06/07/2008

Globalizzazione e Valori ‘Occidentali’

Il ritmo accelerato a cui si svolge il riassestamento del ‘nuovo ordine globale’ è sotto gli occhi di tutti e la stampa ci intrattiene ancora con narrazioni di ‘cronaca’ di breve termine prive di collocazione in contesti interpretativi di adeguato respiro.
Il libero mercato sta travolgendo ogni capacità di resistenza da parte delle obsolete istituzioni fondate nell’era degli Stati Nazione i cui governi anche i più liberisti sono costretti a ricorrere a rimedi illiberali ai disagi di breve termine (vedi protezionismi, tasse Robin Hood, sostegni statali alle obsolescenti strutture dei tradizionali comparti industriali). Rimedi tanto illiberali quanto sterili se esaminate alla luce della esigenza di sostenere la ristrutturazione delle economie più industrializzate che sia efficace sul lungo termine. Sostegni che suggerirebbero di agevolare solo spese di ‘ricerca applicata’ da parte sia dei grandi gruppi industriali sia del maggioritario tessuto delle piccole e medie imprese. Ogni investimento ‘sterile’ delle sempre scarse risorse finanziarie sottrae risorse alla ricerca applicata la sola da cui può provenire un nuovo ruolo del mondo ‘Occidentale’ nel contesto dell’ economia globalizzata. La ‘sterilità’ delle proposte di investimento agevolate dai governi dei vecchi Stati Nazione e dalle loro obsolescenti istituzioni nazionali e soprannazionali è stigmatizzata dalla popolarità con cui vengono accolte le offerte di investimenti ‘speculativi’ estranei a qualsiasi capacità di contrasto da parte delle vecchie istituzioni (Istituti di emissione, FMI, WTO, UE) animati da procedure decisionali totalmente inefficienti rispetto alla dinamica dei processi di riassestamento del ‘nuovo ordine globale’.
Le uniche istituzioni che hanno dato dimostrazione di convertirsi alle dinamiche aspettative provenienti dal mercato globale sono i gruppi industriali multinazionali, le borse valori che ne giudicano il grado di competitività e gli ‘informali’ club di protagonisti politici che godono credito sullo scenario globale. Si tratta di protagonisti le cui scelte sono ‘legittimate’ solo perchè portatori di valori ampiamente egemoni agli occhi dell’opinione pubblica mondiale. Dato che l’industrializzazione globale è l’agente portatore della ristrutturazione globale dell’economia segue criteri non ideologici ma di pura efficienza economica misurata sul libero mercato, essa è portatrice dei valori fondanti della civiltà ‘Occidentale’ ed agevola quindi anche l’esportazione  delle istituzioni liberal-democratiche che la caratterizzano e le assicurano la egemonia sul piano della crescita del benessere tramite la costante innovazione degli apparati tecnologici ed organizzativi.
Queste istituzioni hanno già stabilito solide relazioni negoziali seppure a livello di club ‘informali’ ma si affrettano a dotare di nuova credibilità talune delle vecchie istituzioni dell’era degli Stati Nazione che potranno aggregare ulteriori soci, una volta consolidate le scelte di fondo, per formalizzare legalmente la legittimità del nuovo ordine globale. Si tratta di
legittimare essenzialmente il ruolo di due istituzioni che, da sempre, hanno caratterizzato la civiltà ‘Occidentale’ per garantirne la separazione tra la dimensione secolare e quella spirituale delle libertà che attribuiscono in modo inalienabile alle scelte quotidiane dei singoli la responsabilità di costruire il proprio futuro cercando di ottemperare le proprie aspettative di benessere individuale con quelle del contesto nel quale sceglie di condividere la sua vita associata.
‘Dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio’ non può essere una responsabilità delegata allo stato-etico che la faccia ‘discendere sul piano legislativo’ ma deve ‘ascendere dal basso’ in leggi che formalizzino i comportamenti liberamente scelti dalla maggioranza degli elettori sulla base della loro maturità etica e morale. Si tratta di una dimensione classica nella civiltà ‘Occidentale’ di Roma cristiana quella orizzontale delle scelte secolari che illustrano i lenti progressi storici dell’etica del progresso civile e quella verticale che costantemente critica le inadeguatezze dell’etica civile alla luce di un insegnamento morale cristiano sempre criptico rispetto alla sensibilità razionale maturata ad ogni fase del progresso.
La collaborazione sulla strada di questo progresso di civiltà è sempre avvenuta grazie a due centri di potere tra loro indipendenti: la sede ‘imperiale’ che si serve delle istituzioni per garantirsi l’esercizio del potere secolare (battere moneta e controllare il territorio) e la sede morale che si serve delle istituzioni di evangelizzazione per garantirsi una legittimità di ruolo critico capace di ‘giustificare’ le leggi secolari alla luce delle verità teologiche.
Washington e il Vaticano godono oggi di un indiscusso consenso sui due piani menzionati: quello etico delle leggi liberal-democratiche e quello morale della legge naturale ‘rivelata’ storicamente.
Wall Street, la Borsa di Chicago, la City di Londra, le Banche Svizzere (e la ‘speculazione’ a loro servizio) sono tutte istituzioni già ‘Occidentali’ e ben rodate che stanno creando il nuovo ordine mondiale. Ciò che ancora manca sono le due istituzioni ‘secolari’ che consentano a Washington e al Vaticano di svolgere in modo efficiente il proprio ruolo su cui si fonda da sempre il progresso della civiltà ‘Occidentale’.
Lo strumento di controllo del territorio è affidato alla ristrutturazione efficiente della NATO che è in via di formalizzazione accelerata pur tra le naturali resistenze dei protagonisti che li obbligano a negoziare le loro aspettative ideali con le loro più realistiche capacità del momento. La Francia, la Russia, la Germania, per non parlare del Venezuela, dell’Iran o
dell’Italia (che si crede centro di attenzione globale solo in quanto ospita geograficamente il Vaticano) o perfino entità ancora in fieri come l’UE, possono aspirare a ricoprire irrealistici ruoli da protagonisti nell’accelerato contesto di riassestamento dell’ordine geo-politico in corso. Mancano la credibilità, le risorse, l’efficienza di reazione istituzionale, restano solo le ambizioni fondate su epoche finite all’alba del 1800 e destinate a subire frustrazioni passeggere anche se dolorose.
Lo strumento di ‘giustificazione morale’ dell’etica civile svolto dal Successore di Pietro è affidato invece all’ONU cui gli stati mondiali accettassero di partecipare in un’ottica ‘religiosa’ libera dall’onere di un suo intervento diretto ‘manu militari’ che darebbe a quella istituzione una commistione tra il ruolo etico (‘super partes’) e quello secolare (imposizione dei diritti umani) che essa d’altronde non ha mai saputo svolgere.
La conferma di questo processo ormai alle soglie della sua conclusione inarrestabile si può trovare, sul piano secolare, non solo nell’efficacia dei risultati ottenuti dalle decisioni unilaterali di Bush in Medio Oriente e in America Latina (Iraq, Afghanistan e Colombia) ma anche in tutte le conseguenze che essi provocano in Europa e nella NATO (adesione degli stati ex-sovietici, rientro della Francia, contributo alle operazioni belliche di un crescente numero di stati, anche in estremo oriente) mentre, sul piano etico-religioso si
può riscontrare nel sempre più solido rapporto tra Washington e Vaticano, nelle nuove relazioni interconfessionali interne al cristianesimo (Ortodossi, Anglicani) o esterne (colloqui di Riad con il mondo Sunnita) ma anche nella crescente popolarità della Chiesa di Roma nel mondo (conversione di Blair, Lady D., possibile conversione di Bush) e soprattutto nella attuale vitalità della filosofia cristiana nel dibattito politico (diatribe sulle ‘lezioni’ di Ratzinger, aggressività ‘difensiva’ del dogma scientista in materie come
Darwinismo o casualità vs. disegno intelligente nella genesi della Natura, estinzione della ‘teologia della liberazione, marginalizzazione del ‘pensiero debole’).
Di quest’ultimo processo di revisionismo filosofico, a-misura della legittimità ‘Occidentale’ del nuovo ordine mondiale, si ha un concreto sintomo nel crescente interesse per il pensiero di filosofi ‘cristiani’ anche se altamente critici come Nitzsche nel dibattito tra le coerenze possibili tra dimensione orizzontale e verticale della libertà in un’ottica ‘Occidentale’.
Coerenze temporaneamente risolte con la separazione tra responsabilità secolari e trascendenti ma profondamente e permanentemente conflittuali per ogni individuo che voglia sostenere consapevolmente l’onere delle proprie responsabili libertà decisionali.