sociale. Le libertà civili stanno travolgendo ogni forma di protezionismo e di tutela di privilegi di casta ed esse vengono incoraggiate e esaltate dalla libera circolazione del mercato delle informazioni sulla rete globale. Ciò contribuisce a ridurre la capacità di addomesticare il dissenso sociale e di incanalarlo nei vecchi canali istituzionali (sindacati, partiti, stampa, etc.).

In definitiva il tempo alimenta la società di aspettative indotte dal progresso tecnologico e genera costanti stati di ‘frustrazione’ in fasce sempre crescenti di consumatori insoddisfatti che vanno a comporre i ‘mercati sommersi’. Le tecnologie offrono alla libera imprenditoria opportunità sempre più accessibili di concepire prodotti e servizi capaci di soddisfare quei mercati sommersi. Nei regimi meno illiberali l’irritualità di quei beni e servizi viene accettata tacitamente ed il loro consumo si diffonde nella società al di fuori di leggi che le regolamentino (come suggerisce il ‘libero mercato’). Una volta cresciuto il relativo comparto industriale, le nuove soluzioni dettano le regole per un’efficace governance destabilizzando così ogni vecchio comparto di industria sul quale esse esercitano influenza. Le ‘resistenze’ opposte dalle vecchie lobby risultano sempre più deboli sul piano della redditività e sempre meno capaci di conservare il consenso sociale. Anche le istituzioni del paese legale devono adeguarsi alla realtà.

Questo è il processo consolidatosi in Italia, grazie a Craxi, a Berlusconi ed al progresso tecnologico – contro l’utopia della ‘programmazione centrale’ industriale e dei redditi e contro le resistenze corporative sostenute dai sindacati (sia datoriali sia lavoratori) dei comparti industriali meno competitivi sul mercato globale.

Gli ‘atti anticonformisti’ che hanno contrassegnato questa rivoluzione liberale si snocciolano lungo l’arco di decenni a causa del regime illiberale dell’epoca del consociativismo in Italia e si è infatti accelerata a partire dal crollo del muro di Berlino. due o tre sono gli ‘atti eterodossi’ rispetto alla ‘programmazione industriale’; a partire dalla ‘marcia dei 40.000’ delle maestranze Fiat a Torino nel 1980, alla firma dei contratti Chrysler-Fiat coi sindacati ‘liberali’ del 2010 che supera il paradigma consociativo basato sullo ‘statuto dei lavoratori’ di stampo marxista che ha reso non competitiva l’industria italiana del comparto metalmeccanico, dalle sentenze del 1972 e del 1974 della Corte Costituzionale sull’’emissione locale e ripetitori di rete’, all’acquisto da parte dell’industria multimediale italiana di grandi aziende estere (Endemol e Telecinco) negli anni 2000.

Oggi la tecnologia accessibile indiscriminatamente su piano globale rende il comparto delle comunicazioni il più forte sostegno all’accelerazione del libero mercato contro ogni regime nazionale.

Infatti, mentre la stampa ed i suoi sacerdoti ufficiali, risulta spesso ‘organica’ ai regimi ed è condizionabile con specifiche pressioni esercitare tramite le relazioni istituzionalmente corrette, le opinioni che circolano sulla rete globale vengono facilmente valutate nel loro grado di inattendibilità da chiunque viva le realtà più rosee descritte agli intellettuali ‘organici’ e condivise anche nella loro inevitabile grossolanità per i contenuti di ‘verità’ che essi eventualmente veicolano. Il successo di tycoon come Steve Jobs (contro IBM e Stampa) o Bill Gates e Mark Zuckerberg (contro ogni tentativo di censura cinese o iraniana) o tutti i liberi fornitori di informazioni gratuite (you-tube, wikipedia, wikileaks, etc.) sta travolgendo ogni resistenza istituzionale e sta forgiando aspettative unitarie di libertà in tutti i paesi e in ogni cultura; tutte aspettative espresse in una lingua inglese ‘volgare’ ma comprensibile e facile da apprendere. Il nuovo mercato dei consumi di massa sta in via di consolidamento e travolgerà l’autoritarismo delle istituzioni vetero-industriali ottocentesche in ogni nazione.

Di nuovo la libertà cresce e si consolida contro le resistenze di ogni regime grazie alle libere scelte individuali e ai quotidiani atti di espressione delle ‘opinioni politiche’, individuali e soggettive ma libere da altri vincoli se, non quelli maturati dalla propria ‘percezione’ delle istanze ed aspettative di libertà (tutte inevitabilmente ‘contro’ i regimi formali al governo del proprio paese e sistema stato-industria).

Vogliamo proporre qualche esempio rappresentativo delle differenze tra ‘atti politici’, ‘landmark’ di cronaca e voci da ‘pollaio-Bar’ fondandoli sull’evoluzione delle libertà civili e sul progresso liberale in ‘Occidente’ con particolare attenzione per l’Italia.

Negli anni ’30 il potenziale industriale USA in ogni comparto aveva raggiunto un livello di produttività tale da poter appagare la domanda di consumo di un mercato di dimensioni soprannazionali. L’atteggiamento protezionista degli Stati Nazione impediva la traduzione in pratica applicazione di quell’enorme potenziale produttivo. La ‘crisi del ‘29’ di origini psicologiche non potette essere superata con i risibili provvedimenti Keynesiani del New Deal; si era tentato di riavviare un motore navale con l’affiancamento di un motore a batteria. Il ristagno dell’economia industriale riduceva il ritorno sugli investimenti dei capitali finanziari di Wall Street. Per rilanciare dalla crisi psicologica l’economia che bloccava l’impiego degli impianti disponibili con le maestranze concretamente adeguate a svolgere le mansioni necessarie, occorreva avviare un enorme meccanismo di produzioni e consumi industriali. Ciò avvenne con l’entrata in guerra degli USA. Il ‘fatto’ di cronaca fu Pearl Harbour, le conseguenze ‘politiche’ furono l’avvio dell’estensione dei diritti civili alle donne e ai negri e la fine dell’era degli Stati Nazione. Gli atti politici che avevano costruito le premesse a quel fatto di cronaca era stata la graduale accelerata catena di adozione delle tecniche industriali in ogni comparto produttivo USA durata a partire dal collegamento ferroviario tra i due oceani fino all’avvento dell’elettricità, delle comunicazioni, dell’estrazione degli idrocarburi, dell’automobile fino alla borsa valori di Chicago delle materie prime che consentiva l’ammortamento degli investimenti su base globale.

Alla fine del secondo conflitto mondiale, nel 1946-’48 l’Italia si trovò a disporre di un mercato dei consumi esaltato dalle distruzioni belliche e a poterlo soddisfare organizzando una produzione industriale sostenuta dalla disponibilità di maestranze ben formate ad ogni livello professionale e di infrastrutture finanziarie, di trasporti commerciali, di alimentazione energetica, di comunicazioni sociali ben consolidato nel ventennio di autarchia industriale fascista. Ciò che mancava per soddisfare la domanda di consumi interni ed esteri era la indisponibilità di materie prime e una credibile stabilità finanziaria. La domanda di consumi insoddisfatti sia in epoca di autarchia, sia al termine delle ostilità come aspettative di crescita di ogni tipo di consumi in Italia e in Europa era tale da agevolare ogni forma di investimento produttivo; questa era la premessa di ‘consumi negati’ che aveva costituito la pressione politica sommersa alle soglie della sua esplosione più massiccia.

I fatti di cronaca che permisero di avviare l’industrializzazione del decennio del ‘miracolo economico’ furono la firma dei trattati europei dell’Euratom, della CECA e del MEC. La premessa nazionale a quegli accordi di carattere internazionale fu la dimostrazione di affidabilità del paese agli investimenti industriali in spirito di capitalismo-liberista. I fatti di cronaca che dichiararono apertamente l’affidabilità del paese furono due; la stabilità della moneta dichiarata dalla Banca d’Italia e, per la sua credibilità, l’estromissione dal governo dei partiti di ispirazione marxista. Occorreva sconfiggere il ‘fronte popolare’ e ciò avvenne alle elezioni del 1948 con l’atto legislativo che concesse i diritti politici attivi alle donne. Il peso della Chiesa di Roma esaltò nel corpo elettorale la distanza tra i due blocchi (liberale e marxista) e i liberali gestirono le decisioni finanziarie in Italia sia al parlamento che nel mondo industriale. Fu l’epoca degli Einaudi, De Gasperi, Merzagora, Pella, Sforza, Menichella, Valletta, Costa. Il ‘miracolo economico’ vide egemone il ruolo dei tycoon dell’industria sia pubblica (ENI, IRI) sia privata (siderurgia, chimica farmaceutica, chimica di sintesi, edilizia, macchine per ufficio, macchine industriali, elettrodomestici, trasporti privati per individui e famiglie, arredamenti, tessili, etc.) rispetto al ruolo dei politici di professione. Questo ‘miracolo economico’ si sviluppò tra il 1948 e il ’62.

Per spezzare il ‘fronte popolare’ e garantire alla DC un ruolo ‘centrale’ definitivo, dal 1963 Aldo Moro apre ai socialisti di Nenni l’accesso al governo ed inaugura la fase illiberale della gestione della crescita industriale che gradualmente assorbe nelle scelte della ‘programmazione dei redditi’ anche i comunisti miglioristi che, pur esterni al governo, possono beneficiare tramite il sindacato marxista e la gestione delle regioni ‘rosse’. Il costo di quell’approccio ‘consociativo’, irrituale e illiberale delle scelte politiche è stato, da un lato un periodo di forti tensioni extra-istituzionali sfociate nel terrorismo delle ali estreme della politica d’altro lato l’enorme crescita del debito pubblico per sostenere i costi finanziari della crescente perdita di competitività del sistema stato-industria italiano. Quella fase si è conclusa con il crollo del muro di Berlino e il termine della guerra fredda che aveva consentito il rinvio dei conti dell’equilibrio macroeconomico del paese ma era già terminata con la ‘nemesi storica’ (1978) alla morte di Aldo Moro – l’interlocutore-chiave della truffa democratica con Enrico Berlinguer – e della ‘rottura’ tra Berlinguer e Bettino Craxi (1978) e ‘governo di solidarietà nazionale’ di Giulio Andreotti.

Pochi, come detto, sono i ‘fatti’ rilevati dalla cronaca per la loro ‘devianza’ dall’ortodossia ufficiale, lenti sono i risultati accumulati dagli elettori a causa delle ‘frustrazioni’ subite quotidianamente a causa delle scelte politiche illiberali, crescenti le forme di elusione delle regole fissate dal paese legale da parte dei singoli consumatori che alimentano un’offerta di beni e servizi ‘illegali’ il cui crescente consumo diviene una realtà cui le istituzioni formali non riescono ad opporsi. La conclusione della ‘guerra fredda’ e l’esplosione della globalizzazione industriale impediscono poi di creare barriere autarchiche all’avvento della competizione economica. Dal 1989 si sono estinte istituzioni illiberali di origine fascista-corporativa come l’IRI, l’EFIM, le Banche di interesse pubblico, la Cassa del Mezzogiorno, il monopolio RAI-TV, quello delle FS, quello Alitalia e quello Fiat. È finita formalmente l’era fascista con l’epoca degli Stati Nazione terminata già nel 1945.