Globalizzazione e Valori ‘Occidentali’
Il ritmo accelerato a cui si svolge il riassestamento del ‘nuovo ordine
globale’ è sotto gli occhi di tutti e la stampa ci intrattiene ancora con
narrazioni di ‘cronaca’ di breve termine prive di collocazione in contesti
interpretativi di adeguato respiro.
Il libero mercato sta travolgendo ogni capacità di resistenza da parte delle
obsolete istituzioni fondate nell’era degli Stati Nazione i cui governi anche i
più liberisti sono costretti a ricorrere a rimedi illiberali ai disagi di breve
termine (vedi protezionismi, tasse Robin Hood, sostegni statali alle
obsolescenti strutture dei tradizionali comparti industriali). Rimedi tanto
illiberali quanto sterili se esaminate alla luce della esigenza di sostenere la
ristrutturazione delle economie più industrializzate che sia efficace sul lungo
termine. Sostegni che suggerirebbero di agevolare solo spese di ‘ricerca
applicata’ da parte sia dei grandi gruppi industriali sia del maggioritario
tessuto delle piccole e medie imprese. Ogni investimento ‘sterile’ delle sempre
scarse risorse finanziarie sottrae risorse alla ricerca applicata la sola da
cui può provenire un nuovo ruolo del mondo ‘Occidentale’ nel contesto dell’
economia globalizzata. La ‘sterilità’ delle proposte di investimento agevolate
dai governi dei vecchi Stati Nazione e dalle loro obsolescenti istituzioni
nazionali e soprannazionali è stigmatizzata dalla popolarità con cui vengono
accolte le offerte di investimenti ‘speculativi’ estranei a qualsiasi capacità
di contrasto da parte delle vecchie istituzioni (Istituti di emissione, FMI,
WTO, UE) animati da procedure decisionali totalmente inefficienti rispetto alla
dinamica dei processi di riassestamento del ‘nuovo ordine globale’.
Le uniche istituzioni che hanno dato dimostrazione di convertirsi alle
dinamiche aspettative provenienti dal mercato globale sono i gruppi industriali
multinazionali, le borse valori che ne giudicano il grado di competitività e
gli ‘informali’ club di protagonisti politici che godono credito sullo scenario
globale. Si tratta di protagonisti le cui scelte sono ‘legittimate’ solo perchè
portatori di valori ampiamente egemoni agli occhi dell’opinione pubblica
mondiale. Dato che l’industrializzazione globale è l’agente portatore della
ristrutturazione globale dell’economia segue criteri non ideologici ma di pura
efficienza economica misurata sul libero mercato, essa è portatrice dei valori
fondanti della civiltà ‘Occidentale’ ed agevola quindi anche l’esportazione
delle istituzioni liberal-democratiche che la caratterizzano e le assicurano la
egemonia sul piano della crescita del benessere tramite la costante innovazione
degli apparati tecnologici ed organizzativi.
Queste istituzioni hanno già stabilito solide relazioni negoziali seppure a
livello di club ‘informali’ ma si affrettano a dotare di nuova credibilità
talune delle vecchie istituzioni dell’era degli Stati Nazione che potranno
aggregare ulteriori soci, una volta consolidate le scelte di fondo, per
formalizzare legalmente la legittimità del nuovo ordine globale. Si tratta di
legittimare essenzialmente il ruolo di due istituzioni che, da sempre, hanno
caratterizzato la civiltà ‘Occidentale’ per garantirne la separazione tra la
dimensione secolare e quella spirituale delle libertà che attribuiscono in modo
inalienabile alle scelte quotidiane dei singoli la responsabilità di costruire
il proprio futuro cercando di ottemperare le proprie aspettative di benessere
individuale con quelle del contesto nel quale sceglie di condividere la sua
vita associata.
‘Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’ non può essere
una responsabilità delegata allo stato-etico che la faccia ‘discendere sul
piano legislativo’ ma deve ‘ascendere dal basso’ in leggi che formalizzino i
comportamenti liberamente scelti dalla maggioranza degli elettori sulla base
della loro maturità etica e morale. Si tratta di una dimensione classica nella
civiltà ‘Occidentale’ di Roma cristiana quella orizzontale delle scelte
secolari che illustrano i lenti progressi storici dell’etica del progresso
civile e quella verticale che costantemente critica le inadeguatezze dell’etica
civile alla luce di un insegnamento morale cristiano sempre criptico rispetto
alla sensibilità razionale maturata ad ogni fase del progresso.
La collaborazione sulla strada di questo progresso di civiltà è sempre
avvenuta grazie a due centri di potere tra loro indipendenti: la sede ‘imperiale’ che si serve delle istituzioni per garantirsi l’esercizio del
potere secolare (battere moneta e controllare il territorio) e la sede morale
che si serve delle istituzioni di evangelizzazione per garantirsi una
legittimità di ruolo critico capace di ‘giustificare’ le leggi secolari alla
luce delle verità teologiche.
Washington e il Vaticano godono oggi di un indiscusso consenso sui due piani
menzionati: quello etico delle leggi liberal-democratiche e quello morale della
legge naturale ‘rivelata’ storicamente.
Wall Street, la Borsa di Chicago, la City di Londra, le Banche Svizzere (e la ‘speculazione’ a loro servizio) sono tutte istituzioni già ‘Occidentali’ e ben
rodate che stanno creando il nuovo ordine mondiale. Ciò che ancora manca sono
le due istituzioni ‘secolari’ che consentano a Washington e al Vaticano di
svolgere in modo efficiente il proprio ruolo su cui si fonda da sempre il
progresso della civiltà ‘Occidentale’.
Lo strumento di controllo del territorio è affidato alla ristrutturazione
efficiente della NATO che è in via di formalizzazione accelerata pur tra le
naturali resistenze dei protagonisti che li obbligano a negoziare le loro
aspettative ideali con le loro più realistiche capacità del momento. La
Francia, la Russia, la Germania, per non parlare del Venezuela, dell’Iran o
dell’Italia (che si crede centro di attenzione globale solo in quanto ospita
geograficamente il Vaticano) o perfino entità ancora in fieri come l’UE,
possono aspirare a ricoprire irrealistici ruoli da protagonisti nell’accelerato
contesto di riassestamento dell’ordine geo-politico in corso. Mancano la
credibilità, le risorse, l’efficienza di reazione istituzionale, restano solo
le ambizioni fondate su epoche finite all’alba del 1800 e destinate a subire
frustrazioni passeggere anche se dolorose.
Lo strumento di ‘giustificazione morale’ dell’etica civile svolto dal
Successore di Pietro è affidato invece all’ONU cui gli stati mondiali
accettassero di partecipare in un’ottica ‘religiosa’ libera dall’onere di un
suo intervento diretto ‘manu militari’ che darebbe a quella istituzione una
commistione tra il ruolo etico (‘super partes’) e quello secolare (imposizione
dei diritti umani) che essa d’altronde non ha mai saputo svolgere.
La conferma di questo processo ormai alle soglie della sua conclusione
inarrestabile si può trovare, sul piano secolare, non solo nell’efficacia dei
risultati ottenuti dalle decisioni unilaterali di Bush in Medio Oriente e in
America Latina (Iraq, Afghanistan e Colombia) ma anche in tutte le conseguenze
che essi provocano in Europa e nella NATO (adesione degli stati ex-sovietici,
rientro della Francia, contributo alle operazioni belliche di un crescente
numero di stati, anche in estremo oriente) mentre, sul piano etico-religioso si
può riscontrare nel sempre più solido rapporto tra Washington e Vaticano, nelle
nuove relazioni interconfessionali interne al cristianesimo (Ortodossi,
Anglicani) o esterne (colloqui di Riad con il mondo Sunnita) ma anche nella
crescente popolarità della Chiesa di Roma nel mondo (conversione di Blair, Lady
D., possibile conversione di Bush) e soprattutto nella attuale vitalità della
filosofia cristiana nel dibattito politico (diatribe sulle ‘lezioni’ di
Ratzinger, aggressività ‘difensiva’ del dogma scientista in materie come
Darwinismo o casualità vs. disegno intelligente nella genesi della Natura,
estinzione della ‘teologia della liberazione, marginalizzazione del ‘pensiero
debole’).
Di quest’ultimo processo di revisionismo filosofico, a-misura della
legittimità ‘Occidentale’ del nuovo ordine mondiale, si ha un concreto sintomo
nel crescente interesse per il pensiero di filosofi ‘cristiani’ anche se
altamente critici come Nitzsche nel dibattito tra le coerenze possibili tra
dimensione orizzontale e verticale della libertà in un’ottica ‘Occidentale’.
Coerenze temporaneamente risolte con la separazione tra responsabilità secolari
e trascendenti ma profondamente e permanentemente conflittuali per ogni
individuo che voglia sostenere consapevolmente l’onere delle proprie
responsabili libertà decisionali.
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