04/05/2008

Speculazione Globale

finalmente si cominciano a leggere sui media (alimentati dalle solite ‘menti sottili’ organiche alla conservazione dello ‘status quo ante’ su cui poggiano le loro fortune professionali parassitarie agganciate ad assetti produttivi in via di obsolescenza) letture anti-conformiste della corrente crisi di crescita del sistema industriale nel contesto di travolgente globalizzazione. La lettura che emerge è quella della rivoluzione indotta sui flussi finanziari dalla forte ristrutturazione dei comparti industriali sollecitata da drastici cambiamenti della domanda globale. Una domanda causata dall’accesso ai consumi di masse sociali mai sperimentate in precedenza né in quantità né in velocità di ingresso sul vecchio scenario industriale ‘occidentale’. Una domanda che impone di delocalizzare forme ‘mature’ di produzione per consentire la remunerazione di ‘risorse umane’ (India e Cina) che sono oggi tanto abbondanti in qualità di nuovi potenziali consumatori quanto carenti come capacità di spesa e di risparmio. La ristrutturazione della divisione del lavoro su scala globale avviene con la velocità consentita dall’ammortamento degli impianti in essere più che non da vincoli posti dalla tutela degli obsolescenti interessi politici e sindacali. Ciò si può osservare dalle scelte dei corpi elettorali in tutto l’occidente. Né paiono significativi i vincoli suggeriti dal doversi affrontare il rischio industriale in aree geo-politiche apparentemente ‘turbolente’. Ciò si può osservare dall’accelerazione di nuovi assetti istituzionali e militari in tutto il mondo più popoloso che è il principale partecipe della rivoluzione industriale in corso. Infatti i marginali interessi ‘locali’ (ad esempio dei produttori di petrolio) non sembrano infatti in grado di poter sollevare credibili né significative resistenze di ricatto per il loro ridottissimo mercato di consumo, né per ricatti di poter dare una collocazione diversa e contrastante alle loro maggiori rendite che devono reinvestire inevitabilmente nell’unico sistema finanziario globale (con buona pace per le velleità di dittatorelli alla Chavez che si possono divertire a distruggere le opportunità di crescita economica del loro Paese inseguendo utopici ‘mercati alternativi’ del petrolio su mercati del risparmio in euro, in rupie o in yuan renminbi – tutte monete strettamente legate al sistema finanziario globale). Lasciando queste utopie da salotti ideologicizzati, ci si sta rendendo conto che le attuali crisi attraversate dal mercato finanziario globale non sono altro che celeri riconfigurazioni di natura ‘speculativa’. L’unico strumento funzionale al sistema finanziario che garantisce coi suoi flussi di tutelare l’unica risorsa sempre scarsa (il capitale) per le esigenze di una efficiente ed efficace ristrutturazione industriale che è la risorsa rinnovata ed aumentata solo dal valore di base fornito dalle attività produttive di beni tangibili. Risorsa che riceve sostegno e quindi valore aggiunto da parte della gerarchia di servizi del terziario. Tra i quali figurano quelli di tutela degli investimenti finanziari dai molti rischi del contesto geo-politico in costante divenire sul piano globale e che non possono quindi essere i servizi bancari ed assicurativi rodati su scenari consolidati del passato. Si parla in modo sempre più ‘scientifico’ quindi sui media della ‘speculazione’ non come un perverso strumento in mano a oscure ‘cricche’ complottiste ma come un servizio altamente innovativo che cerca di proteggere la preziosa risorsa finanziaria dal degrado della ‘recessione’ che inevitabilmente affligge specifici comparti industriali nel processo di ristrutturazione su base globale in corso. Si comincia a parlare onestamente della ‘speculazione’ come strumento di alta creatività, servizio intrinseco al ‘capitalismo industriale’ sia esso di stato (il più inefficiente nell’alimentarne la crescita) sia privato. È il ‘servizio’ della ‘speculazione’ (sarebbe interessante proporre a chi legge una ricerca sulla etimologia di questo termine) a saper ‘inventare’ strumenti innovativi (ad esempio i ‘fondi di investimento’ tanto deprecati) che siano adeguati a ‘parcheggiare’ temporaneamente le preziose risorse finanziarie in investimenti di attesa tra il disinvestimento dalle tradizionali imprese ‘mature’ del Nord che offrono ormai rendite troppo esigue o negative (casi Alitalia-like) e il prossimo investimento in aziende del Sud che, oltre ad essere capaci di produrre i beni tradizionali a tassi di rendimento molto superiori, sono in grado di contribuire all’aumento di reddito dei nuovi futuri consumatori e alla crescita della ricchezza di Paesi fino ad oggi esclusi dai benefici della civiltà ‘occidentale’. L’invenzione dei nuovi prodotti non può che essere privata e esogena al sistema normativo del passato. Essa infatti deve ‘ideare’ nuovi ‘prodotti’ che in quanto ‘nuovi’ risultano estranei alla vecchia classificazione delle transazioni finanziarie. Essa inoltre deve assumersi un rischio estraneo a qualsiasi forma di copertura assicurativa in essere; tra cui le forme ‘assicurative’ curate dagli accordi diplomatici e legislativi internazionali già vigenti. Occorre poi anche capirsi a proposito della voce ‘servizi’. Essi abbracciano sia i servizi del terziario più prossimo alle esigenze della produzione che vanno dal comparto ‘industriale’ del distributivo a quello del comparto assicurativo e della raccolta del credito del comparto bancario. Essi abbracciano anche i servizi del comparto ‘industriale’ delle comunicazioni (recapiti, telecomunicazioni e informatica), quelli del comparto ‘tecnologico infrastrutturale’ (reti logistiche per lo scambio dei beni materiali e immateriali necessari ai processi produttivi) fino a quelli che garantiscono ‘sicurezza’ agli accordi industriali (per prevenire le contraffazioni, le truffe e la composizione delle liti contrattuali). Anche lo stato può fornire parte di quei servizi di sostegno alla produzione di ricchezza pur di accettare la ‘sussidiarietà’ dei privati così come anche i ‘sindacati’ possono erogare servizi al mondo produttivo purché sia lo stato che i sindacati si ispirino al contesto produttivo di domani e non ne intralcino la nascita ponendo resistenze dettate dal tentativo di ‘conservare’ vecchi assetti ormai improduttivi rispetto a quelli in fieri. È per questo che la capacità dello stato non può ‘anticipare’ con ‘saggi e illuminati’ interventi normativi la nascita di strumenti efficaci per un domani ancora in incubazione. È solo dopo che il domani sia stato creato e rodato sul campo dall’efficiente imprenditorialità privata che lo stato potrà prendere conoscenza dei benefici e dei problemi che ne derivano per adeguare i propri ‘servizi’ al fine di mitigare i disagi ai propri cittadini. Tale nascita e maturazione del ‘domani industriale’ forgia nei secoli lo sviluppo della civiltà ‘occidentale’ e ne estende la partecipazione al livello globale. È un processo che è efficace sul piano operativo e reso efficiente dalla ‘speculazione’ di cui tra l’altro si servono anche gli stessi stati tradizionali. È la ‘speculazione’ che ha consentito di attraversare la crisi traumatica e drammatica avviata dalla globalizzazione con prodotti finanziari ‘creativi’ che hanno permesso di disinvestire massicciamente dall’industria manifatturiera del Nord capitalizzando le risorse che non erano più adeguatamente retribuite da quella in beni-rifugio che hanno vagato dai finanziamenti immobiliari dapprima per poi trasferirsi su acquisti ‘speculativi’ (di attesa) in beni di largo consumo (carburanti, materie prime industriali, oro, derrate alimentari) da cui potranno riversarsi accresciute nella consistenza su investimenti manifatturieri delocalizzati nei Paesi di maggiore aspettativa di sviluppo. È comunque un processo di interesse principale per il mondo occidentale quello che sta avvenendo per conquistare alla civiltà ‘occidentale’ l’intera popolazione globale evitando le altrimenti più dolorose migrazioni di massa di diseredati dai Paesi meno industrializzati verso quelli del Nord inadeguati a poterne assorbire la totalità. Le fasce degli indigenti meno intraprendenti sarebbero private di ogni speranza di miglioramento delle proprie fonti di reddito e di fruizione di consumi maggiori e migliori di quelli odierni. Tanto la sede di Cesare (la Casa Bianca) che il successore di Pietro hanno avviato il necessario processo di riadeguamento delle istituzioni soprannazionali alle esigenze di questa fase di crescita della civiltà ‘occidentale’ conservando il suo spirito fondamentale di legittimazione: la separazione di stato e chiesa nella piena tutela della religiosità. È la ‘legge naturale’ che può assicurare, universalità a negoziazioni tra culture civili disomogenee nella comune sede istituzionale dell’ONU e legittimità all’uso della forza NATO per dare tutela alle decisioni prese in quella sede.