05/11/2010

Riflessioni di un ‘alieno’ libertario

Agli occhi di un osservatore distaccato dalle partigianerie che animano lo scenario politico in Europa, l’Italia risulta emblematica dei contorcimenti cui sono stati costretti i tradizionali protagonisti nazionali alla ricerca di un adeguamento alla realtà del contesto economico alla luce dell’irreversibile globalizzazione industriale.

Un osservatore che sia da sempre empatico nei confronti del nuovo emergente nel contesto internazionale è sempre stato costretto ad analizzare i contorcimenti più creativi e bizantini della politica che hanno guidato la storia degli Stati Nazione e, in particolare da cento cinquant’anni, anche dell’Italia. Durante ogni sua fase di sviluppo industriale (tranne forse il breve interregno del ‘miracolo economico); Regno d’Italia, Ventennio Fascista, Compromesso Storico, Consociativismo.

Questo osservatore risulta essere un vero e proprio ‘alieno’ in viaggio di studio; come Alexis de Tocqueville negli USA dell’800. In qualità di ‘alieno’ riporta le sue considerazioni ricavate dalla pura osservazione della ripartizione che i protagonisti stessi seguono nell’auto-definirsi ‘de destra’ o ‘de sinistra’. Categorie prive di contenuto politico se non associate a credibili e sostenibili programmi di gestione delle risorse disponibili per condurre al successo una qualsivoglia strategia di cambiamento.

Orbene ‘de destra’ sembrano potersi catalogare tutte le aziende in ogni comparto d’industria che stanno con gradualità inserendo nel nuovo contesto economico internazionale coscienti che la globalizzazione sia un elemento che, in misura preponderante, è ‘esogeno’ e che in questa nuova realtà in celere evoluzione occorra adeguare le proprie individuali risorse industriali; caratteristiche di un Paese ‘trasformatore’ le cui sorti sono dunque destinate a dipendere sempre più dai cambiamenti soprannazionali e sempre meno dalle promesse e inefficienze nazionali. Tra questi gruppi possono classificarsi gli ‘imprenditori’ più intraprendenti e dinamici che, da sempre, sono stati i produttori di ricchezza meno dipendenti dai finanziamenti statali. Con una loro gradualità; 1) le piccole e medie industrie private che hanno composto spesso l’indotto dei grandi gruppi, di stato o privati, sostenuti da agevolazioni e protezionismi di stato; 2) i grandi gruppi industriali già in via di internazionalizzazione, di stato o privati, come ENEL, ENI, Fininvest, Fiat, ormai privi delle agevolazioni di stato, costretti a penetrare in modo competitivo i mercati esteri, 3) le piccole imprese connesse alle economie locali e dotate di autonome capacità competitive sul loro mercato, come aziende artigiane, cooperative, liberi professionisti, 4) singoli individui di ogni età che cercano di collegare le proprie aspettative di reddito al loro inserimento internazionale, studenti, professionisti, studi professionali. Queste aziende percepiscono come un onere privo di utilità la fiscalità ed i servizi che offrono alle loro esigenze le vecchie istituzioni dello Stato Nazione. È naturale che questa massa di produttori di ricchezza sia sempre meno interessata a sostenere le vecchie corporazioni e i loro assetti e processi di gestione dei conflitti e delle negoziazioni politiche. Per questi motivi è naturale che questa crescente massa di produttori, tendenzialmente a-politici, cerchi di identificare il leader più distante dai vecchi assetti politici e istituzionali per coagulare attorno a lui le proprie aspettative di nuovi servizi nazionali che siano compatibili con la competitività soprannazionale, diritto societario, del lavoro, fiscale, etc.. Berlusconi si trova casualmente a ricoprire in modo credibile quella figura di leader che è dotato di esperienza e successo industriale e finanziario, di capacità comunicative non bizantine e popolari, di analoghi interessi per la competitività sul mercato internazionale del suo gruppo la cui cultura aziendale è molto familiare con le esigenze concrete ed ‘anti-sistema’ dei consumatori e delle aziende di piccola e media dimensione. La strategia di politica industriale che è necessaria a questa massa crescente di produttori in via di internazionalizzazione discende come reazione ai cambiamenti decisi dalla nuova governance cui l’Italia con le sue obsolescenti ed inefficienti istituzioni statali non può sperare di dare efficaci contributi; adeguarsi per integrarsi richiede di non appesantire il bilancio statale e di rilasciare risorse fruibili dai produttori più dinamici.

I nuovi protagonisti politici sulla scena politica nazionale sono quindi tutti gli esclusi dal consociativismo di deprecata esperienza, ex-missini, ex-socialisti-craxiani, localisti para-dorotei, API, sindacalisti liberali, etc..

In modo altrettanto auto-definito sembra possano classificarsi ‘de sinistra’ tutti i protagonisti affezionati alle vecchie procedure di Stato Nazione per ragioni di continuità operativa in ogni comparto d‘industria. Le aziende più clientelari, le corporazioni imposte dallo Stato Fascista e tutte protezioniste di ‘privilegi’ non più sostenibili col livello di competitività imposto dalla crescente globalizzazione. Obsolescenti aziende di stato e comunali, RAI, FS, aziende di navigazione, aziende private parassitarie e clientelari, enti di stato finanziatori della ‘cultura’, giornalismo, apparati e servizi dello stato - come giustizia, notariato, sanità, etc.. Questa è una massa elettorale che cerca di difendere e conservare il loro ruolo ed interessi economici contro l’avvento della globalizzazione. Una paradossale inversione di ruolo rispetto ai tradizionali degli Stati Nazione. Una ‘sinistra’ conservatrice-reazionaria contro un evento esogeno e una destra sulla quale resta per differenza il ruolo di ‘progressista-innovatore’. Questa massa di nostalgici-conservatori ‘de sinistra’ è consapevole del dramma cui la storia la sta condannando ma manca di sostegno elettorale per avviare profondi e credibili innovazioni delle sue strategie. Pertanto essa è inevitabile condanni i suoi migliori protagonisti (D’Alema, Veltroni, Ichino, Camusso, Saviano, etc.) al fallimento e all’’inciucio’ col ruolo di ‘traditori’, offra solo spazi demagogici a nuovi ed improvvisati attori (Di Pietro, Orlando, Grillo, etc.), perda contatto cogli emergenti attori periferici (Chiamparino, Renzi, Vendola, etc.) ma soprattutto perda contatto con possibili nuove, sane fonti di finanziamento delle proprie strategie di ‘resistenza protezionista’ collegandosi alle esigenze più moderne dell’economia industriale. Essa resta infatti incredibilmente connessa a visioni anti-storiche dello sviluppo industriale (anti-TAV, anti-discariche, anti-nucleari, anti-OGM, etc.), visioni che confinano le strategie di politica industriale ad investimenti poco competitivi e parassitari (eolico, solare, bio-colture, etc.).

Esiste anche un terzo blocco di ‘ostaggi’ tra i due blocchi politici ‘de destra’ e ‘de sinistra’. Si tratta della massa meno intraprendente di elettori condannati dalla loro limitata o impossibile mobilità a restare soggetti passivi di decisioni assunte dai due blocchi protagonisti delle decisioni politiche, pensionati, piccoli produttori poco competitivi, giovani con scarse abilità artigiane o professionali, piccoli proprietari rurali, figli di percettori di reddito fisso da aziende di stato clientelari e parassitarie, etc.. Questa massa elettorale è sempre più sollecitata ad intraprendere (legalmente o illegalmente, evadendo o eludendo, palesemente o meno) e a maturare quindi anche localmente una cultura imprenditoriale ed un’economia autonoma, libera dai finanziamenti clientelari tipici dello stato sociale e delle sue consorterie politiche del passato. Essa è anche sempre meno interessata a partecipare alle competizioni elettorali per la delusione che nutre verso i suoi vecchi referenti ‘de sinistra’ ormai incapaci di garantire i vecchi, tranquilli canali di distribuzione del reddito e non ancora sufficientemente autonoma nella visione delle proposte ‘de destra’ che la globalizzazione riesce ad offrire anche alle più disperse comunità economiche locali; purché intraprendano a proprio rischio.

Esiste infine una piccola ma significativa categoria di vittime di questo stato di cose. Si tratta di personaggi ‘trasversali’ ai due blocchi politici principali. Vittime che includono istituzioni (Massoneria), individui (Gelli, P2-isti, etc.) e servitori dello stato (Andreotti, Mannino, Dell’Utri, Mori, Contrada) coinvolti in quella lotta inconsulta e relegati a ruoli di ‘traditori’ da accuse di ‘concorso esterno’ in associazione mafiosa impossibili da dimostrare o da confutare. E prive di alcun valore giuridico in qualsiasi altro paese ‘alieno’ all’Italia

In questo contesto sociale ed economico, l’osservatore ‘alieno’ riesce a comprendere l’esistente acrimonia auto-bloccante della politica nazionale incentrata sul protagonista ‘suo malgrado’ Silvio Berlusconi. Un vincente naturale che rischia di essere alimentato nella sua popolarità proprio dall’irragionevole acrimonia con cui viene trattato dai partigiani più visibili ‘de sinistra’ (Giulietto Chiesa, Travaglio, Santoro, Furio Colombo, Balilla di piazza Navona, Balilla di piazza del Duomo, etc.). Mentre la strategia meta-politica ebbe successo con Craxi in quanto troppo coinvolto nei giochi della ‘politica’ dello Stato Nazione post-bellico, la stessa non può incidere sul suo occasionale successore politico proprio in quanto Craxi non è stato il suo ‘mentore’ né il PSI è stato il suo partito, come non lo sono stati né la DC né altri movimenti settari di quel deprecato periodo della politica nazionale.

Ad un ‘alieno’ sembra che, il modo indolore e rapido per liberare la scena politica nazionale dello scomodo a-politico Berlusconi non potrebbe che essere deludere i demagoghi, capipopolo ‘de sinistra’ (dai Di Pietro ai più acrimoniosi Balilla) e garantire al ‘cittadino’ Berlusconi la tutela personale dopo vent’anni di inutili (e quindi poco credibili) tentativi di criminalizzarlo. Ciò libererebbe lo scenario politico nazionale ma lascerebbe evidente l’assoluta assenza di criteri industrialmente valutabili di definizione delle politiche nazionali. Un elemento che potrà nascere solo gradualmente ed a-misura dei concreti interessi industriali nazionali non appena questi avessero preso corpo e si fossero stabilizzati; tra almeno tre anni se il rilancio dell’economia globale si fosse assestato ed avesse consolidato le sue esigenze di una nuova governance.